Aliyev non si ferma e l’Azerbaigian minaccia l’Armenia (Tempi 16.01.25)

Il regime dittatoriale di Baku, che definisce l’Armenia uno “stato fascista”, incarna il fascismo attraverso le sue stesse azioni. Più evidente tra queste, i noti livelli di propaganda nazionalista anti-armena e discorsi di odio i quali culminarono nel 2023 nella completa pulizia etnica degli armeni dall’Artsakh (Nagorno-Karabakh).

Ricordiamo che lo status dell’Azerbaigian come stato fascista è evidente nella sua orchestrazione della pulizia etnica di Artsakh, ciò è avvenuto dopo un blocco di nove mesi e la deliberata fame imposta alla popolazione armena – in totale disprezzo della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che aveva richiesto l’apertura del corridoio di Lachin.

Oggi, a distanza di quasi due anni dalla pulizia etnica in Artsakh (Karabakh) i riflettori dei media internazionali sono sul nuovo regime terrorista siriano, i cui leader portano sulle mani il sangue dei cristiani. Va detto in questo contesto che se gli armeni siriani, che combattevano per il diritto dell’esistenza pacifica dell’Artsakh venivano etichettati come “terroristi” dalla macchina propagandistica di Baku, oggi quest’ultima si impegna interamente a “giustificare” le attività disumane dei terroristi estremisti in Siria. Degno di nota è il gruppo estremista islamico Hayat Tahrir al-Sham che è riconosciuto come organizzazione terroristica non solo dagli Stati Uniti e dalla Russia, ma anche dalla Turchia. Tuttavia, i media statali di Baku lo definiscono “opposizione siriana”, cercando di sminuire la sua natura apertamente terroristica. Questo vergognoso rebranding riflette l’impegno del regime nell’allinearsi con gli estremisti e nel legittimare i loro atti barbarici.

Leggi anche
Azerbaigian Armenia Artsakh Nagorno-Karabakh
Un manifesto con la scritta “Karabakh è Azerbaijan!” a Baku (foto Ansa)

Lo sfondo geopolitico

La diminuzione dell’influenza dell’Iran nella regione rappresenta uno sviluppo cruciale, evidenziato in particolare dalle sue perdite in Siria. Il rapido rovesciamento del regime di Assad in soli dieci giorni segna una sconfitta per l’Iran sul piano internazionale. Ad aggravare questa battuta d’arresto, il tandem turco-azero sta intensificando la pressione economica sull’Iran, ostacolando il transito dei camion iraniani attraverso i propri territori.

Questa stretta geopolitica spiega perché il presidente azero Ilham Aliyev abbia intensificato la sua retorica bellicista contro l’Armenia, affermando che il corridoio extraterritoriale attraverso l’Armenia «deve e sarà aperto». La sua retorica e le sue politiche non sono solo anarchiche, ma fondamentalmente anti civiltà. Un esempio lampante è il genocidio culturale in corso in Artsakh, dove le chiese armene vengono sistematicamente deturpate e distrutte.

Inoltre, il dittatore di Baku sta arricchendo l’arsenale di narrazioni anti-armene e anti-iraniane per avanzare ulteriormente il suo programma espansionistica. Al centro di ciò vi è oggi la grottesca fabbricazione di un cosiddetto “Azerbaigian occidentale”, una narrativa che disconosce apertamente l’integrità territoriale e la sovranità dell’Armenia. Questa è l’ennesima narrazione inventata dal regime di Aliyev per prolungare il suo dominio come dittatore egemone dell’Azerbaigian, che ha ereditato il potere dal suo defunto padre Heydar. Il termine “Azerbaigian occidentale” si riferisce audacemente al territorio armeno riconosciuto a livello internazionale, in ritorsione al termine Armenia occidentale, che designa un’area geografica concreta nell’attuale Turchia, un tempo casa di milioni di armeni massacrati durante il primo genocidio del ventesimo secolo. Inoltre, per prevenire il legittimo ritorno dei rifugiati armeni alla loro terra ancestrale in Artsakh, Aliyev ha persino iniziato a propagare la falsità di un numero immaginario di “cittadini azeri sfollati” che, secondo la sua tesi, dovrebbero essere autorizzati a tornare in quello che lui etichetta “Azerbaigian occidentale”.

Proteste a Yerevan (Armenia) per l'invasione azera in Artsakh, 20 settembre 2023 (Ansa)
Proteste a Yerevan (Armenia) per l’invasione azera in Artsakh, 20 settembre 2023 (Ansa)

L’Azerbaigian minaccia l’Armenia

Sotto questa cinica rivendicazione si cela un piano terroristico meticolosamente orchestrato, che prevede l’infiltrazione di agenti terroristici nella Repubblica d’Armenia per fomentare odio, incitare scontri interetnici con lo scopo di fabbricare giustificazioni per l’intervento delle forze armate azere sotto il pretesto di “proteggere i civili turco-azeri” presumibilmente oppressi dagli armeni nel cosiddetto “Azerbaigian occidentale”.
Aliyev usa la terminologia coniata da Putin.

In un confronto palesemente impari con una democrazia che supera l’Azerbaigian di centinaia di passi nei diritti umani e nelle libertà, il regime di Aliyev ha avuto l’audacia di invocare la “demilitarizzazione e denazificazione” dell’Armenia. Questo mentre lo stesso Azerbaigian accumula armi d’assalto da Israele, Pakistan, Bielorussia e altri stati apertamente anti-armeni. Appropriandosi della stessa retorica incendiaria usata da Putin prima della sua invasione dell’Ucraina, Aliyev minaccia ora un altro attacco contro il territorio sovrano della democratica Armenia. Secondo le sue richieste, l’Armenia dovrebbe restituire tutte le armi acquistate, modificare la propria costituzione, bloccare la missione civile dell’Ue in Armenia e ritirare le denunce internazionali presentate contro l’Azerbaigian dopo la guerra del 2020 – tutto ciò nel tentativo di legittimare la pulizia etnica e il massacro sistematico degli armeni tra il 2020 e il 2023 e per aprire la strada a nuove aggressioni.

In sostanza, la dittatura fascista neo-ottomana sta incessantemente progettando nuove strategie per lanciare una nuova guerra contro l’Armenia, con l’obiettivo finale del suo completo annientamento.

Leggi anche

Uno sguardo dall’interno

A conclusione, citiamo le potenti parole della giornalista azera Nurlana Khalil, membro dei media d’opposizione che, per le sue opinioni politiche dissenzienti, subisce minacce di morte dalla macchina repressiva della dittatura di Aliyev. Rispondendo alla retorica bellicosa incessante del dittatore contro l’Armenia, Khalil afferma con precisione: «Guardate questo dittatore miserabile dell’#Azerbaigian #Aliyev, il cane di #Putin, che arresta giornalisti, accademici, attivisti, persino cittadini europei venuti in Azerbaigian. Usa la tortura contro i prigionieri, ruba miliardi dal bilancio statale, mentre il popolo vive in povertà».

Nel frattempo, le nazioni europee continuano ad armare una dittatura che definisce la prima nazione cristiana “fascista” e il “dittatore miserabile” si prepara apertamente a lanciare un nuovo attacco per conquistare ulteriori territori della Repubblica d’Armenia. È evidente che questa complicità ipocrita mina i principi di democrazia e diritti umani che tali nazioni europee dichiarano di sostenere.

Vai al sito