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Ambiguità del governo armeno: tentativo di rivalsa oppure doppio gioco? (Strumentipolitici 12.05.25)

12 Maggio 2025/in Rassegna Stampa /da adminwp

Il percorso politico battuto dal governo di Erevan negli ultimi anni si è snodato in direzioni diverse, lasciando perplessi non solo gli alleati internazionali, ma anche gli stessi cittadini armeni.

Politica contraddittoria oppure bilanciata?

Da tempo l’attività del governo di Nikol Pashinyan oscilla fra la ricerca di un appeasement con Baku e un’apparente tentativo di rivalsa diplomatica – e forse militare – contro l’Azerbaigian. A riprova di tale atteggiamento vi è l’aumento significativo del budget per la difesa: addirittura il 20% in più rispetto al 2024, arrivando al 6% del PIL. Questi numeri fanno sospettare che Erevan non tenda veramente alla stabilità nella regione, ma si prepari piuttosto a un altro round col suo storico nemico. Anche sul piano delle alleanze talvolta fa dei passi su strade che paiono opposte. Pashinyan bussa alla porta dell’Unione Europea, ma torna a celebrare insieme a Putin il 9 maggio sulla Piazza Rossa, evento al quale era mancato lo scorso anno. A tali dubbi il premier armeno risponde così: Perseguiamo una politica estere bilanciata e complementare. Ciò non significa costruire relazioni in una sola direzione a spese delle altre.

Riarmo da tanti fornitori

Le grandi acquisizioni militari, elemento chiave di tale politica, avvengono da fornitori diversi. Con Spagna e Polonia sono in atto trattative, mentre con la Francia e l’India gli invii di armamenti sono ampiamente in corso. Parigi sta mandando decine dei suoi veicoli corazzati Bastion da 12 tonnellate, oltre agli obici Caesar da 155mm. Con gli USA l’Armenia ha siglato a gennaio un accordo di partner strategica, mentre con l’Iran ha appena condotto una serie di esercitazioni congiunte. È la prima volta che le organizzano con Teheran, con cui non sussiste alcun trattato in merito alla fornitura di armi o alla cooperazione militare, ma vi è una chiara convergenza di interessi geopolitici nella regione. Dunque il governo armeno è stato capace di convincere gli iraniani che il suo avvicinamento a Washington non implica in alcun modo una futura ostilità contro di loro.

India

Ma è con Nuova Delhi che la cooperazione militare e strategica sta crescendo verso un livello che non sfugge più alle osservazioni degli analisti, e soprattutto degli altri governi. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), fra il 2022 e il 2024 quasi la metà degli armamenti che l’Armenia ha importato sono giunti dall’India. Nel biennio 2016/2018, invece, questa cifra era virtualmente pari a zero. Per l’anno in corso, il Ministro della Difesa indiano prevede un totale di 600 milioni di dollari pagati da Erevan per le sue armi. Si tratta ad esempio dei sistemi anti-aerei Akash-1S, del lanciarazzi Pinaka e dei veicoli militari Tata, mentre sui sistemi missilistici BrahMos e ASTRA stanno ancora conducendo i relativi colloqui. A tal proposito, negli ultimi anni si è già recato diverse volte in India il ministro della Difesa armeno Suren Papikyan.

Senza la Russia

Sembra che il gioco condotto da Pashinyan sia quello di sfilare Erevan dall’amicizia con Mosca senza far collassare il loro secolare rapporto. Ciò significa sostituire la Russia in vari aspetti della cooperazione internazionale, evitando di andarle contro. Non è chiaro se ciò effettivamente convenga all’Armenia: gli stessi armeni non capiscono il senso di certe mosse del governo o sono contrari ad esse. Ma Pashinyan ha tirato in ballo l’India e anche gli Stati Uniti, allargando così lo spettro degli interessi in ballo e dei rapporti incrociati in cui viene coinvolta. La convenienza indiana qui è di carattere strategico, perché sta armando un nemico dell’Azerbaigian, il quale è amico della Turchia e soprattutto del Pakistan, che appunto è il nemico tradizionale dell’India. Poi gli USA, che sostengono un po’ gli un po’ gli altri, ultimamente con preferenza ad Ankara, come dimostra la cordialità dei rapporti fra Erdoğan e Trump.

Lamentele azere

Baku allunga la mano a Erevan per stringere un accordo definitivo sul Nagorno Karabakh e sulla stabilità del Caucaso, ma non rimane in silenzio su ciò che non gradisce. Per esempio sulle fortificazioni militari e sugli spostamenti di mezzi e uomini, che a suo modo di vedere danno adito al sospetto che gli armeni si stiano preparando a un prossimo scontro. Lo ha detto parlando alla televisione nazionale il presidente azero Ilham Aliyev, che non ha lesinato critiche nemmeno alla Francia e all’India per i loro contratti di fornitura militare agli armeni. Senza mezzi termini ha affermato che devono smetterla di vendere armi a Erevan, la quale deve anzi restituire quanto già acquistato.

Armeni confusi

Le critiche di Baku sono di fatto dirette anche verso Bruxelles. Infatti, se da un lato l’Unione Europea si sforza di favorire pace e stabilità nel Caucaso meridionale (perseguendo comunque i propri interessi: tenersi l’Azerbaigian come fornitore energetico e premere sulla Russia da sud), dall’altro uno dei membri preminenti, la Francia, supporta in modo esplicito e concreto una parte in causa, l’Armenia. E la politica di Pashinyan sta suscitando confusione e ostilità fra gli stessi armeni. Forse per accontentare diplomaticamente gli avversari internazionali e placarli, ha sminuito la portata del genocidio subito nel secolo scorso ad opera dell’Impero Ottomano. Il presidente del parlamento Alen Simonyan ha infatti accusato l’opposizione di preoccuparsi troppo del lutto e del dolore passato invece che della costruzione del futuro. Anche Trump e i rappresentanti UE in Armenia stanno evitando di usare la parola “genocidio” e parlano genericamente di “vittime”, facendo così gongolare Erdoğan.

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