Armenia, il bivio di Pashinyan tra Mosca e l’Europa. (Internazionale 24.05.25)

 

“L’Armenia continua i suoi sforzi per raggiungere la firma del trattato di pace con l’Azerbaigian”.

L’ha dichiarato Alen Simonyan, presidente dell’Assemblea nazionale di Yerevan, in occasione dell’incontro tra il premier armeno Nikol Pashinyan e il presidente dell’Azebaigian Ilham Aliyev, lo scorso 16 maggio a Tirana. Yerevan e Baku avevano preannunciato già a marzo un testo di un accordo di pace, documento non ancora firmato per le condizioni poste dall’Azerbaigian, ovvero la modifica della costituzione armena, che porrebbe questioni territoriali, e lo scioglimento del “Gruppo di Minsk”, creato dall’OSCE nel 1992 per trovare soluzione all’annoso conflitto del Nagorno-Karabakh. Anche l’UE e gli USA, da parte loro, premono per una rapida soluzione che possa garantire un corridoio commerciale attraverso il Caucaso meridionale, bypassando da Sud i territori russi.

Ma l’agenda di pace di Pashinyan dovrà necessariamente confrontarsi con l’appuntamento elettorale del 2026 per il rinnovo del parlamento, vero banco di prova per il primo ministro Pashinyan, dal quale dipendono scelte di rilevanza strategica per il paese caucasico.

Lo scorso marzo il presidente Khachaturyan ha firmato la legge voluta dal partito di governo, il Contratto Civile, che avvia giuridicamente il percorso verso una possibile adesione dell’Armenia all’Unione Europea.

Ma il processo di avvicinamento non sembra essere privo di insidie. La Russia fornisce all’Armenia l’85 percento del proprio fabbisogno energetico, mentre l’adesione all’Unione Europea comporterebbe l’uscita del Paese caucasico dalla Unione Eurasiatica, il mercato comune guidato dalla Russia a cui aderiscono anche Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan.

Le elezioni diranno anche quanto sono gli armeni che temono di dover pagare di tasca propria il costo dell’adesione all’Occidente. Un’indagine condotta da MPG/Gallup International rivela come i sostenitori dell’adesione all’UE siano passati dal 51% dello scorso gennaio al 37% di maggio, un segnale del quale il governo non potrà non tener conto.

L’Azerbaigian, da parte sua, è uno degli attori principali nel commercio energetico dell’area.  I combustibili fossili rappresentano il 35 percento del Pil il 95 percento delle sue esportazioni è composto da petrolio e gas naturale.

L’Unione Europea, in primis l’Italia, rappresentano oltre la metà delle esportazioni totali del Paese. È nel Caucaso del Sud che si concentreranno le attenzioni degli analisti nei prossimi mesi, alla ricerca di indizi su quello che sarà il riassetto geopolitico della regione.

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“L’Armenia continua i suoi sforzi per raggiungere la firma del trattato di pace con l’Azerbaigian”. L’ha dichiarato Alen Simonyan, presidente dell’Assemblea nazionale di Yerevan, in occasione dell’incontro tra il premier armeno Nikol Pashinyan e il presidente dell’Azebaigian Ilham Aliyev, lo scorso 16 maggio a Tirana. Yerevan e Baku avevano preannunciato già a marzo un testo di un accordo di pace, documento non ancora firmato per le condizioni poste dall’Azerbaigian, ovvero la modifica della costituzione armena, che porrebbe questioni territoriali, e lo scioglimento del “Gruppo di Minsk”, creato dall’OSCE nel 1992 per trovare soluzione all’annoso conflitto del Nagorno-Karabakh (Prima Pagina News)

Dall’Ucraina al Medio Oriente in questo momento si discute di paci o di tregue per grandi guerre, ma intanto in una dimenticata periferia del mondo è stata firmata in sordina la pace fra Armenia e Azerbaigian; la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è congratulata con i leader dei due Paesi definendo l’accordo «un importante passo avanti» e promettendo che «l’Ue è pronta a investire nel Caucaso e ad avvicinare l’intera regione alla nostra Unione». (La Stampa)

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