Viaggio in Armenia, l’accogliente terra che racconta millenni (Askanews 03.12.24)

Milano, 3 dic. (askanews) – “L’Armenia è un piccolo Paese che dà l’impressione di essere grande” e dove l’ospite è considerato “un dono di Dio”. Sono parole della scrittrice Antonia Arslan, che descrivono la natura di un popolo e di una nazione divenuta da poco una nuova meta del turismo internazionale, indicata da Lonely Planet come Top Country nella lista dei 10 Paesi Best in Travel 2025.

Nonostante le sue dimensioni contenute, l’Armenia offre una grande varietà di paesaggi, dal maestoso Lago Sevan, il “mare d’Armenia” alle vallate viticole del Vayots Dzor, ai leggendari picchi dell’Ararat, simbolo dell’identità nazionale che unisce gli armeni in patria e quelli della diaspora.

In questo Paese incastonato nel Caucaso, ancora fuori dalle mete del turismo di massa, arrivano viaggiatori in cerca di percorsi autentici e lontani dalle folle. Dodicimila italiani l’hanno visitata nei primi otto mesi del 2024.

Qui ogni angolo è intriso di storia e archeologia. I monasteri – Patrimonio mondiale dell’umanità – punteggiano il paesaggio, come Khor Virap, con lo spettacolare sfondo del monte Ararat, e Noravank, incastonato tra rocce rosse.

Oggi l’Armenia – primo Paese al mondo ad aver adottato il Cristianesimo – sembra avviata alla normalizzazione dei tormentati rapporti con Turchia e Azerbaigian e punta ad attrarre turisti non solo per la sua storia millenaria ma per i suoi paesaggi, i percorsi di trekking, la sua cucina e una produzione di vini e cognac di qualità di livello internazionale.

Solitamente viene il turista curioso – afferma Arpiné Nersisyan, guida turistica e fondatrice di EtnoArmeniaTours – l’italiano curioso che vuole scoprire una nuova nazione, vuole sentire le tradizioni, vuole stare un po’ a contatto con la gente locale, vuole fare un viaggio responsabile. L’Armenia non è una meta di turismo di massa, e questo è uno dei motivi più importanti per cui l’Armenia attira tantissimo l’attenzione del viaggiatore italiano”.

 

L’Armenia lascia spesso stupito il viaggiatore, a partire dalla capitale Yerevan, con la sua famosa “Cascata” di impronta sovietica divenuta centro d’arte contemporanea grazie al contributo di Gerard Cafesjian, un imprenditore nato negli Stati Uniti da genitori armeni emigrati, che ha dedicato gran parte della sua vita e delle sue risorse per sostenere la rinascita della sua terra d’origine. “Quello che non si aspetta – prosegue Nersisyan – è la ricchezza dei paesaggi. Essendo un Paese molto piccolo, stiamo parlando di trentamila chilometri quadrati, la natura si apre con tutti i suoi colori e la sua bellezza. Tutte le regioni sono diverse tra di loro dal punto di vista paesaggistico”. “Non sono solo monasteri ma tante esperienze belle. A contatto con la gente, con la natura, con la squisita cucina armena, con i piatti abbondanti, buonissimi, con l’ottimo vino, un settore che è in sviluppo assoluto. Quindi si mangia, si beve, si vede, si sente. Tutti i sensi sono da mettere in azione in un viaggio in Armenia, un viaggio con tantissime belle esperienze”.

Antonio Montalto è un medico italiano giunto in Armenia dopo il devastante terremoto del 1988, dove ha coordinato progetti socio-sanitari e fondato la Family Care Foundation, un’organizzazione che promuove la valorizzazione della cultura locale e lo sviluppo del turismo. Tra le sue iniziative, un laboratorio di ceramica a Gyumri, dove è stato anche console onorario.

L’Armenia è una meta turistica che si va sviluppando sempre di più, a ragione, perché ha tante attrattive Ma l’attrattiva è legata al posto ma è legata alla cultura e la cultura è incarnata dalle persone. Una persona che viene qui subisce un’iniezione endovenosa di umanità.

L’Armenia produce dal XIX secolo un cognac considerato tra i migliori al mondo. Ma il Paese – che punta molto sul turismo enogastronomico – è anche una delle culle della viticoltura: recipienti di terracotta per la fermentazione e conservazione del vino risalenti a oltre 6.100 anni fa sono state scoperte nel 2007 nella grotta Areni-1, nella regione di Vayots Dzor. Qui è stata rinvenuta anche la scarpa più antica del mondo, del 3.500 avanti Cristo.

“Fare un viaggio in Armenia – dice Mauro Sorrenti, imprenditore e guida turistica – è fare un viaggio alle radici della storia umana e anche delle tante nostre tradizioni. Quindi venire in Armenia è scoprire anche una parte di noi stessi”.

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Armenia, Antonio Montalto: qui un’iniezione endovenosa d’umanità

Lusine Gevorgyan nuova direttrice Armenia Tourism Committee (II Giornale del Turismo 02.12.24)

L’ente governativo per la promozione del turismo, Armenia Tourism Committee, è lieto di annunciare la nomina di Lusine Gevorgyan come nuova direttrice generale. Gevorgyan porta con sé un’esperienza significativa e una profonda passione per l’Armenia. Assumendo questo ruolo, si propone di elevare il profilo dell’Armenia come destinazione globale di primo piano, celebrata per il suo patrimonio culturale e la sua bellezza naturale.

In qualità di direttrice, Gevorgyan guiderà iniziative volte a rafforzare il settore turistico dell’Armenia, supportando le comunità locali, promuovendo partenariati sostenibili e mettendo in evidenza le attrazioni uniche del Paese a livello mondiale. Sotto la sua leadership, il Tourism Committee si impegna a posizionare l’Armenia come una delle destinazioni principali della regione, conosciuta per i suoi siti storici, tradizioni vitali, paesaggi naturali stupefacenti e ricca eredità culinaria.

“Siamo entusiasti di accogliere Lusine Gevorgyan come guida del Tourism Committee,” ha dichiarato Gevorg Papoyan, Ministro dell’Economia della Repubblica d’Armenia. “Con la sua esperienza e dedizione, non vediamo l’ora di favorire un settore turistico ancora più dinamico e resiliente, che metta in luce le attrazioni uniche dell’Armenia per i viaggiatori di tutto il mondo.”

“Sono onorata di assumere questo ruolo e di contribuire alla crescita dell’Armenia come destinazione capace di affascinare e ispirare viaggiatori da ogni parte del mondo,” ha affermato Lusine Gevorgyan. “Il nostro Paese offre una straordinaria varietà di attrazioni, che spaziano dall’avventura e la natura alla cultura e la gastronomia, senza dimenticare la nostra ricca tradizione vinicola. Dando priorità a una crescita sostenibile e inclusiva, puntiamo a creare esperienze indimenticabili per i visitatori e benefici economici duraturi per le nostre comunità.”

Sotto la guida di Gevorgyan, il Tourism Committee è impegnato a promuovere l’innovazione nel settore, espandere la presenza dell’Armenia come destinazione imperdibile e offrire esperienze indimenticabili ai viaggiatori. L’ente di promozione turisticha guarda con entusiasmo a una nuova era di crescita e sviluppo.

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Luca Di Bianca, da Guidonia all’Armenia per documentare la storia degli esuli di guerra armeni (Romatoday 01.12.24)

Luca Di Bianca e Nova Lectio si sono riuniti per la creazione di un documentario che approfondirà la questione del Nagorno Karabakh e del genocidio perpetrato dal governo dei Giovani Turchi durante la prima guerra mondiale.

Lo scrittore viaggiatore residente di Guidonia insieme a Simone Guida (proprietario del canale YouTube Nova Lectio) sono partiti insieme al videomaker Giovanni Andrea Murgia per raccogliere il materiale per la realizzazione dell’elaborato (che vedrà la luce a febbraio 2025) in direzione Armenia dove la crisi degli sfollati della regione del Nagorno-Karabakh ha assunto proporzioni drammatiche con oltre 100.000 armeni costretti a lasciare la regione dopo l’offensiva azera del settembre 2023 dovuto dalla resa delle autorità locali e alla dissoluzione della Repubblica dell’Artsakh, segnando la fine di decenni di conflitto

Il viaggio in Armenia, ad oggi, è soltanto l’ultima di una lunga lista per Di Bianca che al ritorno dalle sue esperienze (dai campi profughi del Sahara Occidentale a quelli palestinesi di Shatila, passando per gli orfanotrofi africani) partecipa a degli incontri con le scuole elementari romane soprattutto con l’Istituto Sant’Anna di Settecamini. Obiettivo di questi incontri, in cui regala dei doni,  è quello di sensibilizzare i bambini verso temi e realtà più difficili.

Luca Di Bianca, da Guidonia all’Armenia per un documentario sugli esuli di guerra armeni
https://www.romatoday.it/zone/guidonia/luca-di-bianca-guidonia-armenia-documentario-esuli-di-guerra-armeni.html
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Erevan: cosa vedere e cosa fare nella capitale dell’Armenia (Viaggi. Corriere nov. 2024)

Erevan è il punto di partenza di un viaggio in Armenia, meta emergente che sta attirando sempre più turisti. Ecco cosa vedere e cosa fare nella capitale, una delle città più antiche del mondo

 

Lonely Planet ha incluso l’Armenia tra le migliori destinazioni del 2025. Un viaggio in questo piccolo Paese a cavallo tra Asia ed Europa non può che partire da Erevan, o Yeravan, la sua capitale dal 1921.

La città rosa, com’è chiamata per la tonalità del tufo con cui è stata costruita gran parte degli edifici del centro, ha alle spalle oltre 2800 anni di storia e dominazioni straniere ed è più antica di Roma. Ma è anche una città vitale, ricca di caffè, ristoranti, musei e spazi verdi, il tutto dominato dal profilo del leggendario monte Ararat, la “montagna santa” del popolo armeno, che si trova in territorio turco.

 

Erevan
Vista della città con il monte Ararat sullo sfondo. iStock

Dove si trova Erevan

Nel centro dell’Armenia, un po’ spostata verso il confine turco. La città sorge a circa 1000 metri di altitudine, su un altopiano circondato da colline e montagne, ed è attraversata dal fiume Razdan.

GUARDA ANCHE: Viaggio in Armenia tra città e monasteri 

Cosa vedere a Erevan

Piazza della Repubblica

Piazza della Repubblica è il cuore di Erevan e il fulcro del piano urbanistico progettato dall’architetto Alexander Tamanyan (1878-1936), tra il 1924-1936, durante il periodo della dominazione sovietica.

Caratterizzata da edifici neoclassici di diverse tonalità di rosa, colonnati e fontane musicali, ospita importanti edifici cittadini tra cui la sede del Governo, il Museo di storia dell’Armenia e la Galleria nazionale.

In passato Piazza della Repubblica ospitava anche una statua di Lenin, smantellata dopo il crollo dell’URSS.

Dalla piazza parte Abovyan Street, una delle strade principali della città.

Erevan
Una fontana in piazza della repubblica, cuore pulsante della città. iStock

Cascade

Una gigantesca scalinata, terrazze, giardini, sculture, opere d’arte all’aperto, e una vista magnifica su Erevan con il Monte Ararat sullo sfondo: tutto questo è Cascade, la cascata. Uno dei luoghi più famosi della città, un complesso monumentale che fonde arte e verde, originariamente concepito da Alexander Tamanyan per collegare la zona centrale e quella settentrionale.

Fa parte del complesso il Cafesjian Center for the Arts, centro dedicato all’arte contemporanea che offre un’ampia varietà di mostre ed eventi.

Da vedere anche il monumento di Alexander Tamanian, di fronte alla scalinata: una scultura in basalto alta 3 metri, con gigantesche braccia, che sembra guardare il suo piano regolatore appoggiato su pietre.

Cascade Erevan
L’enorme scalinata, terrazze, sculture e giardini del complesso monumentale Cascade. iStock

Cattedrale di Erevan

Principale luogo di culto della chiesa apostolica armena nel mondo, la cattedrale di San Gregorio Illuminatore è stata consacrata nel 2001 e costruita per celebrare il 1700° anniversario della proclamazione del Cristianesimo come religione di stato dell’Armenia.

Intitolata al santo patrono che convertì l’Armenia al Cristianesimo, è un’architettura monumentale, costituita da una chiesa principale e due cappelle.

Matenadaran

Tempio della conoscenza armena, il Matenadaran ospita una delle più ricche collezioni di manoscritti antichi al mondo. Oltre 20.000 opere, alcune salvate dalla distruzione come le Omelie di Mush, del XIII secolo: il più grande manoscritto miniato armeno ancora oggi esistente, appartenuto al monastero di Surp Arakelos, vicino alla città di Mush in Anatolia, e miracolosamente salvato da due donne in fuga dal genocidio del 1915.

Oggi questo libro che pesa circa 28 chili è un simbolo fortissimo della resistenza di un popolo minacciato e perseguitato.

Erevan
La torre dell’orologio in piazza della Repubblica costruita con tufo rosa. iStock

Museo Nazionale di Storia dell’Armenia

Tutta la storia del Paese, dalle origini ai giorni nostri, è rappresentata con reperti di enorme valore; c’è anche la scarpa in pelle più antica del mondo, risalente a oltre 5.000 anni fa, e un intero carro in legno di oltre 4.000 anni fa.

Karen Demirchyan Sports and Music Complex

Un gioiello architettonico moderno, un grande complesso per sport e concerti, che ricorda un po’ un’astronave, progettato da un gruppo di architetti armeni, celebrati per quest’opera con l’URSS State Prize nel 1987, il più alto premio del suo genere.

Yerevan
Karen Demirchyan Sports and Music Complex. Foto Visit Yerevan

Fortezza di Erebuni

Su un colle nella periferia della città, è uno dei più importanti siti archeologici dell’Armenia e una tappa imprescindibile per scoprire le origini di Erevan, sorta con la costruzione di questa roccaforte, che fu fondata dal re urartiano Argishtis I nel 782 a.C., come testimonia la celebre iscrizione cuneiforme trovata qui durante la prima campagna di scavi, considerata il “certificato di nascita” di Erevan.

Oltre all’area archeologica, visitate il museo inaugurato nel 1968, in occasione del 2750° anniversario della fondazione della città-fortezza di Erebuni-Erevan, che espone i reperti ritrovati durante gli scavi.

Tsitsernakaberd

Il memoriale del genocidio armeno si trova sulla collina di Tsitsernakaberd. Fu costruito nel 1965 -67 ed è dedicato alla memoria di oltre un milione e mezzo di armeni che caddero vittime del genocidio compiuto dal governo dei Giovani Turchi nell’Armenia occidentale e in altre aree della Turchia nel 1915-16.

Cuore del complesso sono 12 imponenti piloni posti intorno alla fiamma eterna, che arde in memoria delle vittime; completano il memoriale una stele, alta 44 metri, che rappresenta la rinascita degli armeni, e il muro commemorativo in basalto, che fiancheggia  il viale di accesso al memoriale con incisi i nomi delle località popolate da armeni dove furono effettuati massacri e deportazioni.

Ogni anno, il 24 aprile, migliaia di persone commemorano il genocidio con una visita al monumento.

Erevan
Il Memoriale del Genocidio armeno. iStock

Cosa fare a Erevan

Esplorate il centro a piedi

Partite da Piazza della Repubblica, percorrete Northern Avenue con i negozi e i locali alla moda, passate per piazza della Libertà con il Teatro dell’Opera e del Balletto, progettato da Alexander Tamanian e inaugurato nel 1933, e raggiungete l’area pedonale ai piedi della Cascade, animata da numerosi caffè, ristoranti e, nei mesi più caldi, concerti all’aperto.

Fa parte del distretto centrale, chiamato Kentron, anche il nucleo più antico della città, il Kond. Si estende in collina e conserva un’atmosfera da villaggio tra le sue strade strette, ripide e tortuose.

Erevan Vernissage Market.
Tappetti al Vernissage Market. Foto Tourism Committee of the Republic of Armenia

Fate shopping al Vernissage Market

Vicino a piazza della Repubblica, questo mercato all’aperto offre di tutto e di più: artigianato in legno, ceramica, argento, tappeti, kilim, tessuti, abbigliamento, strumenti musicali (come il duduk, strumento tradizionale simile all’oboe, ricavato dal legno di albicocco), scacchiere, backgammon…

Passeggiate al Victory Park

Il più grande tra i tanti parchi cittadini punteggiati di ciliegi e albicocchi. Si trova in cima alla monumentale scalinata, sulle alture della capitale, e offre una vista unica sul monte Ararat.

I turisti arrivano qui per rilassarsi, godersi una passeggiata e il panorama, ma anche per vedere l’iconica Madre Armenia, una statua in rame battuto alta 22 metri, che impugna una spada e sovrasta l’intera città.

Scoprite la casa museo di Martiros Saryan

Martiros Saryan (1880-1972) è considerato il fondatore della pittura armena moderna. Abitò in questa casa, oggi museo, dal 1932 fino alla fine della sua vita. Oltre allo studio dove dipinse i suoi capolavori, si scopre una notevole collezione di opere, tra paesaggi dell’Armenia -villaggi pastorali, vedute del Monte Ararat, cortili, chiese – ritratti e nature morte.

Partecipate al festival del vino

Si chiama Yerevan Wine Days il festival della capitale dedicato agli amanti del vino, che ogni estate anima per tre giorni diverse vie centrali con degustazioni, musica dal vivo e una vibrante atmosfera di festa.

 Yerevan Wine Days
La folla per le strade durante il festival Yerevan Wine Days. Foto Tourism Committee of the Republic of Armenia

Cosa mangiare a Erevan

La cucina armena è un intreccio di influenze mediterranee, mediorientali e caucasiche. Ed anche è uno dei motivi per cui vale la pena visitare questo Paese fuori dalle solite rotte, così come il vino (la viticoltura armena è una delle più antiche al mondo).

Il Lavash, un pane molto sottile incluso nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, non manca mai in tavola; tra i piatti tradizionali da assaggiare, gli involtini di foglie di vite chiamati Dolma, l’Harissa, a base di carne, il Ghapama, zucca ripiena.

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Dove mangiare a Erevan

The Club

In Saryan Street, un ristorante moderno e ricco d’atmosfera. Propone piatti della tradizione realizzati con materie prime a chilometro zero. È anche un luogo di ritrovo per artisti e musicisti che si esibiscono al pianoforte presente nella sala.

Mayrig Restaurant

In Amiryan Street, questo ristorante è rinomato per la favolosa cucina armeno-mediterranea e l’ambiente dalla raffinata atmosfera mediorientale.

Ristorante Vostan

In Abovyan Street, piatti tradizionali in un locale accogliente, con diversi ambienti e una balconata che dà sulla corte interna (facebook.com/vostan.mbg).

Ristorante 782 

Nel cuore della città, un ristorante moderno il cui nome rende omaggio alla millenaria storia di Erevan, fondata nel 782 a.C. La cucina mescola sapori tradizionali e tecniche contemporanee (info: 782.am/en).

Cattedrale di Erevan
La Cattedrale di Erevan. iStock

Dove dormire a Erevan

Tufenkian Historic Yerevan Hotel 

Un boutique hotel con spa e ristorante di cucina armena in un palazzo storico vicino a piazza della Repubblica. Le camere sono arredate con tappeti Tufenkian, tessuti e mobili di fattura artigianale (tufenkianheritage.com).

Courtyard by Marriot Yerevan

Il brand Courtyard by Marriott ha aperto di recente questo hotel con ristorante e terrazza progettati dallo Studio Shoo. Lusso e servizi impeccabili, a pochi passi dal Teatro Nazionale di Opera e Balletto (marriott.com)

Holiday Inn Republic Square

Nella piazza principale di Erevan, ideale per raggiungere a piedi tutte le attrazioni (ihg.com)

Erevan Teatro dell'Opera
Il Teatro dell’Opera. Foto Tourism Committee of the Republic of Armenia

Come arrivare a Erevan

Yerevan è collegata all’Italia con voli diretti WizzAir e FlyOne Armenia da Milano Malpensa; Wizzair da Roma Fiumicino o Venezia Marco Polo.

Quando andare a Erevan

L’estate è la stagione più vivace ricca di festival, concerti e vita notturna all’aria aperta. Evitate però  luglio e agosto se soffrite molto il caldo, perché le temperature possono superare i 30 °C.

Più piacevole il clima sia in primavera che in autunno. Ad aprile gli albicocchi iniziano a fiorire, creando una scena fantastica intorno alla città. Il lungo inverno (da novembre a marzo) non è l’ ideale, perché le temperature possono scendere sotto lo zero.

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Un Compleanno che Ha Cambiato la Vita. L’Armenia, I Poveri, come Dio Aiuta. Teresa Mkhitaryan. (Stilum Curiae 30.11.24)

Come tanti armeni, sparsi per il mondo, anche io sono sempre tornata in Armenia, la mia Madre Terra, a incontrare parenti, amici, andare nei ristoranti belli e soprattutto buoni, a fare i giri turistici. E anche nel novembre del 2015 sono tornata in Armenia a festeggiare il mio compleanno. (Per le persone nate in Unione Sovietica il compleanno è una festa importante).

Due giorni prima del mio compleanno, in un negozio locale ho incontrato una signora, che stava comprando un pugno, forse 100 grami di vermicelli (sono una pasta corta e fine). Questa persona mi ha colpito molto …, si vedeva che era tutto quello che si poteva permettere di comprare.

La venditrice del negozio mi ha spiegato che il marito della signora ha avuto un incidente  durante i lavori di costruzione, la suocera aveva cancro, e lei faceva tanta fatica a far sopravvivere la famiglia, i figli.

Dopo aver incontrato quella signora, è come se mi si fossero aperti gli occhi d’improvviso. Ho cominciato ad accorgermi che c’erano altre famiglie in situazioni simili.

I poveri c’erano sempre stati, sapevo che c’erano, ma era come se facessero una vita a parte, non li notavo, anche perché nel mio lavoro ho avuto sempre a che fare con gente molto ricca. E così ho cancellato  la grande festa del mio  compleanno e ho fatto pacchi alimentari con del cibo, quanto ne sarebbe bastato a una famiglia che fosse in estrema difficoltà per almeno tre mesi.

E poi  ho fondato il Banco Alimentare in Armenia, abbiamo dato da mangiare a migliaia di migliaia di persone… Sapevo come si fa perché anni prima avevo partecipato come volontaria a Varese, in Italia, al Banco Alimentare e mi era piaciuta molto l’idea di poter condividere del cibo.

E poi abbiamo regalato case e appartamenti a circa 500 persone, che avevano perso tutto durante il terremoto…

E tutte le volte che facevo qualcosa mi ponevo una scadenza dicendomi: “Faccio ancora questo e poi basta, aiuto queste persone e poi basta … Voglio tornare alla mia vita normale. Non posso occuparmi sempre dei problemi degli altri. …”

E la mia mamma continuava a dirmi: ‘’Non puoi mica risolvere i problemi di tutto il popolo armeno!’’. Ed era contenta tutte le volte che io tornavo in Svizzera, perché in Armenia era sempre preoccupata che mi potesse succedere qualcosa, perché andavo sulle strade giacchiate delle montagne, in posti dove arrivava -30 e in zone di guerra.

Una volta avevamo preparato due camion con i regali di Natale per i bambini dei villaggi sulla frontiera, e prima di partire ci è arrivata la notizia, che i turchi avevano cominciato a sparare.

La mia mamma si è messa davanti alla mia auto pregandomi di non andare. Insisteva tantissimo. Ma io dicevo: “Mamma, i bambini ci stanno aspettando, non possiamo non andare.”

Allora è tornata in casa, ha preso il capotto, si è seduta nell’auto e mi ha detto: “Beh, allora vengo anch’io.”

È andato tutto bene; i miei amici militari mi avevano insegnato che bisogna guidare a più di 60km all’ora per non essere beccata da un cecchino turco. Ma sulle curve giacchiate di montagna non è per niente facile accelerare. Allora dicevo un Padre Nostro e schiacciavo il gas….

Questo “E poi basta” non veniva mai. Non riuscivo a tornare alla mia vecchia vita. Finiva una cosa e ne cominciava un’altra. Bisognava aiutare i Cristiani siriani a scappare dalla guerra, e fare in modo che potessero venire in Armenia.

Poi, girando per i villaggi, mi sono accorta che in tante scuole e asili le finestre erano spesso mezzi rotti, abbiamo cominciato a cambiare le finestre…

Poi, ho incontrato bambini che erano separati dalle loro famiglie solo perché erano molto povere. Non riescono a mantenerli e allora li portano negli orfanotrofi. Ho cominciato a riunire queste famiglie una dopo l’altra, tirando fuori i bambini dagli orfanotrofi e dando a loro l’indispensabile per vivere.

Man mano che facevo le cose, i compiti aumentavano. Sembrava una palla di neve che rotolava giù da una collina e diventava sempre più grande, più grande, più importante. Dentro di me però continuavo sempre a dirmi: ‘’Faccio questo e torno alla mia vita normale. In 2 mesi finisco tutto, un altro mese e poi basta’’.

Ma c’era una forza più grande di me che mi portava e che non riuscivo a fermare.

Ad ogni mio appello con cui chiedevo alla gente di partecipare a fare una cosa come raccogliere il cibo, aiutare i profughi o piantare gli alberi da frutto, rispondevano centinaia se non migliaia di persone, non solo in Armenia ma in tanti altri paesi come l’Australia, l’Argentina, gli Stati Uniti, la Russia, l’Italia, la Svizzera, o paesi europei….. Venivano sia gli armeni ma non solo gli armeni (certo, erano tutti amici degli armeni) da tutto il mondo e sopratutto tantissima gente nella stessa Armenia. Non mi dimenticherò mai che al primo appello in cui chiedevo di partecipare a regalare i pacchi alimentari hanno risposto gli amici ticinesi e le primissime persone sono  stati Linda e Fabio Leidi. È così nella vita – il camino si comincia con gli amici più stretti, poi man mano si estende, si allarga perché altri si aggregano.

Tante persone in Armenia mi dicevano di non poter partecipare con aiuti materiali,  però volevano assolutamente aiutare con il loro lavoro, preparando i pacchi e distribuendo.

Cosi erano insieme ricchi, poveri, generali dell’esercito, artisti, cantanti, professori dell’Università, studenti, proprietari di ristoranti. Tutti hanno partecipato nell’aiutare il prossimo, nel fare del bene.

Persino gli agenti di KGB (il servizio nazionale di sicurezza) hanno partecipato. Una del KGB che era stata messa a seguire tutti i miei passi.  (Ovviamente si chiedevano: ‘’Chi è questa qua? Viene, fa e disfa, muove così tanta gente…”).

Un giorno, anni dopo, questa agente del KGB mi ha scritto che anche lei avrebbe voluto aiutare una famiglia scappata dalla guerra.

Questa è stata un’esperienza che mi ha commosso molto.

E poi quando cercavo case per i profughi, l’ex capo del KGB mi ha chiamata e mi ha offerto la casa dei suoi genitori e per il mio compleanno mi ha scritto: ‘’Tanti auguri. Che tu sia molto felice! Sei veramente l’esempio luminoso di una persona che ama veramente la sua patria.‘’

‘’L’amore per la patria comincia con l’amore per il Signore’’- risposi a lui.

Un generale dell’esercito con il quale abbiamo fatto un progetto nel nord dell’Armenia (su un territorio di 180 km abbiamo messo degli strumenti sorveglianza per proteggere i contadini dalle invasioni inaspettate dei turchi) anni dopo, quando ormai eravamo diventati amici mi ha detto :

“Sai, Teresa, prima di cominciare a lavorare con te, prima di accettare la tua proposta di aumentare la difesa dei contadini, abbiamo controllato tutto, tutto su di te, e non abbiamo trovato niente.”

E fanno bene a controllare!

Tantissime organizzazioni internazionali cosiddette di beneficenza,  molto spesso la fanno per portare avanti un progetto politico, sono uno strumento per esercitare il potere. È come se dicessero: “Vi diamo i soldi, se fate questa cosa. Vi diamo un litro di olio di girasole, ma dovete rinnegare la vostra chiesa e seguire un ‘guru’ che sta negli USA, ha fondato la sua ‘chiesa’  e vi sa spiegare meglio la Bibbia.”

Un’organizzazione americana che ‘aiuta’ le donne e le ragazze, faceva un seminario nei villaggi di Tavush e spiegava alle ragazze che quando si sposano è nei loro diritti il decidere se avere o non avere figli.

Una ragazza di 15-16 anni, figlia di contadini, gli  ha risposto: “Se non voglio avere i figli, cosa mi sposo a fare ? Che senso ha sposarsi, se non vuoi avere figli?”

Ho conosciuto tantissimi contadini in questi anni, sono molto intelligenti, legati alla terra e alla realtà nella sua verità. In città ci si stacca dalla realtà molto più facilmente.

I giornalisti mi chiedono spesso interviste perché vogliono capire ‘’il fenomeno del  successo’’.

Anche il presidente voleva capire. È un uomo ricchissimo, cittadino anche dell’Inghilterra, e ha una sua grande fondazione di beneficenza. Mi ha invitato una volta e mi ha chiesto:

“Senti, la mia fondazione spende molti più soldi di te, ma quello che facciamo noi va nei giornali e finisce lì . Invece tu riesci toccare i cuori delle persone, cosa fai di diverso?”

Gli ho risposto: “Quando fai le cose col cuore, tocchi il cuore. Dal cuore al cuore.”

Più di mille volte mi hanno chiesto: ‘’Ma qual è la forza che sta dietro di te? ‘’

E io rispondevo sorridendo: “La Forza dell’Onnipotente’’.

Ovviamente, chi non ha ancora conosciuto il Signore, farà fatica capire il fenomeno del ‘’successo’’.

Più andavo avanti col tempo, più ero sicura che erano tutti compiti che mi stava dando il Signore. Lui mi dava i compiti e poi mandava tutto l’indispensabile per realizzare questi compiti, io dovevo solo eseguirli.

In effetti non ho avuto nemmeno una volta la preoccupazione di fare riuscire in un progetto, mai. Ho fatto quello che dovevo fare, seguivo i segni e il cammino che mi si aprivano, mai ansiosa, mai preoccupata di arrivare ad un certo risultato …

In realtà non credo nel ‘buonismo’ umano, certo che esiste; ma si esaurisce subito.

Se sono io, Teresa, che faccio le cose per gli altri, le farò 1, 2, 3, 10 volte e poi mi sarò esaurita.

Invece se è Il Signore che le fa, operando attraverso di me, è una forza inesauribile, onnipotente, è fonte di tutto, che semplicemente attraversa e si riversa anche nelle persone. È come il cavo dell’elettricità, l’elettricità che passa attraverso il cavo, porta la luce. Il cavo può servire per portare la luce o può rimanere semplicemente cavo.

E quando mi ringraziano, dico sempre che non devono ringraziare me, ma il Signore. Senza di Lui, io non farei niente.

Dal 2016 in Armenia mi invitano in TV, alla radio, sui giornali … e non mi stanco mai di dire che tutta la Bellezza, la Giustizia, la Bontà, il Coraggio … la Letizia… tutto il Bene viene dal Signore. Gli uomini senza Dio sono molto, ma molto limitati. Possono trasportare il Bene, ma non ne sono la fonte, non sono i creatori di tutto ciò.

E questa cosa ha trovato corrispondenza in tante persone, perché su questo mi scrivono in moltissimi.

La mia mamma mi dice sempre:  “Non capisco come fai a far lavorare così tanta gente col sorriso sulla faccia? Come se fossero sempre contenti?”

(spesso ci capita fare dei lavori fisici anche pesanti).

E io rispondo: “Non lavorano per me, lavorano per il Signore, e per quello sono così  contenti.”

Più spiegavo agli altri, più capivo anch’io.

Ed è così che ad un certo punto ho smesso di dire  ‘E poi basta’.  È stato come un lampo nella mente: se  le opere sono del Signore, solo Lui sa quando sarà ‘E poi basta ‘.

E a dire la verità le mie cose personali mi interessavano sempre meno, mi sembravano sempre più insignificanti, noiose, piccole. E poi si risolvevano da sé nel miglior modo possibile, immaginabile.

Il centuplo che promette il Signore è davvero così. Sono immensamente grata di questa amicizia: è un Amico che sorprende sempre, è divertente, gioioso, affidabile… Ho visto un sacco di miracoli, tante situazioni, dove tutti dicevano ‘’Impossibile, impossibile’’. Invece l’impossibile diventava possibile …

Quando le 120,000 persone dell’Artsakh erano assediate dai turchi e i turchi non facevano passare neanche un kg di riso, ho fatto un appello per raccogliere il latte in polvere per i bambini neonati, che soffrivano più di tutti la fame. In un giorno abbiamo raccolto 5 tonnellate di latte in polvere e le persone che portavano il latte al punto di raccolta mi dicevano: ‘Ormai non ti chiediamo più come farai a portare questo latte in Artsakh, perché abbiamo visto tante volte che hai legame diretto con il Cielo …’ . E veramente siamo riusciti a far arrivare tutto questo latte in Artsakh, grazie a Dio Onnipotente.

Mi capita sovente di rimanere come i bambini piccoli con la bocca aperta a dire: ‘Woooooooooow’.  Il Signore arriva sempre con soluzioni che non avresti mai e poi mai immaginato. L’Amicizia con Lui è un Wooooooow interminabile.

Così questo cammino mi ha insegnato quello che nel Cristianesimo è proprio basilare: la teoria la sapevo, però la vita pratica è tutta un’altra cosa.

Ho capito che tutte le volte che desideriamo il bene del prossimo e facciamo qualcosa per il prossimo senza aspettarci nulla in cambio, quando non c’è calcolo, facciamo spazio perché intervenga il Signore.

E quando interviene il Signore, possiamo essere gioiosi, lieti anche nelle situazioni più difficili.

E poi ho capito anche che il Signore non fa dei miracoli per farci credere, ma fa i miracoli per quelli che credono in Lui. Nel senso che non ti deve convincere Lui con i suoi miracoli, ma più tu sei convinto di Lui e della Sua Onnipotenza, più Lui ti sorprende.

E ho capito che il bisogno dell’altro non è mai un peso, ma è una possibilità che ci da il Signore per la salvezza della nostra anima.

Insomma, più facciamo gli altri felici, più siamo felici noi.

È un universo di scoperte. Il Signore mi ha tirato fuori dal mio buco di Zurigo e mi ha fatto scoprire il Mondo.

Spesso mi sento così felice, immensamente felice, che mi sento invidiosa della mia felicità. È difficile da spiegare. Però il segreto che ho scoperto è proprio un teorema matematico: ‘’Il mio star bene dipende da quanto bene io tratto il prossimo”. Sono tanto felice quanto faccio felice il prossimo. Dio ci ha creati così. Nessuno può farsi felice da solo, pensando solo a se stesso.

Ho conosciuto migliaia di persone in tutto il mondo, tante anime belle che hanno partecipato in queste opere del Signore, hanno aiutato a realizzare delle cose impossibili, incredibili… Non posso immaginare la mia vita senza queste persone, è una ricchezza infinita.

D’altra parte migliaia di persone  che abbiamo  aiutato, migliaia di destini cambiati, migliaia di sorrisi, di lacrime di gioia e tanti tanti miracoli…Ho fatto 260 mila kilometri di strada in Armenia con la mia auto…

Attraverso tutte quelle vite, quei gesti di carità, quel lavoro,  il Signore mi ha dato la possibilità di cambiare  me stessa, di conoscerLo meglio, di amarLo di più. Più ho amato il Signore, più ho amato il prossimo.

E soprattutto mi ha regalato la felicità, che NON  dipende dalle circostanze…

In agosto sono di nuovo stata in Armenia. Per tre settimane sono andata da un villaggio all’altro ad organizzare i battesimi per i nostri bambini, quelli delle nostre scuole domenicali.

Il sacerdote fa la lista dei bambini che vogliono essere battezzati e io preparo le croci, gli asciugamani, la festa dopo il battesimo. Abbiamo battezzato circa 125 bambini questa volta e sono stati dei giorni felicissimi per tutti.

Quello che mi commuoveva di più erano  le nonne e i nonni di questi bambini, che chiedevano di essere battezzati anche loro,  insieme con tutti i piccoli.

Poi anche i genitori, i fratellini più piccoli hanno voluto il Battesimo.

C’era un papà che faceva il militare, ha chiesto al suo capitano di poter lasciare la trincea per mezza giornata , perché voleva battezzarsi con i suoi figli.

C’era una nonna di 93 anni che è venuta con suo nipote.

C’era una famiglia di 9 persone che si sono battezzate tutte e 9.

I nonni mi hanno detto che tutta la vita hanno voluto il Battesimo e il loro sogno finalmente si è avverato.

(la gente bei villaggi è molto povera e tante volte non ha i mezzi per pagare anche le cose minime, soprattutto la festa del battesimo) .

Le ragazze con i veli sulla testa erano bellissime, sembravano uscitiedall’epoca dei tempi di Gesù.

Andavo da una regione all’altra, Nord, Sud, Est, Ovest … Quando entravo in un villaggio vedevo già dalla macchina, vicino alla chiesa, i sacerdoti, i diaconi, bambini e le loro famiglie che mi aspettavano.

Che bello vedere il popolo di Gesù aumentare così. Il Battesimo è solo l’inizio del camino Cristiano, ma è un inizio indispensabile.

(Quest’anno abbiamo già battezzato 300 persone e ho la lista lunga dei bambini e i loro genitori che vogliono ricevere il battesimo).

Dopo che ho finito con i battesimi, mi ha contattato un giovane sacerdote dal nord dell’Armenia, dal Vardenis, vicino al lago di Sevan, e mi ha detto che anche loro volevano aprire delle scuole domenicali in 12 villaggi.

Sono andata ad incontrare i bambini in tutti i 12 villaggi,  ho portati tanti giochi dalla capitale e poi dolci e le cose che gli piacciono … I bambini erano felici, sempre sorridenti, pieni di vita e di gratitudine.

Il diacono di uno di questi villaggi, dopo due mesi di scuola domenicale , mi ha scritto:

‘’ Buonasera Cara Teresa, ora vado nei villaggi di Makenis, Lchavan, Lusakunk e Khachaghbyur. I bambini degli ultimi due villaggi hanno cominciato a venire ogni domenica per la messa. Un amico ci dà l’autobus per organizzare il trasporto dei bambini.  All’inizio della liturgia diciamo insieme il Padre Nostro. E oggi ho avuto la mia prima piccola alunna, che mi ha regalato il salmo 90, e io ho promesso di farle un regalino.’’

I bambini delle scuole domenicali imparano a memoria il Salmo 90, abbiamo promesso una gita ad Echmiadzin a tutti quelli che sapranno recitarlo a memoria. 300 bambini l’hanno già imparato.

Il Salmo 90 dice così:

«…..Poiché tuo rifugio è il Signore

e hai fatto dell’Altissimo la tua dimora,
non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutti i tuoi passi.
Sulle loro mani ti porteranno
perché non inciampi nella pietra il tuo piede.
Camminerai su aspidi e vipere,
schiaccerai leoni e draghi.
Lo salverò, perché a me si è affidato;
lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e gli darò risposta;
presso di lui sarò nella sventura,
lo salverò e lo renderò glorioso.
Lo sazierò di lunghi giorni
e gli mostrerò la mia salvezza».

 

Anche io lo dico tutte le mattine, ma a memoria non l’ho ancora imparato.

Un caro saluto e grazie per la vostra Amicizia,
Teresa

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All’università Suor Orsola Benincasa si presenta il libro “Lettere armene” (Rainews.it 30.11.24)

Martedì 3 dicembre alle 11:30 l’incontro sul volume di Franz Cerami e Vincenzo Del Monaco. E’ un viaggio a Jerevan tra arte e diplomazia

Sarà presentato martedì 3 dicembre alle 11:30, presso l’aula Leopardi dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, il libro “Lettere armene – Viaggio a Jerevan tra arte e diplomazia” di Franz Cerami e Vincenzo Del Monaco. Dopo i saluti istituzionali del Rettore dell’ateneo, Lucio D’Alessandro, discuteranno del volume Paola Villani, Direttrice del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Alfredo De Dominicis, editore, Davide Speranza, storyteller, e gli autori Franz Cerami, artista e docente dell’Università Suor Orsola Benincasa, e Vincenzo Del Monaco, diplomatico e già ambasciatore d’Italia in Armenia.

“L’Ateneo ha da subito partecipato a un grande progetto internazionale che trova in questo libro-dialogo una sintesi, ma anche un approfondimento. L’incontro tra Cerami e Del Monaco, tra un artista contemporaneo e un uomo delle istituzioni, si fa fecondo in termini di relazioni diplomatiche, ma anche di sviluppo del territorio. E naturalmente arricchisce il percorso formativo dei nostri studenti del corso di Scienze dei Beni Culturali che hanno Cerami come loro docente” sottolinea la professoressa Paola Villani.

“La presentazione di questo libro all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli rappresenta non solo un traguardo significativo, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo. Il dialogo intenso e vibrante che Franz Cerami ed io abbiamo intrecciato negli anni è destinato a continuare, arricchendosi, perché no, dei pensieri e delle suggestioni che nasceranno proprio da questa occasione. È profondamente simbolico che Lettere Armene abbia le sue radici a Jerevan, una città che ho avuto il privilegio di vivere, e che ora venga presentato a Napoli, una città dove gli armeni hanno lasciato un’impronta straordinaria, strettamente intrecciata con l’identità e la geografia unica di questo luogo” aggiunge Vincenzo Del Monaco.

“Per me questo libro è un diario di viaggio, uno sketchbook, nel quale mi è piaciuto ripercorrere le tappe di Lighting Flowers e Remix Portraits vissute a Jerevan, e, dunque, raccontare la mia conoscenza di questa città con Vincenzo Del Monaco, perché, seppur da diverse prospettive, abbiamo compiuto un viaggio di scoperta per molti aspetti simile, un viaggio fatto di ascolto e ricco di incontri con un popolo straordinario” dice Franz Cerami.

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Siria, i jihadisti entrano ad Aleppo. «Si rischia un nuovo massacro» (Tempi 30.11.24)

La Siria rischia di tornare sull’orlo del baratro dopo che i terroristi islamici di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), che controllano la provincia di Idlib, hanno attaccato la provincia di Aleppo conquistando decine di villaggi. Le forze governative di Bashar al-Assad sono state colte di sorpresa e negli scontri a fuoco, che sono proseguiti anche ieri, sarebbero già morte più di 600 persone.

I terroristi sono riusciti a entrare ieri nella città di Aleppo, la seconda più importante del paese, già martoriata e divisa in due durante la guerra civile. «Può essere un massacro. La gente è terrorizzata», confida a Tempi il vicario apostolico della città, monsignor Hanna Jallouf.

“Ribelli”? No, jihadisti

L’offensiva è stata lanciata all’alba di mercoledì dai jihadisti di Hts, con la collaborazione di alcuni gruppi del Fronte nazionale di liberazione affiliato alla Turchia. I giornali insistono nel chiamare i terroristi di Hts “ribelli”, ma non va dimenticato di chi si tratta.

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Gaza, perché non si può parlare di genocidio, ma di crimini di guerra e contro l’umanità, commessi anche da Hamas (Il giornale d’italia 29.11.24)

I caratteri tipici dei genocidi sono essenzialmente due, uno è la pianificazione della eliminazione, almeno nelle intenzioni completa, dell’etnia o del gruppo sociale oggetto della campagna genocidaria, l’altro è l’assenza di un rapporto funzionale con una guerra

29 Novembre 2024

Gaza, perché non si può parlare di genocidio, ma di crimini di guerra e contro l'umanità, commessi anche da Hamas

Liliana Segre, fonte: imagoeconomica

Le parole, a volte, diventano clave. Negli ultimi mesi ho fatto appelli per il cessate il fuoco, ho condannato le violenze, ho espresso la più profonda partecipazione al dramma delle vittime innocenti palestinesi e israeliane, ho invocato un rispetto sacrale verso i bambini di ogni nazionalità, di ogni credo, di ogni religione, ho manifestato ripulsa verso lo spirito di vendetta. Eppure, o ti adegui e ti unisci alla campagna che tende ad imporre l’uso del termine «genocidio» per descrivere l’operato di Israele nella guerra in corso nella Striscia di Gaza, o finisci subito nel mirino come «agente sionista». Le cose in realtà sono più complesse e colpisce che alcuni tra i più infervorati nell’uso contundente della parola malata si trovino in ambienti solitamente dediti alla cura, talora maniacale, del politicamente corretto, del linguaggio sorvegliato che si fa carico di tutte le suscettibilità fin nelle nicchie più minute.

Nella drammatica situazione di Gaza non ricorre nessuno dei due caratteri tipici dei principali genocidi generalmente riconosciuti come tali — il Medz Yeghern degli armeni, l’Holodomor dei kulaki ucraini, la Shoah degli ebrei, il Porrajmos dei rom e sinti, la strage della borghesia cambogiana, lo sterminio dei tutsi in Ruanda — mentre sono piuttosto evidenti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, commessi sia da Hamas e dalla Jihad, sia dall’esercito israeliano. I caratteri tipici dei genocidi sono essenzialmente due, uno è la pianificazione della eliminazione, almeno nelle intenzioni completa, dell’etnia o del gruppo sociale oggetto della campagna genocidaria, l’altro è l’assenza di un rapporto funzionale con una guerra. Anche i genocidi commessi durante le due guerre mondiali (armeni, ebrei, rom e sinti) non ebbero la guerra né come causa né come scopo, anzi furono eseguiti sottraendo uomini e mezzi allo sforzo bellico.

In secondo luogo, l’accusa strumentale del genocidio proietta sull’intero Stato di Israele e su tutto il popolo israeliano — non solo sul pessimo governo in carica — l’immagine del male assoluto. Una demonizzazione ingiusta, ma anche controproducente per le prospettive di pace e convivenza. Ogni riduzione dell’altro a mostro, ogni cancellazione manichea delle sue ragioni — vale per i sostenitori acritici dei palestinesi, ma vale specularmente anche per i sostenitori acritici del governo israeliano — serve solo a perpetuare la guerra, a rinsaldare la trappola dell’odio e ad allontanare il giorno in cui potrà, dovrà sorgere uno Stato di Palestina accanto allo Stato di Israele.

In terzo luogo, la cultura antifascista e antitotalitaria ha avvertito da sempre le implicazioni velenose delle operazioni di negazionismo, riduzionismo, relativizzazione, distorsione o banalizzazione dei genocidi. Di lì passano inesorabilmente le rivalutazioni delle peggiori dittature e le campagne nostalgiche. Da lì parte il sistematico abbassamento degli anticorpi che sorreggono la coscienza democratica dei cittadini. Inquieta che anche alcuni di coloro che meritoriamente si dedicano alla tutela e alla trasmissione della Memoria sembrino non capire che lasciar passare oggi l’abuso del termine genocidio significa produrre una crepa in un argine. E se crolla quell’argine, domani, potrà passare ben altro.

Di Liliana Segre.

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Arte, tecnologia e radici armene: il finissage di AKNEYE getta le basi per il futuro a Venezia (Informazione 28.11.24)

Sabato 23 novembre si è svolto il finissage di AKNEYE presso la sede espositiva utilizzata in occasione della Biennale Arti Visive. L’evento, che ha concluso sei mesi di attività espositiva orientata all’uso delle nuove tecnologie e degli NFT, ha rappresentato un importante punto di partenza per il futuro del gruppo a Venezia, con l’obiettivo dichiarato di ampliare le proprie collaborazioni e la propria presenza nella Città lagunare.

La giornata si è sviluppata in due momenti: una fase aperta al pubblico, che ha visto un’ampia partecipazione, in particolare molti i giovani presenti attratti dall’utilizzo di nuove tecnologie, e una parte riservata a rappresentanti culturali e istituzionali. Quest’ultima ha rappresentato un’importante occasione per AKNEYE per consolidare i rapporti già avviati nel corso di Biennale e per avviare nuovi dialoghi con le diverse personalità del panorama culturale veneziano, tra cui operatori del mondo dell’arte e della cultura, che hanno aderito all’iniziativa, interessati alle possibilità di future collaborazioni.

La cerimonia di chiusura di AKNEYE ha visto la partecipazione di ospiti di rilievo provenienti da Yerevan, tra cui Anahit Badalyan, ideatore del progetto, affiancato dai collaboratori creativi Vigen Badalyan e Narek Gyulumyan. Tra le autorità presenti spiccavano il Vice Ministro dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Armenia, Daniel Danielyan, e la Direttrice della Galleria Nazionale d’Armenia, Marina Hakobyan. Tra le personalità veneziane presenti all’evento, un’attenzione particolare è stata riservata alla professoressa Silvia Burini, docente di Storia dell’Arte presso l’Università di Venezia e autorevole promotrice di mostre ed eventi artistici, e all’architetto Antonietta Grandesso, Responsabile culturale dello Spazio Thetis all’interno dell’Arsenale storico. Questo luogo, di straordinario fascino, è noto per il suo parco che ospita sculture e opere d’arte di artisti di fama internazionale come Jan Favre, Beverly Pepper, Pinuccio Sciola e molti altri.

Una sorta di fil rouge fra un’arte tutta orientata al futuro e il profondo legame storico tra Venezia e la comunità armena ha caratterizzato la serata. Persino il menù servito durante l’evento ha voluto riprendere a quello della cena del primo ventennio del ‘900, quando venne invitato ufficialmente il primo artista armeno alla Biennale di Venezia.

Era presente anche lo storico e giornalista Advedis Adjan, che abita a Venezia da molti anni ed è uno studioso della storia degli armeni, la sua presenza e testimonianza ha evidenziato il rapporto ultrasecolare tra la Comunità armena e Venezia che ai tempi della Serenissima può essere definita come il primo melting pot della storia.

 

La serata è stata impreziosita dalla live performance “Attraverso l’occhio dell’artista” dell’artista di Sacha Jafri.

Il finissage non è stato solo un momento celebrativo, ma anche una concreta apertura verso il futuro, con la promessa di nuovi eventi e iniziative nella città lagunare. AKNEYE si propone di diventare un punto di riferimento per l’arte contemporanea a Venezia, valorizzando le sue tradizioni culturali e proiettandole in una dimensione tecnologica e innovativa.

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Armenia, il Paese dalla cultura millenaria proiettato al futuro (Quotidiano.net 27.11.24)

L’Armenia è come un millenario albero che affonda le radici negli albori dell’umanità, ed ha rami e fronde rigogliose protese verso il futuro. E in un viaggio in questo Paese ci imbatteremo costantemente queste radici e in questi nuovi germogli.

L’Armenia confina con Georgia, Azerbaigian, Nagorno Karabakh, Iran e Turchia, e con la repubblica autonoma di Naxçıvan, un’exclave dell’Azerbaigian. La capitale è Yerevan e, a 12 chilometri dal centro, allo Yerevan Zvartnots Airport, arrivano voli diretti da Milano e da Roma. Questa città è non solo la porta d’accesso al Paese ma un piccolo affascinante mondo. Vi si può fare tappa e poi esplorare in auto i luoghi vicini.

Notizia recentissima: l’Armenia è Top Country nella lista dei 10 migliori Paesi Best in Travel 2025 di Loney Planet.

La capitale Yerevan

Il monte Ararar – dove secondo la Bibbia Noè approdò con l’Arca dopo il diluvio – fa da sfondo a Yerevan, che per il milione e oltre di abitanti (l’intera Armenia ne conta 3 milioni) è sacro, anche se oggi appartiene alla Turchia. Vanto della città è la Cascade, nel centro cittadino, un’imponente struttura in pietra a terrazze: costruita dal 1976 fino 1991, e poi in una seconda parte dal 2002 al 2009, è larga 50 metri e lunga 302, con giardini, fontane, opere d’arte contemporanea, ed è una meta amatissima sia dai turisti che dai giovani locali. Ci si può salire dall’esterno (consigliabile per ammirare il panorama con l’Ararat sullo sfondo) ma anche dall’interno, con sette scale mobili, che attraversano le sale con le opere d’arte contemporanea che fanno parte del Museo Cafesjian: il Cafesjian Center for the Arts è una collezione eclettica che spazia dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alle installazioni.

 

L’arte la fa da padrona anche nel grande giardino antistante la Cascade, con tante sculture fra le quali spiccano quelle di Botero: un guerriero pingue, una donna sdraiata, un grosso gatto oversize sono oggetto di tanti selfie!

Altro fulcro della vita cittadina è Piazza della Repubblica, progettata dall’architetto Alexander Tamanyan (1878-1936), e costruita tra il 1924-1936, quando l’Armenia era una delle 15 Repubbliche socialiste sovietiche. I grandi edifici dalle tonalità rosate, con colonnati e fontane che a sera sembrano danzare a tempo di musica, ospitano fra l’altro il Museo di storia dell’Armenia, assolutamente imperdibile per chi voglia conoscere le radici di questo grande albero chiamato Armenia. Tra i preziosi reperti ce ne sono alcuni curiosi, come la scarpa di pelle più antica che ha 5.500 anni.

Colpisce anche una sorta di rappresentazione, in metallo, del sistema solare (terra, sole e cinque pianeti) che rappresenta simboli astronomici, risalente al XII/XI secolo a.C. Sempre in città, si può visitare la fabbrica di brandy Ararat la cui storia risale al 1887 ed è anche oggi un vanto della nazione.

Se il centro cittadino è pieno di vita, con negozi eleganti, ristoranti, parchi dove passeggiare, c’è un luogo poco turistico da esplorare: è il quartiere di Kond, in collina, con strade strette, i murales, le vecchie auto, le antiche case dai segreti cortili dove si viene invitati a bere un caffè con un dolcetto, fra vecchie foto, bimbi che giocano, e tanta cordialità. E da non mancare un giro al Vernissage Market, un mercato all’aperto di artigianato locale di ottimo livello nel cuore della città, dove in stand ordinati vengono esposti gioielli fatti a mano, ceramiche, tappeti tradizionali, borse di stoffa, oggetti d’arte e anche di antiquariato, e chi si prende un po’ di tempo può trovare veri tesori realizzati localmente.

TUMO e i nuovi “germogli”

Se vediamo l’Armenia come un albero con fronde verdi protese verso l’alto, non si può non citare il settore IT (Information Technology), in costante crescita, che vede impiegate oltre 15mila persone in larga parte sviluppatori di software e ingegneri, un comparto che incide per il 5 per cento del Pil. Gli armeni si definiscono “La Silicon Valley Caucasica” per questo settore all’avanguardia in software, applicazioni e videogame, sicurezza informatica, tablet e altre tecnologie. In quest’ottica, è rilevante TUMO (Center for Creative Technologies) il programma gratuito per ragazzi fra i 12 e i 18 anni specializzato in tecnologia e design, istituito in vari centri e hub.

A Yerevan esiste dal 2011, e Gyumri, la seconda città dell’ Armenia, ha varato un progetto per riconfigurare la città, in passato danneggiata da terremoti. Se l’apprendimento dei media digital ha terreno fertile fra i giovani, è anche perché la cultura in Armenia è qualcosa che si respira fin da piccoli: sin dalle elementari si imparano armeno e russo, (quindi due alfabeti diversi), e poi inglese o francese, ma ci sono anche scuole di italiano e tedesco. Per gli armeni praticare sport e assistere a spettacoli teatrali è abituale fin dalla giovane età, e questa cultura eclettica li porta ad essere cittadini del mondo.

Etchmiadzin, molto più di una cattedrale

A poco più di 20 km da Yerevan sorge quella che è una delle più antiche cattedrali (costruita originariamente tra il 301 e il 303) ed il cuore spirituale dell’Armenia, oltre che sede della Chiesa apostolica armena: la cattedrale di Etchmiadzin, patrimonio dell’umanità Unesco, e recentemente riaperta dopo anni di meticolosi lavori di ristrutturazione, alla riconsacrazione ha partecipato una delegazione di Papa Francesco. E’ venerata come una delle più antiche chiese al mondo, ed è un potente simbolo di fede e continuità per i cristiani, incarnando l’essenza spirituale della Chiesa apostolica armena.

 

Etchmiadzin, recentemente restaurata

Sia l’esterno che l’interno sono imponenti, ben diversa dai monasteri che abbiamo visitato. Conserva molte reliquie che i fedeli venerano mettendosi in ordinata fila: la lancia che trafisse Cristo (lancia di Longino), frammenti di legno ritenuti essere parte dell’ Arca di Noè, reliquie dei santi apostoli Pietro, Andrea, Giuda Taddeo e la mano destra di san Gregorio. L’Etchmiadzin Treasury Museum ospita una collezione inestimabile di manufatti religiosi, manoscritti e antiche reliquie.

Gyumri… che parla italiano

A poco più di 100km da Yerevan, Gyumri conserva edifici storici in tufo che l’hanno resa famosa, e fu la città prediletta dagli zar. Da vedere la fortezza di Sev Berd, la piazza Vardanants e il Museo Dzitoghtsyan della vita urbana e dell’architettura nazionale. Qui vive – ed è possibile incontrare – Antonio Montalto, medico, già console onorario d’Italia, che arrivò a Gyumri nel 1988 in occasione di un drammatico terremoto che uccise 25mila persone. Montalto è rimasto anche dopo l’emergenza, impegnandosi per la popolazione a livello sanitario e non solo, ha aperto un piccolo albergo, una biblioteca italiana e una fabbrica di ceramica che dà lavoro ad oltre 50 persone. Ed è un punto di riferimento (fu incontrato da papa Francesco durante la sua visita nel 2016) per chi vuole conoscere la realtà dell’Armenia.

I monasteri

 

Monastero di Khor Virap

L’Armenia è la prima nazione cristiana del mondo e, fra conosciuti e non, annovera circa 2mila monasteri. Alcuni fra i più famosi e spettacolari sono a un paio d’ore d’auto da Yerevan. Khor Virap, di pietra rossa, su un picco roccioso e sullo sfondo l’Aratat, è famoso perché qui San Gregorio l’Illuminatore fu imprigionato e poi convertì al cristianesimo il re Tiridate III e fu lui a dichiarare l’Armenia cristiana nel 301, facendo del proprio paese il primo stato cristiano della storia.

Il pittoresco monastero di Noravank è incastonato tra imponenti scogliere rosse nella valle di Amaghu, con una straordinaria architettura del XIII secolo della chiesa principale del monastero e le intricate sculture in pietra. Il Monastero di Geghard è patrimonio mondiale dell’UNESCO: scavato nella parete rocciosa della gola del fiume Azat, vanta un complesso di cappelle, grotte e tombe risalenti al IV secolo.

Ecco che i famosi monasteri non sono solo un’attrazione turistica ma un elemento imprescindibile nella vita della popolazione: ci si sposa in chiesa (fino a due volte, in caso di ripensamento) e qui si ricevono i sacramenti, e imbattersi in un matrimonio in una di queste chiese è davvero un’esperienza bellissima. Non lontano dal Monastero di Geghard possiamo visitare il Tempio di Garni, dedicato al dio Mitra, una struttura ellenistica di basalto dai bei colonnati risalente al I sec. d.C. e incastonata nella suggestiva gola del fiume Azat. Davvero ci si incanta di fronte ai colonnati ben conservati del tempio, alle intricate sculture e alla sua imponente presenza, risalenti al I secolo d.C.

Ma la magia non finisce qui, mentre si attraversa l’accidentata Gola di Garni, fermiamoci per una sosta alla Sinfonia delle Pietre, una meraviglia naturale scolpita da millenni di forze geologiche che ora ci appare come un complesso di stalattiti e stalagmiti simili a canne di organo.

Sinfonia delle Pietre nella Gola di Garni

Il lago Sevan, come un mare

Il lago Sevan, a circa 1.900 metri sul livello del mare, in una conca dei Monti Geghama, è uno dei più grandi laghi alpini dell’Eurasia, e per gli Armeni è come un mare. Soprattutto se ammirato dal monastero di Sevanavank, dall’antica architettura in pietra, arroccato in cima a una penisola che domina il lago, e la vista mozzafiato sulle acque azzurre e sulle montagne circostanti fanno di questo luogo qualcosa di unico. Il monastero di Sevanavank era costituito da tre chiese, oggi ne ammiriamo due, la chiesa dei Santi Apostoli e la Vergine Santissima.

Il lago è famoso per l’omonima trota, che essendo in via di estinzione ora è di allevamento ed è comunque molto buona. Affacciato sul lago si trova un curioso edificio, oggi ristorante: è la “Casa degli scrittori” che interessa gli architetti e gli studiosi del modernismo sovietico in Armenia, attualmente da restaurare. In alto, attorno il Lago di Sevan, a 1950 metri cresce l’Olivello Spinoso, ricco di vitamine, in particolare la C, e coi frutti si preparano composte e sciroppi che vengono venduti in loco.

Dalla cantina di 6 mila anni fa a oggi

Secondo la Bibbia Noè con l’Arca approdò sul Monte Ararat dopo il Diluvio universale, poi piantò la vite e ne ricavò il vino. Quindi la tradizione vinicola in Armenia è antichissima, basti pensare che scavi archeologici nella grotta “Areni 1” hanno portato alla luce una vera e propria cantina di oltre 6mila anni fa, con una vasca poco profonda dove si pigiava l’uva, un tino per la conservazione e giare chiamate Kerasi, per la fermentazione, (che alcuni vinificatori hanno ripreso a utilizzare). Pare che questo vino, fosse riservato a scopi rituali.

L’antica cantina di Areni

Si può visitare questa struttura, che è a un paio d’ore di auto a sud-est di Yerevan, e sempre in questo luogo è stata rinvenuta la scarpa di pelle conservata al Museo di Yerevan. Questa è una zona ancora oggi vocata alla vite, e nel vicino villaggio di Areni troviamo la cantina Momik Wine Cube dove assaggiare vini e cucina locale, e conoscere la storia dei vitigni, il più famoso dei quali è l’Areni, uva autoctona con oltre 3 mila anni di storia e mai intaccata dalla filossera. Durante la presenza dell’Unione Sovietica in Armenia (dal 1920 al 1991) si privilegiò la produzione del brandy (produzione ancora oggi molto importante), poi sono stati ripristinati i vitigni autoctoni, circa 350, tra i principali il Sev Areni, prodotto soprattutto in questa zona, poi tra le varietà a bacca rossa ci sono Sireni e Haghtanak e tra quelle a bacca bianca Voskehat e Kangun.

Dalle piccole aziende a una realtà che produce 10 milioni di bottiglie di vino all’anno, e 5,5 milioni di bottiglie di brandy: è Armenia Wine Company, a 26,7 km da Yerevan. Fondata nel 2008, ha grandi impianti moderni, produce vini spumanti e fermi. Si può visitare la cantina, fare degustazioni, pranzare, e soprattutto visitare il Wine History Museum, un magico luogo sotterraneo con grandi sale dove il vino è protagonista. Tutto qui ha un fascino antico, anche se in un contesto moderno molto bello, e colpisce un fregio con grappoli d’uva, che proviene dalle rovine della cattedrale di Zvarnots (patrimonio Unesco) del VII secolo, nel X secolo fu distrutta da un terremoto, riscoperta poi all’inizio del XX secolo, e oggi ne resta un solo piano. E’ a 20 km da Yerevan e sorge in un luogo isolato e molto suggestivo, e facilmente raggiungibile in auto.

Lavash, verdure, frutta disidratata ecco i segreti in cucina

Se in Armenia chiedete il pane, s’intende solo il lavas. È un pane sottile che può ricordare la piadina. L’impasto viene steso come una sfoglia, tirata col mattarello, poi le sfogline la lanciano e la riprendono, allargandole con le mani, una cosa impensabile se non si ha una lunga esperienza!

Poi questa sfoglia viene stesa sopra un cuscino, inumidita, e fatta aderire alle pareti di un forno interrato, cilindrico, con le pareti in terracotta. Le braci sono in fondo e il grande calore fa sì che il pane sia pronto in pochi minuti. Dura a lungo, anche un anno, e basta un po’ di acqua per farlo rinvenire.

Se il pane è un punto fermo della cucina armena, un pasto riserva una serie di altre belle sorprese. A Yerevan (ma non solo) sono numerosi i ristoranti del centro che offrono una cucina davvero eccellente. Si inizia sempre con una tavolata di verdure che da sole sono un vero pranzo, insalate crude e cotte, pomodori saporiti anche in autunno avanzato, melanzane declinate in tante preparazioni, involtini di foglie di vite…  Molto buoni e saporiti i formaggi. Per i nostalgici della pasta italiana ci sono tagliatelle gustose, fatte essiccare con un metodo tradizionale, così come lo sono le zuppe di verdura.

Poi arrosti, grigliate, preparazioni in umido di carne e polpette, buonissime, e pesce arrosto soprattutto trote. E dolci, tipico è il gata, una pasta dolce e farcita con noci, miele, burro e spezie come la cannella. Nella cucina armena troveremo un importante uso di noci, uvetta, frutta disidratata, non solo nei dolci ma anche nelle insalate, un’idea da copiare. Il GUM Market di Yerevan è interamente dedicato alla frutta secca, o disidratata, dove la frutta è protagonista anche di belle composizioni perfette per portare a casa un souvenir.

Tsitsernakaberd

Il memoriale del genocidio armeno si trova alle porte di Yerevan sulla collina di Tsitsernakaberd. Appare come una stele, alta 44 metri, che rappresenta la rinascita degli armeni, costruita nel 1965-67 in memoria di oltre un milione e mezzo di armeni vittime del genocidio compiuto dal governo dei Giovani Turchi nell’Armenia occidentale e in altre aree della Turchia nel 1915-16.

Al centro del complesso ci sono 12 imponenti piloni intorno alla fiamma eterna, che arde in memoria delle vittime. Il muro commemorativo in basalto, che fiancheggia il viale di accesso al memoriale, ha incisi i nomi delle località dove ci furono massacri e deportazioni. Da vedere anche il museo che racconta la storia di quelle persone deportata e uccise, molte le donne vittime in modo crudele di questo eccidio. Ogni anno, il 24 aprile, migliaia di persone commemorano il genocidio.

Oggi 7 milioni di armeni vivono nel mondo (un’icona è stato Charles Aznavour), molti ancora legati alla terra di origine, tanto che nei settori dell’arte e della viticultura troviamo apporti molto importanti, anche finanziari, degli armeni che vivono all’estero. C’è una cosa curiosa da notare: i giovani oggi in Armenia non parlano volentieri del genocidio, quando lo fanno hanno la voce spezzata di chi ricorda una storia che nel passato può anche interessare la famiglia. E a chi domanda: “Ma cosa provi?” rispondono: “Ci hanno insegnato a non dimenticare ma anche a non odiare”. E questa forse è una delle chiavi giuste per capire questo affascinante albero- Armenia dai rami giovani.

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