Dall’Armenia all’Apro di Alba per parlare di salute mentale (Gazzettadalba 09.03.25)

IL PROGETTO Tutto parte da alcuni principi di base. A differenza dell’Italia in Armenia ci sono le cliniche psichiatriche; le persone che usufruiscono dei servizi da loro sono “pazienti”, da noi in Italia invece sono “ospiti”.

Ashkhen Aslanyan è una giovane psicologa e insegnante all’interno del Cepfa (French-armenian vocational education center) e, insieme ad altre quattro professioniste sanitarie: due pedagogiste, una psicologa e un’infermiera coordinatrice, a inizio gennaio ha visitato Alba per approfondire, tra le altre cose, il mondo della salute mentale locale.

Il gruppo partecipava a Improvet Armenia: progetto europeo Vet to vet con Sepr (centro di formazione francese) capofila e cofinanziato dall’Unione europea.

I partner sono Apro formazione (scuola professionale con sede ad Alba) e due centri armeni: Cepfa a Yerevan e Gsmc a Gyumri. Il percorso ha l’obiettivo di creare collaborazione tra scuole di formazione, migliorare l’orientamento scolastico e professionale degli studenti armeni, sostenere lo sviluppo del settore sociosanitario nel Paese soprattutto per quanto riguarda la formazione di figure professionali per l’assistenza alla persona e nel settore odontotecnico.

Ad Alba grazie alla collaborazione della cooperativa sociale progetto Emmaus l’iniziativa ha permesso di approfondire i temi della salute mentale e della disabilità e di riflettere sui processi inclusivi capaci di generare protagonismo tra le molte persone con fragilità. Uno dei formatori della cooperativa, Giulio Ronco, ha introdotto alcuni dei principi fondamentali dell’approccio basato sul recovery in salute mentale che tra i suoi cardini fondamentali prevede l’assoluto protagonismo della persona nei processi decisionali, di coltivare le sue risorse personali, l’importanza dell’autonomia abitativa e lavorativa e la costruzione di ponti con la comunità esterna e il contesto di vita. Giulio, che ha anche portato la sua esperienza passata come ospite di una struttura residenziale, ha dichiarato: «Il momento formativo è stato positivo e arricchente. Raccontando la mia esperienza personale, mi sono sentito ascoltato e compreso e mi sono reso conto di aver colto nel segno. Anche se la strada è lunga, siamo pronti a percorrerla».

Per noi sono pazienti e per voi ospiti e fanno sempre parte della comunità

L’INTERVISTA Ashkhen Aslanyan è una giovane psicologa e insegnante presso il Cepfa (French-armenian vocational education center). All’inizio di gennaio, ha visitato Alba con altre quattro professioniste sanitarie per approfondire le tematiche relative alla salute mentale.

Quale immagine vi portate a casa dopo la visita ad Alba a fine gennaio?

«Abbiamo visitato strutture che lavorano sull’integrazione delle persone con disabilità nella vita attiva; incontrato specialisti che hanno condiviso la loro esperienza lavorativa, met-
tendo a conoscenza degli strumenti usati nella pratica; visto gli ospiti nelle case di cura, dove si sentono membri di una comunità e sono empatici l’uno verso l’altro. Abbiamo fatto una panoramica sul modello italiano di assistenza sanitaria per persone disabili e con problemi di salute mentale; sui compiti degli Oss e degli educatori. Parte del tempo lo abbiamo trascorso nei locali dell’Apro, dove abbiamo visto il laboratorio di formazione sanitaria, il personale e le attrezzature, imparando a utilizzarle».

Dal punto di vista umano, quali elementi vi hanno colpito di più?

«In primo luogo abbiamo visto un sistema sanitario ben strutturato, dove ogni livello ha compiti ben definiti. Ma ciò che è più importante, quando ci si addentra, è che le persone che svolgono questo lavoro credono nel suo successo. In secondo luogo siamo rimasti impressionati dagli ospiti della cooperativa, liberi nella loro scelta e nell’autodeterminazione. Abbiamo incontrato Giulio Ronco, peer-educator (educatore alla pari, ndr) che qualche tempo fa era ospite della comunità residenziale: ci ha formato su alcuni punti centrali del lavoro di cura. È stato coraggioso e disposto a cambiare la sua vita, ora è lui ad aiutare gli altri a trovare la loro strada».

Quali sono le principali differenze tra l’Italia e l’Armenia nell’approccio alla salute mentale?

«Tutto parte dalla filosofia. I termini sono diversi. In Armenia abbiamo le cliniche psichiatriche, mentre in Italia non ce ne sono. Noi chiamiamo le persone nelle cliniche “pazienti”, qui vengono chiamati “ospiti”. L’ambiente per gli ospiti è lo stesso che dovrebbe essere nelle famiglie: tutti i membri hanno dei compiti, libertà di scelta, si sentono sicuri e possono sempre fare affidamento sui loro educatori e operatori. La cosa più importante è che non si tratta di una singola comunità, ma di una strategia a livello nazionale che ha cambiato l’approccio delle persone».

 Stefano Mo

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