PersecuzioniGuerra a bassa frequenza contro i cristiani di Gerusalemme (Renovatio21 13.03.25)

Le minoranze cristiane di Gerusalemme stanno protestando contro la confisca degli immobili del Patriarcato armeno (ortodosso). È l’ultimo attacco del comune che fa parte di un progetto più ampio volto a sradicare qualsiasi presenza cristiana nella Città Vecchia.

L’attacco del 7 ottobre 2023 e la conflagrazione che ne è seguita in Medio Oriente tendono a oscurare le minacce che gravano sulle comunità cristiane di Gerusalemme. Un tentativo discreto di giudaizzare sistematicamente Gerusalemme Est, la parte storica della Città Santa, è in corso da diversi anni, sia da parte di partiti religiosi che della municipalità stessa.

L’ultimo incidente: il mancato pagamento di una tassa comunale chiamata «arnona», una tassa annuale a cui sono soggetti gli occupanti di immobili, siano essi affittuari o proprietari, privati ​​o commercianti. L’origine di questo nome deriva dall’aramaico, lingua in cui questa parola designava una tassa applicata alla produzione agricola.

Questa tassa, che nel mondo biblico designava una tassa sulla produzione agricola, fu istituita nel 1934 durante il mandato britannico da un’ordinanza relativa alle municipalità. Adottata nella sua versione inglese dallo Stato di Israele quando fu creata nel 1948, questa ordinanza sarebbe stata sostituita nel 1964 dalla legge relativa alle municipalità, scritta in lingua ebraica.

Nel febbraio 2025, il municipio di Gerusalemme ha emesso un ordine di confisca delle proprietà appartenenti al Patriarcato per recuperare somme «astronomiche», risalenti al 1994. Il Patriarcato contesta vigorosamente questo debito, che non è stato chiaramente giustificato. L’importo dovuto è stato esagerato e include tasse su alcune proprietà che dovrebbero essere esenti.

Il 18 febbraio le confessioni cristiane della Città Santa hanno pubblicato una protesta congiunta indirizzata al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: «è inconcepibile che le istituzioni cristiane, la cui missione per secoli è stata quella di custodire la fede, servire le comunità e preservare la sacra eredità del Santo Sepolcro, debbano affrontare la minaccia di confisca dei beni sulla base di misure che ignorano il diritto a un giusto processo».

L’udienza in tribunale programmata per il 24 febbraio 2025 per esaminare una richiesta del Patriarcato di bloccare questo sequestro è stata rinviata a tempo «ndeterminato. Senza una decisione favorevole, questi beni rischiano di essere venduti all’asta, cosa che i rappresentanti delle Chiese cristiane descrivono come “legalmente dubbia e moralmente inaccettabile».

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, che ha una forte influenza in Terra Santa, ha aderito a questa iniziativa, perché i cattolici sono anche nel mirino degli ebrei ultra-ortodossi, che sono uno dei perni dell’attuale governo israeliano. Questa vicenda in effetti rilancia una vecchia lotta sull’imposizione delle tasse.

Per secoli, le Chiese di Gerusalemme hanno beneficiato di esenzioni fiscali ereditate dall’era ottomana. Negli ultimi anni, il comune ha tentato di tassare le proprietà non religiose (scuole, ospizi, ecc.), una misura a cui le comunità cristiane si oppongono in quanto attacco alla loro autonomia finanziaria e alla loro missione.

Anche il Patriarcato armeno sta affrontando controverse transazioni immobiliari. Nel 2021, i funzionari hanno venduto proprietà armene per costruire un hotel di lusso. Il Patriarcato ha annullato l’accordo nel 2023, denunciando irregolarità, ma la prosecuzione dei lavori ha portato a scontri con la comunità armena e interventi della polizia.

Nella loro dichiarazione, i leader delle comunità cristiane intendono sensibilizzare l’opinione pubblica su una politica che potrebbe costituire un pericoloso precedente per tutte le istituzioni cristiane, indebolendo ulteriormente una comunità già ridotta all’1-2% della popolazione:

«Prendere di mira una Chiesa è un attacco a tutti e non possiamo restare in silenzio mentre vengono scosse le fondamenta della nostra testimonianza cristiana nella terra di Cristo», denunciano.

Resta da vedere quale peso avranno le proteste dei cristiani di Gerusalemme, considerati cittadini israeliani di seconda classe, mentre i riflettori restano puntati sulla sorte degli ostaggi israeliani trattenuti nella Striscia di Gaza e sul futuro del fragile cessate il fuoco firmato tra lo Stato ebraico e gli islamisti.

Vai al sito