Una nuova costituzione per l’Armenia (Osservatorio Balcani e Caucaso 23.01.25)
l 2025 dovrebbe essere un anno decisivo per le riforme costituzionali in Armenia. In cima alla lista di priorità, le modifiche sul Karabakh spinte dall’Azerbaijan, ma anche e soprattutto l’eliminazione di anomalie legislative che rendono vulnerabile la democrazia nel paese
Il 2025 sarà un anno frenetico per la storia costituzionale dell’Armenia. Il premier Nikol Pashinyan aveva promesso un’ampia riforma della carta fondamentale dopo la rivoluzione di velluto, ma gli eventi hanno travolto questo processo ambizioso.
Adesso ci sono nuove pressioni in questo senso, con l’Azerbaijan che preme per la rimozione dei riferimenti nella costituzione armena alla questione del Karabakh. Il governo Pashinyan pare risoluto a una nuova stesura della costituzione, e il ministero di Giustizia di Yerevan ha comunicato a inizio 2025 l’intenzione di redigere il nuovo testo costituzionale entro le elezioni del 2026.
Fra le questioni che la nuova costituzione dovrebbe affrontare c’è il riordino degli organi di sicurezza del paese. L’istituzionalizzazione degli apparati di sicurezza, sia esercito che forze di polizia, ha risentito di due fattori: la mancata tradizione democratica che si è fatta a fatica strada nei tre decenni d’indipendenza dopo il settantennio sovietico, e le guerre che hanno contribuito sia alla militarizzazione della società che a uno squilibrio di potere fra l’apparato civile e quelli armati, inclusi i veterani.
Un numero consistente di veterani di guerra non hanno deposto le armi, e questo rappresenta un rischio per il paese, sia per il governo a cui si oppongono, sia per i privati cittadini.
Anomalie istituzionali
Una anomalia istituzionale di lunga data, poi sanata, è stata che per decenni l’Armenia non ha avuto un ministero degli Interni. Il ministero di norma ha il controllo delle forze di polizia e di sicurezza interna.
In Armenia era stato inizialmente istituito dal primo presidente Levon Ter-Petrosyan e includeva anche le truppe sovietiche e una forza paramilitare (che in Russia si è poi trasformata nella Guardia Nazionale, posta sotto il controllo del presidente). La vita del nuovo ministero durò una decina d’anni. Il Dipartimento di polizia non ha avuto un ministero dedicato fino al riordino istituzionale voluto da Nikol Pashinyan dopo la rivoluzione di velluto.
Nel 2019 è partito un piano triennale di riforma della polizia, che ha portato nel 2022 alla ri-creazione del ministero degli Interni, responsabile davanti al parlamento, una misura volta a mantenere una maggiore responsabilità dell’organo di polizia.
Una seconda anomalia è nata con la riforma costituzionale del 2015. Fino ad allora, le forze armate erano sotto il controllo del presidente, come è normale che sia in una Repubblica. Nel 2015 l’Armenia è diventata una repubblica parlamentare: il capo dell’esecutivo è quindi una figura politica e generalmente partitica, e non è la massima istituzione dello stato.
Proprio per questo le repubbliche parlamentari mantengono comunque le forze armate sotto il controllo della presidenza e non del governo: sono organi super-partes che vengono coordinati dall’azione di governo, attraverso il ministero della Difesa, ma il cui comandante supremo è la massima figura istituzionale del paese e non rappresentate una fazione, ma l’intera nazione, quindi il presidente.
Serzh Sargsyan aveva invece voluto la riforma con lo scopo di diventare primo ministro, terminati i suoi due mandati presidenziali nel 2018, e si era portato dietro le forze armate. Sargsyan è passato, ma la riforma è rimasta.
Secondo l’articolo 155 della Costituzione, la decisione sull’impiego delle forze armate spetta al Governo. In caso di necessità urgente, il premier, su raccomandazione del ministro della Difesa, decide sull’impiego delle forze armate e ne informa immediatamente i membri del governo.
Il più alto ufficiale militare delle forze armate è il Capo di stato maggiore, nominato dal presidente della Repubblica su proposta del primo ministro, e in caso di guerra il Capo di stato maggiore è subordinato al ministro della Difesa. In tempo di guerra, il premier funge da comandante in capo delle forze armate.
Questo spiega perché sia stato Pashinyan a firmare il cessate il fuoco con i presidenti russo e azero nel 2020, in quanto capo del governo e comandante supremo delle forze armate.
Democrazia e sicurezza
Se la creazione del ministero degli Interni va nella direzione del controllo civile sulle forze di polizia attraverso il parlamento, sono molte le sfide che riguardano l’apparato di sicurezza del paese. L’esercito, per come è stabilita la catena di comando nella costituzione, potrebbe essere uno strumento di governo e non dello stato, per cui potenzialmente uno strumento di parte, anche se finora è stato il contrario.
Pashinyan si è dovuto scontrare con l’ex capo di stato maggiore nel 2021, che ne chiedeva le dimissioni dopo la firma del cessate il fuoco. Onik Gasparyan, l’allora capo di stato maggiore, aveva raccolto le firme di una quarantina di ufficiali e, dopo che il suo vice era stato rimosso da Pashinyan, si è mosso in quello che a tutti gli effetti è stato considerato un embrionale colpo di stato militare contro l’autorità civile.
Dopo una lunga trattativa e una sentenza della Corte costituzionale, Gasparyan è stato costretto ad accettare la propria rimozione.
Ma non è solo dai ranghi dei combattenti regolari che arrivano rischi per la democrazia armena. Le guerre per il Karabakh hanno creato coorti di veterani, alcune delle quali si sono organizzate politicamente e hanno dato filo da torcere alle autorità.
Ed è la presenza di milizie più o meno organizzate, e di armi non rese dopo la guerra che preoccupa un governo che corre sempre sul filo del rasoio dell’impopolarità. Nonché l’uso a fini criminali delle armi scomparse durante la guerra.
Nel 2016 i veterani del gruppo Sasna Tsṙer assalirono una centrale di polizia, uccidendo una persona, ferendone due e tenendone in ostaggio nove, avanzando richieste di natura politica, fra cui le elezioni anticipate. Veterani sono pure comparsi nel 2024 lungo il confine armeno-azero durante il processo di demarcazione e delimitazione, partecipando alle proteste anti-governative.
A settembre è emerso un tentativo di golpe armato , questa volta organizzato da cittadini ed ex residenti del Karabakh che sarebbero stati addestrati in Russia. Dopo l’addestramento, avrebbero cominciato a reclutare potenziali combattenti per il Battaglione Armenia (unità mercenaria russa) con lo scopo di rovesciare il governo. Fra gli arrestati figurava il comandante del battaglione di volontari del Karabakh “Pantere Nere” e veterano di guerra del Nagorno Karabakh Serob Gasparyan.
Gasparyan è il fratello del veterano di guerra del Nagorno Karabakh, ex deputato armeno (2007-2017, partito “Armenia Prospera”) Rustam Gasparyan, morto con suo figlio in un attacco UAV (attacco aereo senza pilota) azero durante la guerra dei 44 giorni nell’ottobre 2020.
Nel 2024 in Armenia è stato registrato un aumento del 55% dei crimini a mano armata. Secondo il ministro degli Interni Vahe Ghazarian mancano all’appello qualcosa come 17mila fucili d’assalto distribuiti durante la guerra del 2020.
Finita la guerra i combattenti avrebbero dovuto deporre le armi e renderle allo stato, cosa che chiaramente in migliaia di casi non è successa.