Viaggio in Armenia: una meta sorprendente tra tradizione e modernità (Loneleyplanetitalia 07.02.25)
Dimenticate il turismo di massa. Dimenticate la ressa, le file e il chiasso, dimenticate il sovraffollamento e le foto tutte uguali e puntate verso l’Armenia: è piccola e a portata di mano. E sa essere sorprendente. Vi aspetta una cultura millenaria ma anche cibo in abbondanza, vino e cognac, poi montagne, sentieri e gole da esplorare. E un popolo sorridente che non vi farà mai sentire a disagio.
Un talento innato per le sfumature
Eccomi in Armenia, nazione semi sconosciuta incastrata nel Caucaso, e Yerevan, la capitale, è il punto di partenza di ogni viaggio. Ha quasi tremila anni e li porta benissimo, qui modernità e tradizione si intrecciano come le trame di un tappeto tradizionale, vecchie Lada tagliano la strada a Mercedes ruggenti tra le fontane danzanti di Piazza della Repubblica.
Il passato sovietico è tangibile e parla la lingua dei grandi palazzi di quel periodo, ma ci sono parecchie architetture dei primi del Novecento che sgomitano per farsi notare, tra un ristorante che serve khorovats alla brace (una sorta di spiedini di maiale o agnello) e sforna chilometri di lavash (il sottilissimo pane tradizionale fatto con farina, acqua e sale orgoglio del paese e patrimonio intangibile UNESCO dal 2014), affiancato da un wine bar frequentato da giovani alla moda.
Non sarà il clamore ad attirarvi in Armenia: piuttosto i piccoli dettagli, le sfumature. Il primo, impossibile non notarlo, è l’alfabeto: gli armeni usano una scrittura tutta loro, inventata nel 405 d.C. da Mesrop Mashtots per tradurre la bibbia. Trentanove lettere che assomigliano a battiti d’ali sul foglio; c’è anche uno stile calligrafico che le ritrae in veste di uccelli e ha un nome impronunciabile, trchnakeer, anch’esso patrimonio intangibile Unesco. Secondo la tradizione, la prima frase scritta in armeno è “Riconoscere la saggezza e la sapienza, conoscere le parole geniali”, ed è la frase che campeggia sulla facciata del Matenadaran (in armeno ‘biblioteca’), una collezione di più di 2000 testi, alcuni risalenti fino a mille anni fa. È uno dei luoghi più speciali al mondo perché ne custodisce la memoria tracciata con l’inchiostro, e chiunque subisca il fascino della parola scritta non può non visitarlo.
Per un panorama sulla capitale occorre salire in cima alla Cascata, il Centro per le Arti Cafesjian, dribblando statue di Fernando Botero, Joana Vasconcelos e Saraj Guha e affrontando ben 572 scalini: il cielo su Yerevan è limpido, l’Ararat è davanti a noi e le sue due cime sembrano un dente di squalo che protegge la nazione – ma che dico, non c’è più il mare in Armenia, al massimo i ricordi del diluvio universale e qualche pezzo di legno dell’Arca di Noè. Ci raccontano che durante il regno di Urartu, tra il IX e il V secolo avanti Cristo, l’Armenia era enorme e si estendeva dal Caspio al Mediterraneo – e Urartu era il suo nome babilonese, da cui è derivato Ararat. Che però oggi è in territorio turco (il monte più alto dell’Armenia ha un nome simile, è l’Aragats, 3889 m).
In centro a Yerevan c’è anche ilMuseo di Storia dell’Armenia, dove sono esposti reperti che vanno dall’età del bronzo ai giorni nostri. Qui si comprende che, pur essendo così piccola, l’Armenia ha un’identità notevole. La sua popolazione ne va giustamente fiera. Mi dicono che gli armeni sono tre milioni nel paese e ben sette in giro per il mondo, i cosiddetti ‘armeni della diaspora’. Un’identità sparsa nei cinque continenti dopo il genocidio subito tra il 1915 e il 1916. Tra i tanti oggetti esposti al museo c’è la scarpa in pelle più antica al mondo (risale al 3500 a.C.!), trovata nel 2008 ad Areni, in una grotta carsica della regione di Vayotz Dzor.
In quell’occasione, proseguendo gli scavi nelle grotte, è emersa anche la cantina con le più antiche attrezzature per la vinificazione mai scoperte, imbastite 6100 anni fa. Già Erodoto, Strabone e Senofonte avevano parlato della vinificazione dell’Armenia, ma nessuno gli aveva davvero creduto. La scoperta è stata l’assist per presentare il vino armeno al mondo, e in grande stile: in pochi anni si è passati da una ventina di produttori a più di duecento, inaugurando ciò che è stato definito il rinascimento del vino armeno. Sì, perché con buona pace di Italia e Francia, è l’Armenia la patria del vino: attualmente non esiste prova storica che smentisca questa tesi. E qui di vino se ne produce tanto (le regioni vinicole sono cinque: Vayots Dzor, Ararat, Aragatsotn, Armavir e Tavush) ed è buonissimo. ‘Bevi’, mi hanno detto durante una delle tante degustazioni, ‘e sentirai il tempo’. Non so se l’ho sentito, forse qualche nota di legno e frutta, ma ho chiesto comunque il bis. Squisito.
Per un wine tour nella capitale fiondatevi a Saryan Street, a nordovest del centro storico. Ci troverete molti pub, un’atmosfera giovane e fiumi di vino per tutti i gusti. E che dire del brandy? La fabbrica di Yerevan ha aperto i battenti nel 1887, e pare che persino Churchill si fosse innamorato dell’Ararat, tra i brandy più famosi (gli appassionati potranno visitare l’Ararat Museum per approfondire le conoscenze in materia, oltre che per degustare, info su en.araratbrandy.com). E se sulla fantasia nei nomi scelti gli armeni potrebbero fare progressi, sulla qualità non c’è niente da dire.
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Monasteri e spiritualità
Nei dintorni di Yerevan, tappa obbligatoria è il Monastero di Khor Virap, per la sua incredibile posizione, con alle spalle il monte Ararat, e per la sua storia avvincente. È infatti il luogo dove san Gregorio fu imprigionato e torturato per tredici anni in una fossa piena di serpenti. Non solo riuscì a sopravvivere, ma curò anche il malato re Tridate III fino a convertirlo al cristianesimo, che grazie a lui divenne religione di stato dal 301 d.C, 12 anni prima dell’Editto di Milano. Dunque l’Armenia è il primo paese cristiano al mondo (sì, sono tanti i primati dell’Armenia). È per questo che per molti viaggiatori dire Armenia equivale a dire monasteri, e certo, sono ovunque e sono magnifici, ma fermarsi ai luoghi di culto è una prospettiva miope. Come non smettono di ricordarci, ‘In Armenia c’è molto altro oltre ai monasteri’. Io non ho dubbi, ma intanto li voglio vedere tutti.
Mi fiondo nel cosiddetto ‘Vaticano armeno’, Echmiadzin, a Vagharshapat. È la Santa Sede della Chiesa apostolica armena, dove abita il Catholicos (l’analogo del Papa) Karekin II. La cattedrale è straordinaria, e il vicino museo è un luogo curioso, custodisce un pezzo di legno trovato in cima all’Ararat e considerato la prova che l’Arca di Noè si sia incagliata lì dopo il diluvio. Poco importa se la tradizione dell’Arca e del diluvio è molto più antica del Cristianesimo, già presente nella babilonese Epopea di Gilgamesh, scritta secoli prima della Bibbia. Vedere quel legno è toccante. Accanto, poi, c’è anche la Lancia di Longino, che secondo la tradizione fu usata dai soldati romani per trafiggere Cristo. Importa ancora meno se anche Cracovia, Vienna e Roma dichiarano di possederla, vale come per il legno: ammirarla fa un certo effetto.
Proseguo il mio tour dei monasteri fino a quello di Geghard, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. È un capolavoro scolpito direttamente nella montagna. Qui l’aria è impregnata di incenso, e il silenzio sembra avere un peso quasi sacro.
Uno degli elementi più distintivi del paesaggio armeno sono i khachkar – in tutto il paese sono più di cinquantamila. Sono dei cippi funerari simili a totem con al centro una grande croce scolpita, spesso circondata da un cornicione con motivi geometrici. Il più antico è del IX secolo ma si vedono ancora artisti chini a scolpirli; sono patrimonio intangibile Unesco dal 2010. ‘Non esistono due khachkar uguali’, mi hanno detto.
Sempre nei dintorni di Yerevan gli amanti dell’archeologia potranno visitare il tempio greco-romano di Garni, del 77 d.C., l’unico tempio periptero (circondato da colonne) dell’ex Unione Sovietica, e i resti della cattedrale di Zvartnots (anch’essa patrimonio UNESCO), la cui prima edificazione risale al settimo secolo. Poi l’Ararat sullo sfondo sembra messo apposta per farci scattare la foto perfetta, specie al tramonto.
Natura e spazi aperti
Stufi di monasteri e rovine? Ecco dove l’Armenia vi stupirà. Per un po’ di sano edonismo non lontano da Areni c’è Jermuk, località termale già conosciuta dai sovietici e riportata in auge di recente, dove potrete sollazzarvi tra acque minerali, trattamenti e aromaterapie. Vicino Garni merita invece una visita la Sinfonia di Pietre, nel bacino del fiume Azat: con un nome così sarebbe affascinante anche se fosse un edificio vuoto, invece è una pioggia di pietre basaltiche esagonali alte fino a cinquanta metri, che viste da lontano assomigliano alle canne di un organo gigante che si stacca dal fianco di un monte.
A est della capitale il lago Sevan è una delle destinazioni di villeggiatura preferite dagli armeni. Quota 2000, è il più grande bacino idrico del paese. Ci troverete due immancabili monasteri, il Sevanavank e l’Hayravank, e un panorama struggente, con le acque del lago alle spalle e lo sguardo che si perde tra i monti del Caucaso.
Se viaggiate in Armenia in estate, tenete presente che gli appassionati potranno fare immersioni nel lago (ci sono centri certificati PADI, ma non aspettatevi di immergervi nella barriera corallina e considerate che l’acqua è molto fredda), ma anche concedersi una nuotata dalle spiagge di ciottoli, sulla costa orientale del lago. In inverno, invece, vicino a Sevan c’è il Comprensorio sciistico di Tsaghkadzor, sui pendii del monte Tegenis, costellato di hotel e amatissimo dai turisti russi.
Per completare il quadro sui record armeni, degna di menzione la funivia Wings of Tatev, a sud del paese. È la funivia più lunga del mondo (5,7 km) e sembra sfidare la gravità, sospesa sul canyon del fiume Vorotan. Parte ogni mezz’ora e in meno di 15 minuti raggiunge quota 5.752 metri.
Inutile dire che in cima incontrerete l’ennesimo monastero (la funivia porta proprio lì), ma la vera attrazione qui è il panorama, che sfida ogni senso di vertigine. E se l’adrenalina fosse nelle vostre corde (o se aveste bisogno di smaltire le tante degustazioni di vino), ci sono sia l’Armenian National Trail (1000 km), sia il Transcaucasian Trail, un sistema di sentieri che attraversa Georgia, Armenia e Azerbaijan (cercateli tutti sull’app HikeArmenia). Per i ciclisti invece c’è il Boo Mountain Bike Park, a Vanadzor, a nord della capitale.
Insomma, l’Armenia è piccola ma accontenta tutti. E come suggerisce Best in Travel 2025,è uno dei dieci paesi da visitare quest’anno.
E allora dimenticate il turismo di massa, la ressa e le foto tutte uguali: per il prossimo viaggio scegliete l’Armenia.