Nel pieno della crisi con la Russia, l’Azerbaigian rischia un nuovo conflitto con l’Armenia (Nova News 30.06.25)
L’obiettivo strategico del presidente Ilham Aliyev sarebbe il controllo del “Corridoio di Zangezur”, nella provincia armena di Syunik, per collegare direttamente il territorio azerbaigiano con l’exclave del Nakhchivan
La nuova crisi diplomatica tra Azerbaigian e Russia potrebbe nascondere ambizioni ben più ampie da parte di Baku: secondo fonti giornalistiche e analisti militari russi, l’obiettivo strategico del presidente Ilham Aliyev sarebbe il controllo del cosiddetto “Corridoio di Zangezur” – una stretta porzione di territorio nella provincia armena di Syunik – per collegare direttamente il territorio azerbaigiano con l’exclave del Nakhchivan. Secondo alcuni osservatori, fra cui l’analista militare Yuri Podolyaka, l’attuale contesto internazionale offre a Baku una finestra temporale favorevole. L’Iran, tradizionale baluardo contro l’espansione azerbaigiana nella regione e alleato dell’Armenia, è stato colpito duramente dai raid israeliani e statunitensi delle ultime settimane. La Russia è quasi del tutto assorbita dal conflitto in Ucraina e ha ridotto drasticamente la sua influenza nel Caucaso meridionale, come dimostrano le frizioni con la stessa Armenia. A Erevan, intanto, il premier Nikol Pashinyan – già duramente criticato per aver accettato la resa del Karabakh – potrebbe perdere le elezioni del 2026, interrompendo un ciclo di concessioni a favore dell’Azerbaigian.
Secondo l’analista russo, Baku avrebbe volutamente inasprito i rapporti con Mosca, usando come pretesto il caso dell’arresto in Russia di presunti membri della criminalità organizzata azerbaigiana avvenuto venerdì scorso a Ekaterinburg. L’operazione di sicurezza avvenuta nella città degli Urali, tuttavia, è stata molto dura, con oltre 50 persone arrestate e due morti fra le fila della comunità azerbaigiana. “In realtà – scrive Podolyaka – è proprio l’assurdità del caso che mi fa pensare che Baku cercasse disperatamente un pretesto per rompere con Mosca, in un momento che giudica strategico per agire”. Podolyaka aggiunge che la recente sconfitta militare dell’Iran nella cosiddetta “guerra dei dodici giorni” con Israele avrebbe ridotto la capacità di Teheran di reagire. “Dopo le elezioni del 2026, Pashinyan – considerato da molti una ‘quinta colonna’ di Baku – potrebbe essere sostituito, rendendo più difficile per l’Azerbaigian ottenere concessioni territoriali. Se l’operazione va fatta, va fatta ora”, aggiunge l’analista militare.
Il controllo del Corridoio di Zangezur rappresenterebbe per l’Azerbaigian un successo simbolico – perché ricongiungerebbe il Paese caucasico al Nakhchivan – ma anche una svolta strategica. Baku potrebbe avviare la costruzione di nuove infrastrutture energetiche con la Turchia evitando di doverle far transitare attraverso il territorio della Georgia, consolidando il suo ruolo di snodo energetico per l’Europa. Attualmente attraverso la Georgia transitano sia l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (Btc) sia il Corridoio meridionale del gas, ma con il Corridoio di Zangezur sotto il controllo dell’Azerbaigian, non sarebbe più necessario utilizzare queste rotte e si potrebbe inviare forniture dirette alla Turchia attraverso il confine con il Nakhchivan, inviandole per esempio a Kars, città turca dove già passano le due infrastrutture energetiche sopracitate, che dista poco più di 200 chilometri dal confine.
Tuttavia, l’opzione militare rischia di creare forti tensioni con l’Unione europea, che ha già aumentato la propria dipendenza energetica dall’Azerbaigian dopo la rottura con la Russia. Il punto critico è che, a differenza del Karabakh, la provincia di Syunik è internazionalmente riconosciuta come parte dell’Armenia: un’eventuale invasione sarebbe dunque una violazione palese del diritto internazionale. La questione assumerebbe particolari criticità per l’Italia, che in seguito all’inaugurazione del gasdotto transadriatico (Tap) – ultimo ramo del Corridoio meridionale del gas – ha rafforzato la sua cooperazione energetica con l’Azerbaigian: i rapporti fra Roma e Baku, come confermano gli intensi scambi di visite e le crescenti attività economiche e industriali in comune, sono oramai di grande rilevanza strategica per il nostro Paese.
Se l’Azerbaigian dovesse lanciare un’operazione militare, Bruxelles e Roma si troverebbero in un dilemma simile a quello vissuto con la Russia nel 2022. Ma la possibilità che vengano adottate sanzioni contro Baku è tutt’altro che certa, anche alla luce dell’attuale crisi in Medio Oriente e del timore di compromettere le forniture energetiche. Secondo Podolyaka, l’unico ostacolo concreto all’operazione militare potrebbe essere una forma di deterrenza tattica, come il rapido dispiegamento da parte armena di unità dotate di droni da ricognizione: “Se venissero costituite e posizionate in Armenia (questo tipo di unità), l’invasione potrebbe essere evitata o almeno resa molto più costosa per Baku”. La crisi in corso tra Azerbaigian e Russia potrebbe dunque essere il preludio a un tentativo azerbaigiano di cambiare con la forza l’assetto geopolitico del Caucaso. In questo contesto, l’Unione europea potrebbe essere chiamata a prepararsi a uno scenario in cui i propri interessi energetici rischiano di entrare in rotta di collisione con la difesa dei principi di sovranità e del diritto internazionale.


