“Paterna caritas”. L’Enciclica di Leone XIII agli Armeni (Radiospada.org 25.07.24)

La paterna carità con la quale abbracciamo tutte le componenti del gregge del Signore è tale, per la sua forza e per la sua natura, che risentiamo, come in un’intima e costante comunione di sentimenti, tutto ciò che accade di propizio o di avverso nel mondo cristiano. Pertanto, come un grande e continuo dolore si era impadronito del Nostro cuore per il fatto che un certo numero di Armeni, principalmente nella città di Costantinopoli, si era separato dalla vostra fraterna società, così sentiamo ora una gioia tutta speciale e ardentemente desiderata nel vedere che tale discordia si è, grazie a Dio, felicemente sedata. Ma mentre Ci rallegriamo della concordia e della pace che vi sono restituite, non possiamo fare a meno di esortarvi a conservare con cura e a sforzarvi anche di accrescere questo grande beneficio della bontà divina. Per ottenere questo, cioè intendere la stessa dottrina e provare gli stessi sentimenti in ciò che concerne la religione, bisogna che restiate tutti costanti, come lo siete, nell’obbedienza a questa Sede Apostolica; e quanto a Voi, cari Figli, dovete essere fedelmente sottomessi è obbedienti al vostro Patriarca e agli altri Vescovi che hanno il diritto di dirigervi.
Ora, siccome per scuotere questa religiosa concordia spesso viene l’occasione sia di contrasti negli affari pubblici, sia di contestazioni nelle cose private, dovete scongiurare i primi con quel rispetto e quella sudditanza che così lodevolmente manifestate verso il supremo Principe dell’Impero Ottomano, di cui Noi conosciamo bene lo spirito di giustizia, lo zelo per conservare la pace, e le eccellenti disposizioni a Nostro riguardo dimostrate da brillanti testimonianze.
Quanto alle contestazioni e alle rivalità, ne sarete agevolmente liberati se imprimerete profondamente nel cuor vostro e terrete presenti nella vostra condotta i precetti che San Paolo, l’Apostolo delle genti, dà a proposito della perfetta carità, la quale “è paziente e benigna; non è invidiosa, non agisce inconsideratamente, non si gonfia d’orgoglio, non è ambiziosa, non cerca i propri interessi, non si adira, non pensa al male” (1Cor 13,4-5). Inoltre questa eccellente e perfetta concordia degli animi vi assicurerà un altro beneficio, perché per merito suo potrete accrescere, come abbiamo detto, e fare sviluppare sempre più i risultati della pace e della restituita concordia. Infatti essa farà rivolgere su di Voi gli sguardi e i cuori di coloro che, pur avendo in comune con Voi la razza e la nazionalità, tuttavia sono ancora separati da Voi e da Noi, e non si trovano nel sacro ovile, di cui Noi abbiamo la custodia. Vedendo l’esempio della vostra concordia e della vostra carità, essi si persuaderanno facilmente che lo spirito di Cristo vige fra Voi, perché Egli solo può unire i suoi a se stesso in modo tale da formare un solo corpo. Voglia Iddio che essi riconoscano ciò e decidano di ritornare a quell’unità da cui i loro antenati si sono separati!
Certamente accadrebbe loro d’essere inondati da una indicibile gioia vedendo che, per mezzo della loro unione a Noi e a Voi, sarebbero anche uniti a tutti gli altri fedeli che, nel mondo intero, appartengono al cattolicesimo; comprenderebbero allora che essi si troverebbero negli abitacoli della mistica Sionne, alla quale sola è stato dato, secondo i divini oracoli, di rizzare dovunque le sue tende e stendere su tutta la terra i veli dei suoi tabernacoli.
Per altro sta principalmente a Voi, Venerabili Fratelli, posti alla testa della Diocesi d’Armenia, operare affinché questo auspicato ritorno si realizzi; a Voi, cui non manca, lo sappiamo bene, né lo zelo per esortare, né la dottrina per persuadere. Noi vogliamo pure che i dissidenti siano richiamati da Voi a nome Nostro e sulla Nostra parola; infatti, lungi dall’averne vergogna, conviene grandemente ricondurre alla casa paterna i figli che se ne sono allontanati e che sono aspettati da lungo tempo; anzi, bisogna andar loro incontro e aprire le braccia per stringerli al loro ritorno. Né crediamo che le vostre parole e le vostre esortazioni cadranno nel nulla. Infatti la speranza nel desiderato effetto Ci viene prima dall’immensa misericordia di Dio sparsa fra tutte le genti, e poi dalla docilità e dalle qualità naturali dello stesso popolo Armeno. Numerosi documenti storici attestano quanto esso sia incline ad abbracciare la verità, una volta che l’abbia conosciuta, e quanto sia disposto a ritornarvi se si accorge d’avere deviato.
Quegli stessi che sono separati da Voi nel loro culto si gloriano che il popolo Armeno sia stato istruito nella fede di Cristo da quel Gregorio, uomo santissimo soprannominato l’Illuminatore, che essi venerano in modo particolare come loro padre e loro patrono. Fra loro è rimasto pure memorabile il viaggio che egli fece alla volta di Roma per testimoniare la sua fedeltà e il suo rispetto verso il Romano Pontefice San Silvestro.
Si dice anche che egli sia stato ricevuto con l’accoglienza più benevola, e che ne ottenesse parecchi privilegi. In seguito questi stessi sentimenti di Gregorio verso la Sede Apostolica furono condivisi da molti altri di coloro che ressero le Chiese Armene, come risulta dai loro scritti, dai loro pellegrinaggi a Roma e, principalmente, dai decreti sinodali. È ben degno davvero di essere rammentato, a conferma, ciò che i Padri Armeni, riuniti in Sinodo a Sis l’anno 1307, proclamarono sul dovere di obbedire a questa Sede Apostolica: “Come è proprio del corpo essere sottomesso alla testa, così la Chiesa universale (che è il corpo di Cristo) deve obbedire a colui che da Cristo Signore è stato costituito capo di tutta la Chiesa”. Questo fu confermato e sviluppato ancora più chiaramente nel Concilio di Adana, nel sedicesimo anno del medesimo secolo.
Senza parlare di cose di minore importanza, vi è ben noto ciò che fu fatto nel Concilio di Firenze. I delegati del Patriarca Costantino V, essendosi recati colà per venerare come Vicario di Cristo Eugenio IV Nostro Predecessore, dichiararono di essere venuti a lui che era il capo, il pastore e il fondamento della Chiesa, pregandolo che il capo avesse pietà delle membra, che il pastore riunisse il gregge e confermasse la Chiesa quale fondamento . E presentandogli il simbolo della loro fede, lo supplicavano in questi termini: “Se manca qualche cosa, faccelo conoscere”.
Allora fu pubblicata dal Pontefice la Costituzione conciliare Exultate Deo, con la quale Egli li istruì su tutto quello che giudicava necessario conoscere della dottrina cattolica. I delegati, ricevendo questa Costituzione, affermarono a nome proprio, del loro Patriarca e di tutta la nazione Armena, di aderirvi pienamente e di sottomettersi con cuore docile e devoto, “dichiarando a nome dei suddetti, e come veri figli della obbedienza, di ottemperare fedelmente agli ordini e alle prescrizioni della Sede Apostolica”. Perciò il Patriarca di Cilicia, Azaria, nella sua lettera a Gregorio XIII, Nostro Predecessore, in data 10 aprile 1585, poté scrivere con tutta verità: “Ecco che noi abbiamo trovato i documenti dei nostri antenati sull’obbedienza dei cattolici e dei nostri Patriarchi al Pontefice di Roma; nel modo in cui San Gregorio l’Illuminatore fu obbediente al Papa San Silvestro”. È per questo che la nazione Armena ricevette con grandi onori i legati di ritorno dalla Santa Sede, e si fece un dovere di osservare fedelmente i precetti della stessa.
Noi nutriamo veramente la fiducia che questi ricordi saranno efficacissimi per indurre parecchi di coloro che sono ancora separati da Noi a ricercare l’unione. In verità, se la causa della loro indecisione o della loro esitazione fosse il timore di trovare meno sollecitudine a loro riguardo presso la Sede Apostolica, o di essere accolti da Noi con minore affetto di quanto essi vorrebbero, invitateli, Venerabili Fratelli, a rammentarsi ciò che hanno fatto i Pontefici Romani, Nostri Predecessori, i quali non si sono mai trovati in difetto di testimonianze circa la loro carità paterna verso gli Armeni. Essi hanno sempre ricevuto con benevolenza quelli di loro che sono venuti in pellegrinaggio a Roma o che qui si rifugiarono; essi hanno anche voluto che fossero aperte per loro case d’ospitalità. Gregorio XIII, come è noto, aveva concepito il disegno di fondare un istituto per l’opportuna istruzione dei giovani Armeni, e se fu impedito dalla morte di mettere in esecuzione questo disegno, Urbano VIII lo realizzò in parte accogliendo, con gli altri allievi stranieri, anche gli Armeni nel vastissimo Collegio da lui istituito per la propagazione della fede.
Quanto a Noi, malgrado la malvagità dei tempi, abbiamo potuto, grazie a Dio, eseguire più largamente il disegno concepito da Gregorio XIII, e abbiamo assegnato agli alunni Armeni un fabbricato assai vasto presso San Nicola da Tolentino, istituendovi, nelle forme volute, il loro Collegio. Questo è stato fatto perché si rispettasse, doverosamente, la liturgia e la lingua dell’Armenia, così commendabile per l’antichità, l’eleganza e il gran numero d’insigni scrittori; e molto più perché un Vescovo del vostro rito dimorasse costantemente a Roma per iniziare alle cose sante tutti gli alunni che il Signore chiamasse al suo particolare servizio.
 A tale effetto era stata fondata da lungo tempo anche una scuola nel Collegio Urbaniano per l’insegnamento della lingua Armena, e Pio IX, Nostro Predecessore, aveva provveduto a che nel ginnasio del Seminario pontificio romano vi fosse un professore per insegnare agli alunni del paese la lingua, la letteratura e la storia della nazione Armena.
Del resto la sollecitudine dei Pontefici Romani verso gli Armeni non è restata circoscritta entro i confini di questa città, perché nulla è stato loro più a cuore che di togliere la vostra Chiesa dalle difficoltà in cui si trovava, e di riparare i mali che essa ebbe a subire per la perversità dei tempi. Nessuno ignora con quale cura Benedetto XIV si sforzò di proteggere e di conservare intatta la vostra liturgia, come quella delle altre Chiese orientali, e di fare in modo che la successione dei Patriarchi cattolici d’Armenia fosse reintegrata in favore della Sede di Sis. Voi sapete pure che Leone XII e Pio VIII dedicarono le loro cure affinché nella capitale stessa dell’Impero Ottomano gli Armeni avessero un prefetto della loro nazione per gli affari civili, come le altre comunità che appartengono a detto Impero.
Infine è vivo il ricordo degli atti compiuti da Gregorio XVI e da Pio IX per accrescere nel vostro paese il numero delle sedi episcopali, e perché il Prelato armeno di Costantinopoli primeggiasse in onore e dignità. Questo fu fatto, prima istituendo a Costantinopoli la Sede Arcivescovile e Primaziale, e poi decretandone l’unione con il Patriarcato della Cilicia, a condizione che la residenza del Patriarca fosse stabilita nella capitale dell’Impero. E per impedire che la distanza venisse ad indebolire la stretta unione dei fedeli Armeni con la Chiesa Romana, fu saggiamente provveduto a che il Delegato apostolico risieda nella medesima città, per rappresentare il Pontefice Romano. Voi stessi potete dunque essere testimoni della sollecitudine che abbiamo avuto per la vostra nazione, e Noi lo siamo a Nostra volta dell’attaccamento che professate verso di Noi, e del quale abbiamo spesso avuto la dimostrazione.
Quindi, poiché da una parte le qualità del vostro popolo, la pratica degli antenati e tutta la storia dei secoli passati sono fatti per attirare verso questa roccaforte della verità gli Armeni che sono separati da Voi, e con efficacia così grande che non saprebbero essere trattenuti da un più lungo indugio, e dall’altra la Sede Apostolica si è sempre sforzata di avere strettamente unita a sé la vostra nazione, e di richiamarla all’antica unione se qualche volta se ne allontanava, ne conseguono evidentemente validissime ragioni perché Voi, Venerabili Fratelli, vi consigliate, e perché Noi a Nostra volta abbiamo la buona speranza che sia pienamente ristabilita l’antica unione. Ciò tornerà certamente a profitto di tutta la nazione, non solamente per la salute eterna delle anime, ma anche per quella prosperità e quella gloria che si possono legittimamente desiderare sulla terra. La storia attesta infatti che fra i sacri Pastori dell’Armenia hanno brillato di più vivo splendore, come fulgide stelle, coloro che sono stati più strettamente uniti alla Chiesa Romana, e che la gloria della vostra nazione ha toccato il suo apogeo nei secoli in cui la religione cattolica vi ha prosperato più largamente.
Dio solo, moderatore di tutte le cose, può concedere che questo avvenga secondo i Nostri voti e i Nostri desideri, Lui solo, che “chiama coloro che vuole onorare e ispira sentimenti religiosi a chi vuole” . Con Noi fate salire verso di Lui supplichevoli preghiere, Venerabili Fratelli e diletti Figli, affinché, mossi dalla sua grazia trionfatrice, tutti coloro della vostra nazione che per il battesimo sono entrati nella società della vita cristiana e che tuttavia sono separati dalla Nostra comunione, Ci ricolmino d’una gioia intera ritornando a Noi, “professando la medesima dottrina, avendo la medesima carità e nutrendo tutti i medesimi sentimenti” (Fil 2,2). Sforzatevi d’avere per ausiliatrice presso il trono della grazia “la gloriosa, benedetta, santa, sempre Vergine Maria, Madre di Dio, Madre di Cristo” perché Ella offra “le nostre preghiere al Suo Figlio, nostro Dio” . Impiegate altresì come intercessore con Lei l’illustre martire Gregorio l’Illuminatore, affinché, quale ministro della grazia divina, compia e consolidi l’opera che egli ha cominciata a prezzo delle sue fatiche e della sua invincibile pazienza nei tormenti. Domandate infine, a imitazione della Nostra preghiera, che la docilità degli Armeni e il loro ritorno all’unità cattolica servano di esempio e di stimolo a tutti quelli che adorano Cristo ma sono separati dalla Chiesa Romana, affinché essi ritornino là donde sono partiti, e vi siano un solo ovile ed un solo Pastore.
Mentre a ciò dedichiamo i Nostri voti e la Nostra speranza, accordiamo, nell’effusione della carità e come pegno della bontà divina, la Benedizione Apostolica a Voi, Venerabili Fratelli, e a Voi tutti diletti Figli.


Sinodo della Chiesa Armeno celebrato a Roma nella chiesa di San Nicola da Tolentino nel 1911

 

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L’anatomia del genocidio (Latestatamagazine 25.07.24)

Come e che cosa può definire un genocidio?

Da Gaza alla Repubblica democratica del Congo, dalla Siria fino al lontano sterminio armeno le accuse si moltiplicano. Politici, storici e sociologi tentano di intercettarne tutte le caratteristiche, l’anatomia del genocidio.

Risale al 1915 uno dei primi genocidi del XX secolo, quello della popolazione armena nell’Impero OttomanoL’ultimo “a partire” da fine del 2023 stiamo assistendo all’ultimo in Palestina.

Ecco, proprio l’utilizzo del suddetto termine ha suscitato parecchie discussioni nell’ultimo periodo, in Italia come all’estero.

La convenzione delle Nazioni unite nel 1948 designa come genocidio qualsiasi atto «commesso con l’intenzione di distruggere, in toto, o in parte, un gruppo nazionaleetnico, razziale o religioso».

Persino alcuni sociologi hanno tentato di farlo mediante l’interpolazione di determinate caratteristiche comuni, tanto da portare alla nascita di un vero e proprio campo disciplinare dedicato.

Razmig Keucheyan, professore di sociologia all’Università Paris Cité, ha cercato di dare una risposta:

Etno-nazionalismo

Il primo elemento è sicuramente un nazionalismo fondato su basi puramente etniche. Nel caso armeno, lo sterminio è legato alla fase di creazione di uno stato-nazione operata dai Giovani Turchi attraverso un processo di colonizzazione interna. Dopo un periodo di apertura verso le componenti non turche dell’impero, ha quindi inizio la “purificazione” dagli Assiri, dai Greci e dagli Ebrei. In Palestina possiamo parlare piuttosto di colonialismo d’insediamento, con cui gruppi israeliani, sull’onda sionista hanno occupato territori palestinesi uccidendo o cacciando la popolazione locale.

Memoria recente di fatti di lunga data

I genocidi sono violenze perpetuate nell’arco di lassi di tempo molto lunghi. Per i palestinesi si tratta di un processo in atto dal XIX sec, come definita da Rashid Khalidi una guerra centenaria. Allo stesso modo il genocidio armeno è stato preceduto dai massacri hamidiani degli ultimi decenni del XIX sec.

Linguaggio disumanizzante

In entrambi i casi il terreno della discriminazione è preparato dalle parole: maiali, cani per gli armeni e animali umani per i palestinesi attraverso le parole del ministro israeliano Galant. La negazione dell’essere umano precede la sua uccisione e la “legittima”.

Emergere di una coscienza nazionale

In ambedue le popolazioni il sentimento di affermazione della propria identità e la volontà di non soccombere è forte. Gli armeni reclamano diritti e sicurezza agli imperi russo e ottomano e poi chiedono l’indipendenza. La definizione di un’identità palestinese ha invece inizio già negli ambienti colti della Palestina ottomana XIX sec.

Comunità internazionale passiva

Il Reich tedesco sembra aver giocato un ruolo non indifferente nello sterminio armeno: alcuni ufficiali tedeschi sembra abbiano partecipato direttamente, altri avrebbero per lo meno potuto ostacolarlo. Nel caso Palestinese abbiamo visto non solo il completo silenzio dell’Europa dei primi mesi ma anche l’aiuto concreto ed attivo degli USA.

Abbattere la cultura per abbattere un popolo

Molti intellettuali e uomini politici importanti sono stati uccisi in entrambi i casi, come dimostra l’assassinio del poeta Refaat Alareer da parte dell’esercito israeliano il 6 dicembre 2023.

Taboo

Anche senza utilizzare il termine genocidio, difficile da pronunciare persino per gli Stati non direttamente coinvolti, le alte sfere politiche finiscono per utilizzarne dei sinonimi. Un esempio è la richiesta operata da Netanyahu verso i suoi consiglieri volta a “ridurre la popolazione di Gaza al livello più basso possibile” attraverso la geolocalizzazione con l’intelligenza artificiale.

Conclusioni

Perché questo tipo di analisi sono necessarie? Poiché per quanto il mondo sia complesso e i tempi cambino e i personaggi anche, guardare al passato ed avere capacità di astrazione, dunque la capacità di riconoscere le trame di un fenomeno storico – tolte le armi usate, le nazionalità coinvolte, i leader del momento – permette di riconoscerle nel futuro. Senza mai ricorrere a semplificazioni, conoscere delle definizioni può aiutare a crearne di nuove e a ordinare la realtà.

Come il poeta palestinese Najwan Darwish nota in un’intervista del The Guardian:

“credi di scrivere del passato, ma in realtà stai scrivendo del tuo futuro.”

Sofia Seghesio

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UE. BORRELL APRE UN ALTRO FRONTE POLITICO IN CHIAVE ANTIRUSSA: L’ARMENIA (Notizie geopolitiche 24.07.24)

L’intervento di Josep Borrell al recente Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea ha toccato temi cruciali e complessi, tra cui la situazione in Ucraina e a Gaza, nonché le relazioni con l’Armenia. Le decisioni prese, specialmente quelle riguardanti l’Armenia, mostrano l’intenzione dell’UE di rafforzare le proprie alleanze strategiche in un momento di tensioni globali crescenti.
L’adozione della prima Misura di Assistenza nell’ambito del Fondo Europeo per la Pace per l’Armenia e l’avvio di un dialogo sulla liberalizzazione dei visti con questo paese sono segnali chiari della volontà europea di stabilizzare il Caucaso, una regione di importanza geopolitica cruciale. Tuttavia queste decisioni non possono essere isolate dal contesto più ampio delle relazioni UE-Russia.
Il sostegno dichiarato all’Ucraina da parte dei ministri degli Esteri dell’UE, che hanno condannato gli attacchi russi contro i civili e le infrastrutture critiche, ribadisce l’impegno europeo a difendere l’integrità territoriale ucraina e a contrastare l’aggressione russa. L’insistenza sulla necessità di fornire ulteriore difesa aerea all’Ucraina e il supporto energetico per prevenire una crisi invernale sono misure che mirano a rafforzare la resilienza ucraina di fronte alla strategia russa di destabilizzazione.
Il rapporto con la Russia, già teso, è ulteriormente esacerbato da queste decisioni. Mosca vede nelle azioni dell’UE un chiaro schieramento contro i suoi interessi, specialmente quando si parla di sostegno militare ed economico all’Ucraina. La dichiarazione di Borrell sull’illegittimità dell’occupazione russa dei territori ucraini e sulla necessità di resistere alla propaganda russa riflette una linea dura che non lascia spazio a compromessi facili.
Inoltre le critiche mosse dai membri del Consiglio contro le azioni della Russia, e il supporto alla Peace Formula di Zelensky, mostrano un fronte europeo unito nel condannare le violazioni del diritto internazionale da parte di Mosca. Questo atteggiamento, sebbene rafforzi l’unità interna dell’UE, rischia di alimentare ulteriormente la tensione con la Russia, che percepisce queste mosse come una minaccia diretta ai propri obiettivi strategici.
L’altro aspetto importante riguarda la situazione in Gaza. La descrizione di Borrell della catastrofica situazione umanitaria e la mancanza di progressi verso un cessate-il-fuoco, mette in luce la necessità di un intervento deciso della comunità internazionale. Tuttavia l’impotenza percepita delle istituzioni internazionali nel far rispettare il diritto internazionale sottolinea la frattura tra legalità e realtà sul campo.
Le decisioni e le dichiarazioni fatte al Consiglio Affari Esteri riflettono un’Unione Europea determinata a rafforzare le proprie alleanze e a prendere una posizione ferma contro le violazioni del diritto internazionale. Tuttavia queste stesse decisioni rischiano di intensificare le tensioni con la Russia, in un momento in cui la diplomazia sembra sempre più difficile e le divisioni internazionali sempre più profonde.

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Caucaso e Nato: esercitazioni sì, esercitazioni no (Osservatorio Balcani e Caucaso 24.07.24)

Dopo la sconfitta in Karabakh e la delusione nei suoi tradizionali rapporti di alleanza con la Russia, Yerevan intensifica la cooperazione militare con gli Stati Uniti e partecipa al summit NATO, mentre la Georgia vede sospesa la consueta esercitazione Noble Partner

24/07/2024 –  Marilisa Lorusso

Dopo la grande debacle della sconfitta della guerra in Karabakh e preso atto che la delega della propria sicurezza all’alleanza con la Russia non si è dimostrata una garanzia di protezione, Yerevan va intensificando una strategia di differenziazione dei propri partner militari. L’Armenia ha ospitato l’esercitazione Eagle Partner  sul proprio territorio e partecipato al summit Nato.

Eagle Partner si era tenuta in Armenia già nel 2023. L’obiettivo principale dell’esercitazione è rafforzare l’alleanza tra Stati Uniti e Armenia e addestrare la 12a Brigata di peacekeeping delle forze armate armene per le future missioni di mantenimento della pace. L’esercitazione dello scorso anno ha coinvolto circa 85 soldati statunitensi e 175 soldati armeni e si è svolta presso l’area di addestramento di Zar e presso il centro di addestramento del Ministero della Difesa. Eagle partner prevede attività di formazione in aula, ed esercitazioni antisommossa, di evacuazione delle vittime e di addestramento.

Quest’anno si è ripetuta dal 15 al 24 luglio  , con una serie di attività di supporto operative già nei giorni precedenti.

Mentre la cooperazione con l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO) è al momento congelata, l’Armenia ha partecipato al recente summit NATO di Washington dello scorso 9-11 luglio.

Intitolato “L’Ucraina e la sicurezza transatlantica” il vertice, oltre a commemorare i 75 anni dell’Organizzazione, è stato dedicato alla risposta della NATO alle minacce globali, in particolare all’invasione russa dell’Ucraina. Il summit ha affrontato le potenziali minacce provenienti dalla Corea del Nord e dalla Cina e la situazione della sicurezza nella regione dell’Indo-Pacifico. Si è discusso dell’incremento della produzione di armamenti per la difesa, della riaffermazione della prontezza militare della NATO e degli impegni in tema di difesa territoriale.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha accusato il presidente russo Vladimir Putin di aver tentato di annichilire lo stato ucraino e ha annunciato che diverse nazioni della NATO avrebbero fornito a Kyiv attrezzature per cinque sistemi di difesa aerea. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha sottolineato la necessità di agire prima delle elezioni presidenziali americane del novembre 2024, per via dei potenziali cambiamenti politici se Donald Trump fosse eletto.

Il summit si è concluso con i 32 stati membri della NATO che hanno approvato una Dichiarazione   sul sostegno all’Ucraina e di condanna per i paesi che aiutano la Russia tra cui Cina, Iran, Corea del Nord e Bielorussia.

Per Mosca il summit è stato fumo negli occhi, e ancora di più per la presenza dell’Armenia, membro del CSTO e dell’Unione Eurasiatica. Sono quindi volate parole pesanti e neanche troppo velate minacce. Il vice ministro degli Esteri russo Mikhail Galuzin ha ricordato che l’Armenia rimane un membro della CSTO ma, testuali parole:  “In Armenia preferiscono aumentare la cooperazione con la NATO o con singoli membri dell’Alleanza, soprattutto in termini di attuazione degli standard NATO, acquisto di armi o organizzazione di eventi di addestramento militare congiunto, per non parlare della partecipazione al vertice del blocco politico-militare, […]. Tutto ciò non può che provocare estremo rammarico. […] Approfondendo la cooperazione a questo ritmo con chi ambisce alla ‘sconfitta strategica’ della Russia, Yerevan corre il rischio di una grave destabilizzazione della situazione nel Caucaso meridionale, anche a scapito della sua stessa sicurezza. Credo che esperti e politici responsabili in Armenia comprendano i possibili costi di tali passi imprudenti.”

Georgia: No, e No

L’ingresso nella NATO non è solo una scelta politica dell’Alleanza. Come nel caso dell’adesione all’UE, il diventare membri è ipotecato a requisiti da soddisfare. Nel caso della NATO il requisito chiave è l’inter-operabilità. Non si diventa membri dell’Alleanza Atlantica se non si è in grado di essere inter-operativi nell’esecuzione dei task, delle missioni e negli standard. Per cui le esercitazioni con paesi partner e aspiranti membri sono tappe fondamentali nel processo di integrazione.

Per anni la Georgia ha ospitato Noble Partner  . L’esercitazione, guidata dal Comando orientale delle forze di difesa della Georgia e dal Comando statunitense per l’Europa e l’Africa (USAREUR), ha visto in passato coinvolti più di 2.400 militari provenienti da 18 paesi e 1 brigata multinazionale. Si teneva a Vaziani in Georgia. L’ultima che si è tenuta – la sesta da quando l’esercitazione era stata lanciata – è stata nell’agosto-settembre 2022  , e quest’anno si sarebbe dovuta tenere il 25 luglio.

A inizio mese è arrivata però la doccia fredda dal Dipartimento della Difesa americano  : “Il 30 maggio il governo degli Stati Uniti ha avviato una revisione completa di tutta la cooperazione bilaterale con la Georgia. La decisione di rinviare Noble Partner è dovuta alle false accuse del governo georgiano contro gli Stati Uniti e altre entità occidentali di aver fatto pressioni sulla Georgia affinché aprisse un secondo fronte contro la Russia per alleviare la pressione sull’Ucraina, e di aver partecipato a due tentativi di colpo di stato contro il partito di governo. Pertanto, il governo degli Stati Uniti ha stabilito che questo non è il momento opportuno per organizzare un’esercitazione militare su larga scala in Georgia.”

Rinviata quindi a tempo indeterminato Noble Partner. Un segnale forte che come sempre è stato liquidato sbrigativamente da Tbilisi. Il Segretario del Sogno georgiano ha dichiarato che  gli Stati Uniti devono cambiare atteggiamento, e nel partito si è sostenuto che è Washington a perdere un’occasione sospendendo le esercitazioni con la Georgia. Insomma, si tira avanti con la strategia: da una parte di fingere che non stia succedendo nulla, che il processo di integrazione euro-atlantica stia procedendo, dall’altra di gettare la responsabilità della crisi di relazioni internazionali sui partner o ex-partner.

Lo stesso atteggiamento è stato tenuto al Summit NATO. Grandi trionfalismi del Ministero degli Esteri, che sostiene che la partecipazione georgiana sia stata un successo, ma di fatto l’esito del Summit per la Georgia è negativo. Per la prima volta dalla decisione del vertice di Bucarest del 2008 la Dichiarazione non riafferma che Tbilisi diventerà membro dell’Alleanza.

La Dichiarazione del Summit menziona la Georgia solo una volta, al paragrafo 17, dove richiama la Russia a ritirare le sue forze dalla Moldavia e dalla Georgia. La Georgia non è menzionata nemmeno nel paragrafo 28, sui paesi partner come la Moldavia e la Bosnia Erzegovina, così come nell’articolo 31, che riguarda la regione del Mar Nero.

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Chiese, cimiteri, croci. Gli azeri polverizzano il patrimonio armeno in Nagorno-Karabakh (Tempi 23.07.24)

I bulldozer dell’Azerbaigian falciano lapidi e khachkar, da Shushi a Berdzor sono stati rasi al suolo luoghi sacri e rimosse le croci, a Stepanakert vengono intitolate vie agli autori del genocidio. Il terribile rapporto del Centro europeo per la legge e la giustizia

L’Azerbaigian sta sistematicamente eliminando il patrimonio culturale armeno presente nella regione del Nagorno-Karabakh, occupata dagli azeri a seguito di due guerre nel 2020 e nel 2023. A lanciare l’allarme è un rapporto del Centro europeo per la legge e la giustizia (Eclj) di Strasburgo intitolato L’effacement systématique du patrimoine chrétien arménien dans le Haut-Karabakh, basato su dati satellitari forniti da Caucasus Heritage Watch e da Monument Watch.

Secondo ricerche convergenti, il Nagorno-Karabakh (conosciuto come Artsakh dai suoi 120 mila abitanti armeni, fuggiti in massa a seguito dell’occupazione azera del settembre 2023) ospita circa 500 siti culturali che custodiscono 6 mila vestigia del patrimonio storico armeno. La cancellazione di questo patrimonio – costituito principalmente da chiese, monasteri, cimiteri e khachkar (le famose stele di pietra su cui sono scolpite croci ed altre decorazioni ed iscrizioni) – è cominciata dopo l’occupazione da parte azera del 70 per cento del territorio controllato dall’allora Repubblica dell’Artsakh all’indomani del cessate il fuoco del 10 novembre 2020, ed è proseguita dopo la definitiva vittoria azera del 19-20 settembre 2023.

La distruzione dei cimiteri e delle chiese di Shushi

Stando a dati raccolti da Caucasus Watch, prima dell’offensiva del settembre 2023 l’Azerbaigian aveva già danneggiato o distrutto 20 siti storici, mentre altri 24 risultavano minacciati. Osservazioni satellitari e testimonianze locali permettono oggi di lanciare l’allarme su un gran numero di siti in corso di smantellamento, danneggiati o completamente distrutti. La chiesa di San Sergio di Hadrut a Mokhrenes del XVIII secolo è stata completamente distrutta nel marzo 2022, quindi nel settembre 2023 gli azeri hanno completamente ripulito il terreno e hanno iniziato a costruire una nuova struttura sul sito su cui sorgeva la chiesa. La chiesa di San Giovanni Battista a Shushi, nota come “la chiesa verde”, danneggiata dalle bombe azere durante il conflitto del 2020 risulta ora completamente rasa al suolo secondo immagini satellitari del 4 aprile scorso. Era stata costruita nel 1847.

I rilievi satellitari del 4 aprile hanno anche permesso di appurare che risulta completata la distruzione del cimitero di Ghazanchetsots a Shushi, iniziata nell’ottobre 2023. Sono state distrutte sistematicamente le lapidi, che risalivano ai secoli XVIII e XIX. Nella zona lo stesso destino è toccato ai cimiteri di Mets Taher, Sghnakh, Sui nord e della Porta di Yerevan.

Demolita la chiesa dell’Ascensione a Berdzor

Altra chiesa completamente distrutta, secondo rilievi satellitari dell’11 maggio di quest’anno, è la chiesa dell’Ascensione a Berdzor. Già nel 2022 l’Organizzazione pubblica per la protezione dei monumenti dell’Azerbaigian proponeva di convertire questa chiesa in una moschea, e la cosa sarebbe possibile ora che la chiesa è stata demolita e il terreno liberato dai detriti.

Il sito di Kohak era classificato come “luogo sacro” nell’inventario dei monumenti dell’ex repubblica del Nagorno-Karabakh perché fra le sue rovine si trovavano tre khachkar medievali e un piedistallo di khachkar risalenti a un periodo compreso tra il IX e il XIII secolo. La loro distruzione aveva avuto luogo nell’aprile 2021, nel giugno 2024 risultano in corso lavori di sterro e di costruzione che hanno comportato l’eliminazione delle ultime vestigia del luogo sacro.

Le preghiere dei cristiani armeni al monastero di Dadivank
Le preghiere dei cristiani armeni al monastero di Dadivank (Ansa)

I bulldozer azeri sulle lapidi del Nagorno Karabakh

Le scuole di Zar e Chirag, costruite negli anni Cinquanta, contenevano elementi architettonici ed estetici presi da chiese e cimiteri armeni medievali del Nagorno-Karabakh. Essi includevano khachkar, rilievi ornamentali e pietre con iscrizioni. Tra il 5 ottobre 2023 e il 2 giugno 2024 entrambe le scuole sono state rase al suolo.

Immagini satellitari dell’ottobre 2023 hanno confermato che una parte significativa del cimitero nei pressi di Vazgenashen risalente al XIV secolo, che ospita un autentico tesoro di khachkar medievali, è stata distrutta a causa di “attività di movimento terra”. Anche il sopra citato cimitero della Porta di Yerevan a Shushi, costruito tra il XVIII e il XIX secolo, è stato gravemente danneggiato tra il 5 ottobre e il 3 novembre 2023: i bulldozer hanno scavato una strada attraverso il cimitero, falciando lapidi storiche. Invece i danneggiamenti del cimitero di Ghuze T’agh nei pressi di Aknaghbyur sono iniziati già nel marzo 2021 e gran parte del cimitero risultava danneggiata nell’ottobre 2021. Nel maggio di quest’anno è stato confermato che il cimitero, che risale al XIX secolo, è stato completamente demolito.

La rimozione delle croci da chiese e cattedrali

Capitolo chiese. La storica chiesa del monte Vankasar, che risale al VII secolo, è stata privata della croce che sormontava la cupola. La chiesa di san Sergio nel villaggio di Karvachar, costruita nel 1279, secondo un rapporto del febbraio 2024 è stata vandalizzata dal governo azero, che afferma di voler “restaurare” questo storico luogo di culto. Il “restauro” si è concretizzato nella distruzione di simboli religiosi e nella erezione di una recinzione in ferro che impedisce la vista dell’area. Due storiche lastre di pietra levigata – decorate con opere d’arte cristiane e iscrizioni armene medievali – sono state rotte, e i resti della seconda lastra sono stati rimossi. Questa seconda lastra recava una rara iscrizione armena.

Anche la cattedrale di Ghazanchetsots a Shushi, costruita nel XIX secolo e situata nei pressi dell’omonimo cimitero, ha subito ingenti danni. L’Azerbaigian, sostenendo falsamente che la cattedrale appartiene alla Chiesa ortodossa russa, ha iniziato a “rinnovare” il luogo di culto armeno. Sebbene la chiesa sia circondata da spesse impalcature, le immagini pubblicate sui social media azeri mostrano che molti simboli religiosi sono stati rimossi dalla chiesa, inclusi gli angeli sul portale dell’edificio, le cupole e la croce della cattedrale.

A Stepanakert vie intitolate agli architetti del genocidio

Si teme che anche altri edifici storici cristiani siano in pericolo, in particolare gli storici monasteri di Dadivank (costruito fra il IX e il XIII secolo), di Gandzasar (XIII secolo) e di Amaras (IV secolo). Nel frattempo il governo azero ha completamente cambiato la toponomastica della città di Stepanakert, ribattezzata col nome azero di Khankendi: la via Tevosyan, che prendeva il nome da un dirigente comunista dell’epoca sovietica, è stata rinominata niente meno che via Ismail Enver Pascià, cioè uno degli architetti del genocidio armeno del 1915, mentre la via Nelson Stepanyan (dal nome di un eroe di guerra sovietico ucciso dai tedeschi nel 1944) è stata ribattezzata via Nuri Pasha dal nome di un ufficiale militare ottomano che svolse un ruolo di primo piano nel massacro di 30 mila civili armeni a Baku nel settembre 1918.

Nell’ottobre 2023 l’Azerbaigian ha permesso all’Unesco, dopo molte richieste, di visitare il Nagorno-Karabakh. Il rapporto degli ispettori Unesco, pubblicato al termine della missione di una sola giornata, ha stabilito le «strutture culturali e religiose» armene non avevano subito alcun danno.

 

Armenia, la piaga dei matrimoni precoci (Osservatorio Balcani e Caucaso 23.07.24)

Nonostante alcuni ostacoli previsti dalla legge, in Armenia il fenomeno dei matrimoni precoci è ancora diffuso. Una nuova proposta di legge vuole ora fissare a diciotto anni l’età minima per il matrimonio, senza alcuna eccezione

23/07/2024 –  Armine Avetisyan Yerevan

Gayane, 17 anni, vive in un’area rurale dell’Armenia. Sono ormai due anni che fa la casalinga: quest’anno, mentre i suoi compagni di classe si preparavano a sostenere l’esame di maturità, Gayane stava per affrontare la sua prima gravidanza.

“Partorirò tra quattro mesi. A quel punto sarò maggiorenne, quindi potremo registrare il nostro matrimonio secondo la legge, e non ci saranno problemi in ospedale. Non abbiamo ancora ufficialmente registrato il matrimonio. Mio marito e io eravamo talmente innamorati che abbiamo deciso di non aspettare che io finissi la scuola per sposarci”, racconta Gayane, aggiungendo che aveva difficoltà a seguire le lezioni dell’ultimo anno a causa della gravidanza.

I genitori di Gayane sono rimasti scioccati quando hanno saputo che la loro figlia diciassettenne si voleva sposare. Nella loro famiglia – spiega Gayane – non è una consuetudine che le ragazze si sposino prima di diventare maggiorenni. Lei invece ha infranto la tradizione familiare e si è sposata in un villaggio vicino, rinunciando così all’obiettivo di acquisire un’istruzione superiore per diventare casalinga.

“Mio padre in particolare ha preso male la notizia, ma alla fine hanno accettato. Ad essere sincera, a volte penso di aver fatto un errore. Talvolta provo gelosia nel vedere le mie compagne di classe passeggiare per la città, indossare bei vestiti, discutere diversi argomenti femminili, prepararsi per andare all’università, e io devo cucinare, fare il bucato, etc. Poi mi rincuoro pensando che diventare madre in giovane età sia più facile, non lo so… Questo era il mio destino”, afferma Gayane.

La ragazza poi spiega che non sarà l’unica giovane mamma nel villaggio, perché c’è una sua amica che si è sposata all’età di sedici anni.

“Ancora meglio che io non sia l’unica”, commenta Gayane ridendo. Poi precisa che l’altra ragazza appartiene alla comunità yazida. A differenza dei genitori di Gayane, è stata la famiglia della ragazza yazida a spingerla a sposarsi.

Secondo la legislazione vigente in Armenia, l’età minima legale per sposarsi è fissata a diciotto anni. Ci si può sposare anche all’età di diciassette anni con il consenso dei genitori, biologici o adottivi, o dei tutori. È possibile inoltre unirsi in matrimonio all’età di sedici anni, a condizione che ci sia il consenso dei genitori o dei tutori e che l’altro coniuge sia maggiorenne.

Nonostante la normativa, ci sono i giovani, come Gayane, che aggirano le regole vigenti e creano una famiglia, seppur non ufficialmente.

Stando ai dati diffusi dall’Istituto statistico della Repubblica d’Armenia, nel 2011 sono stati registrati 3.372 parti di ragazze di età compresa tra i 14 e i 19 anni, mentre nel 2021 il numero è sceso a 1.042. È diminuito anche il numero di matrimoni precoci di ragazze di età compresa tra i 16 e i 19 anni, passando da 1.747 nel 2011 a 675 nel 2021.

Pur essendo in calo, il fenomeno dei matrimoni precoci è diventato oggetto di discussione delle autorità armene.

Recentemente al parlamento di Yerevan è stata presentata una proposta di legge per fissare a diciotto anni l’età minima per il matrimonio, senza alcuna eccezione, e per abrogare tutte le norme che si riferiscono ai matrimoni precoci e ai coniugi minorenni.

“Da rappresentante parlamentare della minoranza yazida, ricevo molti messaggi preoccupanti, in particolare riguardo ai matrimoni precoci all’interno della comunità yazida. Devo dire che si tratta di un problema assai diffuso. Ci sono anche casi di matrimoni precoci tra gli armeni”, ha spiegato il deputato Rustam Bakoyan, ideatore dell’iniziativa legislativa.

Stando ai dati resi noti dal ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport, il fenomeno dei matrimoni precoci incide innanzitutto sull’abbandono scolastico.

“Nell’anno accademico 2023-2024, 1319 ragazze yazide hanno studiato nelle scuole pubbliche. Nel corso del 2023, 171 alunni hanno abbandonato la scuola. La tendenza dei ragazzi appartenenti alla comunità yazida a lasciare gli studi è abbastanza diffusa, soprattutto nelle scuole superiori”, ha affermato il vice ministro.

“Ho sentito che vogliono approvare una legge per vietare a persone come me di sposarsi a 17 anni”, afferma Gayane, “la legge però non basta, bisogna cambiare mentalità. Anche se io e gli armeni come me non ci sposiamo, gli yazidi lo faranno comunque, è una loro consuetudine quella di sposarsi giovani”.

Come spiega Rustam Bakoyan, per vincere la piaga dei matrimoni precoci, oltre alle modifiche legislative, servono anche altri strumenti e attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Le discussioni sull’argomento sono ancora in corso e i promotori dell’iniziativa prevedono di attuare la riforma entro la fine dell’anno.

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Fano Jazz by the Sea 2024. Tigran Hamasyan, la star del piano (Ilrestodelcarlino 22.07.24)

Un festival che si rispetti sa far frutto dell’esperienza. Trentadue anni non sono pochi e Fano Jazz by the Sea, che più volte ha osato proporre nomi sino a poco prima sconosciuti, non disdegna di tornare sui suoi passi e richiamare a sé artisti che hanno saputo imporsi non solo al festival ma poi sulla scena internazionale. Più che un semplice gioco di rimandi, l’evoluzione di un percorso. E così dopo il concerto di ieri sera con Dhafer Youssef, supportato dagli ottimi Daniel Garcia, Swaeli Mbappe e Tao Ehrlic, la rassegna diretta da Adriano Pedini propone stasera alla Rocca Malatestiana il gradito ritorno di uno dei pianisti più amati dal pubblico: Tigran Hamasyan. Il musicista di origine armena si esibirà alle ore 21,30 (biglietti 28 euro, ridotti 25) insieme al bassista Marc Karapetian e al batterista Martin Wangermee. Ma oggi è in programma un altro appuntamento che getta un ponte tra culture diverse: la prima delle solo performance della sezione “Exodus – Gli Echi delle Migrazioni“ che, alla chiesa di san Francesco (ore 18,30), propone il polistrumentista curdo Ashti Abdo. Il concerto sarà preceduto alle 17,45 da un intervento artistico, con l’“Installazione Circolare“ a cura degli studenti del liceo Artistico di Ancona, che avrà per tema “L’uomo, Un animale migratore“.

Al Jazz Village, invece, sin dalla mattina si terranno i workshop dei ragazzi dell’Orchestra Mosaico e poi sino a tarda sera con l’incontro “Un cielo e per mare“ con Sonia Antinori e Carlo Cerrano (ore 19,15), con il concerto sullo Young Stage dell’Antares Flare Sextet (ore 19,45) e infine con la performance di Tanger Sound Clash per Cosmic Journey (ore 23). Ma veniamo al protagonista della serata.

Tigran Hamasyan è oggi uno dei pianisti più in vista del panorama jazzistico internazionale. Vincitore nel 2006, a soli 19 anni, della prestigiosa Thelonious Monk Competition, il musicista si è visto catapultare in breve tempo nei giri musicali più altolocati. The Call Within, inciso in trio. È il progetto che sarà presentato a Fano e “che – si legge nelle note di sala – esplora l’invisibile mondo interiore dell’artista, realistico e palpabile tanto quanto la realtà che circonda la sua persona e in cui è possibile incontrare tutte le sue ispirazioni: antiche mappe geografiche, poesia cristiana e pre-cristiana, storie e leggende popolari armene, astrologia, geometria, ma anche il rock di stampo prog e persino un pizzico di metal. Dal vivo, il risultato musicale prodotto dal trio è un singolare mix di sonorità jazz-fusion, di alchimie elettroniche e di profumi folklorici mediorientali, con un tocco che talvolta rimanda al prog-rock”.

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Fano Jazz: martedì Tigran Hamasyan alla Rocca e Ashti Abdo per “Exodus” alla Chiesa San Francesco

Via libera Ue ai fondi per l’esercito armeno, è la prima volta (Ansa e altri 22.07.24)

(ANSA) – BRUXELLES, 22 LUG – Il Consiglio Affari Esteri ha adottato oggi una misura di assistenza nell’ambito del Fondo europeo per la pace (Epf) a sostegno delle Forze armate della Repubblica di Armenia per un valore di 10 milioni di euro.
Per la prima volta, l’Ue ha deciso di sostenere l’Armenia con il Fondo europeo per la pace. L’obiettivo di questa misura di assistenza è di potenziare le capacità logistiche delle Forze armate armene e di contribuire a migliorare la protezione dei civili nelle crisi e nelle emergenze. Mira inoltre a rafforzare la resilienza dell’Armenia e ad accelerare l’interoperabilità delle sue Forze armate in caso di un’eventuale futura partecipazione del Paese a missioni e operazioni militari internazionali, comprese quelle dispiegate dall’Ue.
Concretamente, la misura di assistenza adottata consentirà la fornitura di una vera e propria tendopoli dispiegabile per un’unità di dimensioni battagliere. “La sicurezza è un elemento sempre più importante delle nostre relazioni bilaterali con l’Armenia. Questa misura del Fondo europeo per la pace contribuirà ulteriormente alla resilienza del Paese. Abbiamo un interesse reciproco a intensificare ulteriormente il nostro dialogo sulla politica estera e di sicurezza, esaminando anche la futura partecipazione dell’Armenia alle missioni e alle operazioni guidate dall’Ue”, ha sottolineato l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, Josep Borrell. (ANSA).


Sostegno Ue all’esercito dell’Armenia. Si avvia il processo di integrazione militare, in chiave anti-russa (La Stampa)


L’Ue avanza a est, aiuti per le forze armate dell’Armenia in chiave anti-russa (Eunews)


L’Unione europea finanzierà per la prima volta l’esercito armeno (Rainews)


L’Unione Europea fornirà per la prima volta aiuti militari all’Armenia (IlPost)


Il Consiglio dell’Ue dà il via libera: 10 milioni all’esercito armeno (Ultimavoce)


Bruxelles cerca amici a Est: aiuti militari all’Armenia, l’alleato di Mosca deluso da Putin (L’Indipendente On Line)

 

CULTURA ITALIANA NEL MONDO – WEEKEND ITALIA 2024 – BUILDING PRESENTA A MILANO “NATURALIS HISTORIA” AL CENTRO DELL’INEDITO CONFRONTO TRA L’ITALIANA LINDA CARRARA E L’ARMENO MIKAYEL OHANJANYAN (ItalianNetwork 22.07.24)

BUILDING presenta, dal 10 settembre al 12 ottobre 2024, Naturalis Historia, una mostra bipersonale degli artisti Linda Carrara e Mikayel Ohanjanyan. Il progetto espositivo, ospitando una selezione di opere sia scultoree che pittoriche, propone un confronto inedito tra le loro diverse ricerche artistiche che indagano il tema comune della natura.

Il titolo della mostra, Naturalis Historia, che può essere tradotto come “osservazione della natura”, fa riferimento al celebre trattato di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), un’opera enciclopedica contenente una moltitudine di studi sul mondo naturale.
L’analisi del mondo, sia questo inteso come naturale o umano, nel macrocosmo e nel microcosmo, continua ad ispirare ed informare l’arte contemporanea permettendo agli artisti di rielaborare temi più profondi come identità, connessione, legame e dualità. Linda Carrara e Mikayel Ohanjanyan, nelle due mostre personali ospitate da BUILDING – ciascuno con un approccio diverso – osservano ciò che li circonda e lo traducono con una prospettiva unica attraverso la loro pratica artistica.

Linda Carrara indaga il paesaggio e la nostra percezione della natura, rivelando nella sua poetica il doppio nel mondo e nella natura umana. Mikayel Ohanjanyan rappresenta concretamente nelle sue sculture i legami, invisibili ma reali, tra gli esseri umani in un’unione tangibile di memorie antiche e moderne.

Linda Carrara (Bergamo, 1984), mediante diverse opere pittoriche, propone un progetto sull’unicità del doppio che in natura si presenta con volti diversi e suscita differenti visioni. Dal paesaggio che si sdoppia e si riflette sulla superficie dell’acqua, al giorno e alla notte che, dall’alba dei secoli, dividono il mondo in due parti, contigue ma opposte. Le opere e l’analisi del paesaggio illuminano gli aspetti molteplici dello specchiamento e sdoppiamento, fino ad arrivare ad indagare il doppio della nostra stessa natura umana. Inoltre, in uno studio sull’autoritratto, l’artista si raffigura in un disegno a matita dalla linea semplice. Linea che separa realtà e il suo doppio nello specchiamento sulla superficie.

Mikayel Ohanjanyan (Yerevan, Armenia, 1976), espone un’opera in basalto realizzata appositamente per la mostra e sculture inedite appartenenti alla serie Legami. La ricerca dell’artista è incentrata sull’essere umano e sull’osservazione del suo mondo interiore ed esteriore. In particolare, le opere di Ohanjanyan riflettono i legami e le tensioni che esistono nelle relazioni umane.

Secondo l’artista “siamo collegati da legami invisibili”, citando Nikola Tesla, che ci permettono di essere sismografi delle vibrazioni che vengono emanate da tutto ciò che ci circonda. Un “Tutto”, che è definito dallo spazio stesso, dal tempo, dalla natura, dalla materia con i suoi ritmi e le sue forme e dall’essere umano.

Nei legami riscopriamo l’Unità, ovvero il nostro equilibrio con il “Tutto”, la coesione tra gli opposti, insiti anche nella natura umana. Quest’ultima, apparentemente informe e disarmonica come la superficie di una pietra segnata dal tempo, rivela al suo interno un reticolo solido di ricordi e memorie che strutturano e formano la nostra esistenza ed i nostri percorsi. Un intreccio stabile dal quale sembra impossibile liberarsi. (22/07/2024-ITL/ITNET)

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