Diplomazia Pontificia, Focus Armenia -Armenia, una difficile situazione ad Etchmiadzin (Acistampa 05.07.25)

FOCUS ARMENIA

Armenia, una difficile situazione ad Etchmiadzin

In Armenia sta facendo discutere l’irruzione della polizia ad Etchmiadzin, il “Vaticano” della Chiesa apostolica armena. Il 27 giugno, la polizia ha cercato di arrestare l’arcivescovo Mikayel Ajapahyan. In centinaia hanno fatto scudo attorno all’arcivescovo, evitandone l’arresto, dopo che questi era stato accusato di aver fatto dichiarazioni pubbliche di prendere il potere e ribaltare l’ordine costituzionale in Armenia.

Ajapahyan è solo l’ultimo degli alti ufficiali della Chiesa ad essere messo sotto queste accuse. All’inizio della settimana scorsa, il Servizio di Sicurezza Nazionale di Armeno ha arrestato l’arcivescovo Bagrat Galstyan, poi posto in una detenzione pre-processo di due mesi con l’accusa di terrorismo, incitamento al disordine pubblico e pianificazione di prendere il potere. Galstyan si era messo nel 2024 alla testa di un movimento che aveva opposto il piano del governo armeno di consegnare delle regioni di confine all’Azerbaijan.

Tornando ad Ajapahyan, questi è uscito scortato dal Catholicos Karekin II circondato da manifestanti in suo favore, e ha così potuto lasciare Etchmiadzin, dove era arrivato per un incontro del clero locale.

“Non sono una minaccia per questa nazione. La minaccia è il suo governo”, ha dichiarato l’arcivescovo. Dopo alcune scaramucce, la polizia ha lasciato Etchmiadzin affermando di non voler creare una escalation.

In una dichiarazione diffusa il 28 giugno, la Chiesa Apostolica Armena ha fatto sapere che “il 27 giugno di quest’anno sarà ricordato nella storia moderna del nostro popolo come un giorno di vergogna nazionale, a causa delle azioni disgraziate portate avanti dalle autorità armene contro la Chiesa Apostolica Armena e la Chiesa Madre di Santa Etchmiadzin”.

La dichiarazione denuncia che “sulla base di un caso criminale costruito su false basi, ufficiali di polizia sono entrati nel perimetro della Santa Madre di arrestare e convocare in maniera forzata Sua Eminenza l’arcivescovo Michael Ajapahyan”, mentre “le entrate alla Santa Madre sono state bloccate da un grande spiegamento di forze, distruggendo la vita normale del centro spirituale dell’intera nazione armena”, e sono stati posti “ostacoli artificiali, incluse le ispezioni, a quanti viaggiavano verso Vagharshap e Santa Ethcmiadzin”.

La Chiesa Apostolica armena “condanna con forza queste azioni anti-Chiesa”, considerandole “non solo un insulto e una profanazione del più Santo dei Santi, la Sede Madre di Etchmiadzin, ma anche una grave offesa contro i sentimenti spirituali dei fedeli”.

E ancora, Etchmiadzin denuncia che “come è evidente dalla retorica del primo ministro e di altri rappresentanti di governo, questa operazione premeditata è un’altra espressione della politica di odio alla Chiesa dell’attuale amministrazione”, perché “è inimmaginabile che le autorità della nostra nazione possano portare avanti un attacco così traditore alla più antica istituzione nazionale del popolo armeno, una offesa che nemmeno i governanti del passato hanno mai osato commettere”.

Etchmiadzin chiede al popolo di “continuare a rimanere con devozione intatta a fianco alla Chiesa Madre e di pregare perché la Santa Etchmiadzin irradi la pace nella nostra terra”.

Il 28 giugno, un tribunale dello Stato ha deciso comunque l’arresto dell’arcivescovo Adjapahyan. In un comunicato diffuso in quello giorno, Etchmiadzin ha detto che “i fatti dimostrano che la decisione del tribunale, presa sotto direzione politica e pressione, è allo stesso tempo senza basi e illegale”, e che le azioni prese contro l’arcivescovo “costituiscono, in senso classico, un caso di persecuzione politica e una manifestazione di vendetta personale da un individuo che professa di essere cristiano e figlio della Chiesa Armena”, e che questa azione “irresponsabile costituisce un assalto al centro spirituale alla popolazione armena, al suo clero, ai suoi fedeli”.

Dal 30 giugno al 4 luglio, Karekin II ha chiesto di celebrare una divina liturgia per la liberazione dei prigionieri, la consolazione degli afflitti e la pace nella patria”.

Si può ancora parlare di genocidio armeno?

Lo scorso 18 giugno era previsto un incontro su “La Santa Sede e il genocidio degli armeni e della altre minoranze cristiane nell’Impero Ottomano” presso la Chiesa Reale Belga San Giuliano dei Fiamminghi, in collaborazione con il Centro Pro Unione. A tenere la conferenza, sarebbe stato il professor Georges Ruyssen, gesuita, curatore dei volumi “La Questione Armena 1894 – 1896 / 1980 – 1925. Documenti degli Archivi della Santa Sede ASV, ACO, SS.RR.SS.”. Si tratta di un monumentale lavoro che riproduce tutti i documenti della Santa Sede riguardanti il genocidio armeno, particolarmente centrale nello studio del metz yeghern.

Ora, la definizione di “genocidio armeno” è contestata da parte turca, che accetta che si parli di massacro, ma non di genocidio. Quando ci fu la celebrazione del centenario del genocidio in San Pietro, nel 2015, ci fu anche gelo con la Turchia, e fu poi solo il lavoro di uno storico, consegnato a Papa Francesco, a ripristinare una normalità dei rapporti.

La conferenza, però, non ha avuto luogo nei termini stabiliti. È stato comunicato dal rettore, monsignor Gabriel Quicke, che il professor Ruyssen è stato scoraggiato dalla Segreteria di Stato dal tenere la conferenza attraverso una lettera inviata dalla Segreteria di Stato alla compagnia di Gesù. Monsignor Quicke ha detto che la Segreteria di Stato è stata avvista “diplomaticamente” dall’iniziativa, che lascia pensare al coinvolgimento di qualche ambasciata, probabilmente quella turca presso la Santa Sede.

Monsignor Quicke ha comunque deciso di prendere il ruolo di moderatore e descrivere il lavoro scientifico del professor Ruyssen, che conosceva bene per aver lavorato per dieci anni al Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani dove era reponsabile del dialogo con i cristiani ortodossi orientali.

Tuttavia, resta da comprendere perché la Segreteria di Stato intervenga su una conferenza di tipo accademico, e perché la Compagnia di Gesù accetti di ricevere questa pressione. Va segnalato anche che il presidente di Armenia Pashinyan ha avuto pochi giorni dopo un colloquio con la controparte turca. Va segnalato anche che il Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha partecipato negli ultimi tempi ad atti accademici che spostano gli equilibri della storia, come una conferenza organizzata dalla Ambasciata di Azerbaijan presso la Santa Sede presso l’Università Gregoriana che promuoveva un dibattito sulla chiesa cristiana “albaniana” preesistente in territorio azerbaijano e in particolare in Nagorno Karabakh – da parte armena, si sono sempre invece fatte notare le radici cristiane e armene della regione, lamentando persino di un genocidio culturale ai danni dell’eredità armena.

Tuttavia, sebbene le ricostruzioni storiche possano portare a dibattiti anche accesi, e sebbene ci sia molta politica dietro ognuna di queste decisioni, è da capire il perché di interventi così forti da parte della Santa Sede per evitare questo tipo di dibattiti.

Erano presenti alla conferenza Boris Sahakyan, l’Ambasciatore Della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede, l’Arcivescovo Khajag Barsamian, Rappresentante della Chiesa Armena presso La Santa Sede e la prima consigliera dell’Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia Marietta Stepanyan e Padre Jim Loughran, presidente del Centro Pro Unione che ha concluso con calorosi ringraziamenti.

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