Ottant’anni di pace? Solo per noi, ricorda Mieli (Famigliacristiana 26.09.25)
Nel suo ultimo libro il giornalista e storico avverte: gli 80 anni di pace in Occidente non devono ingannarci, il mondo ha conosciuto guerre ben più devastanti. Dalle vicende di Sparta al genocidio armeno, passando per fascismo e Resistenza, Mieli intreccia fatti, saggi e personaggi con rigore storiografico, ricordandoci che solo la conoscenza del passato può aprire spiragli di pace per il futuro

Non illudiamoci, ci ammonisce il giornalista e storico Paolo Mieli con il realismo dei giornalisti e la disillusione degli storici: sono stati 80 anni di pace in Occidente, ma altrove su questo Pianeta (in Africa, in Asia, in Sudamerica e in America Centrale) ci sono stati più conflitti e vittime che nella Seconda Guerra Mondiale. Cose dell’altro mondo, insomma, dove le cose sono le guerre. Il problema è che l’altro mondo non ci ha copiati, anzi siamo noi che gli stiamo andando dietro. Finita la Guerra Fredda (che peraltro, dalla Corea al Vietnam, ha procurato milioni di morti) e scolorata la vernice delle ideologie, rispunta sotto la screpolatura un po’ ovunque il cemento delle incrollabili logiche geopolitiche: i conflitti per i confini, le tensioni tra i popoli, la pulizia etnica, le diatribe commerciali, le autocrazie, le dittature, l’arbitrio del potere, la paralisi della diplomazia, la fine del diritto umanitario.
Altro che fine della storia. Ogni conclusione di un conflitto lascia aperti problemi che finiscono per innescarne uno nuovo. Non è stato così con la Prima Guerra Mondiale? E’ il filo rosso dell’ultima opera di Mieli (Il prezzo della pace, Rizzoli), che raccoglie una serie di articoli scritti con il suo usuale metodo: la recensione di un libro diventa l’occasione per andare oltre e scrivere un saggio sull’argomento, citando altri libri, fonti, aneddoti, curiosità, personaggi, in un intreccio felice che ci accompagna per mano, da Trasibulo al genocidio armeno, passando per numerose vicende (i tatari, Sparta, il fascismo, Saladino, la Resistenza, i gladiatori), con le sue contraddizioni e le sue ambiguità. Ed è impressionante la perizia e il rigore storiografico di questa miscellanea con cui vengono citati saggi e storici di primissimo piano sui vari argomenti (picola nota per la prossima ristampa Gianfranco Ravasi, citato per una querelle storiografica su San Paolo, è cardinale, non monsignore come ripetuto due volte, sarà anche una minuzia per carità, ma appare come una nota stonata).
«Historien le matin, philosophe le soir», si definiva March Bloch. Di Mieli, allievo di Renzo de Felice, di cui traccia un bellissimo ritratto, si potrebbe dire «journaliste le matin, historien le soir», con una combinazione vincente che rende la lettura gradevole e al contempo preziosa per noi “nani sulle spalle dei giganti”, come diceva Bernardo di Chartes, capaci di uno sguardo ampio sull’orizzonte dell’attualità proprio grazie alla (gigantesca) conoscenza del passato. E visto che la storia oltre che nemica del verosimile, è maestra di vita, la conclusione è ottimistica: «L’inaugurazione di una stagione di pace è possibile, a patto di non cercare soluzioni facili, a portata di mano. E che si usi la storia, anche quella remota, per aiutarci a fare chiarezza su quel che è andato storto negli anni che abbiamo alle spalle».

