Il diritto di ritorno in Artsakh degli Armeni sfollati con la forza dall’Azerbajgian, negato anche dal governo dell’Armenia (Korazym 18.10.25)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.10.2025 – Vik van Brantegem] – Oggi, sabato 18 ottobre 2025, il neonato movimento Mer Dzevov ha radunato migliaia di persone in piazza della Libertà a Yerevan, dichiarando l’inizio di quello che gli organizzatori hanno definito “la fine del periodo difficile dell’Armenia e l’inizio di una nuova fase di ricostruzione”. Intervenendo alla manifestazione, il Coordinatore del movimento, Narek Karapetyan, ha affermato che piazza della Libertà è stata storicamente il luogo di nascita di importanti movimenti nazionali, tra cui il Movimento per Artsakh e quello per l’Indipendenza, entrambi, ha osservato, “condotti alla vittoria dai nostri padri”. Ha proseguito: “Noi, membri e volontari del movimento Mer Dzevov, stiamo lanciando il terzo movimento: il movimento per porre fine al periodo difficile dell’Armenia e iniziare un periodo di ricostruzione”, delineando una sequenza di passi volti a quello che ha descritto come un “cambio pacifico del potere”.

 

Dopo i discorsi in piazza della Libertà, i partecipanti hanno iniziato una marcia attraverso il centro di Yerevan, guidati dalla moglie e dai figli dell’imprenditore, filantropo e prigioniero politico Samvel Karapetyan. Il corteo si è diretto verso la sede del Servizio di Sicurezza Nazionale, dove sono attualmente detenuti Karapetyan e diversi Vescovi della Chiesa Apostolica Armena. Durante il raduno, l’Avv. Aram Vardevanyan ha trasmesso un messaggio di Samvel Karapetyan e citando il suo cliente ha annunciato: “Una volta che il movimento Mer Dzevov diventerà un partito politico, Samvel Karapetyan è pronto ad assumere la carica di presidente del partito”.

Samvel Karapetyan, miliardario e filantropo russo-armeno, uno degli uomini d’affari più influenti in Armenia e importante investitore attraverso il Gruppo Tashir, è stato arrestato il 18 giugno 2025 nel corso di quella che i suoi sostenitori sostengono essere un’indagine politicamente motivata e il suo arresto è diventato un punto di riferimento per i critici del governo. Samvel Karapetyan è accusato di “aver incitato all’usurpazione del potere”, dopo aver pubblicamente difeso la Chiesa Apostolica Armena contro il governo. Sebbene la Corte d’Appello Penale dell’Armenia abbia successivamente dichiarato illegale la sua detenzione, il governo continua a trattenerlo on nuove accuse, tra cui il riciclaggio di denaro.

Al raduno di oggi, Narek Karapetyan ha anche annunciato che il movimento prevede di organizzare un pellegrinaggio alla Madre Sede della Santa Etchmiadzin nei prossimi giorni “per dimostrare che Etchmiadzin non è indifesa”. Il prossimo raduno dei sostenitori di Mer Dzevov è previsto per le ore 17.30 di domani a Etchmiadzin.

Due anni dopo la perdita dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, l’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh in esilio ha dichiarato il 19 settembre Giornata dello Sfollamento Forzato e della Richiesta di Diritti, ha annunciato il Ministero della Cultura della Repubblica di Artsakh. È stato apportato un emendamento corrispondente alla Legge della Repubblica di Artsakh “Sulle Festività e i Giorni della Memoria”. In questo giorno di due anni fa, il 19 settembre 2023, a seguito dell’attacco genocida dell’Azerbajgian, la Repubblica di Artsakh cadde sotto l’occupazione delle forze armate azere. Oltre 120.000 residenti dell’Artsakh furono costretti a lasciare la loro patria e 624 persone, tra cui 265 militari e 21 civili, persero la vita. L’esplosione di un deposito di carburante in quei giorni provocò 238 vittime civili e 22 dispersi.

Una delegazione armena, guidata dal neo-nominato Direttore del Servizio di Sicurezza Nazionale, Andranik Simonyan, ha partecipato al Terzo Forum sulla Sicurezza di Baku, che si è svolto in Azerbajgian dal 19 al 21 settembre 2025. La decisione di partecipare a tale forum segna un notevole cambiamento nell’approccio di Yerevan. Nel novembre 2024, l’Armenia si rifiutò di partecipare alla Conferenza ONU sul Clima a Baku, citando espressamente il rifiuto dell’Azerbajgian di rilasciare prigionieri di guerra e ostaggi Armeni. Questa opposizione ora sembra essere stata dimenticata. A seguito del recente accordo di “pace” negoziato a Washington, le autorità armene sembrano più disposte a confrontarsi con l’Azerbajgian su piattaforme internazionali. La questione dei prigionieri di guerra e degli ostaggi, un tempo un importante punto di scontro, è notevolmente scomparsa dalla narrazione ufficiale.

La partecipazione della delegazione armena al forum è vista da alcuni osservatori come un ulteriore allineamento alle condizioni dell’Azerbajgian e parte di un più ampio cambiamento nella posizione di politica estera dell’Armenia. Andranik Simonyan, in particolare, è percepito come un uomo che si è guadagnato un notevole favore a Baku, dopo aver guidato con successo la repressione del dissenso interno armeno. Naturalmente, un rappresentante armeno noto per aver represso l’opposizione armena a una politica di concessioni all’Azerbajgian, sarà ovviamente ben accolto a Baku. Lo smantellamento sistematico dell’opposizione armena contro l’Azerbajgian è una delle richieste principali dell’Azerbajgian, poiché Baku si spinge persino a chiedere emendamenti costituzionali all’interno dell’Armenia. I critici sostengono che questi sviluppi riflettano una più ampia tendenza all’accomodamento politico e al crescente allineamento con gli interessi azerbajgiani. Questo risultato è impopolare in Armenia e continua a suscitare polemiche nella società armena.

 

Il 15 ottobre 2025, durante la Terza Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’Armenia ha ribadito il suo impegno per il divieto assoluto di tortura e ha lanciato l’allarme per le segnalazioni attendibili di abusi e detenzioni motivate politicamente. Il Comitato delle Nazioni Unite contro la Tortura ha espresso seria preoccupazione per la detenzione in corso dei 23 prigionieri Armeni dell’Artsakh detenuti in Azerbajgian, sottolineando che i loro diritti, la loro sicurezza e la loro dignità rimangono a rischio a causa dell’assenza di accesso internazionale, incluso il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR). L’Armenia ha esortato tutti gli Stati a rispettare il diritto internazionale e a proteggere le persone private della libertà dalla tortura e dai trattamenti disumani.

Hayk Mamijanyan, leader del gruppo parlamentare Pativ Unem Dashink (Con Onore), ha rivolto un appello all’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, Kaja Kallas, chiedendo di organizzare una visita dell’Ambasciatore dell’Unione Europea in Azerbajgian ai prigionieri di guerra e ostaggi Armeni dell’Artsakh detenuti a Baku. Questa richiesta fa seguito alla recente espulsione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) dall’Azerbajgian, che ha di fatto eliminato l’unico canale di monitoraggio umanitario delle condizioni dei prigionieri. Non sono criminali. Sono simboli della resistenza, imprigionati per aver difeso l’Armenia, la sua Chiesa e il suo popolo.

Mamijanyan ha delineato le minacce a cui sono esposti gli Armeni dell’Artsakh imprigionati a Baku, osservando che le autorità azere hanno creato un “vuoto informativo” sulla loro situazione. Senza alcun monitoraggio delle loro condizioni, al momento non c’è modo di verificare la protezione e il trattamento dei prigionieri Armeni dell’Artsakh nel notoriamente violento sistema azero.

La risposta dell’Unione Europea alla richiesta di Mamijanyan sarà altamente rivelatrice dell’attuale posizione nei confronti dell’Azerbajgian. Lo scorso aprile, Kallas si è recata a Baku per discutere di un ulteriore “rafforzamento dei legami”. Solo un giorno prima della sua visita, la missione dell’Unione Europea in Armenia ha cancellato la parola “genocidio” da un post sui social media in commemorazione del Giorno della Memoria del Genocidio Armeno, apparentemente per evitare di intaccare le relazioni con l’Azerbajgian.

L’Unione Europea continua a ignorare la sorte dei prigionieri Armeni dell’Artsakh detenuti illegalmente a Baku e altre violazioni dei diritti umani commesse dal regime autocratico degli Aliyev in Azerbajgian, dando priorità alla cooperazione energetica con Baku e ad un’agenda geopolitica anti-Russa nella regione. I diritti umani e il diritto internazionale passano in secondo piano rispetto agli interessi energetici e strategici. Dopotutto, l’Unione Europea costantemente ha dato priorità al conflitto con la Russia oltre al sostegno a Israele contro l’Iran, e l’Azerbajgian si trova in una posizione strategica proprio tra Russia e Iran, fornendo al contempo redditizie risorse energetiche, riciclando anche il gas russo. È molto improbabile che l’Unione Europea eserciti pressioni sugli Aliyev per il bene degli Armeni.

Nel frattempo, lo stesso governo armeno sembra riluttante a premere per il ritorno dei prigionieri Armeni dell’Artsakh. Gli osservatori notano che queste persone potrebbero essere visti come testimoni scomodi, o persino potenziali oppositori politici, del Primo Ministro Nikol Pashinyan.

Da due anni, otto ex funzionari e leader dell’Artsakh sono stati illegalmente catturati dall’Azerbajgian. Rimangono in carcere a Baku, con accuse penali inventate. Tra gli arrestati ci sono Ruben Vardanyan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh; Arkadi Ghukasyan, Bako Sahakyan e Arayik Harutyunyan, secondo, terzo e quarto Presidente della Repubblica di Artsakh; Davit Ishkhanyan, ex Presidente dell’Assemblea Nazionale; Davit Babayan, ex Ministro degli Esteri; Levon Mnatsakanyan, ex Comandante dell’Esercito di Difesa; e Davit Manukyan, ex Vice Comandante dell’Esercito di Difesa.

Oltre a questi otto leader, decine di civili e militari armeni continuano a languire nelle prigioni azere.

Non dobbiamo permettere che vengano dimenticati. Dobbiamo persistere nella lotta per il rilascio di tutti gli ostaggi Armeni dall’Azerbajgian.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha ordinato all’Azerbajgian di fornire un rapporto sulle condizioni di detenzione e sulla salute di 23 ostaggi Armeni dell’Artsakh trattenuti a Baku. Siranush Sahakyan, rappresentante legale dei prigionieri presso la CEDU, ha dichiarato che i detenuti sono stati tenuti in completo isolamento per quasi tre mesi. “Nessuna organizzazione internazionale indipendente ha avuto accesso a loro. Al momento, non ci sono informazioni sulle loro condizioni di detenzione, sullo stato di salute o sullo stato psicologico”, ha dichiarato Sahakyan.

Il Comitato Nazionale Armeno d’America (ANCA) ha annunciato la sua opposizione alla disegno di legge 5632, avvertendo che la misura legittima la pulizia etnica dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, ignorando i diritti degli Armeni sfollati forzatamente dall’Artsakh dopo l’aggressione militare del 19 e 20 settembre 2023 e delle altre vittime delle aggressioni di Baku. Nella sua dichiarazione, l’ANCA ha definito il disegno di legge “fuorviante”, sottolineando che non affronta:

  • La detenzione illegale e il maltrattamento di ostaggi armeni, prigionieri civili e prigionieri di guerra da parte dell’Azerbajgian.
  • Il diritto collettivo dei rifugiati dell’Artsakh a tornare alle proprie case sotto protezione internazionale.
  • La distruzione di siti del patrimonio cristiano e di proprietà civili.
  • La continua occupazione del territorio sovrano armeno da parte dell’Azerbajgian.

L’ANCA ha inoltre criticato la definizione di aggressione restrittiva contenuta nel disegno di legge, affermando che normalizza di fatto i passati attacchi dell’Azerbajgian, e ha avvertito che disposizioni vaghe sulle sanzioni per coloro che “minano” il processo di pace potrebbero soffocare il legittimo dibattito democratico in Armenia. “Il Congresso dovrebbe promuovere una pace reale e duratura basata sulla giustizia”, ha affermato l’ANCA, “non legittimare le conquiste genocide dell’Azerbajgian o approvare automaticamente concessioni pericolose imposte agli Armeni con la forza”.

Un nuovo rapporto di Luis Moreno Ocampo, Procuratore fondatore della Corte Penale Internazionale, denuncia un grave conflitto di interessi che indebolisce una recente sentenza delle Nazioni Unite sulla detenzione di Ruben Vardanyan in Azerbajgian. Il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria (UNWGAD) ha emesso il Parere N. 46/2024 in febbraio 2025, sostenendo che la detenzione di Ruben Vardanyan non è arbitraria, contraddicendo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Türk, che aveva chiesto il rilascio immediato di tutti gli Armeni dell’Artsakh detenuti in Azerbajgian.

Le conclusioni di Ocampo rivelano che l’autrice del Parere, la Presidente-Relatrice Ganna Yudkivska, ha legami finanziari e personali con l’Azerbajgian attraverso la sua posizione presso Equity Law Firm, che rappresenta la compagnia petrolifera statale azera SOCAR, e tramite suo marito, Georgii Logvynskyi, un politico Ucraino con una lunga storia di impegno pro-azerbajgiano. Secondo Ocampo, questi legami violano le norme delle Nazioni Unite in materia di indipendenza, imparzialità e conflitti di interesse. “Qualcuno con stretti legami con le autorità al potere a Baku non avrebbe dovuto giudicare un caso riguardante gli Armeni dell’Artsakh”, ha affermato Luis Moreno Ocamo. Il suo team legale ora sta contestando il parere dell’UNWGAD e chiedendo la ricusazione di Yudkivska.

Ruben Vardanyan, filantropo, ex banchiere ed ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, è stato sequestrato dalle forze di sicurezza azere il 27 settembre 2023, in seguito all’assalto all’Artsakh, mentre tentava di lasciare la regione durante l’esodo forzato della popolazione dell’Artsakh. Deve rispondere a 42 capi d’accusa, tra cui finanziamento del terrorismo e organizzazione di gruppi armati, in un processo a Baku. Il procedimento è opaca e politicamente motivato.

Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha dichiarato all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE) di non considerare realistico il ritorno degli Armeni forzatamente sfollati in Artsakh, negando ancora una volta il loro diritto, riconosciuto a livello internazionale, di tornare nelle loro terre ancestrali. “Lo dirò apertamente: non considero realistico il ritorno dei rifugiati nel Nagorno-Karabakh. In questo contesto, credo che la questione del ritorno dei rifugiati sia pericolosa per il processo di pace”, ha dichiarato Pashinyan.

Rispondendo alle domande dei membri dell’APCE, ha sottolineato che, con il sostegno sia del governo armeno che della comunità internazionale, la popolazione sfollata dell’Artsakh deve essere reinsediata in Armenia. “Abbiamo avviato un programma di alloggi per i nostri compatrioti del Karabakh. È stato difficile avviarlo, ma sono convinto che diventerà più efficace. Immaginiamo il futuro dei nostri compatrioti del Karabakh in Armenia, con la cittadinanza della Repubblica di Armenia”, ha affermato.

Le sue osservazioni evidenziano un chiaro cambiamento di politica da parte di Yerevan, che dà priorità all’integrazione degli Armeni dell’Artsakh sfollati con la forza in Armenia dall’Azerbajgian, piuttosto che sostenerne il loro ritorno, in un momento in cui l’Azerbajgian continua a promuovere la sua narrativa espansionistica dell’Azerbajgian occidentale” (Armenia).

L’Artsakh era, è e rimarrà per sempre armeno. Il ritorno della popolazione Cristiana armena dell’Artsakh non è una questione di se, ma di quando. Fino a quel giorno, la gente dell’Artsakh dovrà curare le proprie ferite, ricostruire la propria casa e perseverare con incrollabile determinazione.

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