Minassian: come il vescovo martire Maloyan “viviamo con coraggio la nostra fede” (Vaticannews 21.10.25)
“Sant’Ignazio Maloyan visse le parole del Vangelo e portò la croce fino all’ultimo respiro. Preservò il suo gregge nella fede, soffrì con esso e per esso, e diede la sua vita per incoraggiarlo, rafforzarlo e salvarlo”. Lo ha detto il patriarca di Cilicia degli armeni cattolici, Raphaël Bédros XXI Minassian, che nel pomeriggio di ieri, lunedì 20 ottobre, all’Altare della Cattedra della Basilica vaticana, ha presieduto la celebrazione della messa di ringraziamento per la canonizzazione di sant’Ignazio Maloyan, vescovo e martire della Chiesa armeno cattolica, proclamato santo insieme ad altri sei beati da Leone XIV domenica 19 ottobre, in una solenne cerimonia in Piazza di San Pietro.
I concelebranti, le autorità e la società civile
Alla celebrazione hanno preso parte i patriarchi Béchara Boutros Raï, di Antiochia dei Maroniti, e Ignace Youssif III Younan, di Antiochia dei Siri; poi il cardinale George Jacob Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo interreligioso; Mesrop Sarkissian, rappresentante di Sua Santità Aram I, Catholicos della Chiesa armena apostolica di Cilicia; l’arcivescovo Flavio Pace, segretario del Dicastero per la Promozione dell’unità dei cristiani, l’arcivescovo Michel Jalakh, segretario del Dicastero per le Chiese orientali, insieme a padri sinodali della Chiesa armeno cattolica e membri del clero. Erano presenti, tra gli altri, gli ambasciatori di Armenia e Libano e altri rappresentanti della società civile, oltre a un gran numero di pellegrini armeni provenienti da varie parti del mondo che avevano partecipato alla celebrazione della canonizzazione del giorno precedente.
Il grido silenzioso ma potente del martirio
Durante l’omelia, il patriarca Minassian ha ricordato “il grido silenzioso ma potente del martirio” di Ignazio Maloyan, celebrato non in un semplice rito commemorativo ma in una proclamazione viva di fede. Sant’Ignazio, ha rimarcato, non è solo un testimone del passato, ma un compagno del presente, una voce che continua a parlare con forza nel cuore di un mondo spesso sordo alla verità del Vangelo. “Moriamo, ma moriamo per Cristo”, disse il vescovo Maloyan nel momento supremo della prova, durante le persecuzioni contro il popolo armeno, il Metz Yeghern-Grande Male. In quelle parole, ha affermato il patriarca, c’è tutta la potenza di una fede che non si piega e trova nella Croce non una sconfitta, ma una vittoria. “Il sangue da lui versato, come quello del suo Maestro, è seme per nuovi credenti e testimonianza viva di una Chiesa che non muore, perché radicata in Cristo”, ha ribadito Minassian sottolineando che “la sua santità non è semplicemente un riconoscimento da parte della Chiesa, ma una voce che ci chiama a vivere nella verità, una chiamata a una fede scomoda, ma viva e coraggiosa, capace di perseverare anche nei momenti più bui”.
La santità non riservata a pochi, è una vocazione universale
Per questo, ha insistito, “una persona disposta a sacrificare la propria vita per la verità non può essere sconfitta. Perché quando il cuore appartiene a Cristo, né la guerra, né la persecuzione, né la morte possono togliergli la libertà: la libertà dell’amore”. La canonizzazione di Ignazio Maloyan, ha esortato il celebrante, “è una chiamata a tutti i cristiani, e in particolar modo ai fedeli armeno cattolici, a comprendere che la santità non è riservata a pochi, ma è una vocazione universale”. Pertanto, in tempi in cui la fede viene spesso marginalizzata, la figura di Ignazio Maloyan, ha osservato ancora, “ci invita a vivere la nostra fede con coraggio, autenticità e amore ardente per Cristo”.
Avere la forza di dire: siamo pronti a morire per Cristo
In conclusione il patriarca ha invitato i presenti a pregare per la Chiesa armena cattolica e per tutti i cristiani perseguitati nel mondo, specialmente in Medio Oriente, chiedendo “l’intercessione di sant’Ignazio Maloyan e di tutti i martiri, affinché anche noi, nella nostra vita quotidiana, possiamo avere la forza di dire: ‘Viviamo per Cristo e, se necessario, siamo pronti a morire per Lui'”.
