“Vini Armeni”: libro su viticoltura del Caucaso tra storia e rinascita (Askanews 30.10.25)
Milano, 25 ott. (askanews) – Negli ultimi quindici anni la viticoltura armena ha vissuto un profondo rinnovamento, crescendo in qualità, esportazioni e riconoscibilità internazionale. Oggi il Paese conta circa 170 cantine e una produzione complessiva di 13 milioni di litri l’anno, con 4,2 milioni destinati all’export. Il volume “Vini Armeni – Viaggio nella culla della viticultura”, pubblicato da Kellermann Editore e firmato da Manuela Da Cortà ed Enrico Dal Bianco, racconta questa trasformazione, offrendo uno sguardo storico e contemporaneo su un comparto in pieno sviluppo.
Con una prefazione della scrittrice Antonia Arslan e un’introduzione dello storico Aldo Ferrari, il libro si presenta come un ponte culturale tra Italia e Armenia, due Paesi uniti da antiche affinità artistiche e spirituali. Il testo accompagna il lettore in un percorso che parte dalle origini della viticoltura, documentate dai ritrovamenti archeologici nella grotta di Areni, dove sono stati rinvenuti i resti della più antica vinificazione nota al mondo, datata 6.100 anni fa, fino alle moderne aziende che oggi competono nei principali mercati globali.
L’opera approfondisce le principali regioni viticole del Paese, Vayots Dzor, Aragatsotn, Valle dell’Ararat, Tavush e Syunik, e i vitigni autoctoni che ne caratterizzano la produzione. Tra questi spiccano il Sev Areni, antico vitigno a bacca rossa del Vayots Dzor, il Voskehat, definito “bacca d’oro” e considerato la regina dei vitigni bianchi armeni, e l’Haghtanak, originario della Valle dell’Ararat e apprezzato per struttura e intensità cromatica. Altri vitigni di rilievo sono Kangun, versatile e impiegato anche per spumanti e brandy, e Khndoghni, tipico del sud del Paese, da cui nascono rossi di grande carattere.
