La fede ponte sopra le ferite (Osservatore Romano 01.12.25)
«Con i nostri fratelli e sorelle che condividono con noi la sete di pace e di giustizia, vogliamo testimoniare che la coesistenza è possibile, e che l’amore è più forte di qualsiasi divisione»: nel dare il benvenuto a Leone XIV nel santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa, il patriarca di Cilicia degli Armeni cattolici Raphaël Bedros XXI Minassian ha messo in risalto una delle preziose qualità di «questa terra benedetta, culla dell’Oriente cristiano», dove «la fede possiede radici antiche e profonde. Qui, dove risuonano le lingue e le liturgie delle Chiese d’Oriente e d’Occidente, la pluralità delle tradizioni si trasforma in ricchezza, segno della grazia multiforme di Dio». E ai piedi di Nostra Signora del Libano, «siamo riuniti sotto lo sguardo materno di Colei che abbraccia tutti i suoi figli». Un santuario «dove i popoli e le religioni si incontrano e si riconciliano. Nostra Signora di Harissa è il sostegno spirituale del Libano. A Lei affidiamo la nostra nazione, la Chiesa e il mondo intero».
Il patriarca Minassian ha definito la visita del Papa «una fiamma viva di preghiera e di speranza che illumina ogni angolo del nostro Paese», ricordando che «ogni giorno, ovunque siamo, nelle chiese, nelle cappelle o nelle case, le nostre voci si levano in un unico canto, come un profumo di incenso che sale verso il cielo. Preghiamo con Lei, Santo Padre, per la pace, per la giustizia e per la rinascita del nostro amato Libano». Una nazione il cui popolo nel corso degli ultimi anni «ha affrontato prove che hanno profondamente scosso il suo corpo e la sua anima». Eppure, ha sottolineato il Catholicos, «siamo ancora qui. Nonostante il dolore e la fatica, continuiamo ad andare avanti come custodi della speranza e testimoni di pace. È allora che la preghiera si trasforma in azione viva: tendiamo la mano ai poveri, accompagniamo i giovani disorientati, asciughiamo le lacrime di quanti hanno perso tutto».
La memoria dei martiri, custodita, è stata trasformata «in un Vangelo vissuto, incarnato nella vita quotidiana». È da questa fede ardente che «scaturisce la forza dell’Oriente cristiano» in un Paese che «ospita diciotto confessioni religiose, simbolo concreto di come la fede possa divenire un ponte al di sopra delle ferite del mondo». E «la Sua presenza — ha concluso Minassian rivolgendosi al Pontefice — ci ricorda che Dio è con noi. La Chiesa è con noi. Non siamo mai soli».
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