Il Natale perduto dei cristiani di Aleppo (Corriere della sera 23.12.16)

Una volta i quartieri si illuminavano a festa per la celebrazione della Natività. I vescovi ricevevano nelle loro residenze gli auguri dai leader musulmani, che avrebbero ricambiato per le feste islamiche: avveniva anche tra famiglie. Ora serpeggia paura e incertezza. Serve la pace, poi si vedrà
di Andrea Riccardi

Il Natale era bello ad Aleppo. I cristiani erano tanti: circa 300.000 su due milioni di abitanti. I loro quartieri erano illuminati a festa e il clima contagiava un po’ anche i musulmani. I vescovi ricevevano nelle loro residenze gli auguri dai leader musulmani, che avrebbero ricambiato per le feste islamiche. Questo avveniva anche tra famiglie. Aleppo è stata sempre una città di buona intesa tra musulmani e cristiani. C’erano anche gli ebrei, finché il nazionalismo arabo non li spinse ad andar via. Qualcuno è rimasto. Un negoziante di fronte alla chiesa armena ha abbandonato la città di nascosto poco tempo fa. L’ultima famiglia ebrea, con un’anziana ultraottantenne, ha lasciato Aleppo nel 2015 con un’operazione dei servizi israeliani. Vivere insieme era frutto di una coabitazione secolare.

Il tempo di Natale esaltava questo clima. Mi piace citare sempre un verso del poeta siriano Adonis: «La chiesa è un segno/ la moschea è una voce/ Tra le due, la vita circola a Aleppo come in un giardino». Poi sono venuti i Natali di guerra. Tra la chiesa e la moschea, non c’era più il giardino della vita ma circolavano paura e morte. Aleppo è stata assediata e colpita dai missili dei ribelli, tra cui Al Nusra, l’ex formazione qaedista. Erano a pochi passi dai quartieri cristiani. Quando sarebbero entrati? I cristiani, abbarbicati alle truppe di Assad, ne temevano l’arrivo: non capivano le denunce dell’Occidente sull’assedio siriano ad Aleppo Est occupata dai loro nemici. Hanno sentito di essere incompresi in un rischio mortale. Oggi, Aleppo Est è nelle mani di Assad. Per i cristiani è la fine di un incubo. C’è più serenità e non ci si lamenta. È tornata l’acqua. Ma fa freddo e manca il riscaldamento, come il gas e l’elettricità. Soprattutto pesano cinque anni di angosce e guerra. E poi tanti cristiani se ne sono andati. Qualcuno è rimasto per fedeltà. La maggior parte di loro sono poveri.

Il Natale è celebrato da tutti il 25 dicembre, eccetto gli armeni. Le confessioni cristiane sono tante, ma in buona armonia: i cattolici (latini, greco-cattolici, maroniti, armeno-cattolici, caldei e siro-cattolici), i greco-ortodossi, gli armeni, i siro-ortodossi, gli evangelici.

Sono sopravvissute alla secolare pressione musulmana. Ci si sposa tra gente di diversa confessione senza problemi. Vige la regola non scritta: i figli seguono la Chiesa del padre. I vescovi si riuniscono spesso, anche per guidare il grande impegno umanitario della Chiesa nella catastrofe. Nonostante le distruzioni, gestiscono tante scuole aperte ai musulmani. All’appello, mancano due vescovi: il siriaco Mar Gregorios Ibrahim e il greco-ortodosso Paul Yazigi, non più tornati da una missione umanitaria fuori Aleppo. Non li hanno sostituiti per non rinunciare alla speranza di un ritorno.

Ogni comunità celebrerà il Natale di pomeriggio, perché è pericoloso di notte. Molte chiese sono a terra specie nel vecchio quartiere cristiano. Del resto l’antica moschea degli Omayyadi è molto danneggiata e il suo minareto millenario è caduto. Il vescovo greco-cattolico non scenderà più, con povera e tradizionale solennità, nella sua cattedrale, preceduto dal mazziere, che batte a terra secondo l’uso dei dignitari ottomani. La chiesa non è agibile. Una grave perdita è la distruzione della seicentesca cattedrale armena, un gioiello nascosto tra le case, perché nel periodo turco le chiese non potevano stare sulla via.

Ricordi di tempi difficili. Gli armeni di Aleppo salvarono tanti connazionali, deportati nel 1915 dai turchi verso la morte nel deserto. Durante gli ultimi anni, i cristiani si sono ricordati delle situazioni dure del passato. Sono sempre rimasti. Ora che faranno? Riemergono paure verso i musulmani. Qualche esplosione fa temere, mentre si combatte ancora non lontano. Soprattutto serpeggia l’incertezza: ci sarà spazio per i cristiani ad Aleppo nel futuro o l’odio è ormai incolmabile? Il 1° gennaio, si farà un concerto per la pace nella chiesa armeno-protestante, cui tutti sono invitati. Intanto ci vuole la pace, poi per il futuro si vedrà.

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