A che punto è l’Unione eurasiatica? (Eastonline.eu 20.10.15)

Sembra passato un secolo da quando, con toni trionfalistici, veniva annunciata la nascita dell’Unione economica eurasiatica. Il grande disegno di Putin per riportare sotto l’orbita russa gli Stati ex sovietici ha incontrato ben più di un ostacolo. A cominciare dall’Ucraina. A che punto siamo ora?

L’Unione economica eurasiatica sta per spegnere la sua prima candelina. Rappresenta il passo successivo all’unione doganale e quello che precede una più stretta integrazione politica. Per il momento, la sua caratteristica principale è l’aspetto economico. Russia, Bielorssia, Kazakistan, Kirghizistan e Armenia, cinque nazioni, 183 milioni di persone, un settimo di tutte le terre emerse e un pil quanto quello dell’Italia, quasi un decimo di quello dell’Ue e un quinto di quello della Cina. L’Unione eurasiatica sembra un coniglio che ruggisce. E ora fa pur qualche colpo di tosse.

La crisi del rublo che sta comprimendo l’economia russa, insieme al prezzo del petrolio ben lontano da quei 100 dollari su cui è fondato l’equilibrio del bilancio statale, ha reso di colpo meno appetibile l’ingresso nell’Unione. Oltre che creare un’asimmetria nello spostamento di merci, che rende più conveniente l’export russo e meno quello degli altri membri. Lo sa bene l’Armenia, che ha visto crollare il proprio export verso la Russia dopo l’ingresso nell’Uee. “Se la crisi russa continua, anche altri Paesi proveranno una crescente delusione nei confronti dell’Unione”, ha detto Gagik Makaryan, presidente dell’organizzazione armena dei lavoratori.

Ma ci sono anche le rivalità aperte tra attuali e potenziali membri. Il ministro degli Esteri dell’Azerbaijan, Elman Mammadyarov, ha detto che la presenza nell’Uee dell’Armenia è “un ostacolo estremamente serio” all’ingresso del suo Paese. La questione del Nagorno Karabakh scotta ancora. E la stessa cosa si può dire per Tagikistan e Uzbekistan nei confronti del Kirghizistan a causa della disputa territoriale sulla valle del Fergana. Continua