L’Armenia cede quattro villaggi a Baku, arrestati 220 manifestanti (Pagineestere 29.05.24)

Pagine Esteri, 29 maggio 2024 – Il governo armeno ha risposto con la mano dura alle ennesime proteste delle opposizioni nazionaliste nei confronti della politica del primo ministro Nikol Pashinyan.

Domenica ben 220 persone sono state arrestate a Erevan ed in altre località nel corso di massicce manifestazioni organizzate da vari movimenti e partiti politici che chiedevano le dimissioni del premier, accusato di svendere il paese all’Azerbaigian e di orientare troppo la propria politica verso l’occidente.

Le proteste sono cominciate ad aprile dopo che l’esecutivo armeno ha accettato di restituire all’Azerbaigian quattro cittadine al confine occupate nel corso della guerra vinta dagli armeni all’inizio degli anni ’90. Nel 2020, però, il conflitto è riesploso per volontà di un Azerbaigian che nel frattempo è diventato una potenza militare – sostenuta da Israele e Turchia – grazie ai consistenti proventi derivanti dall’estrazione di gas e petrolio nel Mar Caspio. Negli assalti degli ultimi anni Baku ha conquistato varie province che gli erano state sottratte da Erevan e il Nagorno-Karabakh, una regione a maggioranza armena incastonata in territorio azero che per circa venti anni si era costituita in repubblica indipendente de facto. Nel settembre del 2023 la “Repubblica di Artsakh” ha cessato di esistere dopo una guerra lampo e i suoi centomila abitanti armeni sono fuggiti a Erevan per evitare persecuzioni e ritorsioni da parte azera.

In seguito, Baku ha attaccato direttamente il territorio dello stato armeno, occupando alcuni territori al confine, e ha iniziato a rivendicare esplicitamente le province meridionali dell’Armenia, minacciando addirittura di impossessarsene per ottenere la continuità territoriale con il Nakhchivan, una regione autonoma azera che sorge ad est tra l’Armenia, l’Iran e la Turchia.

Dopo la doppia e grave sconfitta negli scontri con l’esercito azero il premier Pashinyan ha accusato Mosca di aver abbandonato l’Armenia (con cui pure Mosca ha un patto di assistenza militare), ha affermato la propria disponibilità ad un trattato di pace definitivo con l’Azerbaigian e ha accettato la maggior parte delle richieste del regime azero di Aliyev, scatenando la rabbia di una consistente parte della popolazione armena.

L’arcivescovo Galstanyan arringa la folla a Erevan

Le proteste si sono di nuovo intensificate negli ultimi giorni, quando i quattro villaggi – il loro nome azero è Baghanis Ayrum, Ashaghi Askipara, Kheyrimli e Ghizilhajili – del nord-est sono state fisicamente consegnate all’esercito di Baku, nonostante la loro importanza strategica derivante dal fatto che in quel territorio passa un’autostrada che collega il paese con la Georgia. Prima di abbandonare le loro case, gli armeni che vivevano nel tratto di confine hanno bruciato le loro abitazioni, proprio come era avvenuto nel Nagorno Karabakh.

Pashinyan, che ora si appoggia principalmente alla Francia e agli Stati Uniti dopo aver allentato le relazioni con la Federazione Russa (che in Armenia possiede però delle importanti installazioni militari), spera che la consegna all’Azerbaigian dei territori contesi possa convincere Aliyev a rinunciare a ulteriori rivendicazioni e consentire la normalizzazione dei rapporti tra i due paesi.
Ma molti armeni temono che i continui cedimenti nei confronti di Baku non facciano altro che indebolire il paese trasformandolo in una facile preda per i propositi espansionisti azeri.

In particolare i residenti armeni degli insediamenti vicini alla porzione di territorio ceduta affermano che la mossa li taglia fuori dal resto del paese e accusano Pashinyan di cedere territorio senza ottenere nulla in cambio.

Le manifestazioni di domenica, che hanno visto scendere in piazza decine di migliaia di persone, sono state indette in particolare dal movimento “Tavush per la patria”, guidato da Bagrat Galstanyan, un arcivescovo della Chiesa armena che guida la diocesi di Tavush, la provincia orientale del paese dove erano state inserite le quattro località azere occupate negli anni ’90.

Nel corso della grande manifestazione di domenica scorsa, Galstanyan ha affermato che rinuncerà al suo incarico di arcivescovo per candidarsi alla carica di primo ministro ed ha chiesto elezioni parlamentari anticipate.

Intanto le relazioni con la Russia continuano a peggiorare: venerdì scorso la portavoce del Ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, ha annunciato di aver richiamato il proprio ambasciatore a Erevan “per consultazioni” senza aggiungere ulteriori particolari. Pagine Esteri

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L’Avetis String Quartet debutta a Primavera Chigiana: in concerto il 29 maggio (Agenziaimpress 29.05.24)

SIENA – Primavera Chigiana 2024, il festival dedicato alle grandi star della musica da camera internazionale e ai giovani talenti emergenti, entra nel suo clou.

Mercoledì 29 maggio, nel Salone dei Concerti di Palazzo Chigi Saracini, debutta alla Chigiana, l’Avetis String Quartet, ensemble armeno formato da eccezionali musicisti. Anush Nikogosyan, primo violino, vanta un’intensa carriera come solista e come musicista da camera; con lui, Karmen Tosunyan secondo violino, Hayk Ter-Hovhannisya, viola e Mikayel Navasardyan, violoncello, occupano posizioni di spicco all’interno dell’Armenian National Philharmonic Orchestra.

La loro missione principale è quella di diffondere e valorizzare il repertorio per quartetto d’archi in Armenia, ma anche quella di promuovere le opere dei compositori armeni di oggi a livello internazionale.
Di grande interesse, l’esecuzione in prima italiana di Liber Secretorum Henoch per quartetto d’archi di Michel Petrossian.

L’autore franco-armeno tra i più affermati della scena internazionale e vincitore della prestigiosissima “Queen Elisabeth Competition di Bruxelles” nel 2012, sarà ospite speciale della serata.

In apertura di concerto, l’Avetis Quartet presenterà un capolavoro assoluto della musica russa di fine Ottocento, il Quartetto n. 2 in re maggiore di Aleksandr Borodin, opera di straordinaria freschezza e naturalezza.
Gran finale: la talentuosa pianista Maya Oganyan, giovane allieva del corso di Lilya Zilberstein all’Accademia Chigiana, già affermata solista e vincitrice di concorsi, tra cui la recente affermazione al XIII Concorso Soroptimist International d’Italia, si unirà all’Avetis. Insieme eseguiranno il Quintetto n. 2 in la maggiore, per pianoforte e quartetto d’archi, op. 81 del compositore boemo Antonín Dvořák, capolavoro del tardo romanticismo e composizione tra le più conosciute per questo ensemble.

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Più di 220 persone sono state arrestate in Armenia nel corso di proteste antigovernative (Il Post 28.05.24)

Più di 220 persone sono state arrestate in Armenia durante la loro partecipazione a grosse proteste antigovernative organizzate per chiedere le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan. Il ministero dell’Interno ha spiegato in modo generico che gli arresti sono stati fatti perché i manifestanti non avrebbero «rispettato i requisiti legali stabiliti dalla polizia» per manifestare.

Le proteste vanno avanti da parecchi giorni in molte città dell’Armenia, e in particolare nella capitale Yerevan. Erano cominciate a fine aprile dopo che il governo armeno e quello dell’Azerbaijan avevano raggiunto un accordo per il ritiro dell’Armenia da quattro cittadine azere al confine tra i due paesi a cui la maggior parte della popolazione armena si oppone.

L’Armenia controllava queste zone fin dagli anni Novanta e l’accordo per la loro restituzione è stato considerato un passo avanti per avviare colloqui di pace tra i due paesi, in conflitto da decenni soprattutto per il controllo del Nagorno Karabakh, territorio separatista collocato in Azerbaijan ma fino a pochi mesi fa abitato principalmente da persone di etnia armena. Le proteste si sono intensificate negli ultimi giorni, dopo che è avvenuta l’effettiva riconsegna della quattro cittadine: in azero sono note come Baghanis Ayrum, Ashaghi Askipara, Kheyrimli e Ghizilhajili, e sono considerate di importanza strategica per l’Armenia perché ci passa un’autostrada che la collega con la Georgia, importante dal punto di vista commerciale.

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Armenia, proteste contro primo ministro Pashinyan: 284 arresti/ Opposizione candida l’arcivescovo Galstanyan (Il Sussidiario 28.05.24)

Armenia, proteste per chiedere le dimissioni del primo ministro Pashinyan: 284 arresti. L’opposizione candida l’arcivescovo Bagrat Galstanyan, accusato di essere finanziato dalla Russia

nikol pashinyan armenia ansa 2024 640x300 Nikol Pashinyan, primo ministro dell’Armenia (Foto Ansa 2024 EPA/EVGENIA NOVOZHENINA / POOL)

Continuano le proteste in Armenia, con il governo che ha represso le manifestazioni di Tavush per la Patria, il movimento che chiede le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan, accusato di aver ceduto territori all’Azerbaigian. A guidare il movimento è l’oppositore Bagrat Galstanyan, arcivescovo accusato invece da media ed esperti filo-governativi e dall’Occidente di essere finanziato dalla Russia per organizzare le proteste. Stando a quanto riportato da Diario Armenia, sono state arrestate 284 persone dalla polizia, che avrebbe anche cercato di entrare con la forza negli uffici del partito Federazione Rivoluzionaria Armena (FRA) per arrestare deputati che godono dell’immunità: «Più di sei dozzine di agenti di polizia hanno cercato di fare irruzione nel centro del FRA “Simon Vratsyan”, provocando e attaccando i leader del partito, che hanno vietato l’ingresso illegale nell’ufficio», recita una nota del partito, secondo cui decine di poliziotti, «usando apertamente la violenza fisica, hanno trattenuto i cittadini, tra cui il presidente dell’organo supremo del FRA armeno, il deputato Ashot Simonyan». Il dito è stato puntato contro il primo ministro, accusato di aver «trasformato le istituzioni e gli organi statali in strumenti del crimine», ma è stato anche lanciato un appello a livello internazionale a chi si occupa di diritti umani e democrazia, affinché vengano valutate le azioni del governo armeno.

L’Ufficio dell’Ombudsman per i diritti umani dell’Armenia ha segnalato che «sono stati registrati casi in cui l’uso della forza contro una persona è continuato in condizioni in cui la persona era già sotto il controllo degli agenti di polizia» e rilevato «molti casi di detenzione senza presentare una denuncia legale, senza chiarire le ragioni e i motivi della detenzione dei cittadini, senza informare le persone dei loro diritti minimi». Anche il Consiglio panarmeno dei diplomatici è intervenuto a difesa dei manifestanti, segnalando che «la rivolta iniziata con la richiesta di profondi cambiamenti in Armenia si è trasformata oggi in un movimento di dissenso popolare» il cui obiettivo è ottenere le dimissioni del governo che, «salito al potere con slogan democratici, ha iniziato a utilizzare l’intera serie di strumenti di repressione contro i partecipanti alle azioni pacifiche e i loro sostenitori». L’organismo segnala arresti diffusi, licenziamenti ingiustificati, intimidazioni, ma anche la repressione in corso nei confronti della popolazione dell’Artsakh, «che è stata privata della propria patria solo pochi mesi fa a seguito della pulizia etnica e della politica genocida scatenata dall’Azerbaigian». Si parla anche di una campagna senza precedenti contro la Santa Chiesa Apostolica Armena, che «viola direttamente i principi fondamentali dei diritti umani e delle libertà e provoca un’escalation interna e di intolleranza».

284 ARRESTI PER LE PROTESTE DI MASSA IN ARMENIA

Le proteste si sono intensificate dopo che il 19 aprile il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha annunciato di aver raggiunto un accordo con l’Azerbaigian per la cessione unilaterale dei territori della regione di confine del Tavush. Si tratta del processo di delimitazione dei confini nella regione di Tavush, i cui accordi si basano sulla Dichiarazione di Alma-Ata del 1991, in base alla quale le repubbliche post-sovietiche accettano di preservare i confini del periodo sovietico. Ci sono state inizialmente proteste su piccola scala in tutta l’Armenia, con blocchi stradali e manifestazioni pacifiche che però sono state represse dalla polizia.

Il 4 maggio è nato il movimento Tavush per la Patria, il cui leader è l’arcivescovo Bagrat Galstanyan, primate della diocesi di Tavush, il quale durante un comizio a Yerevan ha chiesto le dimissioni di Nikol Pashinyan e annunciato azioni di disobbedienza civile pacifica fino alle dimissioni di Pashinyan o fino alla sua rimozione da parte dell’Assemblea nazionale tramite una procedura di impeachment. Il 26 maggio è stato annunciata la candidatura dell’arcivescovo Bagrat Galstanyan a primo ministro.

COSA E CHI C’È DIETRO LE PROTESTE IN ARMENIA?

Ma diversi esperti ritengono che dietro le proteste ci siano Stati e organizzazioni straniere, danneggiati dalla risoluzione del conflitto tra Armenia e Azerbaigian, come Russia e Iran. Per quanto riguarda i russi, J. Epstein, fellow dello Yorktown Institute su Newsweek ha spiegato perché la fine del conflitto è svantaggiosa per il Cremlino: «È stata storicamente il guardiano della sicurezza del conflitto tra Armenia e Azerbaigian. Per oltre tre decenni, Mosca ha giocato a fare da paciere, vendendo armi a entrambe le parti e impedendo una vera soluzione per mantenere entrambi i Paesi alle sue dipendenze. Ma l’influenza della Russia nella regione è diminuita negli ultimi anni». Uno degli obiettivi del primo ministro armeno Pashinyan, secondo il think tank israeliano Begin-Sadat Center for Strategic Studies, è quello di eliminare completamente la dipendenza russa.

Per l’analista israeliano Kedar dietro le proteste ci sarebbe anche l’Iran, perché «teme che una soluzione pacifica del conflitto di quasi 200 anni tra Armenia e Azerbaigian possa privare l’Iran dell’influenza regionale. In particolare, l’Azerbaigian sta spingendo per creare un corridoio di trasporto Zangezur che lo collegherà con l’enclave azera di Nakhichevan, che l’Iran vede come una minaccia al suo confine con l’Armenia». Per anni, infatti, «l’Armenia è stata il suo principale mezzo per aggirare le sanzioni. Ma l’attuale leadership armena ha deciso di “andare a ovest” a causa del declino dell’influenza della Russia nella regione». Il think thank parla di molte conferme riguardo contatti diretti tra la leadership della Chiesa armena e quella iraniana: si parla, ad esempio, di incontri a porte chiuse con esperti iraniani. Per quanto riguarda le proteste, il rischio è che in caso di caduta del governo, salti l’accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian, quindi per il Begin-Sadat Center for Strategic Studies «la regione precipiterà sicuramente in un altro scontro militare».

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Caucaso, proteste in Armenia e in Georgia. Comai (ricercatore senior Osservatorio Balcani Caucaso): “Situazioni che seguono dinamiche di lungo corso” (Tag24 28.05.24)

ARMENIA. RESTITUITI QUATTRO VILLAGGI DI CONFINE ALL’AZERBAIGIAN (Notizie Geopolitiche 27.05.24)

di Alberto Galvi –

Un passo verso la normalizzazione dei legami tra Armenia e Azerbaigian è stato fatto con la restituzione da parte dell’Armenia di quattro villaggi (Baghanis, Voskepar, Kirants e Berkaber) situati al confine all’Azerbaigian. Le due nazioni hanno combattuto due guerre dal crollo dell’Unione Sovietica, una negli anni ’90 e l’altra nel 2020 per il controllo della regione separatista del Nagorno-Karabakh. L’Azerbaigian l’ha riconquistato l’anno scorso con un’offensiva lampo, ponendo fine a tre decenni di dominio separatista armeno sull’enclave e spingendo più di 100mila locali a fuggire in Armenia.
Confermando il passaggio di consegne, le guardie di frontiera azere hanno preso il controllo dei quattro insediamenti. Tuttavia i residenti armeni degli insediamenti vicini affermano che il trasferimento potrebbe tagliarli fuori dal resto del paese e accusano il premier Pashinyan di cedere unilateralmente territorio senza alcuna garanzia in cambio. La mossa del premier ha dato il via a settimane di proteste antigovernative in Armenia.
Questi insediamenti sono strategicamente importanti, poiché si trovano vicino all’autostrada principale dell’Armenia diretta a nord, verso il confine con la Georgia. Gran parte del commercio armeno viaggia su questa strada.
Dopo più di tre decenni di conflitto l’Azerbaigian ha chiesto la restituzione dei villaggi come condizione per un accordo di pace, incentrato principalmente sulla regione del Nagorno-Karabakh. L’Azerbaigian e l’Armenia hanno però ancora altre controversie territoriali irrisolte, con entrambe le parti che chiedono il controllo di accessi ai territori.

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Svelato il messaggio del pellegrino armeno sullo stipite della porta della Cattedrale di Salerno. La diretta con la teologa Lorella Parente (RadioAlfa

“Santo Apostolo abbi pietà dell’anima di Daniele e di me pellegrino. Amen”: è la scritta incisa in lingua armena che si trova sullo stipite sinistro della porta centrale della Cattedrale di Salerno.

E’ stata “svelata” nei giorni scorsi e presentata ai fedeli di Salerno per iniziativa dell’Ufficio Cultura e Arte dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, in collaborazione con la Fondazione Alfano I, in occasione dell’evento “L’antica iscrizione del Duomo di Salerno: sulle tracce degli armeni a Salerno e in Italia”. Per l’occasione, è stato presentato l’opuscolo bilingue che racconta e descrive il significato dell’iscrizione lasciata dalpellegrino armeno giunto a Salerno per venerare le Reliquie di San Matteo Apostolo. Inaugurata anche una colonnina descrittiva che consentirà ai visitatori di interpretare l’incisione.

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Armenia, proteste contro il governo per i villaggi ceduti all’Azerbaigian (Euronews 27.05.24)

Proteste contro il governo dell’Armenia per i villaggi ceduti all’Azerbaigian in settimana. Il primo ministro Pashinyan ritiene l’accordo per il confine necessario a evitare nuove violenze dopo la perdita militare del Nagorno Karabakh nel 2023

Decine di migliaia di manifestanti hanno protestato domenica in Armenia, chiedendo le dimissioni del Primo Ministro, Nikol Pashinyan, dopo che il governo armeno ha ceduto diversi villaggi di confine all’Azerbaigian.

La manifestazione è l’ultima di una serie che ha visto protagonista il movimento “Tavush per la patria” guidato da Bagrat Galstanyan, un arcivescovo della Chiesa armena che guida la diocesi di Tavush, una provincia orientale del Paese.

In quest’area si trovano appunto i quattro villaggi che l’Armenia ha consegnato all’Azerbaigian: Baghanis, Berkaber, Kirants e Voskepar (chiamatiBaghanis Ayrum, Asagi Eskipara, Heyrimli and Kizilhacili dagli azeri) i cui pochi abitanti hanno bruciato proprietà e campi prima di andare via, hanno riportato media locali.

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Il governo armeno ha acconsentito alla restituzione a marzo, come parte degli sforzi per assicurare un accordo di pace duraturo tra i Paesi. Il 16 maggio, Erevan e Baku hanno ridisegnato dunque 12,7 km chilometri di confine, che hanno visto il trasferimento dei quattro villaggi conquistati  dall’Armenia durante il conflitto negli anni ’90.

L’accordo del governo di Yerevan con quello di Baku è arrivato dopo la campagna militare con cui a settembre l’Azerbaigian ha preso il controllo del Nagorno-Karabakh, una regione a maggioranza armena ma in territorio azero che è stata al centro di una controversia di decenni tra i due Paesi.

A seguito delle operazioni militari, oltre centomila armeni sono sfollati altrove.

Per Pashinyan, che ha incontrato i residenti dei villaggi coinvolti e di alcuni vicini infuriati per la situazione, l’Armenia ha bisogno di definire rapidamente il confine con l’Azerbaigian per evitare altre violenze.

La replica dei manifestanti è che il primo ministro abbia acconsentito a cedere territori senza alcuna garanzia di pace e di sicurezza in cambio, chiedendo le dimissioni di Pashinyan.

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Migliaia di persone manifestano in Armenia contro la cessione delle terre all’Azerbaigian (Colornews)

Armenia: 220 attivisti arrestati in manifestazioni per chiedere dimissioni premier (Adnkronos 27.05.24)

Erevan, 27 mag. (Adnkronos) – La polizia armena ha riferito dell’arresto di oltre 220 attivisti, tra cui un membro della fazione di opposizione “Armenia” Ashot Simonyan, nelle proteste iniziate questa mattina in diverse regioni dell’Armenia. Su appello del leader del movimento di opposizione, l’arcivescovo Bagrat Galstanyan, i manifestanti chiedono le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan. I manifestanti hanno bloccato strade e autostrade introno alla Capitale.

Le proteste, guidate dal leader della diocesi di Tavush della Chiesa apostolica armena, sono iniziate dopo la notizia dell’accordo tra Baku e Yerevan sulla delimitazione del confine nella regione di Tavush. Yerevan ha accettato di trasferire a Baku quattro villaggi che facevano parte della Repubblica Socialista Sovietica Azera e che dagli anni ’90 sono stati sotto il controllo dell’Armenia.

Inondazioni in Armenia: una vittima e centinaia di evacuati nella provincia di Lori (Meteoweb 26.05.24)

Almeno una persona è morta e più di 200 sono state evacuate a causa delle inondazioni nel nord dell’Armenia che hanno distrutto strade e ponti, riferiscono le autorità. Le inondazioni causate dalle forti piogge nella regione settentrionale di Lori hanno causato la morte di una persona e la scomparsa di un’altra, ha riferito il Ministero degli Interni, mentre 232 persone sono state evacuate dalle loro case. Diversi ponti e parti di un’autostrada strategica che collega il Paese montuoso del Caucaso con la Georgia sono stati distrutti dopo che il fiume Debet ha rotto gli argini, ha aggiunto il Ministero. Anche i fiumi Aghstev e Tashir sono esondati.

Una persona è morta quando l’auto su cui viaggiava è caduta in acqua lungo un tratto crollato dell’autostrada M6.

L’operatore ferroviario armeno ha dichiarato di aver cancellato i treni per la Georgia a causa di una frana sulla linea.

Il Primo Ministro Nikol Pashinyan si è diretto nell’area colpita dalle inondazioni, dove sono in corso operazioni di ricerca e salvataggio e sforzi di recupero di emergenza, ha detto sui social media il suo portavoce Nazeli Baghdasaryan. Diversi cittadini sono rimasti intrappolati nelle loro case mentre altri vengono evacuati. Per gestire l’emergenza causata dalle esondazioni è stato creato un quartier generale operativo, guidato da Gnel Sanosyan, Ministro dell’Amministrazione territoriale e delle infrastrutture.

Secondo la Banca Mondiale, ogni anno in Armenia circa 40.000 persone sono colpite dalle inondazioni, che costano al Paese circa 100 milioni di dollari in termini di PIL nazionale.

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Sulle tracce degli armeni, presentata la ricerca sull’antica iscrizione presso la Cattedrale di Salerno (SalernoToday 25.04.24)

“Prendersi un momento per restare “in ammirazione” di quest’antica incisione, conoscendone il significato, può restituire a ciascuno di noi un profondo senso di appartenenza all’umanità di tutti i tempi, sempre alla ricerca della propria pienezza e felicità”, ha detto la Teologa Parente

Si è tenuta questa mattina, la presentazione de “L’antica iscrizione del Duomo di Salerno: sulle tracce degli armeni a Salerno e in Italia”, iniziativa volta a valorizzare l’incisione in lingua armena che si trova sullo stipite sinistro della porta centrale della Cattedrale di Salerno, organizzata dall’Ufficio Cultura e Arte dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, in collaborazione con la Fondazione Alfano I. Presso il Portico del Duomo, dunque, è stato illustrato l’opuscolo bilingue che racconta il significato dell’iscrizione lasciata da un pellegrino armeno giunto a Salerno per venerare le Reliquie di San Matteo Apostolo, con l’inaugurazione di una colonnina descrittiva che consentirà ai visitatori di interpretare l’incisione. Presenti alla conferenza in Cattedrale, l’Arcieparca di Costantinopoli degli armeni, Monsignor Levon Zekiyan, luminare di storia e spiritualità armena che si è soffermato sulla presenza del popolo armeno a Salerno e in Italia, l’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, Sua Eccellenza Monsignor Andrea Bellandi, la Teologa, nonché promotrice dell’evento, la professoressa Lorella Parente, il Vicepresidente della Fondazione Alfano I, Don Ugo De Rosa e la consigliera comunale Vittoria Cosentino.

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“Sono molto lieto del fatto che l’Ufficio Cultura e Arte dell’Arcidiocesi di Salerno- Campagna-Acerno, con il suo Direttore, la teologa Lorella Parente, si sia fatto promotore di questa bellissima iniziativa, concernente la traduzione di un’iscrizione posta sullo stipite sinistro della cornice lapidea del portale centrale della nostra Cattedrale Primaziale Metropolitana di Santa Maria degli Angeli, San Matteo e San Gregorio VII, scritta in lingua armena, opera probabilmente di un pellegrino devoto a Matteo – il «santo apostolo» – le cui spoglie riposano nella Cattedrale medesima. L’opera di trascrizione e traduzione, ovviamente complessa, si deve alla profonda competenza del prof. don Matteo Crimella, docente di Sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano, a cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti e quelli dell’intera Arcidiocesi. – ha detto l’Arcivescovo – Indubbiamente, tale lavoro contribuisce ad offrire un ulteriore elemento di conoscenza e valorizzazione di quel patrimonio inestimabile di arte, spiritualità e cultura di cui la nostra Cattedrale è affascinante custode e testimonianza da quasi due millenni e che intendiamo rendere ancora più fruibile non solo ai fedeli salernitani, ma anche ai sempre più numerosi turisti e visitatori che avranno modo di fare esperienza diretta di tale scrigno di memoria cristiana. Un ringraziamento, infine, alla Fondazione “Alfano I” per aver promosso la pubblicazione di queste preziose pagine, culturalmente assai significative”, ha concluso Sua Eccellenza Monsignor Bellandi.

 

“In pochi sanno che l’incisione posta sullo stipite sinistro della cornice lapidea del portale mediano è  un’iscrizione in lingua armena, contenente la supplica di un pellegrino. L’alfabeto armeno fu coniato dal monaco e teologo Mesrop Mashtots (361ca. -440), il quale, all’inizio del V secolo d.C., portò in forma scritta una lingua fino ad allora soltanto parlata, con l’intento principale di far conoscere i testi sacri alla popolazione, abituata a un culto liturgico in greco e in siriaco, incomprensibile alla maggior parte dei fedeli armeni. – incalza la Teologa Lorella Parente –  La tradizione più antica di questo popolo fa risalire le proprie origini al personaggio biblicoì di Hayk, discendente di Japhet, uno dei figli di Noè sbarcato dopo il diluvio universale sul monte Ararat, che è un luogo simbolo dell’Armenia. Infatti, il nome della nazione in lingua originale è Hayastan, “terra di Hayk”. “Armenia” è il nome che ad essa hanno sempre attribuito le popolazioni confinanti.  È interessante ricordare che l’Armenia abbracciò ufficialmente la religione cristiana già a partire dall’anno 301 (data tradizionale), in seguito alla conversione dei regnanti dell’epoca, avvenuta grazie alla predicazione di san Gregorio “l’Illuminatore”, nel senso di “grande evangelizzatore”. Noi, in Campania, lo conosciamo bene con il nome di “San Gregorio Armeno”, per la caratteristica strada di Napoli dedicata ai pastori del presepe, dove è ubicata l’omonima chiesa che custodisce le reliquie del santo, giunte nell’VIII secolo per mano di alcune monache basiliane in fuga dalla repressione iconoclasta dell’Oriente. Non siamo a conoscenza della data esatta in cui il pellegrino armeno a Salerno volle incidere – ma più probabilmente fece incidere da uno scalpellino – la sua preghiera sullo stipite della porta del duomo, ma possiamo dare per certo che egli si trovasse qui per venerare le reliquie del Santo Apostolo Matteo, custodite nella cripta a partire dall’anno 954.  Diversi ricercatori si sono interessati alla sua origine e al suo significato. Il primo studio più noto è quello del gesuita Raffaele Garrucci (1812- 1885), autore de La Storia dell’arte cristiana nei primi otto secoli della Chiesa (voll. 6, Prato 1873-1881) e fondatore del Bullettino archeologico napoletano (nuova serie, Napoli 1851 ss., insieme con G. Minervini). La sua analisi del testo armeno è raccolta nel volume dal titolo Intorno ad alcune iscrizioni antiche di Salerno. Illustrazioni del Padre Raffaele Garrucci della Compagnia di Gesù (Napoli 1851), e precisamente alle pp. 32-35, dove si presenta una possibile traduzione della scritta, ossia: «Il Santo Apostolo abbia misericordia dell’anima di colui, che lo spera. Amen». Il gesuita sottolineava la difficoltà di distinguere alcune lettere, dovuta, secondo lui, a varie imperfezioni nell’esecuzione materiale dell’incisione. Negli ultimi tempi, diversi sono stati gli specialisti che hanno condotto ricerche sulla scritta avventizia”.

“Nel 2020, lo studioso salernitano architetto Renaldo Fasanaro ha effettuato personalmente un rilievo grafico sul posto, utilizzando un particolare metodo – già impiegato per la decifrazione dei reperti linguistici e cultuali sui massi erratici del Friuli, del Bellunese e del Veneto – che consiste nella sovrapposizione di un foglio di carta pergamena sulla superficie lapidea e il successivo disegno “per contrasto” con grafite della scritta sottostante”. “Grazie a tale rilievo, si può notare, all’inizio, il signum crucis, molto presente all’interno delle iscrizioni medievali e anche come incisione singola. L’uso dei pellegrini di incidere croci sugli stipiti delle porte testimonia simbolicamente l’ingresso, o, meglio, il passaggio da uno spazio esterno, laico, verso un’area sacra, cultuale. Il resto dell’iscrizione armena – visibile anche ad occhio nudo, seppur con qualche tratto meno definito – è composto da parole che formano un testo di supplica, analizzato per noi, nelle pagine successive, dal biblista e studioso di lingua armena, prof. Matteo Crimella. Il contenuto della sua traduzione risulta essere questo: «Santo Apostolo, abbi pietà dell’anima di Daniele e di me pellegrino. Amen». Prendersi un momento per restare “in ammirazione” di quest’antica incisione, conoscendone il significato, può restituire a ciascuno di noi un profondo senso di appartenenza all’umanità di tutti i tempi, sempre alla ricerca della propria pienezza e felicità”, ha concluso.

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