“Erevan sta manovrando tra Usa, Ue e Putin, azeri al bivio tra pace e guerra” (Il Sussidiario 19.05.24)

C’è un accordo per il passaggio di quattro villaggi armeni all’Azerbaijan, ma i problemi tra Erevan e Baku non sono affatto risolti. E il nodo da sciogliere è ben più importante: agli azeri fa gola il corridoio di Meghri, in territorio armeno, fondamentale per i collegamenti con l’Asia. Un passaggio sul quale, proprio perché è una via che mette in comunicazione il Mediterraneo con la Cina, hanno messo gli occhi anche altri, come USA e Turchia. L’Azerbaijan ne rivendica il controllo anche se non ha altre ragioni oltre ai suoi interessi economici. Insomma, spiega Pietro Kuciukianattivista e saggista italiano di origine armena, console onorario dell’Armenia in Italia, i colloqui tra armeni e azeri proseguono, ma i diplomatici del presidente Aliyev trovano sempre qualche rivendicazione in più da mettere sul tavolo, facendo sospettare che alla fine la loro vera intenzione sia di rompere le trattative e passare alla guerra.

In tutto questo il premier armeno Pashinyan, mentre deve subire le contestazioni dell’opposizione in patria, cerca di trovare appoggi dal punto di vista internazionale, rivolgendosi alla UE, agli USA, ma anche alla Francia e all’India, con la quale ha stretto degli accordi nel campo della difesa. Recentemente ha avuto un colloquio, il cui contenuto è rimasto segreto, con Putin, anche se i rapporti con i russi ormai sembrano deteriorati.

Armenia e Azerbaijan hanno raggiunto un primo accordo sui confini, intesa che l’opposizione contesta a Pashinyan. A che punto è la situazione?

Ogni giorno le cose cambiano, è una situazione in evoluzione. Ad Alma Ata si sono incontrati il ministro degli Esteri armeno e quello azero per iniziare a mettere le basi di un trattato di pace. Nel frattempo, Pashinyan, consultando le carte dell’era sovietica, ha restituito all’Azerbaijan quattro villaggi che ai tempi erano azeri. Stranamente, però, non ha avanzato richieste su un territorio ex armeno molto più vasto che ora si trova in territorio azero. Ha ceduto i quattro villaggi come dimostrazione di buona volontà.

Le situazioni da chiarire tra i due Paesi, però, sono anche altre: su cosa si discute?

Nella stessa zona passa un’autostrada che conduce in Georgia e in Azerbaijan, destinata a finire sotto controllo azero. In più passano le pipeline che portano il gas dalla Russia. Tutti problemi per i quali si sta cercando una soluzione. Intanto l’esercito armeno si è ritirato da quei posti, dai punti doganali, e Pashinyan cerca di allacciare rapporti sempre più stretti con l’Europa, che sembra intenzionata a fornire sostegno. Con la Francia e con l’India sono stati stipulati degli accordi che riguardano la difesa, per inviare armamenti. Il primo ministro armeno ha anche appena avuto un incontro con Putin, del quale però non si hanno notizie.

L’Europa che tipo di sostegno ha promesso?

La promessa riguarda l’invio di denaro, ma anche la possibilità di garantire una forza di peacekeeping che agisca lungo il confine armeno. Restano comunque alcune questioni da risolvere con i russi. Uno dei punti più delicati da affrontare è quello della grossa base militare russa a Gyumri.

L’accordo per i villaggi, comunque, è già cosa fatta?

Sì, questo nonostante ogni giorno ci siano delle proteste che sono guidate da un sacerdote, Bagrat Galstanyan (ex arcivescovo della Chiesa apostolica armena in Canada, nda). Una protesta pacifica, ma un altro segnale che la situazione resta molto fluida.

I colloqui con gli azeri, però, continuano?

Proseguono, ma ogni volta che si raggiunge l’accordo su qualche punto, l’Azerbaijan fa una nuova richiesta. Insistono sempre sul corridoio di Meghri, tra il Nakhchivan e l’Azerbaijan, che vorrebbero controllare. Un territorio sul quale l’Armenia potrebbe anche concedere il passaggio a condizione che i punti di controllo doganale siano in mano armena. Gli azeri, invece, insistono per prenderselo.

C’è il sospetto, insomma, che Baku avanzi richieste pretestuose perché vuole andare alla guerra?

Purtroppo penso proprio di sì. Speriamo che non succeda, ma la sensazione è questa. Ora si sono mossi anche gli USA, perché una buona parte della diaspora armena nel mondo è finita lì. Ci sono diversi Paesi in cui c’è un movimento di sostegno agli armeni: in Francia, ma anche in Germania, nei luoghi dove c’è una comunità abbastanza consistente.

Il governo Pashinyan, al di là delle proteste, è abbastanza saldo?

Sì, anche perché non ci sono alternative oltre a quelle rappresentate dai vecchi presidenti, che sono stati anche coloro che hanno portato alla situazione attuale. Pashinyan ha un gran da fare, rappresenta l’unico governo democratico dalla Grecia alla Cina, non ce ne sono altri.

Gli USA possono aiutare militarmente l’Armenia?

No, credo siano disposti a mandare altri aiuti. E devono risolvere un problema geopolitico: pure a loro farebbe comodo il passaggio a Meghri, perché permetterebbe all’Occidente di creare un corridoio che dal Mediterraneo arriva fino in Cina. È un’area che fa gola a tutti, anche ai turchi.

Se si arrivasse a una guerra, tuttavia, l’Armenia avrebbe bisogno di un sostegno militare?

Sì, gli azeri sono ben armati e hanno al loro fianco anche la Turchia. Occorrerebbe una presenza un po’ più consistente dell’Occidente per salvaguardare l’unica democrazia dell’area. Ma sembra che in Europa e in tutto il mondo la democrazia sia in lento declino.

Tra l’altro nella stessa regione caucasica c’è un altro Paese in fibrillazione, la Georgia. La situazione creatasi dopo l’approvazione della legge considerata filorussa sugli agenti esterni può influire anche sull’Armenia?

La Georgia ha paura del vicino russo, con il quale è sempre stata in conflitto in relazione ai territori dell’Abkhazia e dell’Ossezia. Si sente minacciata e per questo cerca di ingraziarsi la Russia emanando una legge per cui le ONG che ricevono soldi per più del 20% dall’estero devono registrarsi come entità che perseguono gli interessi di una potenza straniera. Una legge che ha provocato grandi proteste perché i georgiani vogliono andare nella UE e queste norme “putiniane”, simili a quelle in vigore a Mosca, li porterebbero in un’altra direzione.

I russi che strategie hanno nell’area?

Credo che la strategia di Mosca non la conosca neanche Putin. Si muovono secondo le circostanze. La situazione in Georgia potrebbe influire anche sull’Armenia, sono nazioni vicine, anche se le relazioni tra i due Paesi non sono così limpide. Se anche la Georgia finisce sotto l’influenza dei russi, l’Armenia rimarrebbe l’unico Paese che cerca di staccarsene. In tutta l’area la situazione non è per niente stabile.

Ma come mai la Georgia, nonostante sia lontana geograficamente, vuole entrare in Europa?

La richiesta è di molti anni fa, quando l’Europa era al centro del mondo democratico. Adesso però la UE non ha molto da offrire, anche se i georgiani continuano a sperare in un’adesione. L’unico punto di riferimento nella zona è la Russia, che però fa i suoi interessi. L’Unione Europea, almeno sulla carta, dovrebbe avere a cuore la situazione di tutti i Paesi che ne fanno parte. Speriamo che la UE ricordi le origini del progetto europeo. Comunque quella della Georgia in Europa per il momento è solo una speranza, non ci sono prospettive concrete.

Vai al sito

Civitavecchia – Tutto esaurito per Verdone e l’Armenia (Assadakah 18.05.24)

Assadakah News – Grandissimo successo di pubblico a Civitavecchia all’incontro “Della mia dolce Armenia – Un poeta nel dramma dell’Armenia – Yeghishe Charents”, organizzato dall’Associazione Spazio Libero Blog nella sala della Fondazione Ca.Ri.Civ. Tantissime le persone che non sono riuscite a entrare per esaurimento posti, anche molto tempo prima dell’ora di inizio stabilita. L’occasione dell’incontro è stata la presentazione del libro “Yeghishe Charents – Vita inquieta di un poeta”, pubblicato dalla casa editrice Le Lettere e con la prefazione dell’attore, regista e sceneggiatore Carlo Verdone.

Erano ospiti d’onore dell’evento l’Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia Tsovinar Hambardzumyan, il notissimo cineasta Carlo Verdone e l’autrice del libro Letizia Leonardi. A moderare l’incontro era presente il docente Nicola Porro, omonimo del giornalista di Rete 4. Le letture sono state a cura del professore , con grande emozione, anche la poesia “Della mia dolce Armenia”, tradotta dal padre, noto critico letterario e cinematografico, nonché storico, Mario Verdone.

Dopo i saluti di prassi della rappresentante del Comune di Civitavecchia, della Presidente della Fondazione Ca.Ri.Civ e l’introduzione del moderatore Porro, ha preso la parola l’Ambasciatore Hambardzumyan che ha accennato al momento difficile che sta attraversando l’Armenia dopo il tragico epilogo della questione del Nagorno Karabakh e dei legami storici tra l’Armenia e l’Italia.

La giornalista e scrittrice Letizia Leonardi ha invece sottolineato come, in questo periodo di grandi conflitti, molte guerre più circoscritte rischiano di passare sotto silenzio e che i drammi del passato continuano anche nei giorni nostri, come ciò che è accaduto in Nagorno Karabak.

Ormai l’Armenia appare senza alcuna protezione: né dall’Occidente né dalla Russia e questo è molto pericoloso, visto che questa piccola Repubblica, primo Stato cristiano del mondo, è quasi tutta circondata da Paesi islamici che mal sopportano le minoranze, specie se cristiane. Intervallata da alcune emozionanti letture, recitate da Carlo Verdone ed Ettore Falzetti, Leonardi ha illustrato il suo libro.

La prima, e per ora unica biografia di Yeghishe Charents, uno dei più grandi scrittori dell’Armenia sovietica. Ha concluso l’intervento invitando tutti a visitare l’Armenia, terra ricca di bellezze naturalistiche e di storia. Emozionante anche la lettura della poesia “Della mia dolce Armenia” in lingua originale recitata da Teresa Mkhitaryan, una attivista umanitaria armena presente in sala e venuta addirittura dalla Svizzera per assistere all’incontro. Carlo Verdone ha catalizzato l’attenzione del pubblico raccontando i legami tra suo padre e l’Armenia.

Ha raccontato come mai suo padre ha, per la prima volta, tradotto le poesie di questo grande autore armeno. Ha spiegato anche la conoscenza di suo padre con il famosissimo regista armeno Sergej Parajanov e i riferimenti all’Italia presenti nella casa museo di Yerevan. Moltissime le domande del pubblico rimasto affascinato dai vari argomenti trattati.

Era in sala anche Kevork Orfalian, il figlio della diaspora armena che ha scritto la sua storia, insieme a Letizia Leonardi, nel libro “Il chicco acre della melagrana”, ripubblicato con il titolo “Destino Imperfetto”. Lui ha voluto leggere al pubblico le parole di William Saroyan sul genocidio del popolo armeno.

Il moderatore Porro ha concluso salutando tutti i relatori e, rivolto all’attore romano ha dichiarato, riprendendo il titolo di un suo film: “È stato un Sacco Bello… averti a Civitavecchia”

(Foto di Enrico Paravani)

Vai al sito

Musica: Parigi rende omaggio ad uno dei più grandi artisti d’oltralpe (Notizie.it 18.05.24)

La Francia e più precisamente Parigi, ha deciso di rendere omaggio ad uno dei più grandi artisti della storia Francese e non solo…

In un gesto di profondo rispetto e ammirazione, la città di Parigi ha deciso di rendere omaggio a Charles Aznavour, uno dei più grandi chansonnier della storia, ed ha deciso di farlo nel centenario della sua nascita.

Una targa commemorativa verrà scoperta al numero 22 di rue Navarin nel IX arrondissement, luogo simbolo dove l’artista visse con la sua famiglia dopo gli orrori della seconda guerra mondiale.

Musica: un vero tributo alla memoria di Aznavour

La cerimonia vedrà la partecipazione del sindaco Delphine Burkli e dell’ambasciatrice d’Armenia in Francia Hasmik Tolmajian, sottolineando l’importanza internazionale dell’evento.

Parigi rende omaggio a grande artista
Charles Aznavour non Lisa Minelli -Ansa- Notizie.com

Questo gesto non è solo un tributo alla memoria di Aznavour ma anche un riconoscimento del suo contributo alla cultura francese e armena. La sua capacità di rappresentare entrambe le culture con orgoglio e senza compromessi ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica e oltre.

L’appartamento al 22 di rue Navarin non era solo una casa per Aznavour e la sua famiglia; era anche un rifugio per coloro che cercavano protezione durante i tempi bui della guerra. La famiglia Aznavour aprì le sue porte a due esponenti della Resistenza francese, Mélinée et Missak Manouchian, che sono stati recentemente onorati entrando nel Pantheon francese il 21 febbraio 2024. Questo atto coraggioso dimostra il profondo senso di solidarietà che guidava la vita dell’artista.

Charles Aznavour cantava “J’aime Paris au mois de mai” nel 1956, esprimendo il suo amore incondizionato per Parigi. Oggi, sessantotto anni dopo quella canzone emblematica, è proprio nel mese di maggio che Parigi decide di onorarlo. L’amore reciproco tra l’artista e questa città si manifesta attraverso questo tributo significativo che celebra sia il suo patrimonio culturale francese sia quello armeno.

Per la musica un’eredità senza tempo

La decisione di dedicare una targa commemorativa ad Aznavour testimonia l’impatto duraturo del suo lavoro sulla cultura mondiale. Le sue canzoni hanno toccato i cuori delle persone in tutto il mondo, trasmettendo messaggi universali d’amore, speranza e resistenza contro le avversità. La sua eredità continua a vivere non solo attraverso la sua musica ma anche attraverso atti simbolici come questo.

In conclusione, la dedica della targa commemorativa a Charles Aznavour da parte della città di Parigi è molto più che un semplice omaggio postumo; è una celebrazione vivente del legame indissolubile tra l’artista e questa città iconica. È anche un promemoria potente del ruolo cruciale degli artisti nella società – come portatori non solo d’intrattenimento ma anche d’aiuto umanitario ed empatia nei momenti più bui della nostra storia comune.

Vai al sito

Storie di Gente Ferita dall’Artsakh. Il Rimedio Potente contro Ogni Male. Teresa Mkhitaryan. (Stilum Curiae 17.05.24)

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questo messaggio, scritto da un’amica armena, che si è recata a visitare i profughi armeni dell’Artsakh – Nagorno, cacciati dalla pulizia etnica azera. Buona lettura e condivisione.

§§§

Durante le vacanze, vado sempre in Armenia e in questi ultimi 3-4 anni, tutte le volte che vado, ho la sensazione che non tornerò più dall’Armenia. Ci sono costanti minacce di attacco turco. Si sa che succederà di sicuro, ma non sai il giorno e l’ora. E quando torno dall’Armenia (anche questa volta sono tornata ) e l’aereo decolla, ho una sensazione simile a quando lasci un bambino con 39 di febbre a casa, perché hai una cosa urgente da fare. Lo lasci con qualcuno, ma lo lasci.

In questi mesi abbiamo fatto una cosa molto bella. Ho proposto ai sacerdoti e ai diaconi delle nostre scuole domenicali (ormai siamo in 100 tra i maestri, sacerdoti e diaconi in tutta l’Armenia)

 

 

di chiedere ai nostri bambini in tutte le scuole domenicali di informarsi sui profughi dall’Artsakh, che vivono nelle loro vicinanza, vanno insieme a scuola, di scrivere i loro contatti e portarli al sacerdote.

Ho proposto  ai sacerdoti insieme con i bambini delle scuole domenicali  di portare a tutte queste famiglie dei bei regali.

All’inizio i sacerdoti e le maestre mi hanno detto che i bambini delle nostre scuole domenicali nei villaggi vengono maggiormente dalle famiglie povere. Quindi anche loro vorrebbero  avere dei regali.

Gli ho risposto:

  • Sono poveri, ma non hanno perso la Patria, casa, i cimiteri, il lavoro, tutto… E poi sono sicura, che se i bambini percepiscono questo enorme Bene nel fare felice il prossimo, saranno così felici e la felicità porterà via ogni invidia.  – Ho insistito io.

Ed è stato così. I bambini delle nostre scuole domenicali erano felicissimi di andare insieme con i sacerdoti nelle case dei profughi. Anche i loro genitori erano molto fieri.

A nord, sud, est, ovest centinaia di bambini con i sacerdoti bussavano alla porta della famiglia profuga, gli davano i regali e una cartolina con su scritto:

«Il Signore provvederà!

Nostra carissima famiglia dell’ Artsakh, veniamo per esprimervi il nostro amore, per tenervi per mano e per dire che non siete soli, perché il SIGNORE PROVVEDERÀ, e noi, confidando nel Signore, mano nella mano, cammineremo lungo questo cammino difficile insieme e raggiungeremo l’alba della speranza vittoriosa.

Sempre con voi e amandovi, la Fondazione Il Germoglio e i bambini  della scuola domenicale del villaggio…. ». 

Abbiamo pensato di regalare loro un set di igiene e anche vari detersivi, sapone, gel douche, dentifricio… Ho scelto le cose migliori come regali.  Poi i giochi di società- domino, Monopoli , scacchi etc.Le famiglie dell’Artsakh sono numerose, e i giochi li aiuteranno a passare le serate.

Sono molto felice che i bambini abbiamo sperimentato questa grande gioia di dare, di regalare la cosa più bella, la cosa che vorresti anche tu. Vedete nelle foto che allego qua sotto quanto sono felici.

 

Ho imparato in questi anni, molto difficili per l’Armenia, che in qualsiasi situazione, la più difficile inimmaginabile, c’è uno che ti cura l’anima, che non ti lascia cadere nella paura, nella disperazione, che non ti fa abbattere dal dolore, che ti ricupera con la Speranza, che il Male ha cercato di rubarti- è fare del bene gratuitamente, mettere il tempo, mezzi, l’attenzione, la passione per aiutare il prossimo.

Il fatto è che quando dai al tuo prossimo un bicchiere d’acqua perché ha sete e non vuoi niente in cambio, allora permetti al Signore di agire, di essere presente. Il Signore è sempre presente, quando c’è amore gratuito. Allora Lui con la Sua presenza ti cura l’anima da qualsiasi dolore e anche dà speranza alla persona che viene aiutata. Ho provato centinaia di volte questa Consolazione, il rimedio potente contro ogni male.

 

Da quando abbiamo perso (temporaneamente ) l’Artsakh, quasi tutti i giorni mi sono occupata dei profughi in tutto quello che avevano e hanno bisogno…. e questo mi ha aiutato a superare il dolore della perdita dell’Artsakh. Superare non è la parola giusta, ma un’altra non la trovo.

Lo dico sempre in Armenia, che la speranza di noi Cristiani non dipende dalle circostanze della vita, ma è nel Signore, che è al di sopra di tutte le circostanze.

E poi è successo il miracolo  con la nostra Maria. Una bravissima ragazza che andava in Artsakh alla scuola domenicale e adesso è scappata in Armenia e vive a 1km dalla frontiera con l’Azerbaijan, nel villaggio di Movses. Adesso lei va alla scuola domenicale di questo villaggio.

In aprile gli azeri hanno cominciato a bombardare il villaggio a mezzanotte e hanno continuato fino alle 4 del mattino. Miravano alla chiesa del villaggio. La nuova casa di Maria e della sua famiglia sta vicino alla chiesa. E hanno colpito la casa di Maria e la stanza proprio dove dormiva Maria, le finestre, la parete sono stati danneggiati.

Ma la cosa bella è che a Maria, che era nel suo letto, non è successo niente, ha continuato a dormire, non si è accorta. Solo al mattino ha visto che le finestre  della stanza non c’erano più.

Mi ricordo una volta ero in uno di questi villaggi, molto vicini alla frontiera. Eravamo nascosti con una famiglia dei contadini nella loro cantina, una grande stanza di cemento, con vari letti di metallo . Di notte turchi hanno cominciato a sparare con le mitragliatrici.  C’era questo rumore du-du-du-du u….. mi veniva mal di pancia dalla paura. Non riuscivo a non avere questo mal di pancia dalla paura… Guardavo in giro, tutti dormivano. Mi domandavo come facessero  a dormire…. E tutta la notte mi dicevo: ’Dormi, dormi , dormi…’.Volevo addormentarmi anche io, ma non riuscivo. Al mattino non sparavano più.

 

Invece la cosa ancora più bella che è successa, è proprio un Bene per sempre, è che 75 bambini della scuola domenicale del più distante villaggio, Khoznavar, circondato dai turchi da tutte le parti, sono stati battezzati. Era un evento grande per il villaggio, per la regione. I bambini erano radiosi, hanno messo il loro miglio vestito. Diversi genitori e anche fratellini più piccoli hanno anche loro voluto il battesimo. Sono arrivati i sacerdoti da diversi villaggi del sud per aiutare, 7-8 sacerdoti, il vescovo, dei diaconi.Ho preso a Echmiadzin delle croci d’argento per tutti i bambini e poi un asciugamano bianco per ognuno di loro.

Dopo il battesimo abbiamo fatto festa tutti insieme. Noi abbiamo preso la carne, invece le famiglie hanno portato qualcosa – pane, pomodori , formaggi.

È stato molto molto bello, quando il Signore è presente, tutti sono felici e si sentiva com’è forte la fratellanza.

E poi, avevo un’amico in Artsakh, si chiamava Gagik. Forse ve lo ricordate. Ci aiutava a cercare il cibo durante l’assedio dell’Artsakh. Mi aveva chiamato il 19 settembre 2023 , io ero in banca, non potevo parlare…

  • Se non è urgente- gli dissi- ti richiamo.
  • Non so se mi puoi richiamare, i turchi ci hanno attaccato. Vado a difendere la nostra terra, non so se torno più ….

Non è tornato più Gagik.

Ho trovato suo padre, si chiama Artur.

È un uomo che ha sofferto moltissimo.

I due figli gemelli sono stati uccisi, la moglie è morta … ho cominciato prendermi cura di di Artur. Ha un grande cuore.

Ho trovato una casa bella per lui, per il suo terzo figlio e la sua famiglia. Chiedo a tutti gli amici armeni che sono in giro per il mondo di dare le loro case alle famiglie dell’Artsakh, temporaneamente.

Per mesi abbiamo cercato il corpo di Gagik. Artur non riusciva proprio a trovare pace. Diceva che  non avrebbe potuto vivere senza aver seppellito il corpo di Gagik. Finalmente abbiamo trovato Gagik. A marzo è stato seppellito a Erablur, dove sono sepolti tutti i ragazzi che hanno dato la vita per la Patria.

  • Artur, sei battezzato ? – un giorno gli chiesi.
  • No.
  • Perché no? Sei un uomo che vive da Cristiano.
  • Perché i miei figli non erano battezzati e nemmeno mia moglie e ho pensato se mi battezzo dopo la morte non li incontrerò.- mi ha risposto lui.

Ho parlato con diversi sacerdoti e poi con Artur e gli ho proposto di battezzarsi con i 75 bambini e di chiedere la Misericordia Divina per i figli e anche per la moglie …

Dopo il battesimo ho chiesto Artur.

  • Cosa senti ?
  • Leggerezza, tanta leggerezza – ha risposto con un grande sorriso ..

Anche io sono molto felice per il mio amico Gagik che è in Cielo, aveva un cuore immenso, durante l’assedio dei turchi  quante volte non ha mangiato lui perché ha dato il suo agli altri e per Artur, l’insegnante di storia, che ha vissuto la vera storia ….

Un abbraccio forte

Grazie per l’amicizia,

Teresa

Korazym 

La Francia accusa l’Azerbaigian dei disordini in Nuova Caledonia (Renovatio21 17.05.24)

L’Azerbaigian ha avuto un ruolo nelle proteste contro la riforma costituzionale nel territorio francese d’oltremare della Nuova Caledonia, ha affermato il ministro degli Interni Gerald Darmanin.

La violenza è scoppiata all’inizio di questa settimana nel territorio francese del Pacifico, una delle poche aree ancora sotto il controllo di Parigi nell’era postcoloniale, provocando la morte di almeno cinque persone, tra cui due agenti di polizia.

A scatenare le proteste è stata la proposta dei parlamentari parigini di concedere il diritto di voto nella provincia ai residenti francesi che vivono in Nuova Caledonia da dieci anni.

L’iniziativa ha fatto temere che i voti degli indigeni Kanak, che costituiscono il 40% della popolazione dell’arcipelago, possano essere diluiti.

Giovedì, alla domanda se crede che l’Azerbaigian, la Cina o la Russia si stiano intromettendo negli affari della Nuova Caledonia, Darmanin ha puntato il dito contro la repubblica post-sovietica si trova a circa 14.000 km dalla Nuova Caledonia.

«Non è una fantasia, è una realtà», ha detto il ministro, aggiungendo che «alcuni separatisti caledoniani hanno stretto un accordo con l’Azerbaigian».

Il mese scorso, tuttavia, il Parlamento dell’Azerbaigian e il congresso della Nuova Caledonia hanno firmato un memorandum di cooperazione in cui Baku riconosceva il diritto all’autodeterminazione della popolazione locale.

In seguito agli eventi, il Darmanin ha accusato l’Azerbaigian di sostenere il separatismo sul suo territorio e ha suggerito che Baku stesse sfruttando le tensioni nella regione per rispondere alla “difesa francese degli armeni” che, secondo lui, sono stati «massacrati» dagli azeri.

Baku ha negato con veemenza le accuse di incoraggiamento al separatismo in Nuova Caledonia, sostenendo che tutte le insinuazioni sull’interferenza dell’Azerbaigian sono infondate.

Ad aprile, il portavoce del ministero degli Esteri azerbaigiano Aykhan Hajizada ha respinto le accuse di pulizia etnica tra gli armeni, dicendo a Darmanin che «non dovrebbe dimenticare che come parte della politica coloniale… [la Francia] ha commesso crimini contro l’umanità nei confronti delle popolazioni locali e ha brutalmente ha ucciso milioni di persone innocenti».

Le relazioni tra Francia e Azerbaigian sono in crisi del Nagorno-Karabakh dello scorso 2023, quando l’occupazione azera fu condannata da Parigi. Baku occupò la regione a maggioranza armena, staccatasi dall’Azerbaigian durante il tramonto dell’Unione Sovietica, innescando un esodo di massa di rifugiati dalla zona: nella totale indifferenza del mondo, i cristiani armeni sfollati sarebbero almeno 120 mila, con testimonianze di indicibili atrocità.

Come riportato da Renovatio 21, l’Azerbaigian negli scorsi mesi è arrivato a dichiarare che la Francia è responsabile di ogni nuovo conflitto con l’Armenia.

Tra scontri con morti, le tensioni tra Erevan e Baku stanno continuando anche ora, tracimando anche nella politica interna armena. L’Armenia, sostanzialmente, avrebbe pagato il fatto di aver lasciato il blocco guidato da Mosca – della cui alleanza militare è parte – per avvicinarsi agli USA, che tuttavia non hanno fatto nulla per contenere Baku, appoggiata apertamente da un alleato importante di Washington, la Turchia.

————————————————————————————————————-

Bruxelles accoglie con favore i progressi tra Armenia e Azerbaigian (Ansa 17.05.24)

BRUXELLES – “L’Ue accoglie con favore i progressi compiuti nel quadro del processo di delimitazione dei confini tra Armenia e Azerbaigian, sulla base dell’accordo di Almaty del 1991, e in particolare il protocollo firmato durante la nona riunione delle commissioni di confine di Armenia e Azerbaigian mercoledì 15 maggio, che ha portato a un accordo su diverse sezioni del confine”.

“L’Ue incoraggia le parti a compiere ulteriori passi decisivi per affrontare altre questioni bilaterali in sospeso e rimane impegnata a sostenere gli sforzi volti a portare una pace sostenibile e duratura nella regione del Caucaso meridionale”.

Le credenziali del nuovo ambasciatore di Armenia (Osservatore Romano 17.05.24)

Nella mattina di oggi, venerdì 17 maggio, Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eccellenza il Signor Boris Sahakyan, nuovo ambasciatore di Armenia, in occasione della presentazione delle lettere con cui viene accreditato presso la Santa Sede.

Il rappresentante diplomatico è nato il 19 dicembre 1971 a Yerevan. È sposato e ha due figli. Si è laureato in Ingegneria all’Università Statale degli Studi di Ingegneria (Politecnico) d’Armenia (1993) e ha seguito i corsi di formazione dell’Organization for the Prohibition of Chemical Weapons nei Paesi Bassi (2000), del George C. Marshall European Center for Security Studies in Germania (2001) e l’U Disarment Scholarship Program (2007). Ha ricoperto i seguenti incarichi: attaché presso la divisione Verifica, dipartimento per il Controllo degli armamenti e della sicurezza del ministero degli Affari esteri (1998-2001); terzo segretario della divisione Controllo degli armamenti convenzionali, dipartimento per il Controllo degli armamenti e della sicurezza internazionale del ministero degli Affari esteri (2001-2003); secondo segretario dell’ambasciata in Austria e della missione permanente presso l’O SCE , l’Ufficio delle Nazioni Unite e altre Organizzazioni Internazionali a Vienna (2003-2006); primo segretario della divisione per la Cooperazione politica-militare, dipartimento per il Controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale del ministero degli Affari esteri (2006-2007); capo della divisione per la Cooperazione politica-militare, dipartimento per il Controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale del ministero degli Affari esteri (2007-2010); primo segretario dell’ambasciata in Italia (2011-2011); consigliere dell’ambasciata in Italia (2011-2014); consigliere del segretariato del Personale del ministero degli Affari esteri (2014-2017); inviato speciale e ministro plenipotenziario dell’ambasciata presso la Federazione Russa (2017-2021); consigliere del segretariato del ministero degli Affari esteri (2021); segretario generale del ministero degli Affari esteri (2021-2024).

A Sua Eccellenza il Signor Boris Sahakyan, nuovo ambasciatore di Armenia presso la Santa Sede, nel momento in cui si accinge a ricoprire il suo alto incarico, giungano le felicitazioni del nostro giornale.

Vai al sito

BORGARO: LAURA EPHRIKIAN, UNA VITA NON SOLO DI ARTE, MA ANCHE DI SOLIDARIETÀ E DI ORGOGLIO (Sullascia 16.05.24)

Era il 1915 quando il popolo armeno fu vittima di un terribile genocidio – che anni più tardi ispirò Hitler e un’altra terribile pagina di storia – che molti non conoscono o che alcuno hanno dimenticato. Ma dimenticare quella tragedia è impossibile e Laura Ephrikian – sicuramente più famosa come attrice teatrale e televisiva – quella storia vuole ricordarla con forza e con coraggio attraverso l’opera “Una famiglia armena”.

Un libro che la settimana scorsa è stato presentato dalla collega Nadia Bergamini presso il Ristorante La Perla – con l’avvio della campagna elettorale non si possono utilizzare le sedi istituzionali – dove Ephrikian racconta la storia della sua famiglia partendo dalle vicissitudini del nonno Akop, scampato al genocidio e divenuto poi cittadino italiano nel 1957, e dell’incontro con la nonna Laura, conosciuta per caso. Una coppia che ha avuto un vero colpo di fulmine che si è poi riproposto tra il padre e la madre e tra la Ephrikian stessa e Gianni Morandi, anche se poi la loro relazione si è conclusa nel 1979. Ma la tragedia che ha colpito il suo popolo – che ama la pace e non la guerra e le cui origini incise nel cognome ne ha segnato l’infanzia – non è stato l’unico argomento emerso durante la presentazione. Buona parte del tempo è anche stato occupato dal racconto della sua esperienza in Kenya –iniziata con un semplice viaggio da turista e proseguito come volontaria – affrontando il tema scomodo dello sfruttamento delle risorse del territorio africano e soprattutto dei bambini.

Un incontro che ha saputo coinvolgere e appassionare i presenti, tra cui il sindaco Claudio Gambino – che ha sottolineato l’importanza dei momenti culturali, ringraziando Ephrikian per l’intervento – e l’assessore Eugenio Bertuol. “Sono molto soddisfatto di questo pomeriggio – ha commentato Bertuol – perché è stato un modo per scoprire qualcosa di nuovo e intimo su un personaggio noto”. Anche il titolo dato all’incontro, “Borgaro incontra l’arte e la solidarietà” non è stato dato a caso, dal momento che oltre al libro è stato possibile acquistare anche dei dipinti realizzati dalla stessa Ephrikian, per finanziare i suoi progetti in Kenya.

Vai al sito

La ragazza zingara e l’eroi del Crocus City Hall. Due squarci luminosi nell’oscurità calata di nuovo sul popolo armeno (Korazym 15.05.24)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.05.2024 – Renato Farina] – Nulla di buono, in apparenza, cinge il destino della mia amata Armenia e soprattutto dell’Artsakh (Nagorno-Karabach). Le truppe russe che avrebbero dovuto garantire, secondo accordi internazionali siglati nel novembre del 2020 alla fine dell’aggressione azerbajgiano-turca almeno per 5 anni, l’intangibilità dei territori intorno a Stepanakert e dei loro abitanti Armeni, hanno abbandonato il Caucaso Meridionale. Ma sì, andatevene! Siete state la quinta colonna del Turco oppressore! La vera natura di questa interposizione pacificatrice, è diventata chiara: non erano venuti per soccorrere gli inermi, ma per dar tempo al dittatore Ilham Aliyev di pianificare l’invasione e la cacciata genocidaria dei Cristiani caucasici ottenendo il sostegno increscioso dell’Italia e di altri Stati bisognosi del gas azero. L’Armata Rossa-Russa dopo non aver fatto nulla per preservare la popolazione armena dell’Artsakh, ha collaborato alla deportazione dei miei fratelli.

Che dire? Niente. Comprimo il mio disgusto per la complicità di taluni vostri governanti con gli aguzzini, ma so bene che il popolo italiano non sa quello che fanno costoro, e a noi vuol bene, ma accidenti: chi tra voi è informato provi a trasmettere coscienza di questo orrore.

Ho scritto: nulla di buono. Eppure alcune notizie di morte – una antica e già annunciata dal Molokano il mese scorso, e un’altra che ci ha raggiunti sul Lago di Sevan da Mosca – hanno una strana dolcezza, squarciano l’oscurità della violenza inondandoci di un amore che riscatta la morte seppellendola di rosei petali. Non sto zuccherando l’atrocità, che resta tale, e cioè male e ancora male, però ho visto il balzo improvviso e felice delle trote, principesse argentate, sul lago caucasico increspato di lacrime azzurre, mentre leggevo alla mia gente molokana quanto segue.

È il racconto zingaresco dei Rom d’Armenia trafitti dai Turchi nel 1915. Un sacerdote italiano, Don Renato Rosso, che condivide la vita e la fede di Rom e Sinti in Italia, appreso da svariati testi dell’esistenza di popolazioni Rom in Armenia al tempo del genocidio di un secolo fa, ne ha cercato le tracce. Scoprì che i Rom in Armenia erano (e sono) appartenenti alla Chiesa Apostolica Armena (oggi in piena comunione con il Papa di Roma), e si chiese: anche loro sono stati uccisi e dunque cantano nella schiera dei “Santi Martiri Armeni”? Sì! Il Vescovo Grigoris Balakian, scampato alla deportazione (=condanna a morte) scrisse nel 1934, in 580 pagine, il Golgota armeno. Una memoria del genocidio armeno, 1915-1918. Fu tradotto in America nel 2009, e nessuno da allora può più negare lo sterminio premeditato e totalitario.  Grigoris era pastore del Vilayet di Kastamonu, una provincia ottomana sul Mar Nero (terra armena oggi turca). Scrive: “Nel giugno 1915, il governo centrale promulgò un’urgente ordinanza di deportazione nel deserto di Deir ez-Zor per gli Armeni della mia provincia. In totale 1.800 famiglie di cui mille di Zingari Armeni, circa 7000 persone”.

A pagina 117 dell’edizione americana, Balakian, tra tutte la storia di Zingari uccisi, sceglie quella di una ragazza, in tutto somigliante ad Agnese, Agata, Cecilia, alle sante splendenti dei primi secoli.  Il nome non è riferito. È semplicemente la “ragazza zingara”. Ella era parte di una carovana fatta di donne e bambine, delle quali otto sui dieci erano Rom. Riluceva per bellezza, e uno dei giovani Turchi che scortava le deportate se ne innamorò. Le propose di salvarsi. Se si fosse convertita all’islam l’avrebbe sposata, e portata con sé. Rispose: “Perché non diventi tu Cristiano, e così ti sposo io?”. Il guardiano si infuriò, provvide a farla torturare. Le fece amputare un seno. Non cambio idea. Alla fine la “ridussero in tanti pezzettini”.

Seconda luce che buca la morte. Karen se n’era dovuto andare dall’Artsakh, viveva a Mosca con la moglie Nana. Quando è successo l’atto terroristico a Mosca, il 23 marzo scorso, lui lavorava non molto lontano dal Crocus City Hall. Non si sentiva bene, aveva la febbre, ma è corso lo stesso a soccorrere i feriti. Praticava il severo digiuno quaresimale, gli girava la testa, ma intendeva compiere gesti di carità, non soltanto “fare quaresima” – ha spiegato alla moglie. Ha lavorato tutta la notte, tirando fuori le persone dalle macerie. C’era tantissimo fumo dopo l’attacco e aveva dato la sua giacca a una donna. Tornato a casa stava male. L’hanno portato in ospedale e non sono riusciti a salvarlo. I sacerdoti Armeni di Mosca gli volevano tanto bene, aiutava sempre in tutti i lavori per la chiesa. Andava sempre a Messa, stava in piedi per 2-3 ore, come una colonna, non si muoveva. Mi ha scritto Teresa Mkhitaryan: “Sono un po’ preoccupata per la famiglia di Karen”.

Che Dio invii lui e la martire Zingara in terra ad aiutare il loro popolo, noi compresi, siamo tutti Armeni o no?

Il Molokano

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di maggio 2024 di Tempi in formato cartaceo e sulla edizione online Tempi.it [QUI].

Foto di copertina: una carovana di deportati Armeni (Armenian Genocide Museum-Institute, Viktor Pietschmann’s collection).

Eurovision, la cantante dell’Armenia canta «Dicitencello vuje» e il video diventa virale (IlMattino 15.05.24)

La musica napoletana conquista il mondo. Alcuni brani, entrati nella storia, fanno parte non solo del bagaglio culturale della città ma della cultura globale. La tradizione nostrana ha sempre affascinato molto gli stranieri che, molto spesso, sono attratti dai ritmi e dalla musicalità dei brani napoletani. Questo stato anche il caso della cantante Jaklin Baghdasaryan, voce del duo franco armeno Ladaniva che quest’anno rappresentava l’Armenia all’Eurovision Song Contest di Malmo.

Durante una intervista con il settimanale Elle, Jaklin ha intonato «Dicitencello vuje» brano della tradizione napoletana. Senza sforzo la cantante ha cantato in un ottimo napoletano. Il video è diventato immediatamente virale sui social rispettando anche l’essenza di un gruppo come Ladaniva.

 

 

La cantante, infatti, ha raccontato come il suo stile prenda come riferimento i ritmi tradizionali di molte musiche etniche provenienti da tutto il mondo. Il gruppo Ladaniva ha portato sul palco dell’Eurovision Song Contest il brano «Jako», arrivando ottavi alle spalle di Angelina Mango.

Vai al sito