ARMENIA / AZERBAIGIANConflitto nel Caucaso: avviate le trattative territoriali (Tio.ch 23.04.24)

BAKU – L’Armenia e l’Azerbaigian hanno annunciato di aver avviato i colloqui per la delimitazione del loro confine comune, un passo importante per i due Paesi del Caucaso, che hanno combattuto diverse guerre per questioni territoriali.

Il Ministero degli Interni azero ha dichiarato che gruppi di esperti stanno «chiarendo le coordinate sulla base di un’indagine geodetica del terreno». Il Ministero degli Interni armeno ha escluso «il trasferimento di qualsiasi parte del territorio sovrano dell’Armenia» a Baku come risultato di questa delimitazione.

La scorsa settimana i due Paesi avevano confermato che avrebbero anticipato la delimitazione del confine nell’area sulla base di mappe di epoca sovietica. La decisione ha scatenato le proteste dei residenti dei vicini villaggi armeni. Gli abitanti temono di finire isolati dal resto del Paese e che alcune case possano cadere nel territorio controllato dall’Azerbaigian.

I territori sono di importanza strategica per l’Armenia, priva di sbocchi sul mare, in quanto controllano parti dell’autostrada per la Georgia – vitale per il commercio estero del Paese – e un gasdotto russo, oltre a costituire posizioni militari vantaggiose.

Decine di manifestanti hanno bloccato l’autostrada cruciale Armenia-Georgia in diversi punti, tra cui vicino al lago Sevan e alla città di Novemberyan, vicino al confine con l’Azerbaigian, hanno riferito i media armeni.

Il primo ministro armeno Pashinyan ha insistito sulla necessità di risolvere le dispute di confine “per evitare una nuova guerra” e ha dichiarato che le guardie di frontiera russe – dispiegate nell’area dal 1992 – saranno sostituite da militari armeni.

Il trattato di pace – Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha dichiarato che il suo Paese e l’Armenia sono vicini alla firma di un accordo di pace per porre fine a una disputa territoriale che dura da decenni e che ha scatenato molte guerre.

«Siamo vicini come mai prima d’ora», ha dichiarato Aliyev a Baku, aggiungendo che «ora abbiamo un’intesa comune su come dovrebbe essere l’accordo di pace, dobbiamo solo affrontare i dettagli».

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Ecco come il ritiro delle forze russe impatta sulla geopolitica nel Caucaso (Formiche 23.04.24)

Pochi giorni fa, Mosca ha annunciato il ritiro dei quasi duemila soldati del contingente di peacekeeping dispiegati nella regione del Karabakh sin dal 2020, sulla base degli accordi di cessate il fuoco stipulati da Armenia e Azerbaigian al termine del conflitto in Nagorno Karabakh scoppiato nell’autunno dello stesso anno. Il compito dei militari russi, il cui ritiro arriva diciotto mesi prima della conclusione della missione, prevista per novembre 2025, era quello di evitare ulteriori scontri tra le due fazioni e di garantire il rispetto di quanto stabilito dal suddetto accordo.

Ma così non è stato. Quando l’Azerbaigian ha imposto un blocco delle linee di rifornimento della regione a partire dal dicembre 2022, causando una crisi umanitaria, i militari russi non sono intervenuti. E poco prima che l’Azerbaigian iniziasse un’offensiva a sorpresa per prendere il pieno controllo del Nagorno Karabakh nel settembre del 2023, le forze di Mosca si sono ritirate dalle loro posizioni anziché agire come strumento di interposizione tra armeni e azeri. Permettendo così la ripresa degli scontri, e la conseguente crisi umanitaria dovuta alla fuga della popolazione armena dall’area. E anche se a dicembre il capo dello Stato Maggiore delle forze armate russe Valery Gerasimov ha dichiarato che “il nostro contingente militare continua a svolgere compiti di garanzia della possibilità di costruire una vita pacifica e del ritorno dei residenti nella regione”, nessun meccanismo di sorta che consenta ai rifugiati di tornare a casa è stato implementato.

L’annuncio del ritiro, in uno dei rari casi in cui le unità armate russe lasciano volontariamente e prematuramente il territorio di uno Stato post-sovietico, è dunque soltanto l’ultima tappa dello sganciamento di Mosca. Che, anche se in parte dovuto ad una rifocalizzazione verso l’Ucraina delle risorse militari disponibili, si inscrive in un più ampio distacco tra la Russia e l’Armenia, due Paesi che negli ultimi tempi stanno attraversando un momento di crisi nelle loro relazioni. Il Paese caucasico si sta infatti avvicinando sempre di più all’Occidente, allontanandosi di conseguenza dal tradizionale alleato. Solo poche settimane fa ha recentemente sfidato Mosca sospendendo la sua adesione al blocco militare russo Csto, subito prima di organizzare esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti. L’Armenia sta anche spingendo per una più stretta integrazione con l’Unione Europea.

Il ritiro dei peacekeeper russi segna in ogni caso una svolta significativa nell’influenza russa nel Caucaso meridionale, poiché il Cremlino non potrà più fare sulla sua presenza militare nella regione nelle future occasioni di interfaccia tanto con l’Azerbaigian quanto con l’Armenia. Allo stesso tempo, l’allontanamento delle forze straniere dal proprio territorio ha rafforzato in modo significativo la posizione geopolitica dell’Azerbaigian, il vincitore del conflitto in Nagorno Karabakh, che non ha mai apprezzato particolarmente la presenza di truppe di Mosca nella regione.

Hikmet Hajiyev, consigliere di politica estera del presidente azero Ilham Aliyev, ha dichiarato ai media che “il ritiro anticipato delle forze di pace russe… è stato deciso dai leader di entrambi i Paesi”. Mentre Aleksey Zhuravlev, primo vicepresidente della Commissione per la Difesa della Duma di Stato russa, ha dichiarato che la missione del contingente di pace può essere considerata “pienamente compiuta”, sottolineando che, poiché attualmente non ci sono parti in guerra in Karabakh, non c’è più bisogno della missione di pace. Molti analisti della regione si interrogano sul come i due Paesi si siano accordati in merito. Anche la tempistica del ritiro solleva interrogativi. Meno di due settimane prima dell’annuncio, il capo dell’Agenzia nazionale dell’Azerbaigian per l’azione contro le mine aveva annunciato in un briefing del 4 aprile che erano in corso negoziati con Mosca per il coinvolgimento del contingente di pace russo nelle operazioni di sminamento. “Sono già in fase di accreditamento. Tecnici, cani e uomini inizieranno presto il processo di sminamento a Khojaly”. Ma le cose sembrano essere andate diversamente.

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TRADIZIONI | IN ARMENIA LA CONFERENZA MONDIALE SUL TURISMO DEL VINO: È L’OTTAVA EDIZIONE DELLA GLOBAL CONFERENCE ON WINE TOURISM (Turismoitalianews 23.04.24)

Si svolgerà in Armenia dall’11 al 13 settembre 2024 l’ottava edizione della Global Conference on Wine Tourism di Un Tourism, l’organizzazione del Turismo delle Nazioni Unite. Non a caso ovviamente la prossima Conferenza mondiale sul turismo del vino sarà in Armenia: rinomato per le sue ricche e antiche tradizioni vinicole, il Paese ospitante offre uno sfondo ideale per questo illustre raduno, promettendo un’esperienza davvero coinvolgente per i partecipanti.

 

(TurismoItaliaNews) L’ottava edizione della conferenza rappresenta un’opportunità unica per gli esperti provenienti da tutto il crescente settore dell’enoturismo di individuare tendenze emergenti e opportunità di sviluppo. L’evento riunirà una variegata gamma di partecipanti internazionali, tra cui rappresentanti di enti pubblici, organizzazioni per la gestione delle destinazioni (Dmo), organismi globali e intergovernativi, rinomati esperti del settore vinicolo e vari altri attori chiave. Si tratta di un forum innovativo per collaborare e ideare soluzioni concrete e una risorsa inestimabile per l’industria internazionale del turismo enogastronomico.

In Armenia la Conferenza mondiale sul turismo del vino: è l’ottava edizione della Global Conference on Wine Tourism

In Armenia la Conferenza mondiale sul turismo del vino: è l’ottava edizione della Global Conference on Wine Tourism

L’Armenia, con il suo mix di antiche tradizioni vinicole, varietà di uve autoctone, terroir diversificati e un profondo legame culturale con il vino, è posizionata come host ideale per la conferenza del 2024. La nazione è desiderosa di condividere la sua passione e la sua esperienza, mostrare il suo importante patrimonio vinicolo e favorire collaborazioni internazionali nel settore del turismo enogastronomico. Tra le molte esperienze emozionanti che attendono i partecipanti di questa conferenza, ci sarà l’opportunità di esplorare la caverna di Areni-1, dove è stata ritrovata la più antica cantina al mondo, risalente a 6.100 anni fa.

“La conferenza, destinata ad attirare appassionati e professionisti del vino a livello mondiale, promette di essere una pietra miliare per il settore. Non vediamo l’ora di dare il benvenuto a tutti in Armenia, dove i nostri paesaggi risuonano con le storie dei nostri vigneti e lo spirito dell’ospitalità scorre generosamente come i nostri migliori vini”, ha sottolineato Sisian Boghossian, a capo della Commissione Turismo del Ministero dell’economia della Repubblica d’Armenia. Il Tourism Committee della Repubblica dell’Armenia e Un Tourism non vedono l’ora di accogliere i partecipanti alla Conferenza mondiale sul turismo del vino delle Nazioni Unite in Armenia dall’11 al 13 settembre 2024.

 

ArArAt, il brandy simbolo dell’Armenia nel mondo: invecchia a Yerevan, nella cantina-fortezza che è pure Museo del gusto

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Armeni, Speranzon (FdI): “Non dimenticare il loro genocidio” (Istituzioni24 23.04.24)

“Il 24 aprile del 1915 è una data che in molti non conoscono, ricorre il primo genocidio del ‘900 che è quello del popolo armeno. Venezia, la mia città, ha un profondo legame con quel popolo, vittima dell’ideologia panturchista messa in atto dal popolo ottomano che costò la vita a un milione e mezzo di armeni, i due terzi di quel popolo che fu costretto dai turchi alle marce della morte mentre molti bambini furono costretti alla islamizzazione. Ricordare lo sterminio del popolo armeno è un dovere cui mi sento di richiamare tutti affinché questa pagina di storia non cada nell’oblio collettivo”.

Lo dichiara in aula il vicepresidente vicario di Fratelli d’Italia in Senato, Raffaele Speranzon.

Se c’è un genocidio meno genocidio (Corriere della Sera 23.04.24)

«La Jemiet», cioè l’Assemblea, «ha deciso di salvare la madrepatria dalle ambizioni di questa razza maledetta e di prendersi carico sulle proprie spalle patriottiche della macchia che oscura la storia ottomana. La Jemiet, incapace di dimenticare tutti i colpi e le vecchie amarezze, ha deciso di annientare tutti gli armeni viventi in Turchia, senza lasciarne vivo nemmeno uno». Centonove anni dopo quell’infame dichiarazione di intenti del Comitato di Unione e Progresso e la spaventosa esecuzione sistematica del progetto, la Giornata del Ricordo del Genocidio Armeno si celebra oggi tra due paradossi. Il primo è che il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, che ringhiosamente rifiuta di riconoscere come un genocidio la mattanza di circa un milione e mezzo di armeni e intimidisce chi osa farlo (perfino Barack Obama dopo la sua elezione rinunciò a rispettare la promessa fatta in campagna elettorale) loda la cacciata della minoranza armena dalla loro patria millenaria del Nagorno- Karabakh («Ci ha reso orgogliosi che l’Azerbaigian abbia portato avanti l’operazione militare in tempi brevi e col massimo rispetto per i civili») e bolli senza il minimo distinguo gli eccessi di Israele nelle reazioni alla mattanza antisemita del 7 ottobre: «Siamo testimoni di una delle più grandi barbarie di questo secolo. Ottenuta carta bianca dai Paesi occidentali il governo israeliano di Netanyahu sta mettendo in atto un genocidio sotto gli occhi di tutti». Una tesi ribadita più volte in questi mesi con un esplicito appoggio ad Hamas quale movimento di «patrioti» (ruolo negato ai patrioti armeni del Karabakh) senza una critica agli eccidi del 7 ottobre dei fanatici islamici.

Il secondo paradosso, però, è l’impossibilità di dimenticare che sul tema anche Gerusalemme (con cui l’Armenia litigò nel 2020 ritirando l’ambasciatore con l’accusa a Israele d’aver venduto armi all’Azerbaigian) non è stato cristallino. E se ora rinfaccia a Erdogan d’aver sempre negato il genocidio armeno, ancora nel giugno 2018 la Knesset scelse di sospendere l’iter parlamentare sulla legge per il riconoscimento della mattanza di un secolo fa come genocidio. Lo fece, fu spiegato, per «non aiutare» il leader turco allora in campagna elettorale. E poi per non turbare i rapporti che stavano migliorando. Fatto è che le vittime della Shoah, purtroppo, il passo finale per il riconoscimento ufficiale del genocidio armeno non l’hanno ancora compiuto. Della serie c’è genocidio e genocidio…

Armenia e Azerbaigian opposti da battaglie giuridiche, mentre cercano di fare la pace (Scenari Economici 23.04.24)

L’Armenia e l’Azerbaigian sono impegnati in un contorto processo di pace nel Caucaso, ma sono ancora invischiati in un’aspra battaglia all’Aia.

Nel corso di diversi giorni di udienze a metà aprile, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite (ICJ), che ha sede presso la sede del governo olandese, ha valutato i meriti di una mozione dell’Azerbaigian che sostiene che la ICJ non ha giurisdizione su una causa di tre anni fa intentata dall’Armenia.

La causa chiede che l’Azerbaigian venga giudicato per una serie di crimini di guerra, tra cui la fomentazione dell’odio verso gli armeni che ha portato a numerosi omicidi e al tentativo sistematico di cancellare le vestigia della cultura armena nel Nagorno-Karabakh, che Baku ha riconquistato l’anno scorso. L’acquisizione ha comportato l’espulsione di massa di oltre 100.000 armeni del Karabakh dal territorio.

Nel sollecitare la Corte a procedere con il caso, l’agente dell’Armenia presso l’ICJ, Yeghishe Kirakosyan, ha caratterizzato l’aggressione dell’Azerbaigian come un’aggressione a sfondo razziale. “Non c’è esempio migliore di discriminazione razziale, che turba la pace e la sicurezza, delle recenti aggressioni armate dell’Azerbaigian, che hanno portato alla pulizia etnica di tutto il Nagorno-Karabakh”, ha detto Kirakosyan il 16 aprile.

Un giorno prima, l’Azerbaigian ha chiesto l’archiviazione, sostenendo che il caso non rientrava nel mandato della CIG, adducendo un cavillo.

Poco dopo che l’Armenia ha presentato la sua causa alla CIG nel 2021, l’Azerbaigian ha presentato una causa simile contro Yerevan. Potrebbero volerci anni prima che questi casi si svolgano presso l’ICJ. Nel frattempo, il tribunale ha emesso diverse ingiunzioni, tra cui una sentenza emessa lo scorso autunno, secondo la quale i rifugiati armeni che erano stati ripuliti dal Karabakh avevano il diritto di tornare “in modo sicuro, senza ostacoli e rapido”, se lo desideravano.

In uno sviluppo separato, un gruppo di difesa dei diritti con sede in California ha presentato una petizione alla Corte Penale Internazionale (CPI), anch’essa con sede a L’Aia, documentando il 18 aprile i crimini di guerra dell’Azerbaigian in Karabakh, secondo un rapporto dell’Associated Press. I funzionari di Baku non hanno dato una risposta iniziale alla richiesta.

La petizione chiede alla CPI di avviare un’indagine sulla condotta dei cittadini azeri durante il conflitto del Karabakh. L’Armenia è diventata uno Stato parte della CPI all’inizio del 2024, dopo aver ratificato lo Statuto di Roma, il documento che ha istituito il tribunale. La Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia sono sedi legali distinte: la Corte internazionale di giustizia ha un mandato più ampio per affrontare le controversie legali interstatali, mentre la Corte penale internazionale processa gli individui, non gli Stati, nei casi di crimini di guerra.

Le recenti manovre legali all’Aia arrivano un mese dopo che il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha lanciatoun ballon d’essai,  sondando la possibilità che entrambe le parti abbandonino i rispettivi casi. Nel corso di una conferenza stampa del 12 marzo, Pashinyan si è interrogato sull’utilità di proseguire con le controversie legali una volta che le due parti avranno raggiunto un accordo di pace globale. Le cause potrebbero essere interrotte come componente finale di qualsiasi accordo di pace, ha suggerito.

La possibilità di abbandonare gli sforzi per ottenere la giustizia storica ha suscitato reazioni da diverse direzioni a Yerevan, unendo segmenti disparati della società contro tale idea. I critici la considerano un’altra concessione unilaterale da parte del Governo, che segue a ruota l’offerta di Pashinyan di restituire incondizionatamente all’Azerbaigian quattro villaggi contesi, per accelerare la conclusione di un accordo di pace. “È di nuovo a favore dell’Azerbaigian”, ha detto Artak Beglaryan, ex funzionario di alto livello della Repubblica del Nagorno-Karabakh de facto, non più esistente. “È importante capire che queste denunce dell’Azerbaigian [all’Aia] sono prive di fondamento, a differenza delle cause armene. Baku ha intentato una causa per utilizzarla come oggetto di contrattazione politica”.

Anche i sostenitori armeni dei diritti umani hanno cercato di abbattere il pallone di prova di Pashinyan. Oltre 40 organizzazioni non governative armene hanno rilasciato una dichiarazione che descrive il processo della Corte Internazionale di Giustizia come fondamentale per ritenere l’Azerbaigian responsabile delle violazioni dei diritti umani e dei crimini commessi contro gli armeni. L’interruzione del procedimento dell’Aia comprometterebbe gli sforzi per ottenere giustizia per le vittime del passato e per prevenire i crimini futuri.

Yerevan dovrà trovare una via che permetta di evitare la prosecuzione di cause legali con la necessità di garantire una giustizia per le parti che hanno subito ingiustizie e violenze nel recente conflittoche ha portato lalla perdita del Nagorno Karabakh. Una via potrebbe essere quella di proseguire le cause contro i singoli casi di violazione di legge assistendo le persone danneggiate, ma interrompendoli a livello di stato. Oppure, semplicemente, separare il processo di pace dalla persecuzione dei delitti compiuti dai singoli.

Comunque l’Armenia non potrà dimenticare i suoi concittadini cacciati dalle proprie terre.

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Armellino in fiore: il pianista Artur Zakiyan in concerto per ricordare il genocidio armeno (Treviso today 23.04.24)

QUANDODal 04/05/2024 al 04/05/202421:00
PREZZO€ 15
ALTRE INFORMAZIONI
Un viaggio ipnotico, un intreccio senza tempo di storia e memoria. Artur Zakiyan in concerto a Treviso per ricordare il genocidio armeno.

Armellino in fiore è il titolo dell’evento che vuole commemorare il dramma del genocidio armeno 24 aprile
1915.

Il 4 maggio 2024, alle ore 21 presso l’Auditorium Santa Caterina (Piazzetta Mario Botter 1, Treviso), Zakiyan si esibirà intrecciando l’essenza ipnotica della musica etnica armena al fascino immortale della musica classica contemporanea, con cadenze rilassanti d’influenza new age.

L’esibizione si inserisce in un programma che include anche la presentazione libro Il genocidio degli armeni di Sandra Fabbro Canzian, prevista il 24 aprile alle ore 17 presso il Museo civico di Treviso “Luigi Bailo”, in Sala Vittorio Zanini e la mostra dell’artista Ararat Sarkissian, che sarà inaugurata alle 17 e aperta al pubblico dal 19 aprile al 12 maggio presso lo stesso Museo, nelle sale espositive temporanee al pianterreno. Entrambi gli eventi sono a ingresso libero.

A portare in città gli appuntamenti è il Comune di Treviso insieme all’Unione Armeni d’Italia.
Il concerto èorganizzato dall’associazione nusica.org attiva dal 2012 nella realizzazione di eventi a carattere culturale e in particolare di concerti di musica jazz, con il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica di Armenia in Venezia in collaborazione con Gayane Sahakyan, Fondazione “Feder Piazza” e Galleria Antikyan.
L’evento è supportato inoltre da Jane Demirchian, mecenate armena.

Nel solco di un percorso musicale iniziato sotto la guida del nonno Christopher, rinomato percussionista e fondatore della prestigiosa scuola di strumenti a percussione in Armenia, e dopo un lungo perfezionamento negli USA, Zakiyan si abbevera alla fonte della migliore tradizione musicale classica, coniugando innovazione e modelli antichi, in un viaggio sensoriale che celebra il patrimonio culturale del suo Paese.

Ad aprire il concerto sarà Baykar Sivazliyan, Presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia, politico, turcologo e armenista, dirigente politico della Diaspora armena, che terrà un discorso in commemorazione del genocidio.

(Biglietti: ingresso € 15,00, in vendita su OOH.EVENTS e in loco, previa disponibilità. Per info: +39 3274610693, staff@nusica.org)

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“Alla ricerca del paradiso” – Mostra personale di Ararat Sarkissian (Trevisotoday 22.04.24)

ARARAT SARKISSIAN
Mostra personale
ALLA RICERCA DEL PARADISO
MUSEO LUIGI BAILO, TREVISO

dal 19 Aprile al 12 Maggio 2024

Questa affascinante esposizione presenta una varietà di creazioni artistiche, tra cui antichi sistemi di scrittura provenienti da tutto il mondo, complesse opere cartografiche e pregevoli Khachkar, libri armeni e dipinti ad olio.
La mostra accompagna l’osservatore in un affascinante viaggio verso dimensioni celestiali. A volte svela il concetto di paradiso, a tratti elusivo ma profondamente desiderato. Altre volte esplora la ricerca di un rifugio ideale, una splendida esistenza immaginata dall’umanità.
Per gli armeni, questo Eden è incarnato dall’Armenia occidentale e rende omaggio anche ai paradisi che svaniscono nell’Armenia orientale.

Il progetto “Alla ricerca del Paradiso” ha attraversato il mondo, incantando persino i cultori dell’arte più esigenti. Particolarmente affascinante è che la ricerca del paradiso è un tema universale condiviso da tutte le nazioni. Come un giornalista americano ha una volta osservato, persino gli europei che hanno scoperto l’America erano alla ricerca del loro proprio paradiso.

Gli armeni hanno un’affinità speciale per l’Italia, in particolare Venezia.
Non è un caso che gli armeni, nella loro ricerca del paradiso, finiscano spesso a San Lazzaro. È proprio a Venezia, che ha avuto inizio la stampa armena, con il primo libro armeno stampato, “l’Urbatagirk”, realizzato nel 1512 da Hakob Meghapart.

L’esposizione “Archetipi” che fece il suo debutto a Erevan nel 1994, gettò le basi per un progetto straordinario che presenta 60 sistemi di scrittura, ciascuno accompagnato dalla sua controparte sonora unica.
A partire dal 1999, questo progetto ha intrapreso un viaggio trionfante in tutto il mondo.
Ha fatto la sua prima tappa a Oxford, seguita da affascinanti mostre e master class a Cipro, Chicago, Singapore, Giordania, Ginevra, Zurigo, Vienna, Iran, Francia, recentemente ha incantato i visitatori in Italia, nel cuore di Venezia, presso il centro d’arte Palazzo Pisani Revedin ed ora a Treviso, presso il Museo Civico: Luigi Bailo.

Secondo Ararat Sarkissian, i sistemi di scrittura sono le pietre angolari delle culture nazionali. Sottolinea il fatto che gli armeni non producevano carta; invece, la acquistavano, la pulivano e la lavoravano. Con ogni iterazione, la carta creata da Ararat Sarkissian guadagna nuovi strati e condivide nuove narrazioni. L’artista apprezza in particolare la descrizione fornita dal critico d’arte americano Aydin Small, che ha definito il suo stile creativo come “memoria culturale”. Indubbiamente, è questa memoria culturale che offre un viaggio affascinante che abbraccia l’arte e la storia in tutte le direzioni.

Il mistero che avvolge il legame di Ararat Sarkissian con Venezia è affascinante. Nato a Gyumri, una città industriale simile a Venezia nel suo spirito e carattere unici, entrambe le città, purtroppo, si sono trasformate in destinazioni turistiche, con gran parte delle loro popolazioni originali che se ne sono andate. Ararat Sarkissian dipinse il
suo “Lendutas” anni fa, tratto dagli esempi delle “Vedute” (paesaggi veneziani) creati dagli artisti veneziani. Riflette su come, seguendo gli esempi di artisti come Canaletto, abbia avvertito la profonda somiglianza e grandezza di entrambe le città, descrivendole come incredibilmente belle e desiderose di essere preservate.

La installazione “Storia degli Armeni” rappresenta un riferimento e una ricreazione dei 6 volumi dal medesimo titolo stampati nel periodo sovietico. Quest’opera riverbera il sentimento di un rumore ovattato derivante da un’impressione non chiara che ha colpito l’artista durante la lettura, e la realizzazione di come politica e autorità possano influenzare la documentazione storica delle nazioni.
Come un’ideologia plasmi e sottolinei ciò che è utile in un determinato periodo e ciò che si perde tra le pagine. Lo schermo racchiuso nell’installazione a forma di libro mostra costantemente solo un rumore statico, il che enfatizza la sensazione confusa dell’autore.

L’esposizione “Croci di pietra” è un personale omaggio all’arte della croce di pietra.
Si tratta anche di uno sforzo per focalizzare l’attenzione internazionale sulla distruzione sistematica e continua delle pietre della croce in vari territori confinanti con l’Armenia. Nel 2006, dopo un attacco particolarmente atroce e ufficialmente autorizzato alla distruzione della croce di pietra avvenuto in una terra non lontana da dove vivo, la mia risposta iniziale di tristezza e indignazione mi ha portato a intraprendere il presente progetto. Ho continuato a ricreare minuziosamente 36 croci di pietra che furono rase al suolo, tentando di dare a questi monumenti scomparsi una nuova prospettiva di vita attraverso la pittura e la carta fatta a mano. Ho scelto il numero 36 perché richiama il numero sacro delle lettere dell’alfabeto armeno. E ho deciso di fornire una traiettoria visiva di ciò che queste pietre crociate hanno attraversato: dalla sopravvivenza alla distruzione fino a una forma di rinascita su carta come apparivano una volta, quando furono scheggiate e fatte a pezzi, e quando divennero i miei amati compagni nel mio studio.

Ararat Sarkissian è un artista onorato dalla Repubblica di Armenia.
E’ membro dell’Accademia Europea di Scienze Naturali e Associazione Internazionale d’Arte.
Nel 2013 ha presentato l’Armenia alla 55 Biennale d’Arte di Venezia, all’isola di San Lazzaro, Venezia.
L’arte di Ararat Sarkissian esprime la conservazione dell’esperienza, dell’identità e della memoria. ll lavoro di Sarkissian, postmoderno, concettuale e in parte astratto, fa riferimento a culture antiche; quindi non solo all’importante tradizione medievale armena e ai manoscritti miniati ma anche all’arte più ampia dell’Europa medievale e rinascimentale.

Alcune mostre personali:

– Permanent exhibition, Armenian Street Foundation Museum,
and 11.12 Gallery, Singapore
– Harvest Gallery, Glendale, California, USA
– Tufenkian Gallery, Los Angeles, USA
– Vicki Hovannesian Contemporary Art Gallery, Chicago, USA
– Signs & Icons, National Gallery of Armenia, Yerevan, Armenia
– Archetypes, Gallery Lobby, Nicosia,Cyprus
– Focus Armenia, Halle, Germany

Alcune mostre collettive:
– Art Innsbruck, Innsbruck, Austria
– Armenian Contemporary Art, Annexis Gallery, Zurich, Switzerland
– Contemporary Armenian Artists, University of Kassel, Germany
– Bergen Community College, Armenian Genocide Exhibition, New Jersey, USA
– I Colori Dell’ Armenia, Castel Sant Angelo, Rome, Italia
– Art Contemporaine d’Arménie, Orangerie du Luxembourg, Paris
– TGAA Marzuki Gallery Chicago,USA
– Multitude, Artists Space, New York,USA
– Stream of Fire: New Art From Armenia, Jordan National Gallery, Amman
– Les chants de la mer, Musée Cantini, Marseille,France
– Palais des Congrès et de la Culture, Le Mans,France
– Japan International Artists Society + Soviet Artists, Tokyo, Japan
– New Figurative Art of Armenia, Pesaro, Italia
– 44° GROLLA D’ORO 2023 Premio Internazionale di Pittura, Scultura e Fotografia, Treviso, Italia

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Presentazione del libro “Il genocidio armeno. Dalle cause storiche alle conseguenze odierne” (Trevisotoday 22.04.24)

al 19 aprile 2024 al 12 maggio 2024 si svolgerà a Treviso una interessantissima rassegna dedicata alla cultura armena e alla commemorazione del genocidio che il popolo armeno ha subito 109 anni orsono nell’Impero ottomano. Il titolo della rassegna è Armellino in fiore. Una scelta evocativa, che allude alla pianta dell’armellino, uno dei simboli dell’armenità. Con il suo legno viene costruito il duduk, il più noto strumento musicale armeno. Il progetto di questa rassegna è stato ideato da Gayane Sahakyan, da qualche anno cittadina trevigiana di origini armene che, con vera passione e determinazione, si impegna per far conoscere il suo popolo e la sua terra d’origine in Italia.Gli eventi in programma hanno visto il patrocinio e la coordinazione del Comune di Treviso e il patrocinio del Consolato Onorario della Repubblica d’Armenia di Venezia. Hanno collaborato l’Unione Armeni d’Italia (Milano), la Fondazione Federpiazza (Treviso) la Galleria Antikyan (Yerevan), l’Associazione Italiarmenia (Padova) e l’Associazione musica.org (Treviso).
Gli eventi si svolgeranno con la seguente cadenza:
19 aprile: Inaugurazione presso il Museo Civico Luigi Bailo, alle ore 17.00 della mostra personale dell’artista armeno Ararat Sarkissian intitolata Alla ricerca del paradiso. La mostra resterà aperta fino al 12 maggio.
24 aprile: Nella data considerata il “Giorno della Memoria” del genocidio armeno, presso il Museo Bailo (Sala Zanini), alle ore 17.00, avrà luogo la presentazione del libro Il Genocidio armeno. Dalle cause storiche alle conseguenze odierne, Prefazione Antonia Arslan, (Piazza Editore. Il professor Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione Armeni d’Italia, armenista e autorevole membro della Diaspora in Italia, ne discuterà con l’autrice, Sandra Fabbro Canzian.
4 maggio: Nell’Auditorium di Santa Caterina (Piazzetta Mario Botter 1), alle ore 21.00 avrà inizio il concerto del musicista Artur Zakiyan, illustre pianista e compositore armeno, che coniuga magistralmente la musica etnica armena, con quella classica e moderna. Il concerto sarà preceduto da una presentazione del professor Sivazliyan.
Per ulteriori informazioni rivolgersi a: biglietteriatreviso@gmail.com (per Museo Bailo) e staff@musica.org (per concerto)

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Memoria, la Comunità armena in Italia: il 24 aprile ricordiamo il genocidio (Redattore Sociale 22.04.24)

l 24 aprile è la Giornata della memoria del popolo armeno che in tale data ricorda l’inizio di quello che la Comunità armena in Italia ricorda come “uno dei più atroci crimini contro l’umanità: il genocidio del 1915, che gli armeni ricordano come ‘Metz Yeghern’ il ‘Grande Male'”.

In tutta Italia e nel mondo, si legge in una nota, sono state organizzate “iniziative, convegni, incontri, preghiere, per ricordare il milione e mezzo di armeni e per ribadire insieme il forte ‘mai più’ contro ogni violenza e contro ogni crimine contro l’umanità”.

A Roma la giornata sarà ricordata con una cerimonia che si svolgerà alle ore 11, presso il Giardino del genocidio armeno di piazza Augusto Lorenzini (quartiere Portuense), alla quale parteciperanno oltre ai rappresentanti diplomatici della Repubblica di Armenia in Italia esponenti del mondo politico, diplomatico, ecclesiastico e della società civile.

Lo slogan scelto per la cerimonia commemorativa è “La forza di un popolo che sfida l’oscurità dell’indifferenza” ed è rappresentato nell’immagine da un uomo che ha scalato la montagna arrivando in cima, come simbolo di fatica, ma anche di forza. Mentre la sfida all’indifferenza e all’oscurità viene presentata come l’alba alla quale l’uomo volge il suo sguardo di speranza, tenendo in mano la bandiera che rappresenta il popolo armeno.

Giovedì 2 maggio 2024 alle ore 18.30, presso l’Institut français Centre Saint-Louis, in Largo Toniolo 22 a Roma, sarà proiettato il film vincitore del premio della giura del Francofilm Festival ‘Aurora’s Sunrise’ di Inna Sahakyan che narra la storia vera di una sopravvissuta al genocidio armeno. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. (DIRE)

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