IFO: esportazioni dell’UE verso la Russia scese al 37% rispetto al livello prebellico (La Repubblica 09.01.24)

Dall’inizio della guerra in Ucraina nella primavera del 2022, le esportazioni dell’UE verso la Russia sono scese al 37% rispetto al livello prebellico. “Uno dei motivi del volume ancora elevato delle esportazioni verso la Russia è che solo il 32% di tutti i prodotti provenienti dall’UE è soggetto a sanzioni. Nel caso dei beni di lusso, ad esempio, ci sono sanzioni contro le esportazioni di champagne in Russia, ma non di prosecco”, afferma Feodora Teti, vicedirettrice dell’ifo Center for International Economics.

Inoltre, è possibile consegnare indirettamente alla Russia molte merci dell’UE soggette a sanzioni attraverso paesi terzi, come suggeriscono le valutazioni del nuovo database delle sanzioni Ifo.

A causa delle restrizioni all’esportazione imposte dall’UE e da altri paesi occidentali, alla Russia manca circa un terzo dei prodotti soggetti a sanzioni rispetto al periodo prebellico. La Cina è il paese d’origine alternativo più importante della Russia per i prodotti soggetti a sanzioni: il 61% di tutti i prodotti soggetti a sanzioni proviene dalla Cina; nel 2021 la percentuale era solo del 35%. La Turchia fornisce alla Russia il 13% di tutti i prodotti sui quali l’Occidente ha imposto sanzioni; nel 2021 questa cifra era poco meno del 3%. La Russia sta attualmente acquistando anche una piccola percentuale (circa l’1%) di tutti i beni soggetti a sanzioni dall’Armenia. Nello stesso periodo, le esportazioni dall’UE verso l’Armenia sono raddoppiate. “Nel caso della Cina, l’aumento delle esportazioni verso la Russia può essere spiegato almeno in parte con una maggiore produzione interna. Per quanto riguarda la Turchia e l’Armenia, tuttavia, l’improvviso e forte aumento delle esportazioni verso la Russia suggerisce che le sanzioni vengono aggirate”, conclude Teti.

Vai al sito

Armenia, cento anni fa nasceva Sergej Parajanov (Osservatorio Balcani e Caucaso 09.01.24)

Sergej Parajanov, regista armeno ha ottenuto riconoscimento internazionale per il suo stile cinematografico unico, in contrasto con i principi del realismo socialista dell’epoca. A partire da oggi, in Armenia si terranno vari eventi per commemorare il suo contributo alle arti e alla cultura

09/01/2024 –  Marilisa Lorusso

Il 2024 si apre con un centenario importante, che può essere un’occasione per includere fra i buoni propositi dell’anno un viaggio in Armenia alla scoperta, o riscoperta, dei suoi artisti e delle sue bellezze museali.

Il 9 gennaio prende il via il centenario per la nascita di Sergej Parajanov e in Armenia si terranno vari eventi per commemorare il suo contributo alle arti e alla cultura. Il ministero dell’Istruzione, della Cultura e dello Sport armeno informa  che alle 12:00 si terrà l’inaugurazione del monumento a Sergey Parajanov e l’apertura della mostra La GiocondaTrasformazioni di Davit Galstyan della Cinema House.

Nella stessa giornata, saranno proiettati film del regista nella sala piccola del Cinema House mentre nel pomeriggio, presso la Galleria Parajanov, si terrà un concerto su temi musicali di Parajanov realizzato dai solisti degli ensamble “Gurjev” e “Barekamutyun”.

Il monumento a Parajanov è incluso nell’elenco dei monumenti significativi di Yerevan e il suo centenario è ricordato dall’UNESCO fra i giubilei delle persone illustri. Il programma culturale per la celebrazione del centenario del regista è stato organizzato dal Comitato Governativo per il Centenario di Parajanov.

Sergej Parajanov

Parajanov, nato il 9 gennaio 1924 a Tbilisi, è stato un regista cinematografico armeno che ha ottenuto riconoscimento internazionale per il suo stile cinematografico unico, in particolare con film come Il colore del melograno (1969) e Le ombre degli antenati dimenticati (1965), entrambi considerati tra i più grandi film di tutti i tempi da “Sight & Sound”. I suoi contributi artistici erano però in contrasto con i principi del realismo socialista, l’unico stile artistico approvato nell’Unione Sovietica.

La vita e l’opera di Parajanov sono quindi state caratterizzate da una straordinaria combinazione di genio artistico e costante lotta contro le severe censure imposte dalle autorità sovietiche. Parajanov ha sviluppato uno stile cinematografico unico, affrontando in chiave surrealista e visionaria le tradizioni popolari delle regioni caucasiche e ucraine.

Durante la Seconda guerra mondiale, Parajanov ha frequentato i corsi di regia dell’Istituto Statale di Cinematografia di Mosca. Nel 1951 iniziò a lavorare agli studi cinematografici di Kiyv, realizzando documentari, cortometraggi e lungometraggi di propaganda che in seguito avrebbe ripudiato. Il punto di svolta nella sua carriera avvenne nel 1964, quando decise di adattare per lo schermo un racconto dello scrittore ucraino Kočubinskij, dando vita a Le ombre degli antenati dimenticati. Questo film, incentrato sul folclore della comunità dei Gutzul nei Carpazi, si distingueva per l’approccio surreale e non convenzionale, contrapponendosi ai canoni del cinema etnografico dell’epoca.

Nonostante l’opposizione delle autorità sovietiche, il film ottenne riconoscimenti internazionali, inclusa la vittoria al festival di Mar del Plata. Tuttavia, a Parajanov fu impedito di accompagnare personalmente il film in qualsiasi festival.

Il regista tornò in Armenia nel 1968, continuando la sua ricerca di un cinema libero mentre le libertà artistiche stavano andando incontro a un nuovo giro di vite.

È del 1969 Il colore del melograno, una biografia del trovatore armeno del XVIII secolo Sayat-Nova. Il film, considerato il suo capolavoro, è caratterizzato da quadri figurati e uno stile visivo surreale, ed è stato ritirato dalle autorità sovietiche per estrema deviazione dal realismo russo.

Michelangelo Antonioni così lo recensì  : “Il colore del melograno di Parajanov, secondo me uno dei migliori registi al mondo, è di una bellezza perfetta”. Prevalentemente muto e dominato da immagini oniriche, è apprezzabile anche per chi non parla armeno, e dopo tanti travagli è ora disponibile online su varie piattaforme. Qui una breve scheda  che può aiutare a orientarsi nella visione, se non si ha familiarità con la storia di Sayat-Nova.

Parajanov fu arrestato nel 1971 durante le riprese di Affreschi di Kiev, un progetto rievocativo della nascita della capitale ucraina, dichiarato antisovietico. Le persecuzioni nei confronti del regista culminarono nel 1974 con l’arresto e la condanna a cinque anni in un campo di riabilitazione, con accuse quali furto di oggetti d’arte e omosessualità. Solo grazie a una mobilitazione internazionale, guidata dal surrealista francese Louis Aragon, Parajanov fu liberato nel 1977, ma gli fu impedito di girare film. Nel 1982 fu arrestato nuovamente, questa volta con l’accusa di corruzione, ma fu rilasciato qualche mese dopo.

Con il relativo allentamento della censura sovietica negli anni ‘80, Parajanov riuscì a dirigere nuovamente. Nel 1984 realizzò La leggenda della fortezza di Suram e nel 1988 Asik Kerib – Storia di un ashug innamorato, entrambi acclamati dalla critica. La sua carriera fu interrotta dalla morte avvenuta nel 1990 Yerevan.

Parajanov, statue, musei e un importante centenario

Nel 2004, su commissione della città di Tbilisi, è  stata inaugurata nella piazza della capitale   georgiana una statua dell’artista italo-georgiano Vazha Mikaberidze dedicata allo scomparso genio cinematografico armeno. L’opera è ispirata ad una famosa foto di Yuri Mechitov che pure è stata scelta dal ministero armeno per il centenario di Parajanov.

Altre immagini del regista, e i suoi visionari e imprevedibili collage sono visibili al museo-casa dell’artista a Yerevan  , il cui bel sito offre uno spaccato nel viaggio che la sua rocambolesca fantasia regala allo spettatore, nonché delle sale in cui si ripercorrono i calvari degli arresti. Per ritrovare invece le atmosfere e gli strumenti dell’età di Sayat-Nova e la rarefatta poetica che ha ispirato Parajanov, si consiglia una visita a un piccolo museo, alle spalle della pure assai meritevole Galleria Nazionale armena  . Si accede da una porta di legno abbastanza anonima in via Arami, e ci si trova nel Museo Yeghise Charents della letteratura e dell’arte, che oltre ad avere una bella collezione di arte persiana, offre una panoramica completa della storia delle arti armene, con collezioni dedicate alla letteratura, alla musica, al teatro e al cinema, cui tanto ha contribuito l’opera inimitabile di Parajanov.

Nonostante le sfide e la costante lotta contro la censura, il lascito di Sergei Parajanov vive attraverso la sua straordinaria filmografia, riconosciuta a livello internazionale. La sua opera continua a ispirare e a testimoniare un genio artistico che ha sfidato le restrizioni del suo tempo. Un centenario che merita di essere ricordato con tutta la libertà che è mancata in vita all’artista.

Vai al sito

Ingegneri ed economisti che diventano casari, la storia dei Mikayelyans (L’Inkiesta 08.01.24)

In qualunque banchetto, tavola famigliare o colazione armena ci sono alcuni prodotti che incontrerete sempre, a prescindere dalla regione in cui vi trovate. Il lavash, ovvero i fogli di pane sottilissimo e croccante cotti nel forno tandoor, le albicocche disidratate (simbolo dell’Armenia insieme al melograno), salsicce di maiale locali e formaggi. La maggior parte del formaggio è Ceçil o Motal ed entrambi sono marcatamente salati. Il primo ricorda vagamente la consistenza di una mozzarella, è inconfondibile perché sfilacciato in fili sottili (un po’ come il petto di pollo), talvolta affumicato e prodotto da latte vaccino. Si conserva in salamoia e si mangia crudo, fritto o come farcitura di sfoglie o khachapuri locali.

Il secondo invece è un formaggio caprino, grumoso e servito sgretolato proprio per condire pietanze, insalate, primi piatti e persino ricette di carne. Anche il Motal stagiona sotto sale per almeno quaranta giorni e prima di essere servito viene spesso condito con erbe di montagna o altre spezie.

Fino a una decina di anni fa, l’Armenia non conosceva produzioni casearie differenti da queste tradizionali, caratterizzate da una sapidità fortissima, al limite del gradimento che ne hanno sempre limitato un uso più diffuso in cucina. In questo scenario la famiglia Mikayelyan è un vero e proprio unicum nel panorama nazionale. Siamo nella regione di Gegharkunik, sulla costa occidentale del lago Sevan a circa un’ora e mezza di auto dalla capitale.

La famiglia Mkayelyan al completo: Arman, Marina i loro quattro figli, suo padre e sua madre

Ad Arman, a sua moglie Marina e al resto della famiglia si deve l’unica produzione casearia di formaggi affinati e artigianali armena, ottenuti da mucche di proprietà in modo sostenibile ed ecologico. Arman Mikayelyan non sapeva nulla di latte, cagliate e stagionatura fino a una decina di anni fa. Da genitori ingegneri studia economia e dopo una vita da funzionario al ministero delle finanze decide di dare una svolta alla sua vita coltivando la sua passione. «Ancora nessuno aveva provato a produrre un formaggio diverso da quelli classicamente conosciuti, più contemporaneo, rappresentativo del territorio e adatto alla ristorazione così come all’accompagnamento delle tante ottime etichette di vino del sud dell’Armenia».

L’azienda nasce nel 2012 come impresa a conduzione famigliare, dove con sole quattro mucche si lancia una prima produzione di formaggio tradizionale. «Solo mia moglie, Marina, che è biochimica ed esperta di caseificazione, conosceva veramente l’argomento, pertanto i primi anni li abbiamo dedicati a prodotti base e a numerosi tentativi. Abbiamo perso diversi litri di latte a causa di esperimenti andati male, ma questo ci è servito per farci le ossa e passare dopo poco tempo a una produzione più ingegnerizzata e tecnologicamente avanzata» racconta Arman.

Ad oggi si contano più di quindici tipologie di prodotti affinati disponibili alla vendita e commercializzati nei migliori ristoranti della capitale. Ancora la produzione non è né sufficiente né strutturata per pensare a delle esportazioni, però per i visitatori che capitano in zona è possibile acquistare direttamente al caseificio. Ci sono affinamenti in foglie di Areni (vitigno autoctono), in semi neri di finocchio, aromatizzati al timo, basilico, peperoncino o pomodoro. Ci sono gli affinati in crosta di menta, di lamponi o quelli in cui la crosta viene lavata con brandy armeno dai cinque anni a salire a seconda del periodo di stagionatura.

«Il formaggio dedicato a mia moglie si chiama Marina ed è uno di quelli che vendiamo di più. Ricorda vagamente la consistenza del parmigiano ed è per questo che non lo tagliamo a fette ma lo rompiamo a scaglie. Durante il processo di stagionatura, che dura fino a due anni, lo teniamo immerso nell’olio di oliva (spagnolo) per un primo periodo e poi spazzolato con il sale. Ci divertiamo a provare tra i cinque e i dieci affinamenti nuovi ogni anno, selezionandone uno o al massimo due che effettivamente portiamo in produzione e quindi poi alla vendita».

Ad oggi l’azienda si appoggia a una cooperativa di allevatori locali da cui attingono bestiame e latte per la produzione casearia e per una piccolissima lavorazione di salumi e insaccati destinati esclusivamente alle degustazioni degli ospiti. «Abbiamo quaranta mucche e con il solo latte delle nostre bestie riusciamo a supplire a quasi il novanta per cento del fabbisogno».

Non aspettatevi un centro di produzione moderno e automatizzato. Quelli che un tempo erano i vecchi magazzini di conservazione di mele e patate nel cortile della casa di famiglia, sono stati convertiti in spazi per la produzione casearia, per l’affinamento, i controlli e la sanificazione. Una costruzione apposita è stata creata più di recente per accogliere clienti e ospiti e accompagnarli in degustazioni di salumi, foraggi, frutta secca, salse e mieli di accompagnamento. Una visita (con assaggio!) da Mikayelyan è una bellissima esperienza per gli appassionati, visitata da produttori ed estimatori di tutto il mondo.

Vai al sito

Nel crudele elenco delle guerre dimenticate gli armeni del Nagorno (Remocontro 08.01.24)

Nel mondo ci sono così tante guerre che diventa difficile persino contarle. E la nostra attenzione ne definisce una crudele classifica. Guerre di massima attenzione in Serie A e quelle seminascoste dalla Serie B a scendere. Tanta e spesso troppa attenzione, soprattutto se la toglie ad altre crisi sentite meno vicine. Un errore su cui, forse, anche Remocontro cade. Ma grazie a Marsonet proviamo a recuperare, tornando a parlare di Caucaso. Come inizio.

Serie B tragicamente affollata. Sudan primo in efferatezza

Le cosiddette ‘guerre di serie B’ sono assai più numerose delle prime ma, per svariati motivi, suscitano meno impressione, come se le vittime civili da esse causate fossero meno importanti dei caduti nei conflitti più seguiti. Tra le guerre di serie B, certamente vince in efferatezza quella civile nel Sudan.
Paese già molto povero in precedenza, il Sudan sta ora letteralmente sprofondando. Non si contano più i morti e i profughi, mentre si registra l’intervento di appoggio finanziario e logistico a una delle due fazioni in lotta da parte di nazioni come Egitto e Qatar.

Gli armeni del Nagorno, cancellati

Mentre sembra addirittura cancellata la recente guerra tra Armenia e Azerbaigian per il controllo del Nagorno Karabakh, ex enclave armena in territorio azero sin dai tempi della ex Urss. La guerra tra le due Repubbliche ex sovietiche è iniziata con l’attacco azero dello scorso 19 settembre.
E a differenza di quanto accaduto in passato, si è conclusa rapidamente con la completa vittoria dell’Azerbaigian appoggiato dalla Turchia di Erdogan. Gli armeni, dal canto loro, non hanno più potuto contare sul tradizionale aiuto della Russia, molto impegnata altrove.

Pulizia etnica meno cruenta

Da sottolineare, è che nel Nagorno la presenza armena è in pratica scomparsa. Abbiamo insomma avuto una sorta di pulizia etnica senza molti spargimenti di sangue. Nonostante il presidente azero Ilham Aliyev, ultimo erede di una dinastia che governa il Paese sin dai tempi sovietici, avesse promesso la cittadinanza agli armeni che desideravano fermarsi nel Nagorno, quest’ultimi non si sono fidati. Memori del genocidio subito nel secolo scorso dai turchi, e che Ankara insiste a definire diversamente.

L’Armenia dei poveri

Ovviamente i profughi del Nagorno si sono diretti in Armenia. Si dà però il caso che il Paese sia povero, a differenza dell’Azerbaigian che può invece contare su immense riserve di petrolio e gas, delle quali persino Hitler tentò di impadronirsi nella seconda guerra mondiale.

Nancy e le ‘pelose’ attenzioni Usa

Gli ex cittadini del Nagorno pensavano di essere a casa loro in Armenia. Ma Yerevan ha risorse limitate, e i profughi già si lamentano per lo scarso aiuto ricevuto. Nel Nagorno non ci sono più armeni, e quelli riparati in Armenia sono pressoché privi di prospettive. Dopo la visita della ex speaker democratica della Camera Usa Nancy Pelosi si pensava che gli Usa potessero fornire appoggio. Ma anche gli americani, con le elezioni presidenziali che incombono, hanno le loro gatte da pelare, e hanno inoltre ricevuto veti da russi e cinesi, entrambi contrari alla presenza americana nel Caucaso.

Cristianità spuria nel mare musulmano del Caucaso

Per farla breve, i profughi armeni sono stati abbandonati da tutti e si devono arrangiare. Non è, in fondo, una grande novità. Gli armeni, che vantano una delle civiltà più antiche del mondo, hanno tra l’altro il ‘difetto’ di essere cristiani in un’area a larghissima maggioranza musulmana.

Vai al sito

Il Nagorno Karabakh tra i 10 grandi eventi del 2024 (Wired.it 07.01.24)

Dalla dissoluzione della repubblica armena dell’Artsakh, alla presidenza italiana del G7, passando per il Summit for the future e la più grande esercitazione della Nato dal 1989: un anno di importanti avvenimenti sul piano internazionale
2024 i 10 grandi eventi dell'anno
I 5 anelli dell’Olimpiadi a ParigiJULIEN MATTIA/NURPHOTO VIA GETTY IMAGES

Il presepio di San Gerardo aiuta suor Benedetta e la missione in Armenia (Prima Como 07.01.24)

Il gruppo “Presepio San Gerardo” di Olgiate Comasco invita a visitare la natività allestita accanto alla chiesa dedicata al santo monzese.

Un presepio di pace e carità

L’ambientazione è un rimando agli insediamenti rupestri di Petra, in Giordania e alla sua caratteristica architettura scolpita nella roccia. Inoltre, è stata aggiunta una struttura simbolica. Nell’allestimento, infatti, spicca anche un ponte che collega i due fronti rocciosi. Appositamente inserito proprio per il suo valore di simbolico messaggio di pace: “Costruiamo ponti e non muri”.

Come da tradizione, il presepio è stato inaugurato nella notte di Natale. E’ stata posta anche una statua di San Gerardo rivolta verso la natività, a ricordo della Settimana Gerardiana che dal 14 al 22 ottobre scorso ha visto la presenza a Olgiate Comasco dell’urna di San Gerardo. Come ogni anno, la scenografia è stata realizzata dal pittore olgiatese Mario Tettamanti.

Esposizione sino a fine mese, offerte per le missionarie della Carità in Armenia

Il presepio sarà esposto fino al 31 gennaio, dalle 7.30 alle 22.30, accanto alla chiesa di San Gerardo. Tutte le offerte raccolte saranno consegnate a suor Benedetta Carugati, olgiatese, missionaria della Carità in Armenia. Insieme ad altre religiose, opera in un centro che garantisce accoglienza a ragazzi disabili, si occupa di catechesi e aiuta le persone povere, senza lavoro, senza cibo e che soffrono a causa della guerra.

Vai al sito

Bari riceve l’ambasciatrice dell’Armenia a Palazzo di Città (Corrierepl 07.01.24)

BARI –  Tsovinar Hambardzumyan, ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia,  in visita nel capoluogo pugliese.  Ad accoglierla, oltre il vicesindaco Eugenio Di Sciascio, Giuseppe Cascella, presidente della commissione consiliare Cultura del Comune di Bari e Marco Bronzini, membro della commissione consiliare Cultura.
L’incontro ha rappresentato l’occasione per rafforzare ulteriormente le relazioni tra l’Armenia e la città di Bari. Tra i temi affrontati, l’intensificazione della cooperazione in campo culturale e in quello tecnologico e le importanti opportunità aperte dal crescente interscambio economico tra l’Armenia e l’Italia.

Al colloquio, conclusosi con uno scambio di doni, è seguito un incontro in sala giunta con la comunità armena barese, organizzato dal presidente  Giuseppe Cascella, e da Dario Rupen Timurian, imprenditore ed esponente della comunità.

Presenti all’incontro, tra gli altri, il decano della comunità Rupen Timurian e Siranush Quaranta, assieme a Pietro Curzio, già primo presidente della Corte di Cassazione.

L’ambasciatrice Hambardzumyan ha sottolineato la forza del legame tra l’Armenia e la Città di Bari, citando il villaggio di “Nor Arax” nei pressi di Bari (che cento anni fa accolse molti profughi armeni in fuga dal genocidio perpetrato dall’Impero ottomano), la vita e l’opera del grande poeta armeno barese Hrand Nazariantz e la presenza, sul lungomare Imperatore Augusto, della stele “khachkar” (croce di pietra) realizzata dall’architetto armeno Ashot Grigoryan e donata dalla comunità armena alla città per suggellare lo storico legame tra i due popoli.

In dono, due targhe per il Comune di Bari dalla comunità armena barese: una dedicata al sindaco Antonio Decaro, che sottolinea il suo impegno “per azioni di pace e di dialogo fra i popoli che hanno abitato da sempre il territorio cittadino”, mentre l’altra è stata consegnata a Giuseppe Cascella “per la sua sensibilità mostrata verso il popolo armeno nel corso della presidenza della commissione consiliare Cultura”.

Al termine dell’incontro, l’ambasciatrice  ha poi conferito a Carlo Coppola, segretario dell’associazione Armeni Apulia e presidente del Centro studi “Hrand Nazariantz”, una “Medaglia di gratitudine” assegnata dal presidente della Repubblica d’Armenia Vahagn Khachaturyan.

«Da un giorno all’altro è scomparso tutto». L’emergenza umanitaria dei rifugiati dal Nagorno-Karabakh (Domani 07.01.24)

Dopo decenni di indipendenza de facto, nell’indifferenza della comunità internazionale, il 1 gennaio la Repubblica dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) ha smesso di esistere; 100mila profughi scappati in Armenia hanno perso il posto che chiamavano casa

TORINO – 19 gennaio 2024 – Presentazione libro “Un genocidio culturale dei nostri giorni. Nakhichevan: la distruzione della cultura e della storia armena

Save the date

Il volume curato da A. Arslan e A Ferrari, Un genocidio culturale dei nostri giorni. Nakhichevan: la distruzione della cultura e della storia armena,  Guerini e Associati, Milano 2023 verrà presentato il 19 gennaio alle 18.00 a Torino, presso la Regione Piemonte (interverranno l’assessore M. Marrone, A. Ferrari e M. Ruffilli).
Lo stesso sarà presentato il 23 gennaio a Roma, alle 19.00, presso la Camera dei Deputati dove interverranno
A. Arslan, A. Ferrari, G. Centemero, Presidente Gruppo Parlamentare di Amicizia Italia Armenia e M. Pizzo, Direttore del Museo Centrale del Risorgimento.

Karekin II: «Crediamo nell’alba della nostra nuova vita, perché l’oscurità non può essere una barriera all’alba» (Korazym 06.01.24)

 Oggi 6 gennaio 2024, il Patriarca Supremo della Chiesa Apostolica Armena e Catholicos di tutti gli Armeni, Sua Santità Karekin II, ha celebrato la solenne Divina Liturgia della Santa Natività e dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo nella chiesa di San Gregorio l’Illuminatore a Yerevan. Ha salutato gli Armeni di tutto il mondo, concludendo la sua omelia con la notizia celeste: «Cristo è nato e si è rivelato. Buone notizie per voi e per noi».

In riferimento agli avvenimenti dell’anno scorso in Artsakh ha detto: «Artsakh rimase solo durante i giorni dei disastri. Gli Armeni dell’Artsakh sono stati sfollati con la forza dalla loro patria e sono diventati dei senzatetto. (…) Portiamo il nostro incoraggiamento patriarcale al nostro popolo sfollato dall’Artsakh. Carissimi, avete superato e superate con impareggiabile spirito eroico e insuperabile e con dignità, le difficoltà che vi hanno afflitto. Per noi l’Artsakh non sarà mai dimenticato. Continueremo a custodirlo nei nostri cuori e nelle nostre anime, facendo ogni sforzo per proteggere i diritti degli armeni dell’Artsakh. Rimanete pieno di speranza, Dio provvederà e vi darà benedizioni per le difficoltà che avete sopportato. Non siete soli nelle vostre difficoltà. Sono con voi i vostri fedeli fratelli e sorelle nel nostro Paese e nella Diaspora, che continueranno a sostenervi e ad aiutarvi con tutti i mezzi possibili. Insieme usciremo dalla difficile situazione e costruiremo un futuro pacifico, prospero e sicuro per il nostro popolo e la nostra Patria».

«Un anno fa, il Natale era sotto assedio nel Nagorno-Karabakh, ma almeno era nella patria dell’Artsakh. Ora le nostre chiese nell’Artsakh sono silenziose, prive di preghiere e liturgia» (Siranush Sargsyan).

Omelia di Sua Santità Karekin II
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

«Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
In passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità (Efesini 5,8-9).
Carissimi amati fedeli,
oggi, nella festa della Santa Natività e dell’Epifania, la nostra nazione armena, sebbene addolorata e affranta, ma con fede incrollabile, incrollabile nella volontà e piena di speranza, si inchina davanti a Cristo bambino, che dalla grotta di Betlemme risplende come luce e salvezza al mondo intero. Con belle parole di lode, il commovente cantico ci trasmette la meraviglia della Santa Natività. “O Madre di Dio, tabernacolo di luce, tu sei diventata l’aurora del sole di giustizia e hai dato la luce a quelli di noi che siedono nelle tenebre”.
La nascita del Salvatore è un invito a passare dalle tenebre alla luce, a Dio, e a stare sempre con il Signore, per diventare degni delle benedizioni celesti e dell’eternità. Rifiutare il Dio incarnato, però, porta disastri, diffonde male e distruzione. La festa del Santo Natale viene celebrata oggi dall’intero mondo cristiano con la preghiera e la richiesta che la vita dell’umanità sia piena di rinnovamento in Cristo e che le nazioni e gli Stati possano trovare le vie della pace e della convivenza armoniosa in un mondo attuale pieno di disagio e conflitti.
Nel XXI secolo, il nostro popolo ha nuovamente subito perdite, è stato sottoposto a nuove prove, che purtroppo non siamo riusciti a superare a causa di complicati eventi geopolitici, nonché per aver deviato dalla via del bene, della giustizia e della verità.
La bontà tra noi è stata guastata dalla zizzania della malizia e del tradimento, la giustizia è stata trasformata in nepotismo e castigo, la verità è stata mutilata e distorta da bugie e atti malvagi.
Tali vizi hanno causato anche divisione nella nostra nazione, divisione degli sforzi, sconfitte e perdite dei nostri santuari e della vita dignitosa. In questo modo, Artsakh rimase solo durante i giorni dei disastri. Gli Armeni dell’Artsakh sono stati sfollati con la forza dalla loro patria e sono diventati dei senzatetto.
Ma il Signore, che con la sua nascita ha portato la luce nelle tenebre, mostra che presso Dio ogni tribolazione si trasforma in vittoria, ogni sofferenza in ricompensa divina, ogni difficoltà in forza e potenza, e anche la morte si trasforma in eternità. Con tale consapevolezza e impegno, uniamo i nostri sforzi per superare le prove e riflettere la verità delle parole dell’evangelista nella nostra vita: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno sopraffatta” (Giovanni 1,5).
Carissimi fedeli in patria e nella diaspora, nella festa della Santa Natività e dell’Epifania, il nostro messaggio patriarcale è che non dobbiamo trasformare i nostri cuori in caverne buie e fredde di disperazione e dolore, ma trasformarli in mangiatoie illuminate dalla presenza di Cristo, dove regnano l’impulso e il desiderio di offrire opere gradite a Dio a Gesù Bambino. Ora, affidiamoci al Signore che si è fatto uomo, rimaniamo forti nella fede, siamo pionieri della bontà, dell’amore e della verità ovunque, per il bene della nostra vita giusta e luminosa. Cerchiamo di essere zelanti per il rafforzamento del nostro Stato e unirci insieme per fermare con tutte le nostre forze le ambizioni espansionistiche e le invasioni dell’Azerbajgian. Eliminiamo le distanze create artificialmente tra noi, viviamo nell’amore gli uni per gli altri, affinché le vigne della nostra nazione e della nostra patria siano illuminate dalla benedizione celeste, come è detto nelle Scritture: “Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata” (Matteo 4,16).
Ispirati dal mistero di speranza della festa della Santa Natività e dell’Epifania, portiamo il nostro incoraggiamento patriarcale al nostro popolo sfollato dall’Artsakh. Carissimi, avete superato e superate con impareggiabile spirito eroico e insuperabile e con dignità, le difficoltà che vi hanno afflitto. Per noi l’Artsakh non sarà mai dimenticato. Continueremo a custodirlo nei nostri cuori e nelle nostre anime, facendo ogni sforzo per proteggere i diritti degli Armeni dell’Artsakh. Rimanete pieno di speranza, Dio provvederà e vi darà benedizioni per le difficoltà che avete sopportato. Non siete soli nelle vostre difficoltà. Sono con voi i vostri fedeli fratelli e sorelle nel nostro Paese e nella Diaspora, che continueranno a sostenervi e ad aiutarvi con tutti i mezzi possibili. Insieme usciremo dalla difficile situazione e costruiremo un futuro pacifico, prospero e sicuro per il nostro popolo e la nostra Patria.
Crediamo nell’alba della nostra nuova vita, perché l’oscurità non può essere una barriera all’alba. Con la luce del mattino, la luce luminosa di Dio risplenderà nelle nostre anime, come supplica il cantico di San Narsete il Grazioso. E, come dice il Signore per mezzo del profeta: “La mia vittoria è vicina, si manifesterà come luce la mia salvezza” (Is 51,5a).
Con tanta abbondanza di speranza e di fede, con la buona novella del Santo Presepe, portiamo il nostro fraterno saluto ai titolari delle Sedi gerarchiche della nostra Santa Chiesa: a Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, al Patriarca armeno di Gerusalemme, Sua Beatitudine Nourhan Manoukyan, al Patriarca armeno di Costantinopoli, Sua Beatitudine Sahak Mashalyan, ai Capi delle Chiese sorelle, chiedendo la benedizione del Salvatore e il sostegno per anni fruttuosi nel loro ministero pastorale. Portiamo il nostro amore patriarcale e i nostri cari auguri al clero della nostra Santa Chiesa e a tutto il nostro popolo fedele.
In questo giorno benedetto della Santa Natività, inviamo la nostra preghiera al nostro Salvatore, il Signore.
O Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti sei incarnato per la nostra salvezza e sei venuto al mondo con il tuo infinito amore per l’umanità e hai portato la luce delle grazie celesti nelle anime di tutti coloro che credono in te. Dona pace e prosperità al mondo e alla nostra madrepatria. Liberaci da ogni male e da ogni infermità, dona conforto ai nostri cuori turbati e addolorati dagli orrori della guerra e dalle pesanti perdite. Perdonaci e concedici il perdono, affinché i peccati e i fallimenti non ci blocchino la strada per realizzare i nostri sogni e le fonti della tua infinita bontà e inesauribile misericordia. Proteggi con la tua santa mano i nostri coraggiosi soldati che sorvegliano i confini della madrepatria. Riportate subito indietro gli Armeni catturati e tenuti in ostaggio, nonché i nostri dispersi [*]. Concedi il riposo e la luminosità celestiali ai nostri eroici martiri morti in guerra.
Fa’ che la tua presenza luminosa risplenda in mezzo a tutti gli Armeni, come nel presepe di Natale, affinché insieme a te possiamo affrontare con forza tutte le prove e procedere verso il futuro vittorioso del nostro popolo, glorificandoti con il Padre e lo Spirito Santo ora e sempre e nei secoli dei secoli.
Cristo è nato e si è rivelato.
Buone notizie per voi e per noi».

[*] Argishti Kyaramyan, il Capo del Comitato Investigativo dell’Armenia, ha dichiarato al Primo Canale: «In questo momento sono detenuti 23 connazionali confermati dall’Azerbajgian, 17 dei quali sono persone catturate a seguito dell’aggressione del 2023. Abbiamo le prove della sparizione forzata di 32 persone dopo la guerra dei 44 giorni, che abbiamo presentato a organizzazioni sovranazionali». Inoltre, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha indicato misure provvisorie nei confronti di 22 prigionieri; tuttavia, l’Azerbajgian nega che queste persone siano state fatte prigioniere.

Vai al sito