L’Azerbaigian ha lanciato una campagna mediatica contro la Russia. Il pretesto è chiaro: il presunto uso di missili russi contro obiettivi azeri nei giorni finali della guerra nel Nagorno Karabakh dell’anno scorso.
La campagna è iniziata il 2 aprile, quando l’agenzia statale di sminamento dell’Azerbaigian Anama ha annunciato di aver trovato resti di due missili Iskander esplosi mentre stava rimuovendo gli ordigni a Shusha. Questa notizia ha riacceso la controversia sull’uso o meno dei missili da parte dell’Armenia durante la guerra, una questione che in precedenza aveva portato a una grave crisi politica in Armenia, ma da cui l’Azerbaigian aveva scelto di rimanere fuori, riporta Bne Intelligence.
Quando il primo Ministro armeno Nikol Pashinian aveva affermato a febbraio che l’Armenia aveva usato i missili Iskander, ma che “il 90% di essi non è esploso”, il presidente azero Ilham Aliyev aveva deriso Pashinian per aver fatto “un altro fiasco”.
Come accade di solito in questo tipo di casi, gli alti funzionari azerbaigiani, tra cui Aliyev, sono stati relativamente silenziosi. Il 12 aprile, all’inaugurazione ufficiale di un nuovo “Parco dei Trofei Militari” dove gli Iskander erano in mostra, ha detto: «Gli armeni hanno sparato a Shusha con questi missili Iskander-M. Da dove hanno preso questi missili i militari armeni? Non avrebbero dovuto averli».
Il giorno dopo, Aliyev ha riferito che in una conversazione telefonica con il suo omologo russo Vladimir Putin, due settimane prima, e ha detto: «Abbiamo discusso questa questione. Su mio ordine, il ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha inviato una lettera ufficiale con fotografie, prove. Ma finora non abbiamo ricevuto alcuna risposta».
Il lavoro più sporco, nel frattempo, viene fatto da fonti semi-ufficiali che accusano direttamente Mosca. Il Cremlino nega tutto: il portavoce di Putin, Dmitriy Peskov, ha confermato che gli Iskander (di qualsiasi varietà) non erano stati usati nella guerra e che non avevano informazioni sulla provenienza delle prove dell’Azerbaigian.
In passato, l’Armenia ha effettivamente ottenuto la variante M dalla Russia: nel 2018 Kommersant citando fonti dell’industria della difesa russa, aveva detto che l’Armenia avesse ottenuto una divisione dei sistemi Iskander M nel 2016. «perché l’Armenia non aveva altre opzioni per difendersi in caso di un attacco azero al Nagorno-Karabakh».
Le prove pubblicamente disponibili, però, non provano se sia stata usata la versione E o la M. A questo punto, però, la domanda, ancora senza risposta, è cosa Baku stia ora cercando di ottenere da Mosca.
Non sembra che ci sia una questione specifica, ma piuttosto un’insoddisfazione generale per il nuovo ruolo della Russia come mediatore unico tra le due parti, compresa la missione di pace.
La diade Russia-Azerbaigian è probabilmente la relazione più importante per determinare i futuri contorni del conflitto. È stato l’intervento della Russia dopo la vittoria dell’Azerbaigian a Shusha che ha impedito all’Azerbaigian di completare rapidamente la sua conquista di tutto il Nagorno-Karabakh, ed è la missione di pace russa che rimane l’unica cosa che protegge i civili armeni rimasti oggi in Karabakh. Non è chiaro come la Russia abbia convinto l’Azerbaigian a fermare la sua offensiva, e non è chiaro come Mosca intenda convincere Baku a prolungare il mandato della missione di pace quando scadrà alla fine del 2025.
L’Azerbaigian potrebbe anche appoggiarsi alla Russia in modo che la Russia a sua volta si appoggi all’Armenia per fare alcuni dei passi che l’Azerbaigian ha chiesto, come ritirare le forze militari armene dalla regione e fornire le mappe delle mine terrestri che la parte armena ha posato durante la guerra. Tutte queste trattative sono opache, tuttavia, e la Russia non vuole scoprire le sue carte. Un paio di altri sviluppi questa settimana hanno solo aggiunto al numero di parti in movimento.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-20 09:40:532021-04-20 15:42:20AZERBAIGIAN. Baku attacca Mosca sui missili Iskander usati in Nagorno Karabakh (Agcnews 20.04.21)
Pesaro è una città dalle architetture preziose e uniche; architetture romane, medievali, rinascimentali, barocche, neoclassiche, liberty, eclettiche, moderne. Vi sono edifici, mura, orti e complessi architettonici da recuperare e valorizzare, perché sono parti fondamentali della storia della città.
Bisogna difendere tutto questo, per evitare che sia sacrificato al nuovo “razionalismo” che è tornato a diffondersi in Italia e che propone brutti edifici, spesso di edilizia pubblica, in sostituzione di quelli storici, che spesso richiedono importanti risorse per tornare all’originario splendore.
A Pesaro sta per nascere anche il Parco urbano di scultura, un percorso nell’arte monumentale contemporanea che ha pochi uguali nel nostro paese. Il Parco presenterà in un percorso culturale – e contemporaneamente turistico – le sculture di artisti contemporanei di primo piano disseminate per la città, dopo una serie di interventi di restauro, ricollocamento, valorizzazione.
Farà parte del Parco (che sarà suddiviso in due itinerari) anche un’opera che non tutti i pesaresi conoscono, e che pure è un monumento rappresentativo della migliore arte urbana, realizzato da uno dei più importanti artisti e architetti armeni del nostro tempo: Aslan Mkhitaryan (Yerevan, 1947). Nel 2017 l’opera di Mkhitaryan è stata donata dal sindaco di Yerevan, capitale dell’Armenia, a quello di Pesaro, per sancire l’amicizia tra le due città, resa possibile anche grazie all’azienda Renco, che è presente in Armenia come una delle più importanti società di costruzione del paese.
Per l’occasione l’artista ha realizzato un imponente “kachkar”, parola che in armeno significa “croce di pietra”. I “kachkar” di Aslan Mkhitaryan sono opere moderne, ma si collegano storicamente a una forma d’arte che ha origini antichissime; i primi che conosciamo risalgono al IX secolo. Sono monumenti urbani che hanno la funzione di cippi funerari o di commemorare eventi di grande rilievo. Il “kachcar” di Pesaro, dedicato alle vittime del genocidio armeno, è stato collocato nel verde del Parco Miralfiore. L’artista è celebre per importanti opere di arte urbana monumentale in Armenia e altre nazioni, fra cui l’enorme, ammiratissima Cascata di Yerevan.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-19 15:38:222021-04-20 15:39:57Arte, a Pesaro un “kachcar" dell’artista armeno Aslan Mkhitaryan che ricorda le vittime del genocidio armeno (Viverepesaro 19.04.21)
Con immenso dolore la Congregazione Armena Mechitarista comunica che padre Harutyun vardapet Bezdikian, membro anziano della Congregazione (conosciuto anche come padre Arturo), la Domenica in Albis, 11 aprile 2021, mentre risiedeva nel collegio Armeno Samuel-Moorat di Parigi, ha raggiunto la Casa del Padre.
Il religioso ha operato per lunghi anni nelle scuole Mechitariste di Aleppo, Venezia e Parigi, dove ha avuto un ruolo importante nella formazione umana, cristiana e armena di tanti giovani, ed è stato caporedattore della rivista Bazmavep, nonché autore di diversi articoli e libri sulla Chiesa, cultura armena e la Congregazione. Pittore di talento, ha organizzato diverse mostre e ha ricevuto importanti riconoscimenti.
La celebrazione della Santa Messa e i funerali si terranno lunedì 19 aprile nella chiesa di San Lazzaro in Isola, e le spoglie mortali del padre saranno poi inumate nel cimitero monastico dell’Abbazia.
In osservanza alle restrizioni Covid, i funerali si terranno in forma privata, con la partecipazione dei confratelli monaci e dei familiari, ma la celebrazione sarà comunque trasmessa sulla pagina facebook del Monastero:
In seguito, quando la situazione pandemica sarà migliorata, è intenzione della Congregazione di celebrare una Messa in suffragio di padre Harutyun (Jacques) Bezdikian, che verrà comunicata con congruo anticipo e alla quale potranno partecipare tutti gli amici del Padre e della Congregazione.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-19 15:29:092021-04-19 15:43:21È morto padre Harutyun vardapet Bezdikian: oggi i funerali nell’isola di San Lazzaro degli Armeni (Genteveneta 19.04.21)
Dopo la fine del conflitto in Nagorno-Karabakh, la regione caucasica sta attraversando un periodo di instabilità e incertezza politica, dovuta alla poca chiarezza di alcune clausole dell’accordo di pace dello scorso 10 novembre tra Armenia e Azerbaigian, oltre che all’ingombrante presenza russa. Tra gli strascichi del conflitto, hanno acquisito particolare rilevanza nell’ultimo periodo l’impasse diplomatica nel rilascio dei prigionieri di guerra e la nebulosa gestione dei visti d’ingresso al territorio del Nagorno-Karabakh rimasto sotto il controllo armeno, con il totale blocco degli accrediti stampa per i giornalisti stranieri.
Il blocco dei visti
Tra i principali punti dell’accordo di pace firmato dai capi di governo, Nikol Pashinyan, e Ilham Aliyev, mediato da Vladimir Putin, vi è la dislocazione di 2000 peacekeeper russi nella regione, al fine di garantire la pace e facilitare il passaggio di territori armeni in mano azera avvenuto lo scorso dicembre. Tuttavia, oltre alla missione ufficiale, sembra che il dispiegamento di forze da parte russa sia un pretesto per gestire dall’interno le situazioni più delicate, evitando agli osservatori internazionali di monitorare la situazione.
Tra le notizie più gravi, vi è la quasi totale sospensione del rilascio di visti giornalistici per la stampa internazionale, che fino agli accordi di pace aveva libero accesso al Nagorno-Karabakh. Da febbraio, la nuova procedura di richiesta di visto, che prevede una prima domanda presso il ministero degli Esteri armeno e l’approvazione finale del governo di Stepanakert, ha reso estremamente difficile per i giornalisti stranieri l’accesso alla regione. Come segnalato da Reporters without Borders, diversi giornalisti provenienti da illustri testate quali France24, CNN e The Guardian, si sono visti rifiutare la richiesta di visto dai peacekeeper russi che pare quindi abbiano una voce decisiva sulla procedura.
Tra le domande rifiutate, vi è la testimonianza diretta di un collaboratore di East Journal, che si è visto negare l’accesso dopo aver fatto regolare richiesta. Secondo le parole del nostro collega, la domanda è stata inizialmente accolta dal ministero degli Esteri di Erevan. Tuttavia, dopo circa un mese e mezzo di attesa per la ricezione del visto, la richiesta è stata cancellata dallo stesso ministero, senza addurre nessuna motivazione aggiuntiva.
Le conseguenze della guerra in Armenia e Azerbaigian
Tra le conseguenze più spinose e ancora irrisolte del conflitto, vi è certamente la complessa gestione dei prigionieri di guerra. Come riportato da Open Democracy, circa 240 soldati armeni sono stati catturati dall’esercito azero al termine della guerra e solo 69 di essi sono stati finora rilasciati. Inoltre, gli avvocati per i diritti umani che stanno seguendo il caso affermano che il 10% dei detenuti sono civili. Secondo alcuni giornalisti locali, l’esercito azero, dopo la fine del conflitto, ha violato le norme stabilite dalla Quarta Convenzione di Ginevra, detenendo illegalmente e causando la morte di alcuni civili residenti a Stepanakert, la capitale de facto del Nagorno-Karabakh.
Il 9 aprile è stata diffusa la notizia che un aereo, contenente un gruppo di prigionieri di guerra liberati, era in arrivo da Baku all’aeroporto di Erevan. Tuttavia, una volta atterrato, la folla di parenti che si era radunata al gate di uscita, è rimasta sconvolta nel constatare che l’unico passeggero dell’aereo era Rustam Muradov, leader dei peacekeeper russi. Il ministero degli Interni armeno ha cercato di correre ai ripari, affermando che il processo di liberazione dei detenuti ha subito ulteriori ritardi e denunciando una “violazione del processo umanitario”.
Simili proteste si sono svolte a Baku, dove i familiari di alcuni ufficiali impiegati nel conflitto di ottobre hanno denunciato il loro mancato ritorno. La manifestazione è stata tuttavia dispersa dalla polizia, mentre il presidente Aliyev ha incontrato i manifestanti, promettendo di fare il massimo per risolvere il problema.
D’altra parte, l’amministrazione azera prosegue il processo di celebrazione della vittoria, culminata il 12 aprile con l’apertura di un Parco della Vittoria, dove vengono esposti diversi mezzi militari impiegati durante il conflitto. A testimonianza della vittoria, vi è la scritta “il Karabakh è Azerbaigian”, composta con le targhe di circa 2000 veicoli militari armeni catturati. Tra gli elementi esposti nel museo che hanno destato scalpore sulla stampa internazionale, vi è una collezione di caschi appartenenti ai soldati armeni caduti in battaglia, così come dei manichini che indossano la divisa dell’esercito sconfitto.
L’incerto futuro del Nagorno-Karabakh
Se Baku e Erevan sono alle prese con la difficile gestione delle conseguenze post-belliche, la situazione più difficile è sicuramente quella vissuta a Stepanakert. La crisi politica e umanitaria aperta dal conflitto ha causato un vuoto di potere nella repubblica de facto di cui al momento non si riesce a intravedere la soluzione. Nonostante la sconfitta e la perdita di territori lasciassero pensare che le sue dimissioni fossero imminenti, infatti, il presidente del Nagorno-Karabakh, Harayk Harutyunyan, non si è ancora dimesso e ha nominato il suo avversario alle ultime elezioni, Vitaly Balasanyan, capo della sicurezza della regione. Secondo alcune fonti, nel futuro prossimo potrebbe avverarsi un passaggio di consegne tra i due.
In questa situazione, l’Armenia è caduta in una grave crisi politica che porterà a nuove elezioni a fine giugno, mentre l’Azerbaigian ha avviato una serie di fondi di investimento per la ricostruzione dei territori passati sotto il suo controllo. I risultati del conflitto hanno sostanzialmente ampliato le dinamiche già presenti nella regione caucasica: Baku ha rafforzato la sua indipendenza da Mosca, mentre Erevan sembra essere sempre più dipendente dai russi, come testimoniato dall’ultimo incontro tra Putin e Pashinyan, con quest’ultimo impegnato ad affermare l’importanza dell’esercito russo come garante della pace.
Il 24 aprile, giorno che ricorda il massacro degli armeni, la scrittrice Antonia Arslan sarà ospite a Ferrara per una riflessione a più voci sul genocidio, organizzata dalla Fondazione Teatro Comunale per porre l’attenzione su questa pagina di storia. Le deportazioni e le eliminazioni degli armeni furono perpetrate dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916, e causarono circa 1,5 milioni di morti. Nella stima degli storici, perirono i due terzi degli armeni dell’Impero ottomano. Insieme ad Antonia Arslan, sul palco del Teatro Claudio Abbado ci saranno anche Moni Ovadia, direttore della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara che ha fortemente voluto questo appuntamento, Vittorio Robiati Bendaud, saggista e coordinatore del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia, Claudio Fanton, suonatore di duduk, antico strumento musicale tradizionale armeno.
L’incontro sarà disponibile sabato 24 aprile sul canale Youtube del Teatro Comunale di Ferrara (www.youtube.com/c/TeatroComunalediFerrara). Antonia Arslan è scrittrice e saggista italiana di origine armena. Laureata in archeologia, è stata per molti anni professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. Nel 2004 ha pubblicato il bestseller “La masseria delle allodole” (Rizzoli), che ha vinto numerosi premi letterari (dal Berto Opera Prima al Fenice-Europa, dal Pen Club allo Stresa al Campiello), è stato tradotto in 23 lingue e portato sullo schermo nel 2007 dai fratelli Taviani.
Anche Ferrara ricorda il genocidio del popolo armeno e lo farà ospitando al Teatro comunale “Abbado” il 24 aprile la scrittrice Antonia Arslan, per una riflessione a più voci nel giorno che ricorda il massacro degli armeni, il 24 aprile, appunto.
Sarà un modo per porre l’attenzione su questa pagina di storia dimenticata fino a decenni fa, le deportazioni e le eliminazioni degli armeni furono perpetrate dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916 che causarono circa 1,5 milioni di morti, poichè nella stima degli storici, perirono i due terzi degli armeni dell’Impero ottomano.
Insieme ad Antonia Arslan, sul palco del Teatro anche Moni Ovadia, direttore Fondazione Teatro che ha voluto questo appuntamento e Vittorio Robiati Bendaud, saggista e coordinatore del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia. Con loro anche Claudio Fanton, suonatore di duduk, antico strumento musicale tradizionale armeno. La visione dell’incontro sarà disponibile sabato 24 aprile sul canale Youtube del Teatro Comunale di Ferrara (www.youtube.com/c/TeatroComunalediFerrara). Antonia Arslan, lo ricordiamo, è una scrittrice e saggista italiana di origine armena, laureata in archeologia, è stata per molti anni professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. È conosciuto al grande pubblico dopo aver pubblicato nel 2004 il bestseller “La masseria delle allodole” (Rizzoli), che ha vinto numerosissimi premi letterari (dal Berto Opera Prima al Fenice-Europa, dal Pen Club allo Stresa al Campiello), tradotto in ventitré lingue e portato sullo schermo nel 2007 dai fratelli Taviani. Ma sono tantissime le opere, anche se meno conosciute, con cui la Arslan rivela la sua profonda identità armena, dandole voce e sostanza. —
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-17 14:20:482021-04-19 14:24:59La scrittrice Antonia Arslan a Ferrara con Moni Ovadia il 24 aprile, giorno che ricorda il genocidio degli armeni (Il Messaggero 17.04.21)
New York, 17 apr. – (Adnkronos) – Lo storico e filantropo armeno naturalizzato statunitense Vartan Gregorian, studioso delle civiltà dell’Asia e intellettuale impegnato nel dialogo interculturale, è morto a New York all’età di 87 anni. L’annuncio della scomparsa, avvenuta il 15 aprile, è stato dato dalla Carnegie Corporation di New York, importante fondazione con scopi umanitari di cui era presidente dal 1997, precisando che Gregorian era stato ricoverato in ospedale per accertamenti dovuto al mal di stomaco. Nato da genitori armeni a Tabriz, in Iran, Gregorian era arrivato negli Stati Uniti nel 1956 per studiare storia e scienze umanistiche alla Stanford University. Ha iniziato la carriera accademica come docente all’Università della California, per spostarsi poi all’Università della Pennsylvania, come docente di studi asiatici. E’ stato presidente della New York Public Library dal 1981 al 1989 e rettore della Brown University dal 1988 al 1997. Gregorian è stato insignito di numerose onoreficienze tra cui la National Humanities Medal (1998) e la Medal of Freedom (2004). Era membro del comitato scientifico di Reset-Dialogues on Civilizations.Tra i libri di Gregorian spicca “Mosaico Islam”, pubblicato in italiano da Marsilio nel 2006, con cui ha deciso di spiegare “quello che gli occidentali non possono continuare a ignorare quando parlano di Islam, di una grande e variopinta porzione dell’umanità come se fosse una cosa sola e omogenea”. Lo studioso invita alla comprensione dell’Islam come a “un mosaico e non come un monolite”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-17 13:05:512021-04-18 13:08:01Storico: è morto Vartan Gregorian, spiegò l'Islam come un mosaico e non un monolite (Affaritaliani 17.04.21)
FERRARA – La scrittrice Antonia Arslan sarà ospite a Ferrara per una riflessione a più voci sul genocidio armeno. Nel giorno che ricorda il massacro degli armeni, il 24 aprile, la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara intende porre l’attenzione su questa pagina di storia.
Le deportazioni e le eliminazioni degli armeni furono perpetrate dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916, e causarono circa 1,5 milioni di morti.
Nella stima degli storici, perirono i due terzi degli armeni dell’Impero ottomano. Insieme ad Antonia Arslan, sul palco del Teatro ‘Claudio Abbado’, anche Moni Ovadia, direttore della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara che ha fortemente voluto questo appuntamento, Vittorio Robiati Bendaud, saggista e coordinatore del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia. Con loro anche Claudio Fanton, suonatore di duduk, antico strumento musicale tradizionale armeno. L’incontro sarà disponibile sabato 24 aprile sul canale Youtube del Teatro Comunale di Ferrara (www.youtube.com/c/TeatroComunalediFerrara). Antonia Arslan è scrittrice e saggista italiana di origine armena. Laureata in archeologia, è stata per molti anni professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. Nel 2004 ha pubblicato il bestseller ‘La masseria delle allodole’ (Rizzoli), che ha vinto numerosi premi letterari (dal Berto Opera Prima al Fenice-Europa, dal Pen Club allo Stresa al Campiello), è stato tradotto in 23 lingue e portato sullo schermo nel 2007 dai fratelli Taviani.
VNS – 17apr21 – Il Patriarcato armeno di Gerusalemme ha annunciato il ritrovamento di grande croce armena incisa su una stele, nota come khatchkar (da khatch «croce», kar «pietra»), nel corso della ristrutturazione del giardino armeno, dove si trova un parcheggio, nei pressi della Porta di Sion, all’interno delle mura della città vecchia. Sono venuti alla luce, riferisce terrasanta.net, anche mosaici e monete databili al periodo che va dall’età bizantina all’epoca mamelucca. Il khatchkar è una pietra-croce tipica dell’arte armena, di forma rettangolare; alto circa un metro, “potrebbe risalire al XII secolo o anche prima”, afferma padre Baret Yeretzian, responsabile degli immobili del Patriarcato armeno di Gerusalemme. “Queste sculture sono tipiche dell’arte armena e sono iscritte nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco dal 2010 – spiega padre Yeretzian -. Di solito un khatchkar svolge una funzione votiva per la salvezza delle anime, spesso quella del donatore e della sua famiglia. Sembra essere anche il caso di quello del giardino armeno a Gerusalemme – prosegue il sacerdote – poiché ha un’iscrizione nella sua parte inferiore, dove sono incise in armeno le parole ‘Signore Gesù, ricorda…’”. Più di rado il khatchkar può avere una funzione commemorativa o è ritenuto una protezione dalla sfortuna. La stele del giardino armeno ha una ricca lavorazione di merletti in pietra scolpita, con un intreccio di fregi geometrici curvi o a volute. Al centro vi è una croce armena sotto la quale si trovano due croci. Sopra la croce centrale sono finemente cesellati due grappoli d’uva. L’orientalista francese Jean-Pierre Mahé, specialista in studi armeni, precisa che “la croce rappresenta i favolosi alberi del paradiso, l’albero della vita e l’albero della scienza, i cui frutti Adamo desiderava assaggiare; ma anche il trono glorioso dove Cristo, nuovo Adamo, fu innalzato e sospeso come frutto della conoscenza del Padre”. “Le radici di quest’albero non sono nella terra, anzi salgono verso il cielo – specifica Mahé -, e si caricano di grappoli d’uva e melograni, frutti eucaristici e pegno d’immortalità».
Le monete rinvenute nel corso degli scavi sono di rame, del periodo bizantino e/o mamelucco (1261-1517, ndr). Per padre Yeretzian, la scoperta nel giardino armeno di Gerusalemme, nel suo insieme, è estremamente preziosa. Già lo studioso Vardapet Anestas, nel VII secolo, nelle sue opere, elencava numerose chiese, cappelle e monasteri armeni in Terra Santa, molti dei quali oggi sconosciuti. Si sa che tra il IV e l’VIII secolo d.C. in Terra Santa furono costruiti circa 70 monasteri dalla comunità armena che, intorno al VI secolo d.C., si installò presso il monte Sion, a Gerusalemme. Coordinati dall’Autorità israeliana delle antichità, i lavori hanno inoltre reso visibili pavimenti a mosaico con motivi geometrici e floreali, con tessere bianche, blu e rosse. Secondo padre Yeretzian, a giudicare dallo stile, i mosaici risalgono all’epoca bizantina, ma trovandosi tra le rovine di edifici la cui datazione non è ancora certa, non è possibile fornire ulteriori dettagli. Le immagini del khatchkar saranno ufficialmente rese note all’interno di una pubblicazione scientifica a cura del Patriarcato armeno di Gerusalemme.
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http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-17 13:02:362021-04-18 13:03:35TERRA SANTA Rivenuto a Gerusalemme un khatchkar, una pietra-croce tipica dell’arte armena (Vatican News 17.04.21)
Lunedì 12 aprile 2021, il Presidente dell’Azerbajgian eternamente in mimetica, Ilham Aliyev ha inaugurato nella capitale azera il “Parco dei Trofei di Guerra”. Tra i primi visitatori i partecipanti alla conferenza internazionale “Nuova visione del Caucaso meridionale: sviluppo e cooperazione post-conflitto”, che si è svolta il 13 aprile presso l’ADA University a Baku. Dopo l’apertura di questa mostra, l’Armenia ha accusato l’Azerbaigian di odio razziale e di politica genocida.
Il Presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev inaugura il “Parco dei Trofei di Guerra” a Baku, il 12 aprile 2021.
Nel “Parco dei Trofei di Guerra” sono esposti macchinari, attrezzature ed armi degli armeni catturati durante la guerra di aggressione azera dei 44 giorni tra settembre e novembre dell’anno scorso, durante la quale l’Azerbaigian ha sconfitto l’esercito armene per merito del sostegno della Turchia. L’Azerbajgian ha ottenuto il controllo non solo di una parte del Nagorno-Karabakh, ma anche di diversi distretti persi da oltre trent’anni. La sconfitta dell’Armenia ha portato ad una crisi politica nel Paese, con manifestazioni chiedendo le dimissioni del Primo ministro Nikol Pashinian, accusato di “tradimento” per aver firmato il cessato il fuoco che ha visto l’Armenia capitolare di fronte all’Azerbajgian. Per il giugno prossimo sono state indette elezioni parlamentari anticipate.
Acanto agli oltre 300 reperti in mostra, ci sono anche manichini di cera, che raffigurano i militari delle forze armate armene, presentati in stato di degrado e di umiliazione, e centinaia di caschi ed effetti personali appartenuti a soldati armeni uccisi durante la guerra di aggressione dell’Azerbajgian nella Repubblica di Artskh/Nagorno-Karabakh. Alcuni degli oggetti in esposizione erano stati mostrati già durante la “Parata della vittoria” del 10 dicembre 2020 a Baku, alla presenza del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan [QUI].
“Tutti coloro che visiteranno il Parco dei Trofei vedranno la forza del nostro esercito, la nostra determinazione e quanto sia stato difficile raggiungere la vittoria”, ha detto il Presidente azero in un video pubblicato sul suo sito web. L’Azerbaigian ha descritto la disumanizzazione degli armeni nel suo “Parco dei Trofei di Guerra” come “pratica mondiale ampiamente accettata” (allo stesso modo in cui falsamente afferma che il Nagorno-Karabakh – una regione indipendente a maggioranza armena – è “riconosciuta dalla comunità internazionale come parte dell’Azerbajgian”.
In merito a questo argomento, l’Addetto Stampa dell’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbajgian in Italia, Barbara Cassani ha diffuso un comunicato in cui viene ripreso un Commento del Dipartimento del Servizio Stampa del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica dell’Azerbajgian, divulgato un in relazione alla dichiarazione del Ministero degli Esteri dell’Armenia sull’apertura del “Parco dei Trofei di Guerra” a Baku: “Come è ampiamente accettato nella pratica mondiale, è nostro diritto morale immortalare per sempre questa gloriosa vittoria attraverso parate, parchi, musei e altri strumenti. Per quanto riguarda i manichini dei militari armeni, che hanno preso parte alla guerra, esposti nel parco, è usanza esporre manichini nei musei militari di molti paesi del mondo. Il messaggio di questo Parco e delle composizioni qui esposte è inequivocabile: la grande Vittoria sulla politica di aggressione contro uno Stato e sull’occupazione illegale, è un trionfo del diritto internazionale”.
Il rappresentante del Comitato nazionale armeno d’America, Alex Galitsky ha dichiarato: ” Esporre elmi degli armeni morti e mostrare caricature grottesche di soldati morenti è solo una “pratica accettata” per i regimi genocidi più abominevoli”. Le immagini dei “trofei” di guerra a Baku hanno profondamente scioccato la comunità armena e internazionale.
Il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha denunciato la “degradazione pubblica della memoria delle vittime di guerra, delle persone scomparse e dei prigionieri di guerra” e una “violazione dei diritti e della dignità delle loro famiglie. L’Azerbaigian sta consolidando la sua posizione come centro mondiale dell’intolleranza e della xenofobia”.
L’apertura del parco è “una prova dell’odio contro gli armeni e della politica genocida dell’Azerbaigian”, ha aggiunto il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia, Arman Tatoyan (segue la dichiarazione del 12 aprile 2021).
Lo storico Mher Barseguian ha dichiarato che il “Parco dei Trofei di Guerra ci ricorda le prove della barbarie di Hitler, esposte nei musei di tutto il mondo”, ha aggiunto.
L’eurodeputato Nikos Andrulakis ha definito l’esposizione “un memoriale della barbarie” che “insulta la memoria dei soldati armeni” e ha invitato le organizzazioni internazionali a rispondere a queste “usanze medievali che disonorano l’umanità”. L’eurodeputato Lukas Fourlas, ha fatto appello alla Commissione europea con la richiesta “di agire in relazione all’inaccettabile” parco dei trofei, poiché la sua istituzione “non contribuisce alla pace e alla fiducia nella regione”.
Alexandra Louis, deputata francese di “La République en marche”, il partito del Presidente Macron ha definito “una vergogna” l’apertura del “Parco dei Trofei di Guerra”, aggiungendo che “un regime che vede la morte delle persone, prima di tutto, come una vittoria, non diventerà mai una democrazia”. Ha anche ricordato che, attualmente, molti militari armeni non sono ancora tornati in patria. Lo scambio di prigionieri, così come quello delle salme delle vittime, era previsto dall’accordo di cessato il fuoco trilaterale (Armenia-Azerbajgian-Russia) del 10 novembre 2020.
Il Presidente russo Vladimir Putin, il Presidente azero Ilham Aliyev e il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan partecipano ai colloqui trilaterali sul Nagorno-Karabakh, al Cremlino a Mosca l’11 gennaio 2021. È stato il loro primo incontro faccia a faccia dalla firma, il 9 novembre 2020, della dichiarazione congiunta che ha annunciato il cessato il fuoco completo, l’arresto di tutte le operazioni militari nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh e la consegna alla Repubblica dell’Azerbajgian dei distretti di Aghdam, Kalbajar e Lachin della Repubblica di Artsakh (Foto di Michail Klimentyev/EPA/SPUTNIK/KREMLIN/POOL).
“L’Azerbajgian ha restituito tutti i prigionieri di guerra armeni all’Armenia, come concordato nella dichiarazione trilaterale del 10 novembre 2020”, che ha posto fine all’aggressione azzero-turco contro la Repubblica di Artsakh dell’autunno 2020. Lo afferma in una Nota l’Ambasciatore dell’Azerbajgian in Italia, Mammad Ahmadzada, rispondendo alle accuse mosse da Erevan secondo cui Baku non avrebbe restituito tutti i prigionieri. “Un mese dopo la fine del conflitto – accusa l’Ambasciatore Ahmadzada – l’Armenia ha inviato nel territorio dell’Azerbajgian un gruppo di sabotaggio con l’obiettivo di commettere atti di terrorismo. Tale gruppo si è reso colpevole dell’uccisione di civili e militari azerbajgiani. I membri di tale gruppo sono stati catturati e sono attualmente detenuti in Azerbajgian, ma, in considerazione di quanto esposto, non sono e non possono essere considerati prigionieri di guerra ai sensi del diritto internazionale umanitario”.
Il Ministeri degli Esteri dell’Azerbaigian ha definito le critiche al “Parco dei Trofei di Guerra” una “campagna di menzogne e diffamazione” e ha dichiarato che il messaggio della mostra è quello del “trionfo del diritto internazionale sull’occupazione illegale” del Nagorno-Karabakh da parte delle forze armene. Il parlamentare azero Razi Nurullayev ha scritto su Twitter che il progetto nasce per “informare sui crimini di guerra di Yerevan contro i civili azeri”. “Giustizia, questo è ciò di cui l’umanità ha più bisogno”, ha detto Emin Aslanov della Missione permanente della Repubblica presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, aggiungendo che il parco rappresenta la prova di 30 anni di aggressione contro l’Azerbaigian e il suo popolo.
La Dichiarazione del Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia
Il 12 aprile 2021 a Baku è stato inaugurato il cosiddetto “parco espositivo” relativo alla guerra avvenuta nei mesi di settembre-novembre 2020.
Nel “Parco”, insieme all’equipaggiamento militare armeno, sono stati esposti dei manichini che rappresentano i militari delle forze armate armene, tutti presentati in stato di degrado e di umiliazione. Al “parco” viene fatta la più ampia pubblicità possibile.
Dai video e dalle foto del “parco” pubblicati su internet si evince che la mostra è stata pensata per aumentare e incoraggiare l’odio e l’animosità nei confronti della popolazione dell’Armenia e dell’Artsakh, dei cittadini della Repubblica d’Armenia. Sono state allestite delle scene, realizzate con particolare cinismo con lo scopo di umiliare pubblicamente la memoria delle vittime della guerra, dei dispersi e dei prigionieri di guerra, di recare oltraggio alla dignità e ai diritti delle loro famiglie.
Con lo stesso cinismo sono stati esposti gli effetti personali dei soldati dell’Armenia e dell’Artsakh; sono stati esposti i caschi dei soldati uccisi con la consapevolenza che ciò inevitabilmente causerà ulteriore sofferenza alle famiglie dei caduti, ai popoli dell’Armenia e dell’Artsakh, e genererà odio nella società azera.
Nel “parco” aperto dalle autorità azere sono state allestite anche delle scene che rappresentano i prigionieri di guerra armeni. Questo passo è particolarmente deplorevole in considerazione del fatto che in Azerbaigian ci sono numerosi prigionieri di guerra e civili, a tutt’oggi detenuti illegalmente, in grave violazione delle norme internazionali in materia di diritti umani.
È ovvio che le autorità azere sono ben consapevoli del dolore e della sofferenza che una questione così delicata inevitabilmente causerà alle famiglie delle persone scomparse e dei prigionieri di guerra, nonché alla società armena in generale.
L’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia ha ricevuto numerose segnalazioni e lettere di protesta a questo proposito, ha constatato, inoltre, la presenza di numerosi post allarmanti sui social network.
Il monitoraggio dei social network effettuato da parte dello staff del Difensore dei diritti umani dell’Armenia ha rivelato che gli utenti azerbaigiani dei social network (di cui le prove saranno pubblicate successivamente) hanno fatto dei post di approvazione e di incoraggiamento dell’iniziativa del presidente dell’Azerbaigian, e hanno fatto dei commenti in merito alla mostra che testimoniano esplicitamente l’odio e l’ostilità nei confronti degli armeni.
L’apertura di un “parco” di questo genere conferma palesemente l’esistenza di odio verso gli armeni a livello istituzionale in Azerbaigian, nonché l’esistenza di una politica statale di propaganda di inimicizia. Tale politica è stata portata avanti per anni, e ce ne sono numerose prove concrete e lo confermano.
Le atrocità, le torture, le uccisioni dei militari e dei civili armeni commesse da parte delle forze armate azerbaigiane durante la guerra di settembre-novembre del 2020, durante la guerra nell’aprile 2016 e durante gli altri attacchi armati dell’Azerbaigian sono la diretta conseguenza di questa politica di propaganda di odio.
L’odio sponsorizzato dallo Stato è la ragione per cui i militari delle forze armate azere hanno torturato e ucciso brutalmente i militari e i civili armeni, con particolare cinismo e senza nemmeno coprire i volti e senza pensare alla responsabilità, convinti che per tali azioni saranno solo premiati e elogiati.
Pertanto, l’esposizione allestita nel “parco” dedicato alla guerra di settembre-novembre 2020 conferma chiaramente l’esistenza della politica genocida dell’Azerbaigian nei confronti dell’intera popolazione dell’Armenia e dell’Artsakh.
Questo fenomeno assolutamente feroce dimostra ancora una volta che non dobbiamo lasciarci intossicare da false iniziative azerbaigiane di peacebuilding; tali iniziative solo soltanto delle coperture per ingannare la comunità internazionale.
La presente dichiarazione del Difensore dei diritti umani dell’Armenia sarà inviata alle organizzazioni internazionali, con un’enfasi speciale sul fatto che sono proprio le azioni come queste da parte delle autorità azere che generano atrocità e crudeltà, ostacolano in modo assoluto la pace e la solidarietà nella regione.
Arman Tatoyan
Il Difensore dei Diritti Umani dell’Armenia
12 aprile 2021
Ha scritto Micol Flammini su Il Foglio del 14 aprile 2021: “QUESTA NON È UNA VITTORIA. Il nuovo parco del presidente Aliyev. Gli elmetti armeni esposti a Baku sono un abuso della sconfitta della guerra del Nagorno-Karabakh. (…) Sono gli elmi dei soldati armeni caduti, esposti come trofei, a simbolo della vittoria, della prevaricazione, della fine di una guerra che ha lasciato Yerevan senza pace. Sono i corpi dell’Armenia sconfitta più che le medaglie dell’Azerbaigian vittorioso. Il parco è il segno dolorosissimo di una guerra senza rispetto, in cui il vincitore non è felice della vittoria, ma dell’arroganza che può sfoggiare contro chi è rimasto senza terra, senza soldati, a contare i morti e sorreggere una democrazia giovanissima che ha bisogno di cure, di attenzioni, di pace per non essere danneggiata. Le guerre si vincono e si perdono, ma poi, soprattutto ai vincitori, spetta il compito di rimettere a posto i pezzi della guerra e questo non si fa con una mostra. Altrimenti non è una vittoria, è soltanto l’abuso di una sconfitta” [QUI].
Foto di copertina: Il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev inaugura il “Parco dei Trofei di Guerra” a Baku, il 12 aprile 2021.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-16 18:57:082021-04-16 18:57:08A Baku un “Parco dei Trofei di Guerra” con i caschi dei soldati armeni uccisi durante l’aggressione militare azera-turca contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’abuso di una sconfitta (Korazym 16.04.21)
Dopo l’apertura a Baku di una mostra dei trofei di guerra, in cui sono esposti anche gli elmetti dei soldati armeni uccisi durante il breve e recente conflitto nel Nagorno-Karabakh, l’Armenia ha accusato l’Azerbaigian di odio razziale e “politica genocida”.
Lunedì scorso, il presidente azero Ilham Aliyev ha visitato il Parco dei Trofei, che verrà presto inaugurato nella capitale azera.
Vi saranno esposti macchinari, attrezzature ed armi sequestrate agli armeni durante la guerra dell’autunno 2020. Oltre 300 reperti, inclusi manichini di cera che raffigurano personale militare armeno e deputati europei. Tra gli oggetti in mostra, anche centinaia di elmetti appartenuti a soldati armeni uccisi.
“Tutti coloro che visiteranno il Parco dei Trofei vedranno la forza del nostro esercito, la nostra determinazione e quanto sia stato difficile raggiungere la vittoria”, ha detto il presidente azero in un video pubblicato sul suo sito web.
Lo shock degli armeni e della comunità internazionale
Il ministero degli Esteri armeno ha denunciato la “degradazione pubblica della memoria delle vittime di guerra, delle persone scomparse e dei prigionieri di guerra” e una “violazione dei diritti e della dignità delle loro famiglie. L’Azerbaigian sta consolidando la sua posizione come centro mondiale dell’intolleranza e della xenofobia”.
Le immagini dei “trofei” hanno scioccato la comunità armena di Yerevan. L’apertura del parco è “una prova dell’odio contro gli armeni e della politica genocida dell’Azerbaigian”, ha aggiunto il difensore civico armeno dei diritti umani, Arman Tatoyan.
“Questo è vero fascismo”, dice all’agenzia AFP lo storico 41enne Mher Barseguian. Questo parco trofei “ci ricorda le prove della barbarie di Hitler, esposte nei musei di tutto il mondo”.
Un membro del Parlamento europeo, il greco Nikos Andrulakis, ha definito l’esposizione “un memoriale della barbarie” che “insulta la memoria dei soldati armeni”. Andrulakis ha invitato le organizzazioni internazionali a rispondere a queste “usanze medievali che disonorano l’umanità”
Un altro eurodeputato, Lukas Fourlas, ha fatto appello alla Commissione europea con la richiesta “di agire in relazione all’inaccettabile” parco dei trofei, poiché la sua istituzione “non contribuisce alla pace e alla fiducia nella regione”.
Si è unita al coro delle critiche anche Alexandra Louis, deputata francese del partito di Macron, La République En Marche, e relatrice al Consiglio d’Europa. Ha definito l’apertura del Parco “una vergogna”, aggiungendo che “un regime che vede la morte delle persone, prima di tutto, come una vittoria, non diventerà mai una democrazia”.
Louis ha ricordato che, al momento, molti militari armeni non sono ancora tornati in patria. Lo scambio di prigionieri, così come quello delle salme delle vittime, era previsto dall’accordo di pace trilaterale del 10 novembre 2020.
Anche il Comitato nazionale armeno d’America ha protestato. “Gli elmi cerimoniali degli armeni morti, assieme alla mostra di caricature grottesche di soldati morenti sono pratiche comuni per i regimi di genocidio più disgustosi”, ha detto il rappresentante dell’organizzazione, Alex Galitsky.
La risposta azera
Il ministero degli Esteri dell’Azerbaigian ha rispedito al mittente le critiche armene, denunciando una “campagna di menzogne e diffamazione”. Il messaggio del parco, afferma, è quello del “trionfo del diritto internazionale sull’occupazione illegale” del Nagorno-Karabakh da parte delle forze armene.
Il presidente azero Aliyev, al quale è stato inviato il primo biglietto della mostra, ha richiamato l’attenzione su muro realizzato con targhe di camion militari armeni, sequestrati “nelle terre liberate dall’occupazione”.
Secondo Aliyev, i primi a creare una simile composizione sarebbero stati proprio gli armeni. Dopo la prima guerra del Karabakh, infatti, “gli armeni hanno messo in mostra le targhe delle auto private degli azeri, così da dimostrare che erano stati espulsi dalla terra dei loro antenati”. Una prova, secondo gli azeri, “della pulizia etnica condotta dall’Armenia contro l’Azerbaigian”.
Il parlamentare Razi Nurullayev ha scritto su Twitter che il progetto nasce per “informare sui crimini di guerra di Yerevan contro i civili azeri”. “Giustizia, questo è ciò di cui l’umanità ha più bisogno”, ha detto Emin Aslanov della Missione permanente della Repubblica all’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, aggiungendo che il parco rappresenta la prova di 30 anni di aggressione contro l’Azerbaigian e il suo popolo.
Erdogan tra i primi a vedere i trofei di guerra in parata
Tra i primi visitatori, i partecipanti alla conferenza internazionale “Nuova visione del Caucaso meridionale: sviluppo e cooperazione post-conflitto” che si è svolta il 13 aprile presso l’ADA University. Alcuni degli oggetti in esposizione sono stati mostrati durante la parata della vittoria il 10 dicembre scorso, a Baku. Ospite d’onore: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
La guerra nel Nagorno-Karabakh, una regione indipendente a maggioranza armena ma riconosciuta dalla comunità internazionale come parte dell’Azerbaigian, è ripresa nel settembre 2020 e ha provocato oltre 6mila vittime in sei settimane. Sono stati 2.800 i militari azeri morti in 44 giorni di combattimenti.
Tecnologicamente superiore, l’Azerbaigian ha sconfitto le truppe armene anche grazie all’aiuto della Turchia e ha ripreso il controllo non solo di una parte del Nagorno-Karabakh, ma anche di diversi distretti persi da oltre trent’anni.
Baku e Yerevan si accusano a vicenda di crimini di guerra.
La sconfitta dell’Armenia ha portato ad una crisi politica nel Paese, con manifestazioni contro il primo ministro Nikol Pashinian, accusato di “tradimento” per aver firmato il cessate il fuoco. Sono state indette per il giugno prossimo elezioni parlamentari anticipate.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2021-04-16 18:35:522021-04-16 18:35:52Nagorno-Karabakh, a Baku un parco dei trofei di guerra con gli elmetti dei soldati armeni uccisi (Euronews 16.04.21)
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