USA-Turchia: bloccata la risoluzione sul genocidio degli armeni (Sicurezzainternazionale.luiss.it 22.11.19)

Un membro repubblicano del Senato degli Stati Uniti ha bloccato una risoluzione per il riconoscimento del “genocidio degli armeni” attuato dalla Turchia un secolo fa. La misura rischierebbe di complicare ulteriormente i rapporti tra Washington e Ankara. 

Il senatore David Perdue ha impedito l’approvazione della risoluzione, nata da uno sforzo bipartisan, sostenendo che il passaggio di tale misura in un periodo così delicato “avrebbe minato l’impegno dell’amministrazione Trump per superare le sfide reali delle nostre relazioni bilaterali con la Turchia”. La posizione di Perdue ha causato la rabbia del senatore democratico Robert Menendez, che sostiene fortemente tale risoluzione. “È sorprendente per me che la più grande superpotenza sulla faccia della terra non riesca proprio a dire una verità storica”, ha affermato il senatore democratico. Menendez ha aggiunto che sta insistendo per il riconoscimento di tali atrocità da più di un decennio. “Non ho intenzione di cedere”, ha affermato.

I precedenti tentativi di approvare una risoluzione simile erano falliti a causa dell’opposizione diplomatica turca. La Turchia ammette che molti armeni sono morti a causa di scontri etnici e deportazioni, tra il 1915 e il 1917, durante la prima guerra mondiale. Tuttavia, si oppone con vigore alla definizione di tali morti come “genocidio” e contesta le cifre, sostenendo che abbiano perso la vita non più di qualche centinaia di migliaia di persone. Tale massacro era stato perpetrato dai “Giovani Turchi”, un movimento politico che ha favorito il passaggio dall’Impero Ottomano alla moderna Turchia e di cui faceva parte Mustafa Kemal Atatürk, il padre della patria, considerato un eroe nazionale turco. Riconoscere il genocidio degli armeni, per Ankara, significherebbe ammettere che le fondamenta della Turchia moderna giacciono su un crimine internazionale.

Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha condannato la risoluzione statunitense, sostenendo che fosse “nulla”. “Questa vergognosa decisione di coloro che sfruttano la storia in politica è nulla per il nostro governo e il nostro popolo”, ha twittato Cavusoglu. Nel 2017, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva criticato gli omicidi come “una delle peggiori atrocità di massa del 20° secolo”, ma aveva poi smesso di usare la parola genocidio, in linea con la pratica statunitense. Anche Barack Obama, prima di essere eletto, si era impegnato a riconoscere il “genocidio”, ma non rispetto tale promessa durante i suoi due mandati. Il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha reagito con entusiasmo alla decisione della Camera dei Rappresentanti USA. Con un post su Twitter ha dichiarato che si è trattato di “un coraggioso passo verso il servizio della verità e della giustizia storica che offre conforto anche a milioni di discendenti dei sopravvissuti al genocidio armeno”.

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Maria Grazia Rutigliano

Italia-Armenia: incontro Conte-Pashinyan, focus partenariato Ue e scenario internazionale (Agenzianova 22.11.19)

Roma, 22 nov 15:08 – (Agenzia Nova) – L’incontro di oggi a Roma tra i capi di governo di Italia e Armenia, Giuseppe Conte e Nikol Pashinyan, si è incentrato prevalentemente sul futuro del partenariato tra il paese caucasico e l’Unione europea e sulle questioni più importanti all’interno dello scenario internazionale. Lo ha dichiarato il capo del governo di Erevan durante la conferenza stampa congiunta organizzata al termine dei colloqui. “Diamo grande importanza al sostegno dell’Italia nei confronti di una maggiore cooperazione tra l’Armenia e l’Unione europea, soprattutto nel quadro del processo di liberalizzazione dei visti per i cittadini armeni”, ha detto Pashinyan, valutando positivamente la collaborazione tra militari italiani e armeni in Libano. “Abbiamo poi dedicato particolare attenzione alla situazione in Siria, esprimendo la nostra preoccupazione per l’invasione delle regioni settentrionali del paese da parte della Turchia”, ha aggiunto il premier, auspicando un ulteriore rafforzamento dei rapporti e della cooperazione bilaterale con l’Italia a seguito dell’incontro di oggi. (Ems)

Armenia, ecco chi e come investe in energia nel paese (energiaoltre.it 21.11.19)

Tra le prime realtà italiane in Armenia si possono citare Renco che ha avviato la nuova centrale di cogenerazione a gas di Yerevan e ContourGlobal che sta completando la modernizzazione del sito di Vorotan, principale complesso idroelettrico del Paese.

L’Italia guarda sempre più verso l’Armenia per aprire i mercati dell’export. L’occasione è rappresentata dalla visita del premier armeno Nikol Pashinyan, accompagnato dal ministro dell’Economia Tigran Khachatryan e dal vicepresidente della Banca centrale Nerses Yeritsyan in Italia, presso la sede di Mediobanca.

OBIETTIVO EXPORT PER L’ITALIA

L’obiettivo, naturalmente, è quello di promuovere l’interesse dell’imprenditoria italiana nei confronti del paese, da un lato porta di ingresso verso i mercati dell’Unione Economica Eurasiatica ma anche quello che ha il rapporto di partnership cosiddetta ‘deep and comprensive’ più stretto con l’Unione Europea che le dà la possibilità di partecipare addirittura a numerosi programmi promossi e cofinanziati dall’Ue.

IL SETTORE ENERGIA UNO DEI PIU’ PROMETTENTI. RENCO TRA LE PRIME A INVESTIRE

I settori di potenziale interesse in Armenia sono svariati per le aziende italiane interessate a investire. Dall’energia all’agroalimentare fino al tessile. Per quanto riguarda il settore dell’energia, aperto da tempo al mercato internazionale, gli operatori italiani sono già presenti numerosi. L’italiana Renco, ad esempio, in joint venture con Siemens, ha avviato quest’anno la nuova centrale di cogenerazione a gas di Yerevan (240 Megawatt).Mentre la ContourGlobal sta completando la modernizzazione del sito di Vorotan, principale complesso idroelettrico del Paese.

PRESENTI ANCHE NUMEROSI OPERATORI STRANIERI

Tra gli operatori stranieri, è presente il gruppo Rosatom che ha recentemente riattivato l’unica unità nucleare rimasta attiva (440 Megawatt) della centrale di Metamor la cui vita utile è stata prolungata fino al 2026. Mentre l’olandese Fotowario Renewable si è aggiudicata la gara per costruire a Masrik il primo impianto fotovoltaico di grandi dimensioni (54 Megawatt).

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Mostra Fotografica e Conferenza “Armenia tra Passato e Presente” a Bari (Puglianews24 21.11.19)

BARI – Il centro culturale Casa Mandela di Bari e l’Associazione Armeni Apulia comunicano che il prossimo venerdì 22 novembre alle ore 19,00 presso la sede di Casa Mandela in via Carulli 136 sarà inaugurata la mostra fotografica Armenia: tra passato e presente a cura di Kegham J. Boloyan.

Sarà l’occasione per parlare del popolo Armeno, della sua millenaria cultura, dei suoi valori e degli aspetti più significativi dell’attuale Repubblica di Armenia, indipendente dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.

Insieme al curatore della mostra Kegham J. Boloyan, armeno-siriano e arabista dell’Università del Salento, interverranno Habib Kouadio e Rupen Timurian responsabili delle rispettive associazioni, e gli studiosi Carlo Coppola, Mariam Siranusc Quaranta, Angela M. Rutigliano.

Ad allietare la serata saranno eseguite danze popolari armene a cura dell’Associazione ArtiDea cultura Bari e una degustazione del famoso baklavà/paklavà dolce nazionale armeno.


 

Danni a San Lazzaro degli Armeni, il premier d’Armenia in visita all’isola veneziana (Ilgazzettino 20.11.9)

VENEZIA – Il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan si è recato oggi in visita al Monastero Mechitarista sull’isola di San Lazzaro degli Armeni Venezia per constatare i danni causati dalle acque alte straordinarie della scorsa settimana. Ad accompagnarlo l’assessore comunale alla coesione sociale, Simone Venturini, il prefetto, Vittorio Zappalorto e l’arcivescovo Lévon Boghos Zékiyan. Il direttore della Soprintendenza archivistica e bibliografica del Veneto e del Trentino-Alto Adige, Eurosia Zuccolo Fanelli, presente al sopralluogo, ha fatto sapere che si procederà con un nuovo intervento di asciugatura, nonché di congelamento e liofilizzazione di ciò che è andato sott’acqua dei depositi librari che contengono documenti dal ‘700 ad oggi. Ha annunciato che il Mibact sta valutando di realizzare un progetto più ampio per la costruzione di una nuova biblioteca sull’isola che possa contenere l’intero fondo documentale mechitarista.

«Per noi – ha dichiarato Venturini – il popolo armeno e la congregazione mechitarista sono amici, fratelli, veneziani. Questa visita assume dunque anche un significato simbolico, perché rinnova il legame tra Venezia e l’Armenia e l’impegno a valorizzare sempre più questa straordinaria isola e i tesori che custodisce». L’assessore si è detto «profondamente dispiaciuto» per i danni subiti dall’isola nel suo insieme «ma sollevato nell’apprendere che i veri tesori che sono custoditi nella biblioteca e nella struttura museale e monumentale sono ben conservati e non hanno subito danni».

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(ANSA) – VENEZIA, 20 NOV – Il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan si è recato oggi in visita al Monastero Mechitarista sull’isola di San Lazzaro degli Armeni a Venezia per constatare i danni causati dalle acque alte straordinarie della scorsa settimana. Ad accompagnarlo l’assessore comunale alla coesione sociale, Simone Venturini, il prefetto, Vittorio Zappalorto e l’arcivescovo Lévon Boghos Zékiyan. Venturini si è detto “profondamente dispiaciuto” per i danni subiti dall’isola nel suo insieme “ma sollevato nell’apprendere che i veri tesori che sono custoditi nella biblioteca e nella struttura museale e monumentale sono ben conservati e non hanno subito danni”.
(ANSA).

La deriva turca spiegata con Hannah Arendt. Intervista a Cengiz Aktar (Alganews.it 20.11.19)

Cengiz Aktar è un noto docente di relazioni internazionali in Turchia, ha lavorato sia con l’ONU sia con l’UE, ma soprattutto era tra gli intellettuali turchi più vicini a Hrant Dink, il giornalista di origini armena assassinato nella sua Turchia. Fu allora che Aktar lanciò il suo appello, una richiesta di perdono agli armeni per l’insensibilità mostrata dal suo Paese nei confronti della Grande Catastrofe della quale furono vittime gli armeni ottomani nel 1915.

Aktar, già nel 2013 lei sostenne in un’intervista con Reset che il problema era il leader turco Erdoğan e non il suo partito, l’AKP. È stato lui a creare la “miscela esplosiva”, unendo il proprio autoritarismo al nazionalismo già di per sé autoritario in Turchia? 

Ricordo bene quello che dissi a Reset in quell’occasione e mi piace iniziare da qui se è vero che le cose cambiano vale la pena ricordare che all’inizio del millennio l’AKP era un partito politico veramente riformista, con una leadership collegiale, e in effetti i primi anni portarono a riforme impensabili, molto più profonde di quelle di Mustafa Kemal Atatürk. Ma già allora si poteva scorgere in Erdoğan una tendenza autoritaria, e ciò che era temuto in quel momento oggi è diventato realtà. Le cose sono cambiate drasticamente da allora e oggi siamo in un nuovo regime. Per me la migliore analisi del rapporto tra masse e potere è quella di Hannah Arendt. Poiché non esiste un totalitarismo senza il consenso delle masse, i sistemi totalitari derivano dal consenso delle masse. Il consenso e il sostegno che Erdoğan ha registrato nelle elezioni, specialmente in quelle recenti in cui il regime era già lontano da qualsiasi caratteristica democratica, parlano chiarissimo. Vorrei sottolineare che emerge un magma totalitario fatto di fanatismo religioso e nazionalismo. Diamo un’occhiata ai recenti, terribili sviluppi sul fronte siriano, l’assalto principalmente contro i curdi. La scelta della guerra fatta da Erdoğan ha il consenso dell’80% dei turchi, forse di più. E quelli che lo seguono non sostengono tutti quello che viene chiamato Islam politico, in realtà potrebbero non essere neanche praticanti musulmani, ma sono nazionalisti. Qui possiamo dire che l’Islam politico in Turchia oggi ha adottato l’ideologia dei nazionalisti del primo Novecento, dei tempi del partito del Progresso e dell’Unione. Questo partito, una volta pienamente responsabile del governo nel 1909, ha fatto ricorso al genocidio degli armeni ottomani, che consisteva in una “perfetta” pulizia etno-religiosa.

 

Siamo alla questione curda, che va bel al di là dei confini interessati dal conflitto in atto. Lei non crede che parlare genericamente di questione curda, in termini di solidarietà ai curdi, avalli l’idea di un sostegno a un altro stato etnico, che forse non è quel che si intende fare?  

 Ma come altro fare? Come altro esprimere solidarietà ad un popolo che ne ha assoluto bisogno? Questo è un dovere politico. Forse il punto importante da sottolineare è che qui sosteniamo l’esperimento del Rojava, che non è uno stato curdo, ma un esperimento di autogoverno federale che comprende anche arabi, armeni, assiri, yazidi e turcomanni di Siria. Quello del Rojava è stato un esperimento non etnico e secondo me è soprattutto questo carattere plurale che ha irritato molti in Turchia e certamente ha irritato Erdoğan. A differenza della natura decentralizzata dell’autogoverno del Rojava, la Turchia probabilmente anche più che in altri stati della regione è un paese altamente centralizzato. E sotto la morsa di Erdoğan è ancora più centralizzato, l’uomo è un micro-manager che vuole controllare qualsiasi cosa. L’esperienza del Rojava è in ogni caso l’antitesi del dominio totalitario di Erdoğan. Ecco perché ne ha un odio personale.

 

A questo riguardo, come è stata recepita dall’Islam turco e dalla società turca la dichiarazione sulla fratellanza di Abu Dhabi, firmata a febbraio da Papa Francesco e dall’imam di al-Azhar, lo sceicco al-Tayyeb? La sua idea di Rojava coincide infatti con la loro idea di Stati fondati sulla comune cittadinanza, nel nome di una legge laica e condivisa. È un’altra idea di nazione, che archivia anche nell’Islam l’idea di millet e conduce alla nazione dei cittadini, dove il popolo non è un dato etnico o religioso ma territoriale.

Non credo che deluderò o sorprenderò nessuno dicendo che per i turchi e per l’Islam turco ciò che è accaduto ad Abu Dhabi è un non-evento. Nessuno ha parlato della Dichiarazione qui, tranne quando alcuni ultra-cattolici hanno criticato il Papa per questa iniziativa. Non dovrebbe sorprendere perché in uno dei paesi con la più alta percentuale di musulmani al mondo, la Turchia, non esiste un solo pensatore o teologo musulmano riconosciuto fuori dai confini nazionali. Non partecipano a conferenze o incontri di dialogo perché non sono interessati; sono parrocchiali, isolati. Al tempo dell’Impero ottomano non era così, e forse questo parrocchialismo è un prodotto della nazionalizzazione della religione da parte di Ataturk. L’Islam sunnita era così strettamente controllato dallo Stato che divenne sotterraneo e difensivo.

https://www.reset.it/caffe-europa/la-deriva-turca-spiegata-con-hannah-arendt-intervista-a-cengiz-aktar?fbclid=IwAR3WDsjC2Tnth9rHOUTnwTVerZJzgPUD0-r2yx2bHdKRTkpp0DhRyWP_qqo

Armenia-Italia: al via visita del premier Pashinyan, previste tappe a Venezia, Milano e Roma (Agenzianova 20.11.19)

Roma, 20 nov 08:48 – (Agenzia Nova) – Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan è atteso da oggi in visita ufficiale in Italia. Il premier sarà accompagnato da un’ampia delegazione governativa che lo seguirà nelle sue tappe italiane che saranno Venezia, Milano e Roma. La visita del primo ministro inizia oggi nel capoluogo veneto, dove Pashinyan visiterà l’isola di San Lazzaro degli Armeni, il monastero della congregazione mechitarista. Successivamente, il premier partirà per Milano dove è previsto l’incontro con i rappresentanti della comunità armena. Pashinyan visiterà anche la se dee dell’Istituto italiano di studi politici internazionali (Ispi), dove incontrerà il sindaco di Milano Giuseppe Sala e parteciperà a una discussione dal titolo “Dialogo sul futuro”. Nel capoluogo lombardo, il primo ministro incontrerà anche rappresentanti della regione e dei circoli economici italiani e parteciperà a un forum congiunto bilaterale ospitato presso la sede di Mediobanca. Da Milano, Pashinyan si recherà a Roma, dove incontrerà l’omologo Giuseppe Conte. Al termine dell’incontro, i primi ministri dei due paesi rilasceranno delle dichiarazioni ai media. A Roma, il premier armeno incontrerà anche la presidente del Senato italiano, Maria Elisabetta Alberti Casellati, e il direttore dell’Ice, Carlo Ferro. La visita di Pashinyan prevede inoltre una tappa alla Chiesa cattolica armena di San Nicola e al Levonian Priestly College. (Res)

Il passo avanti di Washington sul genocidio armeno (Ilcaffegeopolitico 19.11.19)

Analisi – La Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato l’attesa risoluzione sul riconoscimento del genocidio armeno, chiedendo ufficialmente al Governo di prendere le distanze da qualsiasi forma di negazionismo. In attesa dell’approvazione anche del Senato, sono numerose le manifestazioni di entusiasmo per questo storico risultato. Tuttavia le autorità turche hanno accolto negativamente l’esito del voto statunitense. Quella del “Grande male” è una ferita vecchia di un secolo che provoca ancora nuove tensioni.

UNA TRAGEDIA FINALMENTE “RICONOSCIUTA”

Un altro importante tassello si aggiunge al doloroso mosaico del genocidio armeno, tragico evento avvenuto tra il 1915 e 1923. Lo scorso 29 ottobre, con una grandissima maggioranza, la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato una risoluzione (H. Res. 296) in favore del riconoscimento ufficiale di tale genocidio. Il documento non vincolante, che invita il Governo statunitense a rifiutare ogni tentativo di negazionismo, ha trovato 405 voti favorevoli su 435 totali. Qualora dovesse esserci anche l’approvazione del Senato, gli Stati uniti si aggiungerebbero ai 29 Paesi che hanno già riconosciuto ufficialmente il genocidio armenoIn principio fu l’Uruguay nel 1965, cui seguirono, tra gli altri, Italia, Francia, Federazione Russa, Canada e Germania. Si annoverano nella lista anche il Vaticano e l’Unione europea.

A margine della seduta è stato diffuso un comunicato con le osservazioni di Nancy Pelosi, Presidente della Camera. Nel testo si evidenzia la gravità della persecuzione subita dagli armeni per mano dell’estinto Impero Ottomano, bollata come “una delle più grandi atrocità del XX secolo”. Una posizione condivisa dall’ex Vice-Presidente Joe Biden, che ha affermato tramite social network quanto il riconoscimento del genocidio onori la memoria delle vittime, concludendo enfaticamente con la frase “never again”. Soddisfazione a lungo attesa soprattutto dalla comunità armena internazionale: l’Assemblea armena d’America, il Comitato Nazionale Armeno per l’America (ANCA) e la Comunità armena di Roma ad esempio, nei rispettivi siti web lodano il risultato finalmente conseguito anche da Washington e condannano lo storico negazionismo turco.

Nella medesima sessione, la Camera ha approvato anche un’altra risoluzione (H. Res. 4695) con la quale si chiedono al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump nuove sanzioni contro Ankara, in risposta all’offensiva turca nel nord-est della Siria. Nei giorni precedenti al voto Eliot Engel, Presidente della Commissione Esteri della Camera, aveva anticipato la prevedibile delusione da parte del Governo turco. In effetti la reazione è stata rapida e dura. Il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu tramite social network ha definito la risoluzione “vergognosa”. Il 31 ottobre il Parlamento turco ha votato a sua volta una risoluzione in cui si condanna fortemente quella approvata a Washington, dove tra l’altro si e recato in visita lo scorso 13 novembre proprio il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.

Fig. 1 – Manifestazione della comunità turca di Washington contro il possibile riconoscimento del genocidio armeno, 24 aprile 2019

IL “GRANDE MALE” NEGATO

Da parte sua il Governo turco non accetta la natura di genocidio relativamente al massacro armeno, di cui si contesta persino la veridicità storica. In tal senso eclatante fu un’iniziativa del 2005, con la quale Erdoğan, allora Primo Ministro, propose all’allora Presidente armeno Robert Kocharian l’istituzione di una commissione congiunta di esperti e storici per analizzare gli eventi del 1915. Kocharian rifiutò la proposta.

Il Medz Yeghern (il “Grande male” in armeno) avvenne principalmente tra il 1915 e l’anno successivo, ma l’evento si trascinò almeno fino ai primi anni Venti. Precedenti eccidi si erano verificati vent’anni prima sotto il regno del sultano ottomano Abdul Hamid II (cosiddetti “massacri hamidiani”), deposto nel 1909 dal movimento nazionalista dei Giovani turchi. Da allora la guida effettiva dell’Impero fu assunta da esponenti del movimento, al cui vertice nel 1913 si costituì il triumvirato dei pascià Mehmed Talaat, Ismail Enver e Ahmed Semal. Il 24 aprile 1915 centinaia di armeni furono arrestati e uccisi in diverse città. Da quel giorno iniziò ufficialmente il genocidio, fatto di torture, deportazioni e pulizia etnica, con un bilancio stimato di almeno 1,5 milioni di vittime. Gli armeni erano d’ostacolo al progetto nazionalista di una grande comunità turca e turcofona che si estendesse dal vicino Oriente all’Asia centrale.

In Turchia parlare del genocidio è perseguibile penalmentel’art. 301 del codice penale puniva, fino al 2008, chiunque offendesse “l’identità nazionale”. Nel caso in oggetto si configurava un reato di vilipendio, e molti casi giudiziari hanno avuto eco internazionale. Nel 2005 allo scrittore turco Orhan Pamuk fu contestata una dichiarazione rilasciata ad una rivista svizzera nella quale parlava apertamente del genocidio armeno. Un altro caso degno di nota riguardò la scrittrice turca Elif Şafak e i riferimenti contenuti in un suo romanzo sull’innominabile genocidio. Nel 2006 le inchieste a carico dei due scrittori furono entrambe interrotte.

Nel 2008, su pressione dell’UE, il Parlamento turco modificò l’art. 301. Il vilipendio verso l’identità turca fu sostituito con la più circoscritta fattispecie contro lo “Stato turco”. Inoltre quello che prima era il minimo della pena, cioè due anni, divenne il massimo, e il procedimento giudiziario poteva essere aperto solo su decisione del Ministro della Giustizia. Nel 2010 la Corte europea dei diritti dell’uomo si pronunciò sul ricorso del giornalista turco di origine armena Hrant Dink, condannato quattro anni prima in Turchia per aver parlato più volte del genocidio armeno nei suoi articoli. La Corte sostenne che le autorità turche violarono il diritto alla libertà di parola del ricorrente sulla base dell’art. 10 CEDU. Dink si era distinto per l’attivismo nei confronti della questione armena e della democrazia in Turchia. Purtroppo non visse abbastanza da vedere la sentenza, poiché fu ucciso nel 2007.

Fig. 2 – Lo scrittore turco Orhan Pamuk, finito nel mirino delle autorità per aver parlato del genocidio armeno su una rivista svizzera nel 2005

I PRECEDENTI TENTATIVI

Prima del successo bipartisan del 29 ottobre vi erano stati altri tentativi di riconoscere ufficialmente genocidio armeno negli Stati Uniti. Nel gennaio 2008, durante la sua campagna elettorale, il futuro presidente Barack Obama promise che questo genocidio sarebbe stato finalmente riconosciuto. Due anni dopo con una mozione non vincolante, votata dalla commissione Esteri della Camera dei Rappresentanti nel marzo 2010, si chiese espressamente a Obama di procedere in tal direzione. La proposta fu lasciata cadere a causa delle pressioni politiche. Tra queste, una forte opposizione vi fu dall’allora Segretario di Stato Hillary Clinton, che invitò i deputati a non votare positivamente onde evitare l’inasprirsi dei rapporti con la diplomazia turca. Una posizione ribadita anche nel 2012, che la rese bersaglio di pesanti critiche da parte del Comitato Nazionale Armeno per l’America (ANCA).

Hillary Clinton non fu l’unica personalità di rilievo ad avanzare riserve. Impressioni simili erano già state condivise da suo marito, Bill Clinton. L’allora Presidente degli Stati Uniti si dichiarò “profondamente preoccupato” in un comunicato del 19 ottobre 2000, nei confronti della risoluzione H. Res. 596. Anche in quel caso, come Clinton stesso affermò, a prevalere erano ragioni di politica estera (tra cui la questione Saddam Hussein), in un’area che va dai Balcani al Medio Oriente, e che vedeva la Turchia come un importante partner strategico da non allontanare.

Fig. 3 – Ilhan Omaruna delle poche deputate democratiche a non aver votato a sostegno della risoluzione del Congresso sul genocidio armeno

Fin dall’inizio del suo mandato Trump ha condiviso le sue posizioni sull’argomento nei comunicati stampa annuali in occasione della Giornata della memoria armena, nella data simbolo del 24 aprile. In quello del 2019 il Presidente esprime cordoglio e vicinanza per gli “eventi orribili” subiti a suo tempo dagli armeni, auspicando un futuro migliore da costruire insieme. Nei tre comunicati diffusi dal 2017 ad oggi non compare mai la parola “genocidio”. Al suo posto è usata l’espressione armena Medz Yeghern.

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Italia-Armenia, il ct Khashmanyan resta senza parole: “la partita di oggi è l’immagine del nostro calcio” (Sportfair.it 18.11.19)

Il commissario tecnico dell’Armenia ha ammesso di essere pronto a dimettersi nel caso in cui la Federcalcio dovesse chiederglielo

La pesantissima sconfitta subita contro l’Italia potrebbe costare cara al ct dell’Armenia, Khashmanyan, impotente davanti alla netta superiorità mostrata dagli azzurri al Barbera.

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Italia-Armenia

Alfredo Falcone/LaPresse

Un ko che potrebbe spingere il commissario tecnico a dimettersi, nel caso in cui la Federazione dovesse chiederglielo: “la partita di oggi ci dà l’immagine del calcio armeno, quando sono stato messo alla guida della Nazionale, ho subito pensato che poteva capitare una situazione simile. Mi prendo tutte le mie colpe. Siamo arrivati qui con una squadra priva di tanti giocatori fondamentali: se i miei dirigenti pensano che io sia l’unico responsabile sono pronto a dimettermi domani, se invece vogliono che continui io devo completamente cambiare la squadra. Mancano le parole per spiegare una partita del genere“.

Per approfondire https://www.sportfair.it/2019/11/italia-armenia-dimissioni-ct-khashmanyan/986498/#deGw5Yx5WHv4jugb.99

Venezia: Primo ministro armeno in visita all’ Isola di San Lazzaro (Adnkronos 18.11.19)

Venezia, 18 nov. (Adnkronos) – Le recenti devastazioni causate dall’alta marea alla città di Venezia e sull’intera area del Convento dei Mechitaristi, non poteva lasciare indifferente l’intera comunità armena e soprattutto il governo dell’Armenia. Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, mercoledì 20 novembre alle ore 10, 30, farà una visita straordinaria presso l’Isola di San Lazzaro degli Armeni, per constatare personalmente i danni causati dall’acqua alta dei giorni scorsi.

Alla delegazione armena faranno parte l’ambasciatrice armena presso il Quirinale, Victoria Bagdassarian e il neo Console generale onorario a Venezia Gagik Sarucanian. Sono previsti inoltre contatti con le autorità locali di Venezia, per scambi di idee, per potere meglio organizzare la ricostruzione delle mura perimetrali danneggiate e dell’intero pian terreno degli edifici.