Dalla Turchia alla Cina, il nuovo gioco azero sui dron (Insideover 19.09.25)

L’Azerbaigian non sembra intenzionato a rallentare. Nonostante la firma di un accordo di pace con l’Armenia ad agosto, Baku continua a investire pesantemente nella propria industria dei droni, trasformando il successo militare nel Nagorno-Karabakh in una vera e propria strategia di lungo periodo. Se Turchia e Israele sono stati i partner chiave per vincere il conflitto, oggi Aliyev guarda a Est, alla Cina, per portare il programma UAV a un livello superiore.

La lezione del Nagorno-Karabakh

La vittoria del 2020 ha dimostrato al mondo il valore della guerra tecnologica: droni Bayraktar turchi e loitering munition israeliane hanno annientato postazioni armene e ribaltato equilibri che parevano immutabili. Per Baku, quell’esperienza è diventata un modello: il controllo del cielo, ottenuto con costi relativamente contenuti, è l’assicurazione sulla sicurezza nazionale. Ma dipendere da fornitori esteri espone a vulnerabilità politiche e logistiche. Per questo nasce l’esigenza di creare una filiera locale, dalla progettazione all’elettronica di bordo.

Pechino entra in gioco

Il viaggio di Ilham Aliyev in Cina, concluso con la firma di 13 accordi bilaterali, ha aperto la porta a una cooperazione più ampia: infrastrutture, logistica, industria automobilistica e – secondo indiscrezioni – tecnologie dual use applicabili al settore UAV. Pechino offre ciò che Baku cerca: componentistica elettronica, software di intelligenza artificiale e sistemi di navigazione avanzata. In cambio ottiene un corridoio strategico nel Caucaso, fondamentale per la Belt and Road Initiative e per aggirare i colli di bottiglia russi e iraniani.

Industria nazionale e know-how

L’Azerbaigian sta promuovendo startup come Synapline, che sviluppa software di data fusion e controllo autonomo, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da Turchia e Israele. L’idea è chiara: integrare tecnologie importate con competenze domestiche per produrre droni su larga scala. Il risultato sarebbe un’industria capace non solo di soddisfare le esigenze militari azere, ma anche di esportare verso altri Paesi del Caspio e dell’Asia Centrale, aprendo nuove fonti di reddito e influenza.

Implicazioni geopolitiche

La scelta di Baku non è neutra. Da un lato consolida l’alleanza con Ankara, che vede rafforzata la propria filiera industriale in cooperazione con quella azera; dall’altro manda un segnale a Israele e all’Occidente: l’Azerbaigian vuole libertà strategica. La partnership con la Cina potrebbe però irritare Washington, che considera il Caucaso un’area di contenimento dell’influenza russa e cinese. Inoltre, un’industria bellica autonoma rafforza il ruolo di Baku nei confronti dell’Armenia, che resta dipendente dal supporto militare russo, oggi indebolito dalla guerra in Ucraina.

Scenari futuri

L’Azerbaigian sembra puntare a una dottrina di “deterrenza attiva”: mantenere la superiorità tecnologica per prevenire nuovi conflitti, ma allo stesso tempo sviluppare capacità di proiezione. Se i progetti con la Cina includeranno anche trasferimenti di tecnologia, Baku potrebbe diventare nel giro di pochi anni uno dei poli UAV più avanzati della regione. Una prospettiva che ridisegnerà gli equilibri nel Caucaso, dove droni e guerra elettronica saranno il vero ago della bilancia.

Vai al sito