Huffingtonpost.it – Il genocidio armeno raccontato dal cinema e dalla fotografia. (9 mar 2015)

Il 24 aprile 2015 ricorrerà il centenario del genocidio del popolo armeno. In quel giorno del 1915, infatti, circa settecento armeni di Costantinopoli furono trucidati per volere de I Giovani Turchi, movimento politico nazionalista che intendeva far diventare l’Impero Ottomano un paese organizzato intorno a una forma di governo di tipo costituzionale. Questo spaventoso evento diede avvio a quello che può essere considerato il genocidio armeno che porterà alla scomparsa tragica e violenta di circa un milione e trecentomila persone.

Il XX secolo iniziò, dunque, con un vergognoso crimine contro l’umanità che ha anticipato di circa venticinque anni la Shoah, ovvero lo sterminio, durante la seconda guerra mondiale, di sei milioni di ebrei europei da parte dei nazisti. Il problema riguardante il massacro che dovettero subire gli armeni all’inizio del Novecento è che ancora oggi sussistono forti sacche di negazionismo. La Turchia non ha formalmente riconosciuto il genocidio armeno e cerca da sempre di sminuire la portata della tragedia restringendo in modo arbitrario e cospicuo il numero dei morti complessivi.

Non c’è dubbio, dunque, che un tale agghiacciante misfatto debba essere al centro di un lavoro sulla memoria, sia a livello socio-politico che a livello artistico-creativo. In campo cinematografico non si contano molte opere sulla materia. Mi vengono in mente, tra le altre, quelle forse più significative: Ararat (2002), del canadese Atom Egoyan (nato a Il Cairo, in Egitto, da genitori armeni), La masseria delle allodole (2007), di Paolo e Vittorio Taviani e The Cut (2014), del turco-tedesco Fatih Akin.

Per quanto riguarda la fotografia, ricordo una mostra a Milano presso il Civico Museo Archeologico, allestita ormai una ventina di anni fa. Si trattava di ottanta immagini scattate dal tedesco Armin T. Wegner (e non solo) negli anni 1915-1916, periodo in cui la deportazione degli armeni e il loro massacro stava assumendo proporzioni spaventose.  Continua