Kazakhstan. L’armeno Pashinyan in visita: il nuovo asse dei corridoi eurasiatici (NotizieGeopolitiche 25.11.25)

di Giuseppe Gagliano –

La visita di Nikol Pashinyan in Kazakistan segna un passaggio delicato nella diplomazia dei corridoi eurasiatici. Astana non solo sostiene l’iniziativa armena Crossroads of Peace, ma si dice pronta a partecipare alla Trump Route for International Peace and Prosperity, l’ambizioso progetto che dovrebbe collegare l’Azerbaigian continentale alla sua enclave di Nakhchivan attraverso il territorio armeno. Il presidente Tokayev ha spiegato con chiarezza la logica kazaka: diversificare, ridurre la dipendenza dalle rotte tradizionali e aprirsi nuove vie verso Ovest, oltre l’Azerbaigian e al di là del Mar Nero. Il Corridoio Zangezur, considerato centrale da Azerbaigian e Turchia, diventa per il Kazakistan un modo per connettersi direttamente alla regione anatolica evitando strozzature geopolitiche.
Per l’Armenia, travolta dalla crisi del Nagorno-Karabakh e dal crollo dell’ordine regionale costruito sul ruolo di Mosca, TRIPP rappresenta una carta politica e strategica. Yerevan tenta di ricostruire il proprio valore negoziale attraverso la diplomazia dei trasporti, presentandosi come attore prevedibile e affidabile in un’area attraversata da rivalità. Da qui la gratitudine di Pashinyan verso Astana per aver ospitato i negoziati fra ministri armeno e azero, preludio all’accordo di pace dell’8 agosto. Dopo quel passo, l’Armenia punta a consolidare un percorso che porti a una stabilità duratura, in un quadro giuridico sostenuto da Washington.
Il trasferimento di sovranità rimane però simbolicamente sensibile. La rotta TRIPP resterebbe sotto legge armena, ma con diritti di sviluppo esclusivi agli Stati Uniti per 99 anni. Una scelta che segnala l’ingresso pieno di Washington nel cuore del Caucaso meridionale e la volontà di Yerevan di bilanciare l’influenza di Ankara e Baku, evitando allo stesso tempo un’eccessiva esposizione ai rischi del riavvicinamento turco-azero.
I due grandi esclusi, Iran e Russia, guardano alla mappa dei nuovi corridoi con crescente sospetto. Per Teheran, la possibilità di perdere l’accesso privilegiato all’Armenia, unico cuscinetto terrestre stabile verso il Nord, mette a rischio la sua strategia regionale. Per Mosca, già indebolita dalla guerra in Ucraina e dalla fine del ruolo di garante nel Karabakh, TRIPP rischia di erodere ciò che resta della sua influenza nel Caucaso. Vedere gli Stati Uniti installare una presenza infrastrutturale quasi secolare in un territorio che un tempo considerava parte della propria zona d’influenza è un segnale politico che va oltre la logistica.
La cornice economica della visita a Astana conferma il cambio di passo: quindici accordi, un partenariato strategico, discussioni su investimenti, digitale, intelligenza artificiale, agricoltura, sanità, commercio e un possibile collegamento aereo diretto. La prima spedizione di mille tonnellate di grano dal Kazakistan all’Armenia è solo un simbolo, ma indica una direzione: lo spazio eurasiatico è in fase di riallineamento, con nuove rotte che cercano di tagliare fuori i colossi tradizionali e redistribuire i flussi commerciali.
L’accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian resta sulla carta, in attesa di ratifica. E, come ricordano molti osservatori, il percorso per trasformare TRIPP in un corridoio operativo dipende da equilibri politici che possono cambiare rapidamente. L’Armenia teme l’abbraccio troppo stretto del tandem Ankara-Baku; il Kazakistan vuole evitare di allinearsi a blocchi rigidi; gli Stati Uniti cercano una presenza stabile; Russia e Iran tentano di difendere territori d’influenza in erosione.
La partita non è solo commerciale. È geopolitica nel senso più pieno: chi controlla le rotte controlla i rapporti di forza. E nel Caucaso di oggi, dove vecchi equilibri si sgretolano e nuovi attori avanzano, i corridoi non sono semplici linee sulla mappa: sono la forma contemporanea del potere.

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