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L’operazione geopolitica che ha portato all’accordo tra Armenia e Azerbaigian: nuovi canali per energia e merci che aggirano Putin (Il Riformista 14.08.25)

14 Agosto 2025/in Rassegna Stampa /da adminwp

L’intesa per la pace raggiunta dalle due nazioni ‘grazie’ alla volontà di Washington di ridefinire gli equilibri commerciali e politici dell’area, a discapito della Russia e dell’Iran

Gianclaudio Torlizzi
14 Agosto 2025 alle 16:10

Dietro la facciata di un accordo di pace per chiudere decenni di conflitto tra Armenia e Azerbaigian, si cela un’operazione di ingegneria geopolitica volta a ridisegnare il Caucaso meridionale in chiave filo-occidentale e a mettere Washington nella posizione di arbitro dei flussi commerciali, energetici e digitali dell’area.

Il fulcro è il nuovo corridoio di transito attraverso l’Armenia meridionale che collegherà l’Azerbaigian all’enclave di Nakhchivan, per poi proseguire verso la Turchia e l’Europa. Se gli Stati Uniti assumeranno la regia nella costruzione e gestione dell’arteria, otterranno il controllo di un importante checkpoint. Una leva che permetterà a Washington di colpire l’elusione delle sanzioni, monitorare i flussi dal Caspio e determinare tempi e costi con cui l’Europa potrà ridurre la dipendenza dall’energia russa. La logica è semplice: chi controlla i colli di bottiglia, detta le regole.

L’uscita dall’ombrello russo

Per Erevan, la posta in gioco è la sopravvivenza e l’uscita da un ombrello di sicurezza russo ormai logoro. Al contrario di Baku, è senza sbocco sul mare, povera di idrocarburi, ma ricca di rame, oro e capitale umano. Produce scacchisti di livello mondiale, un fiorente settore informatico e una diaspora politicamente influente. Eppure è strategicamente vulnerabile: incuneata tra Turchia e Azerbaigian, dipendente da Georgia e Iran per l’accesso e ancora legata alla Russia per la sicurezza. In cambio dell’accordo, l’Armenia riceverà addestramento occidentale, tecnologie di sorveglianza di frontiera, investimenti e un flusso stabile di entrate dal transito. Se il progetto verrà realizzato con confini sicuri, regole di arbitrato chiare e flussi finanziari regolari, potrà innescare riforme strutturali e investimenti privati che Mosca non è in grado di offrire. Ma basterà un tradimento delle promesse per provocare un rapido rigetto politico interno.

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Per Baku, l’accordo consolida i guadagni militari del 2023 e garantisce un collegamento più agevole con Nakhchivan e la Turchia, rafforzando al contempo i legami con la finanza, la tecnologia e — potenzialmente — la difesa statunitense. L’Azerbaijan pompa circa 600 kbpd e vanta la più antica produzione petrolifera commerciale al mondo. Nel 1846, il primo pozzo petrolifero trivellato meccanicamente fu scavato vicino a Baku, 13 anni prima del famoso pozzo di Titusville negli Stati Uniti. In cambio, l’Azerbaigian dovrà accettare una maggiore vigilanza occidentale su diritti umani, controlli all’export e spedizioni sensibili. La Turchia, da parte sua, vede avanzare il progetto di “Middle Corridor” che collega l’Asia centrale all’Europa e unisce economicamente il mondo turcofono. Con gli Stati Uniti in cabina di regia, Ankara dovrà però condividere l’influenza con un set di regole americane su dogane, cybersicurezza e finanza, trasformando quello che poteva essere un asse Ankara-Baku in un progetto multilaterale sotto supervisione Usa.

Chi sono i veri sconfitti

I veri sconfitti sono Russia e Iran. Mosca perde il ruolo di mediatore regionale e vede smantellarsi una parte della rete economica caucasica che garantiva canali di elusione delle sanzioni. Teheran si ritrova con un nuovo corridoio commerciale a nord del proprio confine. L’Armenia avrebbe concesso in locazione agli Stati Uniti, per 99 anni, un’area situata nella parte meridionale del Paese per l’istituzione di un corridoio NATO verso il Mar Caspio, interrompendo di fatto il confine con l’Iran. Di conseguenza, l’Armenia non condivide più un confine con l’Iran ai fini commerciali. Entrambi quindi tenderanno a sabotare l’intesa con pressioni di confine, attività per procura e propaganda. Per l’Europa, l’intesa realizza un obiettivo inseguito dal 2014: nuovi canali per energia e merci che aggirano la Russia.

Se gestito dagli Usa, il corridoio garantirà anche un monitoraggio più serrato dei carichi, rafforzando l’applicazione delle sanzioni e le regole commerciali. Avranno benefici anche le repubbliche centroasiatiche, che disporranno di una via d’accesso all’Europa alternativa sia a Mosca che a Teheran. Per Washington, la partita è imprimere il proprio “ruleset” su un crocevia strategico: dominare pagamenti, assicurazioni, compliance, comunicazioni e cybersicurezza per avere piena visibilità dei flussi, beneficiarne e rallentarli se necessario. L’operazione apre spazio a imprese, banche e assicuratori statunitensi, getta le basi per cooperazioni di difesa e intelligence senza basi permanenti e costituisce una polizza d’assicurazione: se l’Europa avrà bisogno di energia o materie prime critiche, saranno gli Stati Uniti a decidere se aprire o chiudere il rubinetto. La cerimonia di pace è la vetrina: il vero trofeo è il controllo del corridoio.

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