Paci Dalò pubblica un disco sul genocidio armeno (video) (Romagna Noi, 11.12.15)

“1915. The Armenian Files”. Sfidando il governo di Erdogan

Un milione e mezzo. Questa è la cifra, feroce, pazzesca, del “genocidio armeno”. Un milione e mezzo di armeni deportati ed eliminati dall’Impero Ottomano. Dai turchi.

L’evento tragico (che prefigura le deportazioni di massa hitleriane) è diventato oggetto letterario (I quaranta giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel, del 1933, e la recente fama di Antonia Arslan da La masseria delle allodole in poi), ma soprattutto di dispute, di discussioni osteggiate dal negazionismo turco. Per fortuna Roberto Paci Dalò non è uno storico, ma un artista eccentrico. Compositore, regista, interprete, cresciuto sotto il totem di John Cage, trent’anni fa ha inventato la compagnia Giardini Pensili e da allora gira il mondo come un profeta «dell’integrazione tra tecnologie analogiche e digitali».

«Non vedo l’ora di tornare a Rimini, però, e chiudermi in casa come un sorcio…», dice lui, ridendo. Nel frattempo, oggi, è il Premio Napoli 2015 (condiviso con Paolo Poli, Bianca Pitzorno e Serena Vitale) a onorare la sua carriera. Ma soprattutto, un disco (che è film, mostra e opera radiofonica, pure), 1915 The Armenian Files, dalla didascalia chiara come il sole («Nel 1915 oltre 1.500.000 armeni vennero trucidati dal governo ottomano in quello che ora ricordiamo come il primo genocidio della storia. Eppure, a un secolo di distanza, il Genocidio non è ancora stato riconosciuto dal governo turco»), strategicamente pubblicato nell’anno del centenario. «Ma il mio lavoro non ha nulla a che fare con il centenario». Davvero? «Credici. Ho cominciato a lavorare con l’Armenia dalla fine degli anni Ottanta».

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