Quando a Baku si stampava in armeno (Assadakah 17.10.25)

Letizia Leonardi (Assadakah News) – Nel 1895 venne pubblicato a Baku, in lingua armena, un volume monumentale intitolato Artsakh, opera del vescovo e storico Makar Barkhudaryants. Raccontava, con rigore e profondità, la vita del popolo armeno nella regione storica dell’Artsakh. Oggi, dopo gli eventi del 2023, quella presenza millenaria è stata cancellata: non c’è più nessun armeno che viva in quella terra.

In questo articolo ricostruiamo il percorso che va dalla testimonianza culturale alla cancellazione materiale, mettendo insieme le parole dei profughi con i dati dei rapporti internazionali.

Makar Barkhudaryants nacque nel 1823 nel villaggio di Khantsakh, citato per la prima volta dallo storico Arakel Davrijetsi negli anni 1630, ma fondato, secondo le tradizioni locali, già nel 1537 dai principi Haykazyan. Nella sua opera Artsakh egli annotò con cura i villaggi, le genealogie, le pratiche religiose, l’organizzazione sociale del popolo armeno in quella regione.

Nel corso del tempo, il suo libro divenne una delle fonti storiche più autorevoli per conoscere l’Artsakh armeno prima delle trasformazioni politiche del XX secolo.

Ma che cosa è avvenuto da allora?

Tra il 19 e il 20 settembre 2023, l’Azerbaigian lanciò un’offensiva militare fulminea in Nagorno-Karabakh (Artsakh). Le forze armene si arresero in meno di 24 ore, e quasi 120.000 armeni etnici furono costretti a fuggire. Stando a Human Rights Watch, molti intervistati raccontano di aver abbandonato le case con nulla se non i documenti e un cambio di abiti.

Il rapporto Driven by Fear spiega che molti fuggivano non solo per le armi, ma per la paura latente e la mancanza di fiducia nelle promesse delle autorità azere.

Secondo Freedom House, una missione internazionale di accertamento, ha concluso che il regime azero ha “deliberatamente svuotato Nagorno-Karabakh della sua popolazione etnica armena”. La strategia combinava blocco, intimidazione, distruzione culturale e poi trasferimento forzato.

Nel rapporto Why Are There No Armenians in Nagorno-Karabakh?, si afferma che “la nazione armena fu soggetta a regolari attacchi, privazioni e un’espulsione pianificata da parte dello Stato azero”.

Anni prima dell’offensiva, Baku aveva già cominciato una strategia di assedio: dal dicembre 2022, il Corridoio di Lachin, unica via terrestre che collegava l’Artsakh all’Armenia, fu bloccato o interrotto ripetutamente. Questo determinò carenze gravi di cibo, medicine, carburante e materiali essenziali per la vita quotidiana.

In particolare, il Fact-Finding Report sulla guerra di 44 giorni (2020) segnala che decine di chiese, monasteri e monumenti furono vandalizzati o distrutti, e l’origine armena attribuita falsamente ad alcune strutture è stata negata.

Molti profughi non credono in un ritorno reale. Le garanzie azere vengono viste come dichiarazioni di facciata, non come impegni effettivi.

Un tempo, a Baku si stampava Artsakh in armeno, come tributo culturale e storicità di un popolo. Oggi, quell’opera è un testimone muto, l’ultimo segno di una presenza che non esiste più sul terreno.

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