Rivista Terrasanta: i cristiani in Iran sono una presenza plurisecolare (AgenSir 18.06.25)
Su una popolazione di 90 milioni di abitanti, sono poche centinaia di migliaia i cittadini iraniani che professano il cristianesimo. In Iran rimangono solo 150mila cristiani armeni (apostolici, cattolici ed evangelici), 30mila assiri, 24mila cattolici caldei e latini e una manciata di cristiani ortodossi. La comunità armena è la più antica e numerosa. Il suo nucleo è nella città di Isfahan, nell’Iran centrale. L’ultimo numero della rivista Terrasanta, il bimestrale fondato dalla Custodia di Terra Santa, a Gerusalemme, nel 1921, riporta un’ampia descrizione della presenza cristiana in Iran a partire dai monumenti più rappresentativi come la cattedrale di Vank, intitolata a San Salvatore, la chiesa di Bedkhem (Betlemme), la chiesa di San Nicola, la chiesa dedicata al Battista, alla Vergine e a san Gregorio l’Illuminatore, colui al quale si deve la conversione del popolo armeno al cristianesimo. Scrive Giuseppe Caffulli, direttore responsabile della rivista: “Gli armeni sono presenti nell’attuale Iran da millenni, interagendo prima con l’antico impero persiano e, successivamente, con i sovrani musulmani sciiti” facendo fiorire una ricca economia grazie al commercio della seta, la stampa dei libri. In breve tempo, “Isfahan divenne una città prospera, dove i cristiani vivevano in armonia con i musulmani”. “In questi giorni – annota Caffulli – mentre l’Iran e la stessa città di Isfahan sono bersaglio degli attacchi israeliani, val la pena ricordare la presenza – per quanto oggi meno numerosa rispetto al passato – di un’antica comunità cristiana. Le diocesi cattoliche sono sei: quattro di rito caldeo (la cui sede patriarcale è a Baghdad, in Iraq), una armena (ad Isfahan appunto) e una latina, affidata nel 2021 al frate minore conventuale di nazionalità belga, il card. Dominique Joseph Mathieu”. Secondo il direttore ci sarebbe anche “la presenza di una comunità sommersa, costituita da convertiti dall’islam, soprattutto appartenenti a chiese evangeliche o pentecostali, che praticano la loro fede principalmente in ambienti domestici per sfuggire alle restrizioni imposte dal regime”. Nonostante la Rivoluzione iraniana e l’avvento al potere degli ayatollah nel 1979, abbia spinto molti armeni a lasciare il Paese, i cristiani apostolici armeni restano ancora oggi la più grande comunità non musulmana in Iran e continuano a professare la loro fede e ad avere un ruolo attivo nella società, con rappresentanza anche in parlamento. Un quarto di essi vive nell’area di Isfahan, di cui circa ottomila nello storico quartiere di Nuova Jolfa, ambito anche dai musulmani. Cristiani, ebrei e zoroastriani furono riconosciuti in Iran come ‘minoranze religiose’ nella Costituzione del 1906. Nel 1928 venne garantita loro rappresentanza parlamentare. Nel 1943 ottennero anche l’autonomia per gli aspetti del diritto civile che riguardano la famiglia: matrimoni, divorzi, testamenti e adozioni. La Repubblica islamica, di fatto, ha confermato queste prerogative, nel rispetto però delle leggi islamiche: controllo di programmi scolastici, divieto di consumare alcolici e giocare d’azzardo. In più le donne devono coprire i capelli e rinunciare ai cosmetici (in pubblico). Altra caratteristica dei cristiani armeni dell’Iran è quella di far parte di associazioni benefiche, culturali e sportive, fondamentali per trasmettere lo spirito cristiano e la cultura armena. Delle oltre 24 scuole armene che un tempo educavano i bambini della comunità, solo la metà ha oggi un preside armeno; le altre sono dirette da musulmani, segno dell’ingerenza dello Stato nell’educazione. Nella Repubblica islamica dell’Iran, specie lontano da contesti come quello di Now Jolfā, non è semplice per i cristiani (armeni e non solo) mantenere la propria identità in una società pervasivamente musulmana.
Fonte: Agensir

