Sui timbri dell’Armenia non ci sarà più il monte Ararat (Il Post 22.10.25)
A partire dal prossimo 1° novembre l’Armenia modificherà i suoi timbri ufficiali (per esempio quelli usati per i passaporti) per eliminare l’immagine del monte Ararat, che da secoli è considerato un simbolo nazionale. La decisione non avrà grosse conseguenze pratiche, ma il governo del primo ministro Nikol Pashinyan lo fa per eliminare un possibile motivo di scontro con il vicino Azerbaigian, suo storico rivale.
Il problema dell’Ararat, un imponente massiccio di 5.137 metri, è che non è in Armenia ma in Turchia, un alleato molto stretto e molto potente dell’Azerbaigian: vari politici turchi e azeri hanno equiparato la sua presenza sui simboli ufficiali armeni a una rivendicazione territoriale, e da tempo fanno pressioni sul governo armeno per chiedere che venga tolto. Dall’ultima guerra tra Armenia e Azerbaigian, finita nel 2023, Pashinyan sta facendo varie concessioni agli azeri e ai loro alleati, per provare a normalizzare i rapporti ed evitare nuovi scontri.
In Armenia però l’Ararat è dappertutto: è sullo stemma ufficiale del paese (ed era anche su quello della Repubblica socialista sovietica di Armenia, quando faceva parte dell’Unione Sovietica); dà il nome a noti marchi di birra e sigarette; è sulle calamite e sulle cartoline che si trovano nei mercatini per turisti, ed è anche un nome maschile molto comune. Anche la capitale Yerevan è stata progettata (con l’ultimo piano urbanistico, del 1924) come una sorta di balconata che affaccia sulla montagna, che con buone condizioni meteorologiche è visibile da molti punti panoramici. È inoltre considerato sacro dalla tradizione popolare, e oggetto di tantissimi poemi e dipinti di artisti armeni.
Oggi la stragrande maggioranza degli armeni non emigrati vive nell’area ristretta e senza sbocchi sul mare dell’attuale Armenia, ma per millenni la popolazione aveva abitato una regione molto più grande, che comprendeva tra le altre cose anche l’Anatolia orientale, dove si trova l’Ararat (o almeno quella che dal Medioevo viene identificata come tale). Il monte ha quindi fatto geograficamente parte dei territori della grande Armenia per molto tempo; nei secoli è poi passato sotto il controllo di vari imperi che si sono avvicendati (tra cui quello ottomano, persiano e russo), ed è in quella che oggi riconosciamo come Turchia dal 1921. I turchi lo chiamano Ağrı Dağı.
Oltre alle ragioni storiche ci sono quelle culturali e religiose. Lo storico armeno Mosè di Corene, vissuto nel V secolo, scrisse che il suo popolo discenderebbe dal patriarca Noè e la sua storia sarebbe intrinsecamente legata alla montagna: è qui che secondo la tradizione cristiana si incagliò la celebre arca durante il diluvio universale, ed è sempre qui che secondo una leggenda locale il patriarca Hayk (un discendente di Noè) sconfisse i babilonesi e fondò la nazione armena. In tempi più recenti la montagna è diventata il simbolo di uno degli eventi più traumatici della storia del paese: fu infatti nella regione dell’Anatolia orientale che all’inizio del Novecento si compì buona parte del genocidio degli armeni, quando più di 1,5 milioni di persone di etnia armena furono uccisi e moltissime altre furono costrette a scappare per le persecuzioni a cui erano sottoposte nell’Impero ottomano.
Nonostante la grande importanza che l’Ararat ha nell’immaginario nazionale armeno, oggi il primo ministro Pashinyan propone di sostituirlo sui timbri ufficiali con l’Aragats, che è la montagna più alta dell’Armenia moderna (4.090 metri) e una destinazione turistica molto amata. La sua posizione non mette in difficoltà il governo, ma non ha neanche lontanamente il simbolismo legato all’Ararat.
Gli sforzi di Pashinyan per sostituire l’immagine dell’Ararat hanno a che fare con gli eventi nel Nagorno Karabakh, una regione separatista che si trovava in Azerbaijan ma fino al 2023 era governata in modo indipendente ed è storicamente abitata principalmente da persone di etnia armena. Armenia e Azerbaijan hanno combattuto varie guerre nel Nagorno Karabakh: due anni fa, con un’occupazione lampo, l’Azerbaigian prese il controllo militare del territorio e costrinse decine di migliaia di armeni a fuggire.
Dopo questi sviluppi, Pashinyan ha provato a sopprimere ogni spinta separatista e normalizzare i rapporti con l’Azerbaigian. Anche la decisione di eliminare l’Ararat dai propri simboli va in questa direzione, nonostante le rivendicazioni territoriali di una parte degli armeni riguardino tutt’altri territori (il Nagorno Karabakh è a est dell’Armenia, mentre l’Ararat a sudovest).
Tra le altre cose Pashinyan ha fatto appendere nel suo ufficio un quadro gigante che rappresenta le quattro vette della montagna, e ha fatto una serie di dichiarazioni che invitano il popolo armeno a dimenticare l’Ararat per favorire la pace. «Hai costruito la tua casa nei tuoi confini ma sui muri esterni hai dipinto un’immagine che comunica al tuo vicino che non merita ciò che ha», ha detto di recente. «Ogni nostra azione – sia una dichiarazione o un timbro – non dovrebbe lanciare messaggi pericolosi ai vicini della Repubblica armena».

Il monte Aragats nell’ufficio del primo ministro armeno, 10 gennaio 2024 (dal sito del governo armeno)
Non tutti in Armenia sono d’accordo. Edmon Marukyan, un ex alleato di Pashinyan ora all’opposizione, ha fatto causa al governo sostenendo che l’eliminazione dell’Ararat dai timbri d’ingresso violi la Costituzione, che cita espressamente l’Ararat nella descrizione dello stemma nazionale armeno.
