Visto per voi a teatro: “Viaggio in Armenia” di Silvio Castiglioni (SanMarinofixing 15.12.25)

Una guida turistica poetica, ma solo all’apparenza: dentro e dietro al “Viaggio in Armenia” – come del resto anche nei lavori precedenti portati in scena da Silvio Castiglioni – la sensazione è che il primo messaggio che arriva in platea sia solamente la prima statuina di una matrioska: fedele alla sua idea di drammaturgia per il palco – una drammaturgia profonda, che scava per riportare in superficie un messaggio forte -, anche in questo monologo, ospitato il 14 dicembre alle 18 nello spazio di CastOro Teatro (Rimini) e della durata di 55 minuti, il “viaggio” del titolo è un pre-testo per un percorso più verticale.

Il punto di partenza è fissato in una data, 1933, quando Osip Mandel’štam scrisse una poesia conosciuta come “Epigramma a Stalin” in cui lo definì il “montanaro del Cremlino”: poesia che gli costò la vita. La narrazione poi si allarga, come un sasso in uno stagno: Mandel’stam, inviato in Armenia per documentare le strategie del dittatore, si sofferma – come poi avrebbero fatto, anni più tardi, Ryszard Kapuscinski e Paolo Rumiz – sull’antropologia culturale e sociale degli abitanti, persone orgogliose e fiere che soffrono il giogo dell’URSS.

Dalla costruzione dello spettacolo, curata in ogni dettaglio, emerge un elemento totemistico di grande impatto: una teca di vetro, una sorta di prototelevisione, da cui Castiglioni racconta l’anima più sincera e nascosta degli Armeni.

Un lavoro egregio di un testo altrettanto meraviglioso, non semplicemente recitato da Silvio Castiglioni ma “vissuto” sulla pelle (che a un certo punto dello spettacolo si toglie dal viso) con la consapevolezza di una rinnovata attualità del tema e con la necessità, ancora più urgente, di far riscoprire il cuore del teatro: il luogo dello sguardo. Diverso dal luogo del semplice vedere.

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