249° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Al Consiglio di Sicurezza dell’ONU altre belle parole. Servono azioni (Korazym 17.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.08.2023 – Vik van Brantegem] – Quello che doveva succedere, purtroppo sta succedendo. L’Artsakh non è più in stato di pericolo mortale: l’Artsakh è in agonia, sta morendo. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha consegnato all’Azerbajgian già l’atto del decesso, firmato in bianco, co belle parole di condoglianza e RIP. La storia ci dirà la data del decesso e delle esequie, nello stesso modo in cui ci insegna che l’anno 1915 è la data del genocidio armeno commesso dai fratelli Turchi Ottomani degli Azeri nomadi Tartari.

Dopo la Shoah, degli studiosi come i non esperti, si sono chiesti come sia potuto accadere un genocidio così orribile. Quello che pochi si rendono conto è che poco più di due decenni prima, qualcosa di stranamente simile era già successo, il genocidio armeno dei Turchi Ottomani, che ha funzionato come esempio per il genocidio ebraico dei nazisti.

Sebbene rimanga ampiamente trascurato e in alcuni casi completamente negato, i Turchi Ottomani uccisero circa 1,5 milioni di Armeni tra il 1915 e il 1923 nel genocidio armeno. Fra il 1939 e il 1945 circa 6 milioni di Ebrei vennero sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich con l’obiettivo di creare un mondo più “puro” e “pulito”. Alla base dello sterminio vi fu un’ideologia razzista e specificamente antisemita che affondava le sue radici nel XIX secolo e che i nazisti, a partire dal libro Mein Kampf di Adolf Hitler del 1925, posero a fondamento del progetto di edificare un mondo “purificato” da tutto ciò che non fosse “ariano”. Oggi si sta svolgendo un altro genocidio, mentre l’Azerbajgian sostenuta dalla Turchia sta cercando di far morire di fame i 120.000 Armeni in Artsakh. Ogni promessa di “mai più” suona vuota se il mondo civilizzato non ferma il genocidio degli Armeni in Artsakh da parte dell’Azerbajgian.

Nel frattempo si può leggere sugli account social azeri dei frasi diretti ai rappresenti democraticamente eletti del popolo dell’Artsakh, iniziando con il Presidente, come questa: «Siete tutti criminali privati di ogni segno di umanità. State mentendo alla vostra gente, facendole morire di fame mentre manipolate la situazione e le informazioni perché tutto ciò a cui pensate è salvarvi il culo». Tutta la narrazione di Baku riassunta in poche parole brutali.

La riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per discutere su richiesta dell’Armenia del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, che da 8 mesi isola la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia e dal resto del mondo, ha avuto luogo ieri sera a New York.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è occupato della situazione di questi Armeni dell’Artsakh portati alla loro “attenzione” dal Rappresentante permanente dell’Armenia presso le Nazioni Unite. Abbiamo preso atto di quanta “attenzione” i rappresentanti del mondo hanno dedicato all’Artsakh nella loro chiacchierata. Sono state ripetute tutte le condanne e anche gli appelli a togliere il blocco dell’Arsakh, ma ancora una volta, tutto rimane come prima. Vedremo cosa ci porterà l’ulteriore lavoro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in merito all’esame della questione del blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian, con il sostegno della Turchia e della Russia. Ci ritorneremo se ci fossero aggiornamenti importanti, ma non teniamo il fiato sospeso.

Ieri abbiamo assistito un’altra volta alla liturgia sconclusionata di questa organizzazione multilaterale come mai prima d’ora. Se vogliamo riassumere brevemente le posizioni degli Stati membri sulla questione principale discussa, la situazione è la seguente:

1. Stati Uniti, Francia, Unione Europea, Regno Unito, Malta, Gabon e altri Paesi hanno chiesto inequivocabilmente all’Azerbajgian di aprire il Corridoio di Lachin, citando la decisione della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite.

2. In linea con il piano dell’Azerbajgian, sostenuto dalla Russia, il rappresentante russo ha affermato che sia la strada di Aghdam che il Corridoio di Lachin dovrebbero essere aperte contemporaneamente. Pertanto, durante la sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la Russia ha messo in forse la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 promossa Putin. La Russia propone di aprire la strada di Aghdam, anche se non è stata menzionata nella dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. In altre parole, la Russia suggerisce di rompere la linea di contatto tra Azerbajgian e Artsakh, definita da Putin nella dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Secondo questo documento, l’unico percorso che collega l’Artsakh al mondo esterno è il Corridoio di Lachin attraverso l’Armenia. La proposta per la strada di Aghdam è un’iniziativa illegale dell’Azerbajgian, sostenuta dalla Russia, che non ha mosso un dito per impedire il blocco del Corridoio di Lachin, né per riaprirlo. Oggi, con la parola, la Russia si è ufficialmente opposta alla dichiarazione del 9 novembre 2020, allineandosi con l’Azerbaigian, come d’altronde era già chiaro nei fatti.

3. Azerbajgian e Turchia (due Paesi, un fascismo), invece, hanno proposto di utilizzare la strada di Aghdam per gli aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh.
Mentre l’intero mondo civilizzato riconosce il fatto del blocco dell’Artsakh, le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, della Corte dei Diritti dell’Uomo Europea, di varie organizzazioni e istituzioni per i diritti umani, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti abbiamo assistito ad un attacco all’intelligenza:
a. Da parte del rappresentante della Turchia che nega il blocco da parte dell’Azerbajgian e alla giustificazione del blocco del Corridoio di Lachin.

b. Da parte del rappresentante dell’Azerbajgian, che fa da megafono agli assassini azeri che affermano che gli Armeni in Artsakh cantano, ballano e celebrano matrimoni durante il #ArtsakhBlockade. Non nega più il blocco dell’Arsakh, anzi, come il suo “fratello amichevole” turco, lo giustifica, ma nega che c’è una crisi umanitaria in Artsakh. Mentre la Croce Rossa, le organizzazioni umanitarie internazionali e gli esperti internazionali lanciano il SOS sulla situazione in Artsakh e evidenziano che i carichi umanitari non possono entrare in Artsakh a causa del blocco (imposto dall’Azerbajgian con il sostegno della Russia), il rappresentante dell’Azerbajgian mostra al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite numerose foto dai social network azeri, “come gli Armeni muoiono di fame in Karabakh” con feste e matrimoni sontuosi. Dice: «Guarda la storia di Instagram di questa persona che vive in Artsakh, sta mangiando una torta». All’ONU, il rappresentante della nazione aggressore, guerrafondaia e genocida afferma che tutto quanto detto sul #ArtsakhBlockade è una bugia e una provocazione degli Armeni. Il rappresentante diplomatico negazionista dell’Azerbajgian, mentre mostra delle fotografie fake già distribuite a catena dai bot azeri sui social: «Le persone sono felici e hanno biscotti molto gustosi». Abbiamo visto la diplomazia azera al suo meglio: sembrava di vedere un diplomatico di Hitler che stava nega la Shoah mentre i campi di sterminio erano in piena attività.

Per riassumere il pomeriggio di ieri a New York, concludiamo con le parole di Ruben Vardanyan, già Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh: «Desidero esprimere la mia gratitudine ai rappresentanti degli Stati membri dell’ONU che hanno usato un linguaggio appropriato in merito alla chiusura del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian. Tuttavia, gli Stati membri delle Nazioni Unite non hanno una comprensione precisa della situazione a causa della loro impossibilità di accedere al Nagorno-Karabakh. Di conseguenza, potrebbero non comprendere appieno la gravità della circostanza. Sebbene gli appelli siano significative, sono necessarie azioni tangibili per evitare qualsiasi ulteriore deterioramento. Imploro le Nazioni Unite di inviare una missione per testimoniare la realtà sul campo. Sono fiducioso che, a seguito di questa esperienza diretta, saranno risoluti nell’intraprendere azioni definitive per contrastare la politica di genocidio dell’Azerbajgian».

Il tempo delle parole è scaduto da tempo. Servono azioni.

Appello di un gruppo di intellettuali turchi

Ieri, Gercek News, un agenzia stampa turca con sede a Colonia in Germania, ha riferito che un gruppo di «intellettuali turchi si uniscono per rompere il blocco del Nagorno-Karabakh e scongiurare la catastrofe» [QUI] (nostra traduzione italiana dall’inglese): «Politici, scrittori e difensori dei diritti umani dalla Turchia si sono uniti per lanciare un appello alla comunità globale, sollecitando un intervento immediato per alleviare la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh causata dal blocco dell’Azerbajgian.

Mentre il blocco imposto dall’Azerbajgian sul Corridoio di Lachin entra nel suo nono mese e la regione un tempo vivace del Nagorno-Karabakh sta barcollando sull’orlo di una terribile crisi umanitaria, un gruppo di intellettuali, scrittori, politici e difensori dei diritti umani turchi si sono uniti per lanciare un appello convincente alla comunità globale, sollecitando un intervento immediato per alleviare le sofferenze e prevenire una potenziale catastrofe.
L’implacabile blocco, approvato dal governo di Baku e rafforzato dal sostegno di Ankara, non solo ha isolato la popolazione armena del Nagorno-Karabakh, ma ha anche instillato preoccupazioni per un genocidio incombente. Questa grave situazione ha spinto un gruppo di influenti personalità turche ad alzare la voce, sostenendo un’azione internazionale per fermare il blocco e offrire un’ancora di salvezza ai residenti assediati.
Il cuore dell’appello risiede nella convinzione che sia inaccettabile aspettare che si verifichi una catastrofe umanitaria prima di agire.
“È evidente che le forniture essenziali non sono in grado di raggiungere il Karabakh e i residenti sono intrappolati senza accesso a cure mediche urgenti. Con l’aggravarsi della crisi e a conferma delle preoccupazioni internazionali, il dittatore di Baku Ilham Aliyev continua a minacciare apertamente e continuamente la popolazione del Karabakh. A tal punto che l’ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha pubblicato un articolo significativo che caratterizza le azioni di Aliyev in Karabakh come genocidio”, afferma la dichiarazione del gruppo e invita tutti gli Stati, le organizzazioni internazionali, in particolare gli Stati Uniti Nazioni e la Croce Rossa Internazionale, e il pubblico internazionale ad assumere una posizione proattiva.
“Proprio come il blocco di Berlino è stato rotto con i ponti aerei nel 1948-49, chiediamo la rottura del blocco del Karabakh attraverso le rotte di rifornimento aereo, ponendo così fine a questa tragedia umanitaria”, il dichiarazione afferma».

Ripensando la proposta di un ponte aereo umanitario per l’Artsakh

Innanzitutto, si nota che in questo appello di un gruppo di intellettuali turchi non viene chiesto l’apertura del Corridoio di Berdzor (Lachin), che sarebbe la cosa più coerente, giusta, logica ed efficace da fare.

Inoltre, viene sostenuta la proposta di un ponte aereo umanitario per l’Artsakh, che gli ultimi giorni è stata avanzata da più parte sui media. Questo ci ha portato a fare una riflessione.

Dobbiamo innanzitutto comprendere, che lo scopo del blocco dell’ingresso all’Artsakh/Nagorno-Karabakh tramite il Corridoio di Berdzor (Lachin) è:
1. Costringere gli Armeni che vivono in Artsakh a scegliere tra:
a. Lasciare l’Artsakh.
b. Accettare la cittadinanza azera.
c. Morire di fame.
2. Fare pressione sull’Armenia per fare ulteriori concessioni all’Azerbajgian.
Con una qualsiasi di questi quattro punti soddisfatti, l’Azerbajgian avrebbe consolidato i risultati della sua interrotta guerra del 2020 contro l’Artsakh. Le forze di mantenimento della pace russe non avrebbero più alcun mandato per rimanere in Artsakh, incluso il Corridoio di Berdzor (Lachin), il che sarebbe una buona notizia per l’Unione Europea russofoba.

Forzare un porte aereo in quello che l’Azerbajgian – e (purtroppo anche) la comunità internazionale – considera il suo spazio aereo sovrano, facendo atterrando aerei cargo all’aeroporto di Stepanakert dell’Artsakh equivale a forzare l’entrata in Artsakh attraverso il confine tra Armenia e Artsakh, bloccato dall’Azerbajgian presso il ponte Hakari all’entrata del Corridoio di Berdzor (Lachin). Se gli aerei cargo potessero essere forzati, lo stesso si potrebbe fare con le decine di camion già in coda al valico di frontiera di Kornidzor. E quest’ultimo è infinitamente più facile.

Nessuno Stato consente agli aerei, come suggerito, di oltrepassare i propri confini senza profonde conseguenze. Se la comunità internazionale si fosse sentita in dovere di aiutare concretamente gli Armeni dell’Artsakh e non solo con parole, avrebbe potuto farlo negli otto mesi del blocco trascorsi, soprattutto nelle ultime settimane con decine di camion di rifornimenti umanitari in coda al confine di Kornidzor. La realtà è che la comunità internazionale non ho propria intenzione di venire in aiuto all’Artsakh. Questa è la cruda e vergognosa verità.

Nel contempo, dall’Azerbajgian arrivano voci crescenti proponendo di fornire aiuti umanitari all’Artsakh dall’Azerbajgian via Aghdam. In precedenza abbiamo riferito già più volte di questa proposta oscena, dimostrando la mancanza di logica e l’assoluta opposizione dell’Artsakh a questa indecenza. La domanda è: ma dopo 8 mesi di blocco è pensabile ricevere aiuto da chi ti sta affamando? L’unica proposta ricevibile è riaprire immediatamente l’autostrada interstatale Goris-Kornidzor-Berdzor (Lachin)-Shushi-Stepanakert. Sulla questione riportiamo la riflessione dell’Iniziativa italiana per l’Artsakh [QUI]:

«In Azerbajgian si sono intensificati vari annunci a favore dell’utilizzo della strada attraverso la città di Aghdam dell’Azerbajgian per fornire aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh/Artsakh.
Ultimo in ordine di tempo a rilasciare dichiarazioni al riguardo è stato Hikmet Hajiyev, Assistente del presidente dell’Azerbajgian e Capo del dipartimento per le questioni di politica estera dello staff presidenziale. Hajiyev ha affermato che l’utilizzo di questa strada è il primo passo sulla via della “reintegrazione degli Armeni del Karabakh”.
Ora ci domandiamo per quale ragione una popolazione di 120.000 persone che da otto mesi è cinta in stato di assedio e che da un paio di mesi sta soffrendo la fame a la carenza di ogni genere di prodotto dovrebbe trovare la propria salvezza da coloro che l’hanno ridotta in queste condizioni.
Gli Armeni dell’Artsakh non stanno soffrendo la fame (è di ieri la notizia del primo decesso ufficialmente riconducibile alla malnutrizione) a causa di una carestia o di avverse condizioni climatiche. Lo stato in cui versa la gente a Stepanakert e nell’area rimasta sotto controllo armeno dopo l’attacco azero del 2020 è unicamente riconducibile a una politica genocida messa in atto da una delle peggiori dittature al mondo, dichiaratamente armenofoba, il cui unico obiettivo è una pulizia etnica dell’area.
Perchè, scegliendo la strada di Aghdam, dovrebbero infilarsi nella bocca del carnefice?
La posizione dell’Azerbajgian è in effetti chiara: far morire di fame la popolazione (che peraltro da mesi è senza gas, con pochissima elettricità e ora anche con carenze idriche) per spingerla nelle fauci di Baku o ancora meglio costringerla ad andare via.
Aprire la strada di Aghdam vorrebbe dire staccare definitivamente il Nagorno-Karabakh dall’Armenia, un salto indietro nella storia di oltre tre decenni ma con una situazione persino peggiorativa dell’epoca sovietica perché a quel tempo per lo meno il Nagorno Karabakh aveva uno status speciale (Oblast Autonomo) che oggi Aliyev gli nega.
Qualsiasi soluzione che non preveda la riapertura incondizionata del passaggio attraverso il Corridoio di Lachin non può essere presa in considerazione».

Anche per un ipotetico ponte aereo, pur nel improbabile caso di un consenso azero, valgono le stesse osservazioni esposte prima.

I rappresentanti della società civile della Repubblica di Artsakh ritengono inaccettabile utilizzare la strada dall’Azerbajgian attraverso Akna (Aghdam) come alternativa al Corridoio di Berdzor (Lachin)

Riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana il testo in inglese della dichiarazione diffusa ieri da Artsakhpress:

«Noi, in qualità di rappresentanti della società civile della Repubblica di Artsakh, desideriamo affermare con fermezza la nostra posizione in merito alle proposte riguardanti l’utilizzo di vie di trasporto alternative al Corridoio di Lachin, in particolare quella attraverso Akna (Aghdam) per l’accesso umanitario all’Artsakh assediato. Sarebbe ingenuo presumere che l’Azerbajgian, che ha tenuto l’Artsakh sotto un brutale assedio per otto mesi, sottoponendo così il suo popolo a una graduale scomparsa, si sia improvvisamente riempito di un senso di umanesimo e abbia scelto di facilitare l’accesso umanitario attraverso il suo territorio.
Indubbiamente, questo serve come un’altra manovra strategica delle autorità azere per giustificare le loro azioni criminali, nascondere le loro intenzioni genocide e minare la dignità del popolo dell’Artsakh con l’obiettivo finale della successiva sottomissione. Le autorità azere stanno impiegando lo pseudo-umanesimo nel tentativo di distogliere l’attenzione della comunità internazionale dalle loro reali ambizioni di pulizia etnica dell’Artsakh e di perpetrare il genocidio, privando i suoi abitanti dell’opportunità di vivere nella loro patria con libertà e sicurezza. Tali azioni sono incompatibili con i principi universali di giustizia e diritti umani.
Il popolo dell’Artsakh non può accettare e non accetterà una simile offerta da un Paese che, appena tre anni fa, ha scatenato una guerra aggressiva contro di loro, occupando le loro città e villaggi, si è ostinato a distruggere i luoghi sacri armeni, ha violato i diritti fondamentali del cittadini dell’Artsakh, provocando deliberatamente e sistematicamente condizioni di vita insopportabili per una popolazione di 120.000 abitanti, che comprende 20.000 persone anziane, 9.000 persone con disabilità, 2.000 donne incinte e 30.000 bambini, e continua a terrorizzare e minacciare i civili con la prospettiva di una rinnovata guerra. Esortiamo la comunità internazionale ad esercitare una maggiore vigilanza e responsabilità nel valutare qualsiasi azione o proposta avanzata dall’Azerbajgian e ad astenersi dal placare le sue intenzioni criminali.
È imperativo impedire la manipolazione di gesti umanitari ingannevoli utilizzati per mascherare atti di aggressione e violazione dei diritti della pacifica popolazione dell’Artsakh. Inoltre, esortiamo con forza tutte le parti coinvolte nella risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh, compresi i Paesi co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, a dare priorità ai bisogni e agli interessi reali della popolazione dell’Artsakh e perseguire una soluzione equa basata sul riconoscimento dei loro diritti, dignità e santità della vita umana. Crediamo fermamente che solo un simile approccio possa aprire la strada a una vera pace, stabilità e prosperità per tutti i popoli della regione. Qualsiasi soluzione proposta per la soluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh che prescinda dal diritto intrinseco del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione deve essere vista come un avallo delle intenzioni criminali di assoggettarlo con la forza al regime autocratico, dittatoriale e anti-armeno dell’Azerbajgian».

Degli Armeni della diaspora, decisi a non stare fermi a guardare mentre l’Azerbajgian fa morire di fame gli Armeni che vivono in Artsakh, da 18 giorni stanno protestando davanti alle Nazioni Unite a New York. I passanti si fermano, leggono i poster, fanno domande e cercano di leggere correttamente la parola “Artsakh”. Le Nazioni Unite rimangono impassibilmente inerte.

Il #ArtsakhBlockade riguarda anche la violazione di un altro diritto umano fondamentale: l’istruzione. L’Azerbajgian non solo priva i giovani dell’Artsakh di gas, acqua, cibo, ma vuole anche che rinuncino alle loro aspirazioni.
«L’assedio dell’Artsakh da 8 mesi da parte dell’Azerbajgian ha privato i suoi giovani della possibilità di perseguire l’istruzione che cercano e meritano. Dobbiamo tutti alzarci in piedi per dare ai giovani come Slava l’istruzione che il mondo deve garantire sia accessibile a tutti. Insieme, combattiamo contro queste ingiustizie e aiutiamo a porre fine al blocco dell’Artsakh» (Zartonk Media).

Il Difensore per i Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha comunicato che il 15 agosto 2023, intorno alle ore 19.30, le forze armate azere hanno aperto il fuoco contro la mietitrice di grano guidata da un residente del villaggio di Myurishen, che svolgeva lavori agricoli stagionali nel villaggio di Avdur. Mentre il cittadino è riuscito a fuggire, la mietitrice è stata gravemente danneggiata e il lavoro agricolo è stato interrotto. Il terrore agricolo dell’Azerbajgian mira a causare sofferenze aggiuntive alla pacifica popolazione dell’Artsakh sotto il blocco da 8 mesi da parte dell’Azerbajgian..

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia ha comunicato che il 16 agosto 2023, intorno alle ore 17.30, le unità delle forze armate dell’Azerbajgian hanno sparato con armi leggere contro gli avamposti di difesa dell’Armenia nelle vicinanze di Norabak nella regione di Gegharkunik dell’Armenia.

Il Ministero della Difesa armeno ha affermato inoltre, che la dichiarazione rilasciata dal Ministero della Difesa azero secondo cui il 16 agosto 2023, alle ore 17.00, unità delle forze armate armene avrebbero aperto il fuoco contro le postazioni di combattimento dell’Azerbajgian situate nella parte sud-occidentale del confine, è un’altra disinformazione.

La dichiarazione diffusa dal Ministero della Difesa azere, secondo cui le forze armate armene avrebbero avviato un tentativo di infiltrazione di sabotaggio nella parte orientale della zona di frontiera, è assolutamente falsa. In precedenza, il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia ha rilasciato una dichiarazione riguardante un riservista e partecipante ad una sessione di addestramento, che aveva lasciato la posizione di combattimento. Le circostanze relative alla comparsa del riservista dalla parte azera sono attualmente sotto inchiesta. In precedenza, il Ministero della Difesa azero aveva riferito che un gruppo sovversivo delle forze armate armene avrebbe tentato di entrare nel territorio dell’Azerbajgian, provocando il ferimento e l’arresto di un membro.

Il Parlamento dei Paesi Bassi sul #ArtsakhBlockade

Prima della sessione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di ieri per discutere del blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, la maggior parte dei partiti politici nella Camera dei deputati del parlamento dei Paesi Bassi, si sono appellati al Primo Ministro e al Ministro degli Esteri affinché intraprendano azioni in linea con la Convenzione per la Prevenzione del Genocidio. Riportiamo il testo dell’interrogazione nella nostra traduzione italiana dal neerlandese:

Paesi Bassi
Camera dei Rappresentanti degli Stati Generali
Ministero degli Affari Esteri
16 agosto 2023

Domande dei membri Omtzigt, Piri (PvdA), Boswijk (CDA), Sjoerdsma (D66), Van der Staaij (SGP), Christine Teunissen (Partito per gli animali), Jasper van Dijk (SP), Eppink (Ja21), Van der Lee (GroenLinks), Ephraim (Ephraim), Van Haga (Groep Van Haga), Baudet (FvD), Ceder (CU), Dassen (Volt), Gündogan (Gundogan), Den Haan (Fractie Den Haan), Sylvana Simons ( Bijl) e Van der Plas (BBB) Ministro degli Affari Esteri e al Primo Ministro in merito alla perizia del Sig. Ocampo che c’è un genocidio contro 120.000 Armeni nel Nagorno-Karabakh.
1. Avete preso atto della perizia del 7 agosto del Sig. Moreno Luis Ocampo, ex procuratore capo presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia, che scrive: “È in corso un genocidio contro 120.000 Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh, noto anche come Artsakh. Il blocco del Corridoio di Lachin da parte delle forze di sicurezza azere che impedisce l’accesso a qualsiasi cibo, forniture mediche e altri beni essenziali dovrebbe essere considerato un genocidio ai sensi dell’articolo II, (c) della Convenzione sul genocidio: “Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita calcolate per provocare la sua distruzione fisica”?
2. Avete preso atto che i comitati esecutivi e consultivi dell’Associazione internazionale degli studiosi del genocidio hanno dichiarato il 1° febbraio 2023 che esistono fattori di rischio significativi per il genocidio nella situazione del Nagomo-Karabakh per quanto riguarda la popolazione armena? [1]
3. Avete letto l’allarme bandiera rossa per il genocidio del 22 giugno 2023 dall’Istituto Lemkin? [2]
4. Condividete l’opinione secondo cui esiste almeno un alto rischio di genocidio nella regione del Nagorno Karabakh e può indicare come è giunto a tale conclusione?
5. In che modo il governo dei Paesi Bassi, insieme o meno ai Paesi dell’Unione Europea (UE), attua l’obbligo positivo di prevenire il genocidio, come deriva dalla Convenzione sul genocidio ratificata dai Paesi Bassi e come riconosciuto dalla Corte Internazionale di Giustizia è stato descritto nel caso Bosnia-Erzegovina c. Serbia e Montenegro?
6. L’Azerbajgian ha attuato la misura provvisoria della Corte penale internazionale del 22 febbraio, vale a dire: “La Repubblica di Azerbajgian, in attesa della decisione finale sul caso e in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, deve adottare tutte le misure a sua disposizione per garantire il libero movimento di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”? [3]
7. Può spiegare in dettaglio quali misure hanno adottato i Paesi Bassi e l’Unione Europea per garantire l’attuazione di questa misura provvisoria?
8. Potete rispondere a queste domande una per una ed entro due settimane?
[1] The International Association of Genocide Scholars (IAGS), 1° febbraio 2023, “Statement Condemning the Azerbaijani Blockade of the Artsakh (Nagorno-Karabakh)” [QUI]
[2] Lemkin Institute for Genocide Prevention, 22 giugno 2023, Red Flag Alert for Genocide Azerbaijan, Update #8 [QUI]
[3] Corte Internazionale di Giustizia, 22 febbraio 2023, “Applicazione della convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale (Armenia c. Azerbajgian) [QUI]

Segnaliamo

– In Karabakh gli Armeni muoiono di fame: “L’Azerbajgian responsabile del genocidio” di Roberto Travan – La Stampa, 16 agosto 2023 [QUI]: «Da otto mesi il Paese non riceve più rifornimenti di cibo, medicine e generi di prima necessità. Interrotte le forniture di gas, acqua potabile ed elettricità. Per 120mila abitanti iniziata una gravissima crisi umanitaria. Ieri deceduta per stenti la prima persona».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]