257° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. L’ossessione-compulsione di Aliyev di annientare l’Artsakh è patologica (Korazym 25.08.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.08.2023 – Vik van Brantegem] – Alcuni membri chiave del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fingono di non essere a conoscenza dei tentativi di emettere una risoluzione sul #ArtsakhBlockade, mentre in realtà ostacolano tutti gli sforzi per ottenere tale risoluzione per esercitare una reale pressione sull’Azerbajgian affinché apre il Corridoio di Berdzor (Lachin) se termina il genocidio armeno 2023. Anche sostenere/favorire un genocidio è un crimine.

Intanto, il capo del quotidiano francese Le Figaro, Jean-Christophe Buisson, ha riferito ieri: «La Francia si prepara a presentare una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per aiutare i 120.000 abitanti dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sull’orlo della fame a causa del blocco imposto all’Azerbajgian. Parigi e le principali regioni francesi inviano la prossima settimana un convoglio umanitario diretto in Armenia». Tale risoluzione, nonostante l’evidente possibilità/probabilità di fallimento per un eventuale veto (russo) potrebbe avere un enorme impatto sulla dinamica della situazione in Artsakh. Oltre 20 camion con aiuti umanitari per l’Artsakh provenienti da Armenia e Francia sono bloccati da quasi un mese a Kornidzor, a ridosso del checkpoint illegale installato dalle forze armata azere presso il ponte Hakari. A chi possono nuocere cibo e beni di prima necessità? Un giorno Ilham Aliyev si dovrà pentire di essere nato.

Non si comprende ancora cosa significa e chi era a bordo, ma ieri il secondo business jet di Yevgeny Prigozhin, che era tornato a Mosca dopo lo schianto del primo nella regione di Tver, poi si è diretto a Azerbajgian, ed è atterrato a Baku.

«”Faccio le mie sincere condoglianze alle famiglie di tutti i morti per la catastrofe aerea. I dati preliminari dicono che a bordo si trovavano dirigenti della compagnia Wagner. Prigozhin lo conoscevo da molto tempo, dall’inizio degli anni Novanta. Ha commesso alcuni gravi errori nella vita, ma ha anche ottenuto i risultati necessari per sé stesso e per il bene comune quando gliel’ho chiesto. Era un uomo di talento, un imprenditore di talento”.
“Era”, appunto. L’uso del passato è il sigillo con cui Vladimir Putin ha confermato indirettamente ai russi e al mondo che Evgenij Prigozhin era sull’aereo precipitato mercoledì pomeriggio a poche decine di chilometri da Mosca. Con il capo della Wagner — lo «chef di Putin», il suo uomo nelle missioni militari più bieche, poi il contestatore troppo assiduo delle élite militari, infine l’imperdonabile ribelle che due mesi fa arrivò quasi a marciare su Mosca — c’erano altre nove persone, tra cui l’intera leadership della milizia mercenaria trasformatasi da corpo scelto del potere putiniano a scheggia impazzita del regime.
Sulla fine di Prigozhin non mancano gli interrogativi. Ma sul fatto che si tratti di un attentato — causato con ogni probabilità da una bomba sull’aereo — e su chi sia il mandante, il mondo ha pochi dubbi» (L’epitaffio di Putin su Prigozhin di Gianluca Mercuri – Prima Ora | Il Punto del Corriere della Sera, 25 agosto 2023).

«La Procura Generale dell’Azerbajgian ha emesso un mandato di ricerca nei confronti di un residente di Khankandi che promuove il separatismo su Telegram, contro di lui sono state adottate misure preventive».

Quindi, mentre l’Azerbajgian sta facendo morire di fame 120.000 Armeni con il suo crudele blocco, ha mantenuto la promessa che gli Armeni nell’Artsakh avranno “gli stessi diritti e libertà” degli Azeri, iniziando un procedimento penale contro un Armeno a Stepanakert per il suo canale Telegram. Kafkiano. Attendiamo di conoscere il suo nome, un’eroi nazionale dell’Artsakh.

L’Azerbajgian apre il Corridoio di Berdzor (Lachin) ma solo in uscita… con inoltre la minaccia di rapimenti. Neanche i morti possono entrare

Ci sono informazioni verificate sulla decisione unilaterale dell’Azerbajgian di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) per le uscite dall’Artsakh (Nagorno-Karabakh) ma non per gli ingressi. La situazione umanitaria resta tesa, con 400 tonnellate di aiuti in attesa all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin). Lo ha dichiarato il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, durante una riunione del governo. Ha affermato che l’unico cambiamento osservato è l’avvio del movimento dei cittadini bisognosi di cure mediche e di altri attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin), facilitato dalla Croce Rossa e dalle forze di mantenimento della pace russe nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Tradotto: l’apertura del corridoio solo per l’uscita dall’Artsakh, come si prevedeva, e spingere la popolazione dell’Artsakh di andarsene con l’uso dell’arma della fame, significa pulizia etnica dell’Artsakh in corso.

La leadership dell’Azerbajgian sta provocando uno scandalo politico internazionale. La diplomazia azera al suo meglio

I media statali azeri hanno riferito che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, non riceverà due politici “a causa della loro posizione filo-armena”. Si tratta dell’attuale presidente in carica dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Anjezë Kasparzik, e il Ministro degli Esteri del Regno del Belgio, Hadja Lahbib. I media azeri hanno riferito che Kasparzik e Lahbib, in visita a Yerevan, da lì avrebbero dovuto recarsi a Baku.

«Durante la sua visita in Armenia, il Ministro degli Esteri belga Hadja Lahbib ha espresso dichiarazioni filo-armene che sono lontane dalla realtà e non corrispondono alla situazione nella regione. Il capo del Ministero degli Esteri belga arriverà oggi in Azerbajgian come parte della visita nella regione», hanno riferito i media statali azeri.

Delle dichiarazione di Lahbib durante i suoi incontri istituzionali a Yerevan abbiamo riferito il 23 agosto [QUI].

Lahbib filo-armeno”? Come? Ha soltanto ribadito la posizione dell’Unione Europea sul #ArtsakhBlockade. Ha esortato l’Azerbajgian ad aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) in ambedue le direzioni, che è un suo obbligo ai sensi della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e degli ordini della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Quindi chiunque si esprime contro la pulizia etnica e la fame di esseri umani come arma è “filo-armeno”?

A Viktor Krivopuskov è stato vietato di entrare in Armenia

All’intellettuale e patriota russo Viktor Krivopuskov, Presidente dell’Associazione russa di amicizia e cooperazione con l’Armenia, è stato negato l’ingresso in Armenia all’aeroporto internazionale Zvartnots di Yerevan. Lo ha riferito il canale Telegram dell’Unione degli Armeni di Russia, secondo cui Krivopuskov era arrivato a Yerevan da Mosca ieri mattina.

In passato Krivopuskov è stato capo dell’ufficio di rappresentanza Rossotrudnichestvo in Armenia dal 2009 al 2013 e Consigliere dell’Ambasciata russa in Armenia.

Il motivo della sua inclusione nell’elenco delle persone indesiderati non è stato reso noto.

Durante il Movimento Artsakh (il movimento popolare di massa sviluppatosi in Armenia tra il 1988 ed il 1992 con l’obiettivo di portare l’Oblast autonomo di Nagorno-Karabakh, prevalentemente popolata da Armeni, dalla giurisdizione della Repubblica Socialista Sovietica azera a quella armena) lavorava per il Ministero degli Interni dell’USSR e fu inviato da Mosca all’NKAO, dove stabilì collegamenti con la resistenza dell’Artsakh e aiutò gli Armeni lì a vario titolo.

Va notato che nelle sue interviste alla stampa armena, Krivopuskov, esperto della storia del popolo armeno, ha difeso chiaramente la necessità del pieno esercizio del diritto all’autodeterminazione del popolo armeno dell’Artsakh e allo stesso tempo ha espresso sorpresa, per usare un eufemismo, per la politica delle autorità della Repubblica di Armenia di non risolvere la questione dell’Artsakh, ma di fallire. Krivopuskov è l’autore del libro Il Karabakh ribelle [QUI].

La dichiarazione della Società della Croce Rossa armena

La violazione da parte della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian dei principi fondamentali del Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha provocato una risposta da parte della Società della Croce Rossa armena
La Società della Croce Rossa armena afferma che il coinvolgimento dell’organizzazione della Mezzaluna Rossa in questioni politiche, in particolare riguardo alla chiusura del Corridoio di Berdzor (Lachin) e dei percorsi alternativi, contraddice il principio di neutralità del Movimento Internazionale della Croce Rossa. Questo impegno nei processi politici è considerato una violazione significativa e va contro i valori umanitari sostenuti dal Movimento.
Inoltre, la Società della Croce Rossa armena esprime preoccupazione riguardo ai tentativi della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian di interferire con le operazioni del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Artsakh (Nagorno-Karabakh). Un esempio di tale ingerenza è l’incidente che ha comporta il rapimento di una persona sotto la protezione del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Per quanto riguarda la spedizione umanitaria bloccata vicino al ponte Hakari dal 26 luglio 2023, la Società della Croce Rossa armena suggerisce che la Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian potrebbe utilizzare le sue capacità umanitarie per incoraggiare la riapertura del corridoio, in linea con i principi umanitari.
La Società della Croce Rossa armena esorta tutti i membri del Movimento Internazionale della Croce Rossa, inclusa la Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian, a sostenere i principi del Movimento e a lavorare in modo collaborativo per compiere efficacemente la missione umanitaria.
Con un’eredità lunga 103 anni, la Società della Croce Rossa armena aderisce ai principi fondamentali del Movimento ed è attivamente impegnata nella gestione delle catastrofi, aiutando le popolazioni sfollate, fornendo assistenza medica e sociale, offrendo primo soccorso, favorendo il coinvolgimento dei giovani e promuovendo i valori umanitari.
In definitiva, l’obiettivo della Croce Rossa è alleviare la vulnerabilità mobilitando sforzi filantropici e offrendo aiuti essenziali a coloro che affrontano sfide socio-economiche.

Le possibilità di un incontro tra Azerbajgian e Artsakh

«Non è escluso che il governo del Nagorno Karabakh accetti l’offerta di incontrare i rappresentanti di Baku in Azerbajgian. Il Ministero degli Esteri del Nagorno-Karabakh ha rilasciato una dichiarazione in cui non rifiuta l’opzione di andare in Azerbajgian, ma presenta anche le ragioni per cui negoziare in Azerbajgian è uno scenario pericoloso.
Ora lo racconterò nel dettaglio, per fare un’idea della situazione. Oggi [24 agosto], in una conversazione con il servizio armeno di Radio Liberty, un alto funzionario dell’Unione Europea ha confermato le informazioni da me riferite ieri [23 agosto], secondo cui il processo di organizzazione dei negoziati tra l’Azerbajgian e il Nagorno-Karabakh in un Paese neutrale è arrivato a un punto morto.
Gli sforzi dei mediatori occidentali non stanno dando risultati a causa della politica distruttiva dell’Azerbajgian. Un alto funzionario anonimo dell’Unione Europea ha affermato che il rappresentante speciale dell’Unione Europea, Toivo Klaar, e la squadra del Presidente Charles Michel sono in stretto contatto con Yerevan, Baku e Stepanakert, discutendo le opzioni per risolvere la situazione.
Il funzionario dell’Unione Europea ha detto che all’inizio del mese avrebbe dovuto svolgersi a Sofia un incontro tra Karabakh e Azerbajgian, ma che non si è concretizzato. Dopodiché, la questione di un nuovo incontro tra Stepanakert e Baku è al momento in fase di stallo: non c’è ancora una nuova proposta, e non si sa ancora quando e dove le parti si incontreranno.
Penso che l’Azerbajgian non accetterà mai più di tenere un incontro con i rappresentanti di Stepanakert in un Paese neutrale, a meno che non ci siano serie pressioni da parte degli Stati Uniti. Penso che sia improbabile che gli USA ricorrano a misure estremamente dure al punto da danneggiare Aliyev. La Russia ha proposto al Nagorno-Karabakh di incontrare gli Azeri nella città azera di Yevlakh, senza mediatori internazionali.
La Russia è al servizio dell’agenda dell’Azerbajgian sacrificando gli interessi dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. In realtà, con il sostegno della Russia, l’Azerbajgian ha interrotto l’incontro in un Paese neutrale. Prevedo che, non riuscendo a convincere l’Azerbajgian ad incontrare il Nagorno-Karabakh in un paese neutrale, che anche i mediatori occidentali spingeranno a tenere l’incontro sul territorio dell’Azerbajgian. Gli Stati Uniti non vogliono adottare misure dure contro l’Azerbajgian, affinché Baku non rinunci ai formati negoziali occidentali.
Non escludo che i diplomatici occidentali non vedano un’alternativa allo scenario di organizzare l’incontro Baku-Stepanakert in Azerbajgian. Non escludo che un’offerta del genere sia già stata fatta al Nagorno-Karabakh. Voglio ripetere che Baku e Mosca hanno reso difficile il lavoro dei diplomatici occidentali.
Perché l’Azerbajgian dovrebbe accettare di incontrarsi nei formati occidentali, dove sarà costretto a mostrare rispetto per Stepanakert, ascoltare le proposte degli armeni del Nagorno-Karabakh, cercare di negoziare in modo civile, offrire soluzioni, se la Russia fa un passo inequivocabile? Proposta azera?
Incontrarsi a Baku, a Barda o a Yevlakh significa rendere il conflitto del Karabakh una questione interna dell’Azerbajgian, se i mediatori non saranno presenti. In quell’incontro, Baku potrebbe minacciare di guerra gli Armeni del Nagorno-Karabakh se il piano di integrazione dell’Azerbajgian non sarà accettato incondizionatamente.
Il Ministero degli Esteri del Nagorno-Karabakh ha risposto oggi a una pubblicazione del servizio Azerbajgiano della BBC, in cui si afferma che le autorità del Karabakh sarebbero pronte ad accettare l’apertura della strada Aghdam e che nei prossimi giorni si terrà un incontro tra le parti sul questo problema a Barda.
Il Ministero degli Esteri del Nagorno-Karabakh nel suo comunicato non ha negato esplicitamente la possibilità di un incontro a Barda. Nella dichiarazione, il Nagorno Karabakh elenca le sue preoccupazioni riguardo all’incontro in Azerbajgian. “Per una soluzione globale del conflitto Karabakh-Azerbajgian, i negoziati dovrebbero procedere nel quadro del formato internazionale concordato tra le parti, che consentirà di garantire che i negoziati procedano in conformità con le norme e i requisiti del diritto internazionale. La parte del Karabakh, attraverso i mediatori, ha più volte avanzato proposte di incontri, ma la parte azera le ha respinte. Qualsiasi incontro nel territorio dell’Azerbajgian, soprattutto senza la presenza di mediatori internazionali, comporta rischi piuttosto grandi, soprattutto se si tiene conto del fatto del rapimento di Vagif Khachatryan sotto protezione del Comitato Internazionale della Croce Rossa, in presenza delle forze di mantenimento della pace russe”.
Penso che la menzione dei Russi nel contesto della storia del rapimento di un cittadino del Nagorno-Karabakh non sia casuale. È probabile che il Nagorno-Karabakh stia chiarendo che le forze di mantenimento della pace russe non possono essere considerate mediatori affidabili o garanti della sicurezza, ed è necessario coinvolgere altri mediatori internazionali. Vedo questo messaggio.
Il Presidente del Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, si incontra in questi giorni con vari ambienti governativi, politici e pubblici del Nagorno-Karabakh e discute le possibili soluzioni alla situazione. Non c’è ancora nessuna decisione positiva o negativa riguardo all’uso della strada di Aghdam. Non escludo che il governo del Nagorno-Karabakh sarà costretto ad accettare l’offerta di incontrare i rappresentanti di Baku in Azerbajgian. Ma se ciò dovesse accadere, almeno l’Occidente dovrebbe cercare un accordo con l’Azerbajgian affinché anche i diplomatici americani ed europei possano partecipare all’incontro Baku-Stepanakert. Possono anche essere co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE (Stati Uniti, Francia e Russia).
E se l’Azerbajgian non è d’accordo con il formato del Gruppo di Minsk, il consigliere senior del Segretario di Stato americano per i negoziati caucasici, il co-Presidente americano del Gruppo di Minsk dell’OSCE, Louis Bono, e il rappresentante dell’Unione Europea nel Caucaso meridionale, Toivo Klaar, potrebbero essere presenti all’incontro.
Se l’Azerbajgian è contrario alla presenza di queste persone, all’incontro potranno partecipare gli Ambasciatori accreditati degli Stati Uniti, della Francia, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite in Azerbajgian. Ciò può dissipare le preoccupazioni del Nagorno-Karabakh.
Pertanto, è essenziale adottare misure per affrontare le preoccupazioni di Stepanakert e avviare negoziati sostanziali tra il Nagorno-Karabakh e l’Azerbajgian, assumendo, ovviamente, che l’obiettivo sia la pace» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

La crisi che ignoriamo
Gli Armeni sono in pericolo mentre il mondo guarda dall’altra parte
di Paul Brian
The Critic, 24 agosto 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese; i link si trovano nel testo originale)

Sotto la musica popolare inquietantemente bella, la cucina deliziosa e l’orgoglio duraturo dell’Armenia si nasconde una tragica storia di persecuzioni mortali, genocidio e abbandono. Ora, gli orrori del passato potrebbero ripetersi se non si farà qualcosa al più presto possibile contro le intenzioni e le azioni omicide del vicino dell’Armenia, l’Azerbajgian.

In questo momento, oltre 120.000 Armeni sono intrappolati in circostanze disperate dal dittatore azerbajgiano, Ilham Aliyev, mentre l’Occidente gira le mani e gli fa l’occhiolino. La maggior parte dei mezzi di informazione sono più concentrati nel diffondere la retorica ipocrita su come l’America sta salvando la “democrazia” in Ucraina o nell’iperventilazione per l’ultima accusa a Donald Trump.

In gioco c’è la contesa regione del Nagorno-Karabakh, che nel 1991 tenne un referendum e dichiarò l’indipendenza dall’URSS. L’Azerbajgian non lo ha riconosciuto e ha attaccato le forze filo-armene nel territorio, che sono riuscite a respingerle e a creare un rifugio sicuro per gli Armeni nel 1994. Tuttavia la maggior parte del Nagorno-Karabakh (Artsakh per gli Armeni) è stata occupata dall’Azerbajgian durante l’invasione del 2020. Ciò isolava l’Artsakh dal resto dell’Armenia, fatta eccezione per l’accesso tramite il Corridoio di Lachin, che gli Armeni chiamano “la strada della vita”.

L’Artsakh non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian sovrano, che è stato riconosciuto solo nel 1991 e ha deboli pretese di nazione stessa. Oltre al Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian afferma di possedere terre “ancestrali” all’interno della Georgia, dell’Iran e di altre nazioni, sebbene non abbia mai rivendicato le sue attuali enclavi come Nakhichevan al momento della sua indipendenza. Ora, le ambizioni pan-turche di Baku ampliano costantemente l’elenco delle aree che presumibilmente stanno diventando spontaneamente e intrinsecamente “Azerbajgian”, con l’Artsakh in cima alla lista.

Nel dicembre dello scorso anno, un certo numero di presunti “eco-attivisti” dell’Azerbajgian si sono presentati per bloccare il Corridoio di Lachin, affermando senza prove che nella zona si svolgeva attività mineraria illegale. Pochi mesi dopo, i soldati azeri istituirono un posto di blocco, accusando che il percorso veniva utilizzato per contrabbandare armi nell’Artsakh. Secondo quanto riferito, i residenti di Artsakh non sono stati in grado di uscire o entrare da quel momento. Anche gli sforzi di aiuto internazionale e armeno per portare cibo e medicine attraverso il Corridoio di Lachin sono stati ostacolati dalle truppe azere e dai Russi che le sostengono, mentre i residenti dell’Artsakh scendono nella miseria e nella fame totale.

Come riferisce Felix Light per Reuters: «La popolazione del Karabakh afferma di poter mangiare solo ciò che può essere prodotto localmente, e anche quello viene consegnato solo sporadicamente a Stepanakert [la capitale dell’Artsakh], poiché gli agricoltori non hanno il carburante per portare i loro prodotti sul mercato».

L’Artsakh è diventato “come un campo di concentramento ” secondo la gente del posto che vive lì, con la giornalista del Telegraph Jessie Williams che osserva che il blocco dell’Azerbajgian “si sta rivelando fatale e alimentando una crisi umanitaria in continuo peggioramento – e in gran parte inosservata – alle porte dell’Europa”.

Si è già registrato almeno un decesso per fame, oltre a numerose persone che svengono a causa della malnutrizione. Le famiglie soffrono senza un accesso sufficiente all’acqua, alle medicine, al cibo o al carburante.

L’ex procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, ha recentemente avvertito che gli Armeni nell’Artsakh rischiano un genocidio causato dalla fame, e la Russia è in parte responsabile. Come osserva Ocampo, la Russia ha concluso l’ultimo accordo di “pace” nel 2020. Tecnicamente è nella posizione di “mantenimento della pace” in questo conflitto.

Invece di fare qualsiasi cosa per far riaprire il Corridoio di Lachin, la Russia sta rinnegando gli impegni del trattato del 2020 e proteggendo l’Azerbajgian. Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha firmato un accordo di cessate il fuoco con Ilham Aliyev e Vladimir Putin dopo l’ultima guerra del Nagorno-Karabakh nel novembre 2020, stabilendo di mantenere aperto il Corridoio di Lachin come condizione fondamentale per la pace. L’Armenia ha anche concluso accordi in buona fede per collegare ulteriormente il popolo azerbajgiano di Nakhichevan con la loro patria attraverso “la costruzione di nuove comunicazioni di trasporto che collegano la Repubblica Autonoma di Nakhichevan con le regioni occidentali dell’Azerbajgian”.

L’Occidente vuole continuare il flusso di energia azera verso l’Europa per sostituire le fonti perdute provenienti dalla Russia, e la preziosa retorica della NATO sulla “democrazia” non si trova da nessuna parte quando si tratta di questa crisi. Gli Armeni ricordano con amarezza che, proprio l’anno scorso, il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen ha definito Aliyev e il suo regime “fornitori di energia affidabili ”. Va riconosciuto il merito a diversi membri del Congresso degli Stati Uniti di aver espresso indignazione. Tuttavia, è in corso un genocidio al rallentatore, più di un secolo dopo che gli Ottomani causarono il massacro di 1,5 milioni di Armeni durante il genocidio armeno.

L’Occidente, dal Segretario di Stato Antony Blinken in giù, dipinge il conflitto dell’Azerbajgian con l’Artsakh come una sorta di lieve errore di comunicazione in cui “entrambe le parti” devono scendere a compromessi. Come dovrebbero scendere a compromessi gli Armeni quando l’altra parte li vuole morti? Come può trattarsi di “entrambe le parti” quando l’amministrazione Biden ha favorito l’Azerbajgian con montagne di assistenza militare ogni anno, aspettandosi che gli Armeni cedano la loro terra a un governo che li considera feccia subumana che “non è nemmeno degna di essere un servo”?

Armenia e Azerbajgian hanno combattuto ad intermittenza da quando l’URSS è crollata. 160.000 Azeri sono stati espulsi dall’Armenia nel secolo scorso, così come 40.000 dall’Oblast autonomo di Nagorno-Karabakh e 300.000 dalle sette regioni della zona cuscinetto del Nagorno-Karabakh. Nello stesso periodo furono espulsi dall’Azerbajgian oltre 500.000 Armeni. L’ossessione di Baku di schiacciare l’Artsakh è patologica ed è in corso almeno dagli anni ’40.

Dopo la fine della prima guerra dell’Artsakh nel 1994, molti Azeri rimasero in Armenia. Non è avvenuto il contrario, poiché gli Armeni in Azerbajgian sono fuggiti per paura della propria vita. I sostenitori e gli apologeti di Aliyev affermano che l’unica scelta dell’Artsakh è quella di entrare a far parte dell’Azerbajgian, il che premierebbe l’utilizzo del cibo come arma da parte di Aliyev e negherebbe agli Armeni il diritto all’autodeterminazione.

L’Azerbajgian sostiene invece che gli aiuti e il cibo possono essere portati all’Artsakh attraverso la strada di Aghdam, accusando l’Armenia di inscenare l’attuale crisi come una “provocazione”. La strada di Aghdam è all’interno dell’Azerbajgian. È evidente che l’Azerbajgian utilizzi tutto questo semplicemente per aumentare il controllo e la tortura sui residenti dell’Artsakh, oltre al chiaro potenziale di contaminare e sabotare i convogli di rifornimento di cibo e medicinali dall’Azerbajgian.

Il Consigliere per la politica estera di Aliyev, Hikmet Hajiyev, ha recentemente affermato che l’Armenia sta cercando di far deragliare la pace nel Caucaso orientale: usando “giochi diplomatici”, raccontando “menzogne” e organizzando “disinformazione”. Hajiyev ha dichiarato che il Corridoio di Lachin in realtà è già stato riaperto. L’Azerbajgian è la vera vittima qui, insiste, mentre l’Armenia ha costantemente sabotato il dialogo rifiutando di riconoscere il pieno diritto dell’Azerbajgian al Nagorno-Karabakh.

Nonostante abbia incolpato l’Armenia per tutto, Hajiyev ha ammesso che i residenti dell’Artsakh sono in condizioni disastrose. Le sue parole sono state contraddette dallo stesso rappresentante di Baku alle Nazioni Unite, che ha mostrato foto di bambini con biscotti diffusi dai troll su Twitter e ha affermato che gli Armeni nell’Artsakh stanno bene.

Il Caucaso può essere un luogo complesso, con conflitti spesso sovrapposti e divergenti lungo linee etniche, religiose e geografiche, o anche alleanze temporanee di interessi congiunti. La situazione attuale nell’Artsakh, tuttavia, non è poi così complessa per nessun osservatore onesto, Armeno o meno.

I media occidentali sono troppo inclini alla narrazione di “entrambi i lati”. Non ci sono due e nemmeno tre lati qui; c’è una parte: il popolo armeno e il suo diritto ad esistere. Come gli yazidi e altre minoranze etniche nella regione, gli Armeni non sono solo una pedina in un gioco geopolitico come potrebbero vederli le autorità russe o americane. Sono esseri umani le cui vite sono reali e importanti quanto quella di qualsiasi persona americana o britannica, qualcosa su cui gli Armeno-Americani hanno recentemente attirato l’attenzione bloccando un’autostrada a Los Angeles.

L’Azerbajgian sta facendo del suo meglio per ripulire etnicamente tutti gli Armeni dall’Artsakh o costringerli a una posizione umiliante e schiavizzata senza diritti. Conta che gli Occidentali chiudano un occhio per raggiungere questo obiettivo. L’offerta di reintegrare gli Armeni all’interno dell’Azerbajgian suona più che vuota, proveniente da un regime razzista e autocratico che ha assegnato i più alti onori ai criminali di guerra dopo aver brutalmente assassinato e decapitato armeni, tra cui gli ”eroi nazionali” Ramil Safarov e Ibad Huseynov.

Aliyev ha promesso di “scacciare” gli armeni come “cani” da quando ha preso il posto di suo padre Heydar nel 2003. Nemmeno la crisi attuale è un caso isolato. L’Azerbajgian punta a isolare e pulire etnicamente la regione di Syunik dell’Armenia una volta che riuscirà a cacciare la popolazione armena dall’Artsakh.

L’esercito azero ha commesso numerose atrocità e crimini di guerra durante l’invasione del territorio di etnia armena nel 2020, pubblicando impunemente video sui social media e deridendo e sputando sui civili armeni prima di decapitarli o profanare i loro corpi in scene degne delle peggiori azioni dell’ISIS.

Gli utenti azeri sui social media inviano regolarmente minacce di morte agli utenti armeni, ai politici e ai membri delle organizzazioni internazionali, deridendo la potenziale morte per fame dei bambini e promettendo l’eliminazione degli Armeni dall’Artsakh il prima possibile. Dissidenti azeri si sono espressi in vari modi, anche con una lettera aperta di solidarietà, ma l’Azerbajgian è un luogo pericoloso per essere anti-Aliyev, usando un eufemismo.

Anche la dittatura di Aliyev, che è in diretta violazione di un ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha aumentato la sua retorica aggressiva. Ha utilizzato filmati di Yerevan e del resto dell’Armenia come la loro patria – parte della storia revisionista e negazionista di Baku in cui gli Armeni non sono un popolo reale.

Baku sostiene che gli Armeni non hanno una storia nativa autentica o un diritto alla loro terra, forse temendo ciò che gli Azeri vedrebbero se si guardassero allo specchio. Il governo dell’Azerbajgian è arrivato al punto di impegnarsi in una fantasiosa propaganda archeologica e di affermare che le chiese armene non sono nemmeno armene.

Solo perché l’Azerbajgian è una nazione relativamente piccola con diplomatici clownescamente incompetenti e criminali non rende le minacce e illusioni meno allarmanti, soprattutto considerando le alleanze con alcune delle nazioni più ricche e potenti del mondo. L’Azerbajgian continua a essere un punto cruciale per la strategia e il materiale militare occidentale, come lo è stato durante la guerra in Afghanistan.

La Turchia sostiene l’Azerbajgian, così come il governo di Israele, Regno Unito e Stati Uniti. Questi potenti Stati vedono l’Azerbajgian come un utile fornitore di petrolio e un baluardo contro l’influenza iraniana nella regione.

La Russia non ha più alcun reale interesse ad aiutare l’Armenia, come ha dimostrato il mancato rispetto degli impegni della CSTO nell’ultima guerra. A questo punto, Mosca è chiaramente a favore dell’Azerbajgian e si sta avvicinando ad Aliyev. Le truppe russe di “mantenimento della pace” si sono schierate attivamente contro i manifestanti pacifici armeni all’ingresso del Corridoio di Lachin, senza fare nulla per opporsi all’Azerbajgian quando ha chiuso il corridoio. Questo per quanto riguarda una forza di mantenimento della pace neutrale.

La Francia parla molto di sostenere l’Armenia, ma in realtà non è disposta a fare nulla. L’unico altro alleato potenzialmente potente dell’Armenia, l’Iran, preferisce beneficiare il più possibile del ricco regime di Aliyev.

Dove va a finire l’Armenia? Ci sono alcuni segnali di speranza negli Stati Uniti, per quanto riguarda il sostegno militare diretto all’Azerbajgian. Come ha recentemente affermato il capo del Centro regionale per la democrazia e la sicurezza in Armenia, Tigran Grigoryan , “il primo segnale che gli Stati Uniti stanno valutando di assumere una posizione più dura nei confronti di Baku” è arrivato dalla notizia che il governo Biden si sta muovendo più lentamente nel rinnovare la sua consueta massiccia assistenza militare all’Azerbajgian e rinuncia al precedente blocco sull’assistenza.

“I funzionari non hanno offerto alcuna spiegazione per il ritardo”, hanno osservato Eric Bazail-Eimil e Gabriel Gavin nel loro articolo per Politico. “Tuttavia, coincide con la crescente preoccupazione all’interno della comunità internazionale che l’Azerbajgian sia responsabile del peggioramento della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh”. Questo è solo un barlume di speranza. È necessario che si svolga un’azione drammatica prima che i peggiori incubi della pulizia etnica del secolo scorso si manifestino proprio sotto i nostri occhi con la tacita approvazione della NATO e dell’Occidente.

Gli Armeni hanno il diritto di sopravvivere e di vedere rispettati i loro diritti fondamentali anche se il loro Paese non è parcheggiato sopra un’enorme ricchezza petrolifera. Gli Armeni hanno il diritto di riavere i prigionieri di guerra ancora detenuti in Azerbajgian e di scoprire anche quanti altri soldati armeni catturati sono stati giustiziati.

La comunità internazionale, incluso il Regno Unito, deve intervenire immediatamente e fare pressione per riaprire il Corridoio di Lachin, prima che questa situazione diventi esponenzialmente più orribile.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]