265° giorno del #ArtsakhBlockade – Parte 1 e 2. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Aliyev non era e non sarà in grado di garantire sicurezza e diritti degli Armeni dell’Artsakh (Korazym 02.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.09.2023 – Vik van Brantegem] – 32 anni fa, il 2 settembre 1991, nasce la Repubblica di Artsakh con il nome di Nagorno-Karabakh allorché il soviet locale, utilizzando la legislazione dell’Unione Sovietica dell’epoca, dichiarò la nascita della nuova repubblica dopo che l’Azerbajgian aveva deciso di fuoriuscire dall’Unione Sovietica. Come previsto dal referendum costituzionale del 20 febbraio 2017 il Paese mantiene ufficiali entrambi i toponimi. La Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è una democrazia emergente assediata dall’Azerbajgian, noto per il suo “rispetto” dei diritti umani, classificandosi 167 su 180 Paesi nell’indice della libertà di stampa. L’unico crimine dell’Artsakh è il desiderio del suo popolo di esistere. Ora, l’Artsakh ha bisogno ancora una volta di noi per lottare per il suo diritto all’autodeterminazione e per la sua indipendenza. Non tacere. Sostieni l’Artsakh.

Josep Borrell, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e Vice Presidente della Commissione Europea, ancora una volta ha invitato le autorità azere a garantire la libera e sicura circolazione lungo il Corridoio di Lachin. Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, con questo “invito” ha fatto come con quelli ricevuti in precedenza: gettato nel cesso. Dopo 264 giorni dall’inizio del #ArtsakhBlockade, Aliyev continua ad intensificare la sua aggressività di fronte all’inazione degli Stati Uniti, dell’Unione Europea, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e della comunità internazionale intera.

Ieri, tre soldati armeni sono stati uccisi e due feriti durante l’ennisima aggressione azera sul territorio sovrano della Repubblica di Armenia. Sempre ieri, il Generale Yaşar Güler, Ministro della Difesa turco, in precedenza dal 2018 al 2023 Capo di stato maggiore delle forze armate turche, ha dichiarato che la Turchia – membro della NATO – continua a sostenere la “lotta legittima” dell’Azerbajgian.

Nuovi bombardamenti azeri con droni e mortai, morti e feriti soldati armeniIl comportamento aggressivo dell’Azerbajgian può ostacolare gli sforzi volti a stabilire una pace duratura e stabile nella regione, ha dichiarato il Ministero degli Esteri armeno

A seguito dell’ennesima violazione del cessate in fuoco da parte delle forze armate azere nella zona di Sotk nella regione Gegharkunik dell’Armenia, tre soldati armeni (Andranik Antonyan, Arsen Mkrtchyan e Vachagan Vardanyan) sono stati uccisi e due feriti. Le forze armate azere ieri hanno attaccato le postazioni armene dalle ore 07.50 con mortai e uso di droni. Il Nagorno Karabakh Observer ritiene che possa essere stato un altro tentativo di incursione da parte delle truppe azere per raggiungere le ultime alture di confine rimaste.

Il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha condannato l’aggressione dell’Azerbajgian alle posizioni armene a Sotk e Norabak nella regione di Gegharkunik, sottolineando che il comportamento aggressivo dell’Azerbajgian può ostacolare gli sforzi per stabilire una pace duratura e stabile nella regione.

Nella dichiarazione rilasciata dal Ministero degli Esteri della Repubblica di Armeni si legge: «Il 1° settembre, le forze armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco in direzione delle posizioni armene a Sotk e Norabak nella regione di Gegharkunik della Repubblica di Armenia, a seguito del quale la parte armena ha subito 4 vittime e 1 ferito [successivamente corretto in 3 vittime e 2 feriti]. Le forze armate azere hanno utilizzato mortai e droni.
In questi tempi, la Repubblica di Armenia ha ripetutamente avvertito che l’Azerbajgian, con l’obiettivo di effettuare operazioni militari pre-pianificate, sta diffondendo intenzionalmente e sistematicamente disinformazione.
Le violazioni contro l’integrità territoriale dell’Armenia, che si uniscono alle dichiarazioni e alla retorica bellicosa fatte regolarmente dalla parte azera a vari livelli e in vari media statali sulle ambizioni per i territori sovrani della Repubblica di Armenia, fanno parte dell’azione aggressiva di Baku e della politica di risoluzione delle questioni esistenti attraverso l’uso della forza e la minaccia della forza, imponendo la propria volontà.
Di fronte agli appelli e alle crescenti pressioni per revocare il blocco illegale del Corridoio di Lachin, questa provocazione dell’Azerbajgian mira anche a distrarre l’attenzione della comunità internazionale e ad impedire l’adempimento dei suoi obblighi.
Condanniamo fermamente il comportamento aggressivo dell’Azerbajgian, che è accompagnato dall’assedio di fatto del popolo del Nagorno-Karabakh attraverso il blocco illegale del Corridoio di Lachin che dura da più di 8 mesi, e può seriamente ostacolare gli sforzi volti a stabilire stabilità e pace duratura nella regione. La Repubblica di Armenia riafferma la sua posizione di principio secondo cui tutte le unità delle forze armate dell’Azerbajgian devono essere ritirate dal territorio sovrano dell’Armenia.
Chiediamo alla comunità internazionale e agli attori interessati ad una reale stabilità nella regione di utilizzare i meccanismi esistenti e di frenare, attraverso passi chiari ed efficaci, il comportamento sempre più fanatico dell’Azerbajgian, al fine di prevenire un ulteriore inasprimento della situazione e riportare l’Azerbajgian da una situazione di stallo in campo costruttivo».

Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha pubblicato un video che dimostra inequivocabilmente la concentrazione di risorse aggiuntive da parte delle forze armate azere prima del nuovo attacco nell’area di Sotk. Precedentemente il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian come al solito aveva smentito le informazioni riportate dal Ministero della Difesa dell’Armenia.

Nel contempo i media statali dell’Azerbajgian pubblicano filmati di droni da ricognizione militare per monitorare i manifestanti civili che bloccano la strada Akna (Aghdam)-Stepanakert sul lato dell’Artsakh, quindi, violando l’accordo trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, invadendo lo spazio aereo dell’Artsakh.

Dichiarazione del Consiglio Spirituale Supremo della Chiesa Apostolica Armena, 1° settembre 2023
L’Azerbajgian mira a distruggere lo Stato armeno
Respinta la posizione delle autorità armene riguardo al riconoscimento dell’Artsakh come parte dell’Azerbajgian

Dal 28 al 31 agosto 2023, presso la Santa Sede di  Etchmiadsin, sotto la presidenza di Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, si è tenuta la riunione del Consiglio Spirituale Supremo.

È stato notato con grande preoccupazione che, approfittando della tesa situazione internazionale, le autorità dell’Azerbajgian, nell’ambito della politica statale adottata, stanno cercando non solo di occupare l’Artsakh, ma anche i territori sovrani della Repubblica di Armenia. In questo contesto si è fatto riferimento al blocco totale dell’Artsakh a seguito del blocco del Corridoio di Berdzor e all’oppressione disumana e agli atti genocidi contro gli Armeni dell’Artsakh, a seguito dei quali tutte le sfere della vita del Paese sono state sconvolte. Sono stati inoltre presentati i passi e le azioni avviate dalle autorità azerbajgiane volte alla distruzione e all’appropriazione delle tracce etniche armene.

A seguito delle discussioni sui rapporti presentati, il Consiglio Spirituale Supremo della Chiesa Apostolica Armena ha rilasciato una dichiarazione sulle sfide che l’Armenia e l’Artsakh devono affrontare, rilevando che la situazione attuale è estremamente preoccupante:

«Il Consiglio Spirituale Supremo, riferendosi alle sfide ontologiche che la Patria deve affrontare e alla situazione creatasi di conseguenza nelle Repubbliche di Armenia e Artsakh, rileva che l’attuale situazione della vita domestica è estremamente preoccupante.
La retorica utilizzata dalle autorità azerbajgiane, così come le iniziative intraprese, rendono evidente che queste ultime hanno prese di mira non solo la Repubblica di Artsakh, ma anche addottato la politica di occupazione dei territori sovrani della Repubblica di Armenia, distruggendo le tracce di identità etniche e patrimonio armeno, con l’obiettivo di distruggere lo Stato armeno.
L’Azerbajgian non solo non ferma il blocco dell’Artsakh, ma continua anche ad attuare la sua politica genocida con nuove manifestazioni di ostilità e violenza.
L’intera macchina statale e di propaganda pubblica dell’Azerbajgian è impegnata nella diffusione di informazioni false e inventate contro lo Stato armeno e l’intero popolo armeno su ampie piattaforme pubbliche attraverso tesi antistoriche.
Le reazioni e i comportamenti sproporzionati delle autorità armene sono più che preoccupanti per gli sviluppi complessi e pericolosi. Viene respinta la posizione delle autorità armene riguardo al riconoscimento dell’Artsakh come parte dell’Azerbajgian, che non ha alcuna giustificazione morale, legale e di sicurezza e non corrisponde assolutamente alle aspettative collettive e agli interessi nazionali del nostro popolo. La sovranità e l’integrità territoriale dell’Armenia non sono negoziabili, il diritto all’autodeterminazione realizzato dal referendum del popolo dell’Artsakh è indiscutibile.
Il Consiglio Spirituale Supremo apprezza molto gli sforzi compiuti dalle istituzioni internazionali per una soluzione del problema dell’Artsakh. Tuttavia, nel contesto delle minacce immediate che affliggono gli armeni dell’Artsakh, i passi e le iniziative attuate dalle strutture internazionali, purtroppo, continuano ad essere inadeguati.
Per superare le sfide ontologiche che la madrepatria deve affrontare, le autorità della Repubblica di Armenia sono obbligate ad adottare misure che consolideranno tutto il potenziale e le capacità delle strutture nazionali, politiche e pubbliche in Armenia, in Artsakh e nella diaspora. La Patria è tutta nostra, lo Stato armeno è la sacra reliquia di ogni armeno.
In vista della Festa della Repubblica di Artsakh, il 2 settembre, il Consiglio Spirituale Supremo sostiene il coraggioso popolo dell’Artsakh nella sua eroica lotta per una vita libera, indipendente e dignitosa nella loro patria.
L’appello del Consiglio Spirituale Supremo è rivolto al nostro popolo a valutare con sobrietà la situazione nel Paese, scrollarsi di dosso l’indifferenza, assumersi la responsabilità della madrepatria e diventare ovunque partecipante e sostenitore dei programmi e delle misure volte a proteggere l’indipendenza dell’Artsakh.
Abbiamo forte fiducia che con piena responsabilità davanti a Dio e alle generazioni e con lo spirito coraggioso e la resistenza dei nostri antenati, saremo in grado di superare le sfide più difficili che ci sono state assegnate.
Che Dio benedica la terra natia e il popolo armeno».

Il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian fa parte di una più ampia campagna genocida contro gli Armeni etnici dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh

Per comprendere questo concetto, la Rete Universitaria per i Diritti Umani degli USA ha pubblicato La punta dell’iceberg. Documento informativo sul Nagorno-Karabakh [QUI].

Mentre il mondo condanna il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, non dobbiamo perdere di vista la minaccia più profonda che alimenta la catastrofe umanitaria: la pulizia etnica su vasta scala e il potenziale genocidio degli Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh e in alcune parti dell’Armenia.

La Rete Universitaria per i Diritti Umani, in collaborazione con studenti, avvocati e accademici della Harvard Law School Advocates for Human Rights, del Promise Institute for Human Rights dell’UCLA, della Wesleyan University e del Lowenstein Project di Yale, hanno condotto due viaggi conoscitivi nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh e quattro in Armenia tra marzo 2022 e luglio 2023.
Sono state documentate le atrocità perpetrate dalle forze armate azere contro gli Armeni durante la guerra dei 44 giorni nel Nagorno-Karabakh nel 2020, dopo il cessate il fuoco, durante gli attacchi del 2022 nella sovrana Armenia, nonché in tempi di relativa pace. Tra questi figurano le uccisioni extragiudiziali di civili, compresi anziani e disabili; sparizione forzata delle truppe armene; tortura e trattamento crudele, inumano o degradante dei prigionieri di guerra; minacce di morte, intimidazioni e molestie nei confronti dei residenti delle comunità di confine; e restrizioni potenzialmente letali alla libertà di movimento e all’accesso alle infrastrutture vitali.
I risultati si basano su dozzine di testimonianze di prima mano di sfollati forzati, famiglie di soldati dispersi o scomparsi con la forza, famiglie di vittime di esecuzioni extragiudiziali, prigionieri di guerra rimpatriati e attuali residenti del Nagorno-Karabakh e delle comunità di confine in Armenia. La maggior parte dei nomi sono stati modificati per proteggere la privacy delle vittime e delle famiglie.

La Santa Sede di Etchmiadzin della Chiesa Apostolica Armena.

È triste costatare che la canzone Sono caduti di Charles Aznavour, scritta per rendere omaggio alle vittime del genocidio armeno, sia più che attuale oggi… 108 anni dopo, nella Repubblica di Artsakh assediata da quasi nove mesi dal regime autocratico di Ilham Aliyev dell’Azerbajgian. Ecco la traduzione italiana:

«Sono caduti senza sapere davvero il perché,
Uomini, donne e bambini che volevano solo vivere,
Con movimenti pesanti come fossero ubriachi.
Mutilati, massacrati, con gli occhi aperti per lo spavento,
Sono caduti invocando il loro Dio,
Sulla soglia della loro chiesa o sull’uscio di casa.
Come greggi del deserto, barcollando insieme,
Atterrati da sete, fame, ferro, fuoco.
Nessuno ha alzato la sua voce in un mondo euforico.
Mentre un popolo si dissolveva nel suo stesso sangue
L’Europa scopriva il jazz e la sua musica.
I lamenti delle trombe coprivano le grida dei bambini.
Sono caduti con pudore, senza far rumore,
A migliaia, a milioni, senza che il mondo muovesse un dito,
Diventando in un attimo minuscoli fiori rossi
Coperti da un vento di sabbia e poi dall’oblio.
Sono caduti con gli occhi pieni di sole,
Come un uccello in volo che una pallottola abbatte
E muore chissà dove senza lasciare traccia,
Ignorati, dimenticati nel loro sonno finale.
Sono caduti credendo ingenuamente
Che la fanciullezza dei loro figli sarebbe continuata,
Che un giorno avrebbero calpestato terre di speranza
In Paesi aperti, dagli uomini dalle mani tese.
Io sono di questa gente che dorme senza sepoltura,
Che ha scelto di morire senza abdicare alla propria fede,
Che non ha mai abbassato la testa sotto le ingiurie,
Che nonostante tutto sopravvive e non si lamenta.
Sono caduti per entrare nella notte
Eterna dei tempi, alla fine del loro coraggio.
La morte li ha colpiti senza chiedere loro l’età
Perché erano colpevoli di essere figli dell’Armenia!
»

Cibo, gas ed elettricità limitati non impediranno agli studenti dell’Artsakh di arrivare a scuola il primo giorno di scuola, 1° settembre 2023. 264 giorni di blocco da parte dell’Azerbajgian non spingeranno la nuova generazione di rinunciare ai propri diritti fondamentali all’istruzione (Foto di Arthur Karapetyan).

«Buon #GiornoDellaConoscenza da #ArtsakhBlockade! Contro ogni previsione, i bambini e i giovani dell’Artsakh non saranno privati del diritto a ricevere un’istruzione di qualità e a realizzare i propri sogni. Da ieri migliaia di studenti percorrono chilometri a piedi per raggiungere le loro scuole/università poiché non c’è né gas né benzina nell’Artsakh» (Irina Safaryan).

«Nozze. Nel frattempo a Stepanakert» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Artsakh email). Nonostante tutto, la vita continua in Artsakh.

Come annunciato ieri [QUI] Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, si è dimesso oggi. Sopra la comunicazione ufficiale in lingua armena delle sue dimissioni.

Mentre Josep Borrell, da parte della Commissione Europea, assume ancora una posizione corretta anche se inefficace, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha ribadito la sua linea di portavoce della politica dell’Azerbajgian che mira all’integrazione dell’Artsakh in Azerbajgian – con “gli stessi diritti degli Azeri”, quindi nullo – e la negazione del diritto all’autodeterminazione del popolo armeno dell’Artsakh. Michel ha riproposto “un approccio graduale che garantirebbe la piena operatività del Corridoio di Lachin, seguita dall’apertura della strada di Aghdam”. A parte del fatto che questa posizione è in aperta sfida alla decisione vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia della Nazioni Unite che ha ordinato all’Azerbajgian di aprire immediatamente il Corridoio di Lachin, garantendo il traffico di persone, merce e veicoli in ambedue le direzioni senza ostacoli, l’apertura della strada di Aghdam significa l’inizio dell’integrazione degli Armeni dell’Artsakh in Azerbajgian.

Il gabinetto del Presidente del Consiglio Europeo ha rilasciato una dichiarazione sulla posizione di Charles Michel in riferimento alle relazioni armeno-azerbajgian, alla situazione nel Nagorno-Karabakh e al blocco del Corridoio di Lachin. Preoccupante il riferimento a Toivo Klaar, che ogni volta che esce dallo stato di ibernazione, combina guai se non si limita a prendere il caffè a Stepanakert o il the a Baku. Inoltre, che questa coppia malefica si è »concentrati in via prioritaria sulla situazione umanitaria degli Armeni del Karabakh» è un segno di allarme per il popolo dell’Artsakh, come se può dedurre dal comunicato emesso, che riportiamo nella nostra traduzione italiana dall’inglese:

«Il Presidente Michel ha continuato a impegnarsi attivamente nel promuovere il processo di normalizzazione delle relazioni armeno-azerbajgiani. Nelle ultime settimane i suoi sforzi, con il sostegno del Rappresentante Speciale per il Caucaso meridionale dell’Unione Europea, Toivo Klaar, si sono concentrati in via prioritaria sulla situazione umanitaria degli Armeni del Karabakh.
Il Rappresentante Speciale per il Caucaso meridionale dell’Unione Europea, Klaar, e la squadra del Presidente Michel sono stati in stretto contatto con i rappresentanti di Baku, Yerevan e Karabakh per elaborare una soluzione per sbloccare l’ingresso.
Attualmente la situazione umanitaria sul campo si sta rapidamente deteriorando. sono indispensabili misure per rispondere ai bisogni della popolazione locale.
Il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha proposto un approccio graduale che garantirebbe il pieno sfruttamento del Corridoio Lachin, e quindi l’apertura della strada di Aghdam.
Questa sequenza di passaggi e il tipo di carico che verrà consegnato attraverso ciascuna di queste rotte, nonché le procedure che seguono, sono stati al centro di recenti discussioni.
L’Unione Europea è fermamente convinta che il Corridoio di Lachin debba essere sbloccato conformemente agli accordi precedenti e alla sentenza della Corte internazionale di Giustizia, e rileva che l’utilizzo della strada di Aghdam per gli approvvigionamenti può essere parte di una soluzione chiara e sostenibile per far fronte alle emergenze urgenti e quotidiane bisogni di oggi. Le discussioni su questi elementi sono iniziate dopo l’ultimo incontro dei leader tenutosi a Brussel il 15 luglio 2023.
L’Unione Europea ha inoltre sottolineato che Baku dovrebbe chiarire le procedure per il movimento degli Armeni del Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin verso l’Armenia e ritorno.
Allo stesso tempo, le discussioni si sono concentrate anche sul ripristino tempestivo delle forniture di elettricità e gas per gli Armeni del Karabakh.
Al di là della situazione attuale, l’Unione Europea ha sottolineato la necessità di affrontare l’eredità di questo conflitto per facilitare una soluzione sostenibile a lungo termine.
Fondamentale sarà in questo senso il dialogo tra Baku e i rappresentanti degli armeni che vivono nell’ex Regione Autonoma di Nagorno-Karabakh. I diritti e la sicurezza degli Armeni del Karabakh devono essere garantiti e le discussioni sui metodi concreti devono essere avviate quanto prima possibile.
Il dialogo tra Baku e gli Armeni del Karabakh dovrebbe rafforzare la fiducia e la buona fede. A tal fine, l’Unione Europea ha presentato diverse proposte di sostegno internazionale a questo processo, nonché di coinvolgimento sul campo per sostenere l’attuazione degli accordi raggiunti.
Tutti gli sforzi sopra menzionati hanno un solo obiettivo: garantire la soluzione irreversibile delle relazioni tra Baku e Yerevan a beneficio di tutte le popolazioni locali. Ora è il momento di soluzioni di compromesso coraggiose, vista anche l’escalation odierna.
In relazione a questi sforzi, l’Unione Europea ha mantenuto regolari contatti personali e scambi di opinioni con altri attori internazionali per affrontare al meglio l’attuale situazione instabile».

Questa è una dichiarazione, con cui Michel e Klaar si sono superati nell’indecenza e che può essere definita con una parola sola: oscena.

È osceno che nella stessa dichiarazione viene fatto riferimento all’ordine univoco della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e «che Baku dovrebbe chiarire le procedure per il movimento degli Armeni del Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin verso l’Armenia e ritorno». A parte del fatto che Michel e Klaar sposano la fraseologia di Aliyev sul “Karabakh”, Baku non ha da chiarire nessuna procedura: deve senza alcuna condizione uscire immediatamente dal Corridoio di Lachin che è territorio dell’Artsakh sotto controllo delle forze di mantenimento della pace russe, secondo la Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, firmata dal Presidente dell’Azerbajgian.

È osceno promuovere l’insistenza di Baku dell’uso la strada di Aghdam dall’Azerbajgian per rifornire la popolazione dell’Artsakh che è tenuto sotto blocco da 265 giorno dallo stesso Azerbajgian, condannandola alla fame. Michel e Klaar sostengono il carnefice nella falsa mossa “umanitaria-filantropica” di voler aiutare la vittima.

«È inaccettabile equiparare il Corridoio di Lachin a qualsiasi altra strada» (Sergey Khazaryan, Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh).

Europeans for Artsakh organizza una mobilitazione domenica 1° ottobre 2023 a Brussel per il blocco dell’Artsakh

Europeans for Artsakh [QUI] è un movimento europeo di sostegno all’Artsakh composto da 500 organizzazioni provenienti da 17 Paesi, con la partecipazione delle rappresentanze dell’Artsakh in Europa, che si sono unite per denunciare insieme le attuali condizioni in cui si trova condannato l’Artsakh.

Il Movimento Europeans for Artsakh organizza il 1° ottobre 2023 a Brussel un grande raduno che dovrebbe riunire i rappresentanti di tutte le comunità armene in Europa. L’obiettivo di questo incontro è mostrare al popolo dell’Artsakh che non è solo e chiedere ai leader europei misure concrete per revocare il blocco dell’Artsakh e porre fine al genocidio che si sta verificando lì da parte dell’Azerbajgian.
Durante questo incontro, gli studenti delle scuole armene di Ile de France, Belgio, Germania e Paesi Bassi eseguiranno gli inni nazionali dell’Armenia e dell’Artsakh e un’altra canzone armena.

Il conflitto del Nagorno-Karabakh non è una disputa territoriale e la complicità russa-azerbajgiana

«Il Goebbels russo, Dmitry Kiselyov, il famigerato propagandista della guerra fascista contro l’Ucraina, ha fatto una dichiarazione assurda. Ha detto che la sospensione delle trasmissioni della Sputnik Radio nel Nagorno-Karabakh è collegata alla dichiarazione del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, il quale ha affermato che Erevan è pronta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian e a fissare il territorio dell’Armenia entro i confini del 1991.
Il Direttore generale del gruppo mediatico Россия сегодня (La Russia oggi) ha scritto questa risposta in una lettera a Konstantin Zatulin, Primo Vicepresidente del Comitato per gli affari della CSI e l’integrazione eurasiatica della Duma di Stato russa. Zatulin ha invitato il gruppo mediatico Россия Сегодня a riconsiderare “la decisione di interrompere le trasmissioni” in Nagorno-Karabakh.
Kiselyov in una lettera a Zatulin scrive: “Qualche tempo fa, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan ha annunciato che per raggiungere la pace, Yerevan è pronta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian e a fissare il territorio dell’Armenia secondo i confini del 1991. Partiamo da questa affermazione e crediamo che, senza l’approvazione degli organi regolatori dell’Azerbajgian, continuare a ritrasmettere la nostra programmazione nel territorio del Karabakh metta in dubbio la sincerità delle relazioni da parte di Mosca e sia irto di complicazione delle relazioni interstatali dei nostri Paesi”.
Penso che la Russia abbia smesso di trasmettere la radio Sputnik in Artsakh sotto la coercizione dell’Azerbajgian. E poiché il Cremlino non osa dichiarare di aver assecondato le richieste e aver ceduto alle pressioni di Baku, e di aver avuto paura degli azerbajgiani, attribuisce la colpa all’Armenia. Conosciamo tutti l’inganno russo e non vedo la necessità di ulteriori giustificazioni.
Se prima gli Americani e gli Ucraini venivano accusati dai Russi di tutti i problemi, ora è l’Armenia. Mosca incolpa anche l’Armenia per l’inazione criminale delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno Karabakh.
Ma considera il livello di assurdità e infantilismo russo. È stata la Russia a riconoscere il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian. Immediatamente dopo la guerra dei 44 giorni nel 2020, Vladimir Putin ha rilasciato due dichiarazioni pubbliche riconoscendo il Nagorno-Karabakh come territorio azerbajgiano secondo le norme del diritto internazionale.
Inoltre, il 22 febbraio 2022, appena due giorni prima dell’attacco all’Ucraina, la Russia ha firmato un’alleanza strategica e militare con l’Azerbajgian. In questa dichiarazione firmata da Putin e dall’Azerbajgian si afferma il riconoscimento da parte della Russia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
Inoltre, sia la Russia che l’Azerbajgian si sono reciprocamente riconosciuti l’integrità territoriale con l’accordo di Alma-Ata del 1991 che istituisce la CSI. Gli ex confini amministrativi dell’URSS sono diventati confini statali, il che significa che la Russia ha accettato il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian già nel 1991.
Durante i 35 anni del conflitto del Nagorno-Karabakh, la Russia non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Nagorno-Karabakh. In altre parole, la Russia non ha mai affermato che il Nagorno-Karabakh non è territorio azerbajgiano.
La Russia può riconoscere l’indipendenza del Nagorno-Karabakh o come parte dell’Armenia e chiedere all’Armenia il permesso di trasmettere la Radio Sputnik. Chi sta interferendo?
Dato che la Russia riconosce il Nagorno-Karabakh come territorio azerbajgiano, come può giustificare la sospensione delle trasmissioni radiofoniche Sputnik nel Nagorno-Karabakh come conseguenza del riconoscimento da parte dell’Armenia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian?
Se Dmitry Kiselyov vuole essere onesto, dato che la Russia considera il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian, dovrebbe chiedere a Baku il permesso di riprendere le trasmissioni.
Penso che probabilmente l’Azerbajgian abbia già proibito a Kiselyov di trasmettere quel contenuto radiofonico nel Nagorno-Karabakh.
In pratica, gli Armeni del Nagorno-Karabakh sono stati risparmiati dai contenuti radiofonici russi e non saranno più vittime del sabotaggio informativo russo.
È giunto il momento che le autorità armene interrompano le trasmissioni di tutte le stazioni televisive e radiofoniche russe nel territorio dell’Armenia. Trasmettere propaganda fascista e malata russa nel territorio sovrano armeno è un crimine e un disonore nei confronti dei cittadini armeni.
Il criminale accusa le vittime.
Questa è una storia sulla politica mafiosa della Russia contro l’Armenia. La Russia, artefice del genocidio in Ucraina, sostiene la politica dell’Azerbajgian di sottoporre il Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica e al genocidio. Ora presenterò i fatti che dimostrano la complicità del Cremlino. Ho deciso di dichiarare questi fatti dopo aver letto le accuse false e immorali del Ministero degli Esteri russo contro l’Armenia.
Zakharova, Portavoce di Lavrov, accusa l’Armenia di aver condannato alla fame 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh.
La Russia afferma che “la situazione creata nel Corridoio di Lachin è una conseguenza del riconoscimento da parte dell’Armenia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Riteniamo inappropriato, sbagliato e ingiusto attribuire la responsabilità alle forze di mantenimento della pace della Federazione Russa”, ha detto Zakharova.
Ho letto anche che Ani Badalyan, Portavoce del Ministero degli Esteri armeno, ha accusato Zakharova di distorcere e complicare la situazione. In effetti, il conflitto del Nagorno-Karabakh non è una disputa territoriale. L’Armenia non ha mai chiesto all’Azerbajgian di cedergli parte del suo territorio. Negli anni ’90, l’Azerbaigian iniziò una brutale guerra contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh che difendevano il diritto all’autodeterminazione.
Gli Armeni furono costretti a difendersi entrando in guerra. L’Azerbajgian non è stato e non sarà in grado di garantire la sicurezza e i diritti degli Armeni del Nagorno-Karabakh; al contrario, ora sta commettendo un genocidio. Ecco perché gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh devono avere un esercito di difesa per non essere massacrati dall’Azerbajgian.
Mi chiedo se in Azerbajgian siano consapevoli che la Russia, il loro alleato strategico, accusa l’Armenia di non avanzare rivendicazioni territoriali all’Azerbajgian; al contrario, l’Armenia ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. La Russia accusa l’Armenia di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, ma Vladimir Putin ha firmato una dichiarazione di alleanza strategica con l’Azerbaigian il 22 febbraio 2022, riconoscendo l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
Dopo la guerra dei 44 giorni del 2020, Vladimir Putin ha annunciato due volte che il Nagorno-Karabakh è territorio dell’Azerbajgian secondo le norme del diritto internazionale.
Com’è possibile che il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian da parte dell’Armenia ostacoli la Russia, ma il riconoscimento di Putin no? In altre parole, per Vladimir Putin la parola di Nikol Pashinyan è più importante della sua? Il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian non ha impedito alla Russia di inviare forze di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh e di dichiarare che ciò era stato fatto per garantire la sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh.
Semplicemente, la Russia rifiuta i suoi obblighi di sicurezza nei confronti degli Armeni del Nagorno-Karabakh e attribuisce prematuramente all’Armenia la colpa del genocidio da parte dell’Azerbajgian. Questo è un totale inganno russo. Il riconoscimento da parte dell’Armenia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian non può cambiare lo status delle forze di mantenimento della pace russe, poiché esiste una Dichiarazione del 9 novembre 2020 in cui si afferma che il Corridoio di Lachin dovrebbe essere sotto il controllo russo.
Potrei terminare qui, ma desidero presentare l’intera portata del crimine russo contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.
Il 13 settembre 2022, l’Azerbajgian ha attaccato e occupato i territori sovrani dell’Armenia, dichiarando di non riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia, perché neanche l’Armenia riconosce l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
L’Armenia, sottoposta al sabotaggio militare da parte dell’Azerbajgian, non ha ricevuto il sostegno militare della Russia e dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) per affrontare il nemico. In Armenia sono stati schierati osservatori dell’Unione Europea. Successivamente gli attacchi su larga scala dell’Azerbajgian furono fermati. Se la Russia non avesse voluto che l’Armenia riconoscesse l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, avrebbe dovuto sostenere l’Armenia con la forza militare per resistere all’aggressione dell’Azerbajgian. L’Armenia non poteva contare su uno scontro militare con l’Azerbajgian ed è stata costretta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
Nel dicembre 2020, quando l’Armenia non ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, in condizioni di inazione criminale da parte delle forze di mantenimento della pace russe, l’Azerbajgian ha occupato i villaggi di Hin Tagher, Khtsaberd e Pharukh del Nagorno-Karabakh e le alture di Martakert. Poi, in collaborazione con la Russia, l’Azerbajgian ha occupato le alture armene dell’autostrada Stepanakert-Goris, mettendo in pericolo il Corridoio di Lachin.
Con il consenso della Russia, l’Azerbajgian ha chiuso il Corridoio di Lachin attraverso false azioni ambientali. Le forze di mantenimento della pace russe, invece di aprire il Corridoio di Lachin, lo hanno chiuso insieme agli Azeri e hanno assistito alle partite della Coppa del mondo di calcio. Le forze di pace russe si sono rifiutate di aprire il Corridoio di Lachin, non adempiendo ai loro compiti di sicurezza. Quindi, l’Azerbajgian, in collaborazione con la Russia, ha istituito un posto di blocco illegale nel Corridoio di Lachin.
I militari russi e azeri hanno posizionato una bandiera azera sul ponte di Hakari, che è il territorio dell’Armenia» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Per il giorno della festa della Repubblica di Artsakh
2 settembre 1991-2 settembre 2023

«(…) E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov’è il suono
Di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
De’ nostri avi famosi, e il grande impero (…)
Un canto che s’udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core
»

(Giacomo Leopardi, Canto XIII, La seta del dì di festa).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]


[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.09.2023 – Vik van Brantegem] – L’Unione Europea ostinatamente incorreggibile. Peter Stano, Portavoce dell’Ufficio per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea, ha osservato che l’Unione Europea si rammarica degli “scontri avvenuti al confine tra Armenia e Azerbajgian”, che hanno provocato vittime e feriti. Al riguardo ha scritto in un post sul suo account Twitter: «Invitiamo le parti a evitare ulteriori scontri e a riprendere il dialogo». Gli “scontri” erano bombardamenti con mortai e droni dell’Azerbajgian, non “al confine” ma oltre il confino in territorio sovrano dell’Armenia. L’invito a “le parti” è osceno, perché non indica l’aggressore (l’Azerbajgian) mettendolo allo stesso piano della vittima (l’Armenia).

Domanda: ma cosa sta a fare la Missione di Monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia, a parte di soggiornare in albergo a nostra spesa e fare prima colazione/spuntino/pranzo/spuntino/cena nei ristoranti scelti durante il giorno, secondo il programma di cui è stato informato l’Azerbajgian una settimana prima?

Il Ministero della Difesa dell’Armenia dichiara che l’Azerbajgian sta preparando una base informativa per continuare la provocazione

Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha rilasciato una dichiarazione affermando che il messaggio diffuso dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian secondo cui le unità delle forze armate il 2 settembre intorno alle ore 11.00 avrebbero aperto il fuoco con un mortaio in direzione delle posizioni azere situate nella zona orientale di confine, è un’altra disinformazione. Secondo il Ministero della Difesa armeno l’Azerbaigian sta preparando una base informativa per continuare la provocazione.

La Russia sta cercando di attribuire all’Armeniai la colpa della sua inerzia e incompetenza

Alen Simonyan, il Presidente dell’Assemblea nazionale dell’Armenia, in onda sulla televisione pubblica armena ha detto: «La Russia sta cercando di incolpare la parte armena della propria inerzia e incapacità di portare avanti le azioni».

Simonyan ha osservato che il Presidente della Russia ha affermato che il Nagorno-Karabakh era ed è una parte inseparabile dell’Azerbajgian. C’è anche la dichiarazione del 9 novembre 2020, in cui si firma che il Corridoio di Lachin è sotto il controllo della Russia, ora la domanda è: dov’è il Corridoio di Lachin?, ha chiesto Simonyan

Secondo Simonyan, il problema con il comportamento della Russia è che ora si trova in una guerra complicata e ha molti interessi economici che provengono dalla Turchia: «Gli interessi della Turchia e della Russia sono oggi ai massimi livelli. Oggi Turchia e Azerbajgian aiutano la Russia ad aggirare le sanzioni. E quello che abbiamo detto è questo: se hai degli obblighi, adempili. Invece di dire, hai annunciato qualcosa. Non accusate il governo [armeno] di schierarsi da nessuna parte, stiamo solo promuovendo gli interessi armeni. Oggi abbiamo una situazione in cui l’Armenia è sola con i suoi problemi. Anche l’Occidente aiuta nella misura in cui fa valere i propri interessi».

«Ci sarà una competizione geopolitica per condurre i negoziati Stepanakert-Baku»

Riportiamo di seguito l’intervista a Shahan Gantaharyan, studioso internazionale, con Radar Armenia, nella nostra traduzione italiana:

Radar Armenia: Il Presidente dell’Artsakh, Arayik Harutyunyan, e il Ministro di Stato si sono dimessi. Sergey Shahramanian è stato nominato nuovo Ministro di stato. Che effetto possono avere questi cambiamenti sulla situazione nell’Artsakh?
Shahan Gantahryan: Delle dimissioni del Presidente dell’Artsakh si parla da tempo, anche in ambienti semi-ufficiali. Penso che il fenomeno sia causato dal cambiamento generale dei capi delle istituzioni statali e non solo dalle dimissioni del Presidente. Cambiano infatti il Presidente dell’Assemblea Nazionale, il Ministro di Stato e il Presidente della Repubblica. È interessante notare che il cambiamento dei capi delle istituzioni statali non è dovuto al cambiamento del panorama parlamentare. La cosa positiva è che i processi procedono per consenso. Anche gli ex Presidenti sono coinvolti nelle consultazioni e nei processi decisionali. La parte più importante della dichiarazione di dimissioni del Presidente è che si dimette per mantenere la presenza e la solidarietà dell’Artsakh. In effetti, esiste una coscienza pan-Artsakh, che la divisione interno non farà altro che aiutare i piani dell’Azerbajgian. C’è anche uno sforzo particolare per non creare una crisi costituzionale e per preservare la legittimità delle istituzioni statali.

Si aspetta cambiamenti in termini di posizione dell’Artsakh?
Non credo che si registreranno grandi cambiamenti. Si sta preparando l’inizio dei negoziati Stepanakert-Baku e qui l’interesse geopolitico è già visibile. Da un lato Mosca cercherà di mantenere nelle sue mani il timone di un formato puramente tripartito, dall’altro la comunità internazionale vorrebbe discutere in modo coerente il coinvolgimento degli strumenti internazionali in questi negoziati.

La parte americana insiste affinché i rappresentanti di Baku e Stepanakert si incontrino. Baku risponde che ne tengono conto, poi aggiunge che la questione ha sfumature politiche. La situazione creatasi nell’Artsakh è un problema umanitario o politico?
Baku accetterà di negoziare con Stepanakert solo secondo la sua agenda. L’approccio pre-condizionale di Baku è chiaro. Non ha fretta di rispondere alla proposta degli Stati Uniti, perché è contrario al coinvolgimento di qualsiasi formato internazionale, d’altro canto, tiene conto della politica di non fare alcun passo contro Mosca. I partiti sono davvero su una linea molto sottile. Ci sarà una competizione geopolitica per condurre i negoziati Stepanakert-Baku. E in questo senso non credo che il gioco si svolgerà secondo le sole regole azerbajgiane.

Vede un collegamento tra le dimissioni del Presidente dell’Artsakh, il cambio del Capo delle forze di mantenimento della pace russe e l’incontro Putin-Erdoğan del 4 settembre?
Chi è alla guida di Stepanakert non può ignorare in queste condizioni il fattore russo. E il Capo delle forze di mantenimento della pace russe deve attuare le decisioni prese dalla leadership politico-militare di Mosca. La dichiarazione di Erdoğan secondo cui la missione di mantenimento della pace scade tra due anni e mezzo, e Ankara spera che Mosca rispetti la sua promessa e lasci l’Artsakh, spingerà Mosca a rafforzare ulteriormente la sua posizione nell’Artsakh. Gli Stati Uniti faranno pressioni su Ankara affinché si allontani da Mosca. Per portare avanti i suoi accordi con la Russia, Ankara dovrà cercare di fare affari politici in diverse direzioni. Il promemoria della missione di mantenimento della pace russa fa parte da questi affari. In cambio, Mosca ricorda sulla strada per Damasco che le truppe turche devono lasciare i territori siriani. Tali ritardi continueranno.

L’Azerbajgian ha inviato carichi umanitari nell’Artsakh, dimostrando essenzialmente che esiste una crisi umanitaria nell’Artsakh. Come può essere utilizzato questo fatto per rendere il problema risolvibile?
Sapete, nonostante il fatto che l’Azerbajgian abbia vinto e abbia fretta di firmare accordi diplomatici, gli obiettivi desiderati non sono ancora stati raggiunti. La discussione sul Corridoio di Zangezur è andata oltre la retorica. La strada Aghdam-Stepanakert non funziona. Neanche la strada Nakhichevan-Azerbajgian. Non c’è accordo sull’agenda di demarcazione. L’accordo di pace non è stato ancora firmato. Tutti parlano del coinvolgimento delle superpotenze nella regione, dei punti di conflitto di interessi e, a causa di tutte queste circostanze, della mancanza di soluzioni. L’agenda dell’integrazione può essere ritardata come in altre direzioni.

Come interpreta l’attivazione della parte francese e soprattutto tedesca rispetto alla situazione nell’Artsakh?
L’attivazione di Francia, Germania e, in generale, di Brussel nella regione, in questo caso anche nell’Artsakh, tende a neutralizzare l’unicità del fattore russo. L’attivazione di tutti nella regione caucasica dovrebbe essere percepita con l’urgenza di progettare processi di controbilanciamento, di essere presenti e di formare sfere di influenza.

In occasione della festa della Repubblica di Artsakh, oggi a Stepanakert in cerimonie nella Cattedrale e presso il Memoriale dei Caduti è stato espresso un augurio repubblicano

Oggi, 2 settembre 2023, in occasione del giorno della dichiarazione della Repubblica di Nagorno-Karabakh, che poi ha assunto il nome di Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh), nella cattedrale Surb Astvatsamor Hovanu (della Santa Madre di Dio) della Chiesa Apostolica Armena a Stepanakert è stata celebrata una cerimonia di augurio della Repubblica, presieduta da Padre Andreas Tavadyan. È stata elevata una preghiera unitaria a Dio affinché mantenga incrollabile lo Stato della Repubblica di Artsakh, per la pace e il benessere del suo popolo.

“Nella nostra preghiera, abbiamo chiesto a Dio di mantenere incrollabile il nostro Stato. Questo è il nostro più grande desiderio e la nostra richiesta a Dio. Possa Dio ascoltare tutte le nostre preghiere e portare benedizioni al nostro popolo per superare queste difficili condizioni”, ha osservato Padre Andreas Tavadyan.

Alla cerimonia erano presenti il Presidente dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Artsakh e Presidente ad interim, Davit Ishkhanyan; i tre ex Presidenti, Arayik Harutyunyan, Arkadi Ghukasyan e Bako Sahakyan; il Ministro di Stato, Samvel Shahramanyan; e altri Ministri e funzionari statali.

Quindi, il Presidente dell’Assemblea nazionale dell’Artsakh, Davit Ishkhanyan, i tre ex Presidenti Arayik Harutyunyan, Arkady Ghukasyan e Bako Sahakyan, altri ministri, funzionari statali e cittadini hanno fatto una marcia verso il Memoriale dei Caduti e hanno partecipato alla cerimonia commemorativa per rendere omaggio agli eroi morti per la difesa della madrepatria, mentre veniva eseguito l’inno nazionale, simbolo della Repubblica di Artsakh:

Artsakh libero ed indipendente
come una fortezza ti abbiamo costruito.
La storia del nostro Paese
abbiamo scritto con il sangue degli eroi.
Tu sei una fortezza inespugnabile,
una sacra vetta, un nobile nome.
Una benedizione divina ci rende eterni grazie a te.
Tu, la nostra patria che ci dà la luce,
terra, porta d’amore verso la Patria.
Vivi sempre in pace,
nostro vecchio e nuovo Karabakh.
Noi siamo coraggiosi discendenti di Haik
Come Mrav e Kirs e l’eterno Terter
con i nostri templi in alta montagna
manteniamo il nostro paese invincibile.

Il complesso fu edificato nel 1945 in onore dei 22.000 cittadini del Nagorno-Karabakh che avevano perso la vita nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Si caratterizza per un obelisco, situato al centro, alto 21 metri. Coloro che morirono furono sepolti in una fossa comune formata sulla collina opposta. Un’altra parte del complesso è una piscina a cascata con una fontana e sette sorgenti “piangenti” costruite nello stile dei monumenti armeni tradizionali e dell’arte ornamentale classica. Sui piedistalli di granito sono ritratti di soldati armeni-sovietici dell’Armata Rossa che sono stati onorati come Eroi dell’Unione Sovietica. La parte più recente del complesso è un cimitero in cui sono sepolti i veterani della Guerra del Nagorno Karabakh. Tutte le cerimonie civili di commemorazione si tengono al complesso di Stepanakert.

Qui, il 20 febbraio 1988, si svolse una grande manifestazione del Movimento dell’Artsakh. Quel giorno – alla luce delle riforme dell’Unione Sovietica di perestrojka (riforma economica) e glasnost (o apertura, una libertà concessa ai cittadini sovietici per manifestare dissenso circa il sistema comunista e il suo stesso leader) attuate da Michail Gorbaciov, salito al potere nel 1985 – il Soviet regionale del Oblast Autonomo di Nagorno-Karabakh decise di votare un testo al fine di unificare la regione autonoma con l’Armenia. Il Soviet del Nagorno-Karabakh lamentava il fatto che le scuole della regione non avevano libri di lingua armena e che il Segretario generale del Partito Communista azerbajgiano, Heydar Aliyev (futuro Presidente dell’Azerbajgian e padre dell’attuale) stava adottando delle misure politiche al fine di aumentare numericamente l’etnia azera nella regione del Nagorno-Karabakh. Nel 1988, infatti, la popolazione armena del Nagorno-Karabakh si era ridotta a quasi i tre quarti della popolazione totale.

La cerimonia commemorativa è stata presieduta da Padre Andreas Tavadyan.

Durante la cerimonia commemorativa è stato letto un messaggio del Vescovo Ter Vrtanes Abrahamyan, Primate della Chiesa Apostolica Armenia di Artsakh.

«C’è tra la gente la convinzione che non abbiamo ottenuto nulla in questi 30 anni, ma devo dire che non è così. Il 2 settembre 1991 simboleggia un risveglio nazionale. Anche oggi i tempi sono molto duri. Per noi è molto importante garantire la stabilità interna e pan-armena, e la stabilità pan-armena è l’unità pan-armena. Voglio innanzitutto congratularmi con il nostro popolo e poi augurare a tutti noi di renderci conto che la stabilità interna è molto importante per poter raggiungere i nostri obiettivi», ha affermato Davit Ishkhanyan, Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh.

Il Ministero degli Esteri dell’Artsakh esorta gli attori internazionali ad adottare misure urgenti per prevenire la privazione della popolazione
Il riconoscimento internazionale della Repubblica dell’Artsakh può diventare una delle garanzie importanti per prevenire la politica genocida contro il popolo dell’Artsakh

In occasione della giornata di commemorazione della dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Artsakh, il Ministero degli Esteri dell’Artsakh ha rilasciato una dichiarazione che riportiamo nella nostra traduzione italiana:

«32 anni fa, il 2 settembre 1991, la sessione congiunta dei Consigli dei deputati del popolo della regione del Nagorno-Karabakh e della regione di Shahumyan proclamò la Repubblica di Nagorno-Karabakh.
Dal 5 luglio 1921, dal momento dell’annessione illegale all’Azerbajgian e durante tutta la sua permanenza nella Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian, la politica di apartheid e discriminazione condotta dall’Azerbajgian nel Nagorno-Karabakh divenne sempre più severa, si creò un’atmosfera di odio e intolleranza. nei confronti del popolo indigeno armeno, che ha portato a scontri armati e vittime umane e alla deportazione di massa di civili dai villaggi armeni.
Per impedire il corso distruttivo degli sviluppi, il popolo del Nagorno-Karabakh ha approfittato del diritto stabilito dall’allora Costituzione e dalle leggi dell’URSS, cioè delle disposizioni della legge del 3 aprile 1990 del Consiglio Supremo dell’URSS “Sul ritiro delle repubbliche federate dall’URSS”, secondo il quale “le repubbliche autonome e le entità autonome hanno il diritto di decidere autonomamente la questione della permanenza nell’URSS o della repubblica federata che ne esce, nonché di sollevare la questione del proprio status giuridico statale”.
L’indipendenza del Nagorno-Karabakh fu riaffermata dai risultati del referendum nazionale tenutosi il 10 dicembre dello stesso anno e il 6 gennaio 1992, con la dichiarazione di indipendenza adottata nella prima sessione del Consiglio Supremo dell’Oblast Autonomo di Nagorno-Karabakh.
Tre decenni dopo, l’Azerbajgian ha occupato una parte significativa del territorio della Repubblica di Artsakh a seguito di una guerra su vasta scala da degli stesso scatenata.
Puntando ad arrivare allo spopolamento definitivo dell’Artsakh, da dicembre 2022 ad oggi, da circa 9 mesi, l’Azerbajgian, ignorando le disposizioni della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, le decisioni giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché i numerosi appelli della comunità internazionale, tengono sotto assedio totale le 120mila persone dell’Artsakh, privandole di tutti i diritti e di tutte le libertà fondamentali, creando delle condizioni di vita intollerabili e portandole alla fame.
Tenendo conto delle circostanze di cui sopra, nonché delle continue minacce e ritorsioni da parte delle autorità azerbajgiane nei confronti del popolo dell’Artsakh, il riconoscimento internazionale della Repubblica dell’Artsakh può diventare una delle garanzie importanti per prevenire la politica genocida contro il popolo dell’Artsakh.
Esprimendo gratitudine a tutti gli Armeni che hanno combattuto per il diritto all’autodeterminazione e alla libertà del popolo dell’Artsakh e inchinandoci alla memoria dei nostri eroi martirizzati nelle tre guerre dell’Artsakh, riaffermiamo che l’Artsakh era e rimane il nucleo dell’Armenia unità, proseguendo il cammino intrapreso e lottando per la nostra dignità.
Esortiamo tutti gli attori internazionali coinvolti nel processo di risoluzione del conflitto azerbajgiano-karabakh ad adottare misure urgenti ed efficaci per prevenire la pulizia etnica dell’Artsakh e l’espropriazione della sua popolazione indigena».

Il Ministro degli Interni dell’Artsakh afferma che la dura prova di oggi non ha lasciato altra scelta se non quella di continuare la lotta per il bene della Repubblica dell’Artsakh

Il Ministro degli Interni della Repubblica di Artsakh, Karen Sargsyan, ha rilasciato un messaggio in occasione del giorno della dichiarazione della Repubblica di Artsakh, che riportiamo nella nostra traduzione italiana:

«Nella storia recente dell’Artsakh, il 2 settembre è il giorno della dichiarazione della Repubblica di Artsakh.
Indipendentemente dalla complessa situazione geopolitica intorno alla nostra patria e dalla difficile situazione creata a seguito dell’assedio, questo giorno è il giorno dei sogni degli Armeni dell’Artsakh, fissato nel 1991 nella sessione congiunta dei consigli distrettuali di Nagorno-Karabakh e Shahumyan tenutasi a Stepanakert. Sono quindi trascorsi 32 anni da quando il sogno secolare del nostro popolo si è avverato.
La Repubblica di Artsakh è stata proclamata in un periodo difficile e apparentemente senza speranza per il nostro Paese. Il desiderio di avere una patria era grande, il prezzo per mantenere la propria indipendenza era alto.
Ancora oggi questo periodo difficile, che sembra infinito, è testimonianza eloquente del nostro sogno irrealizzabile.
Gloria e onore alla memoria degli eroi morti nelle battaglie per la difesa dell’Artsakh, gloria e onore ai devoti che proteggono la sicurezza della Patria e i diritti del nostro popolo.
32 anni fa credevamo nell’idea dell’indipendenza, il cui percorso era pieno di molti ostacoli. Ancora oggi, questa prova che ci ha afflitto, le privazioni e la situazione catastrofica, non ci ha lasciato altra scelta se non quella di continuare la lotta per il bene della Repubblica di Artsakh, per la sua indipendenza e autodeterminazione.
Forza, resistenza e forte volontà per il nostro popolo».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]