75 anni fa la porpora al cardinale armeno Agagianian. Pio XII voleva rendere la Chiesa davvero universale (Faridiroma 19.02.21)

Una platea di trentadue principi al Concistoro voluto da Pio XII il 18 febbraio del 1946; un’azione che il Pontefice ha compiuto con magnanima audacia per una più visibile e più solenne affermazione della sopranazionalità e universale unità della Chiesa.

Il Santo Padre Pio XII volle che in quel Sacro Collegio: “Vi siano rappresentati il maggior numero possibile di stirpi e di popoli, e sia quindi un’immagine viva dell’universalità della Chiesa. La Chiesa è madre, la madre di tutte le nazioni e di tutti i popoli, non meno che di tutti i singoli uomini, e precisamente perché madre, non appartiene, né può appartenere esclusivamente a questo o a quel popolo. Né può essere straniera in alcun luogo; essa vive in tutti i popoli.”

I nuovi cardinali per la maggior parte stranieri, se ne contavano ventinove su trentadue, rappresentavano ognuno un continente, la rappresentazione soprannazionale di una Chiesa militante dopo la seconda guerra mondiale, in questo eccezionale avvenimento vennero scelti porporati per le loro insigni virtù e i loro segnalati meriti.
Tra questi principi Pio XII scelse Gregorio Pietro XV Agagianian, Patriarca di Cilicia degli Armeni cattolici, nominandolo Cardinale di Santa Romana Chiesa con il titolo San Bartolomeo all’Isola, inter duos pontes, chiesa tra due ponti.

Agagianian incarnerà il messaggio di Pio XII e la sua vita sarà un ponte tra l’oriente e l’occidente, la voce della Santa Sede di Roma, la voce di un oriente insanguinato dalle continue guerre. Incarnerà quel messaggio agendo con uno spirito aperto a tutte le esigenze della Chiesa e del popolo di Dio consapevole delle difficoltà e dei problemi che il mondo stava affrontando: la ricostruzione morale del dopoguerra, il regime comunista, gli ostacoli posti all’espansione della fede, le difficoltà delle missioni che s’intrecciavano al colonialismo, l’espulsione dei missionari perché testimoni della realtà del terzo mondo.

Oggi guardando il passato, la grande famiglia umana ha subito tanto orrore, una sofferenza inenarrabile e ci verrebbe da chiedere perché volgere lo sguardo verso figure come il Cardinale Agagianian, come possono oggi indicarci una possibile chiave di lettura di un presente martoriato dall’incertezza e da una fede che è in cerca di un rifugio sicuro, baluardo di una salvezza che desideriamo sia prossima.
Agagianian sapeva leggere i momenti critici della storia, problemi troppo importanti per ignorarli, sapeva essere mediatore tra i concetti passati e quelli nuovi, invocando una lotta eroicamente cristiana contro l’oppressione affermando che – non poteva esserci mediocrità tra i cristiani che tutte le cose sono di Cristo…e bisogna ringraziare Dio per averci permesso di vivere in un’epoca in cui essere pienamente cristiani significa essere eroicamente cristiani. L’apostolo convinto del Signore nei confronti dei responsabili religiosi, sociali e civili -.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera nel 1965 affermerà il Cardinale Agagianian che “la Chiesa ha sempre creduto al valore umano di tutte le genti, dove il concetto di dignità della persona diventa un’idea ispiratrice e la pietra di paragone per verificare l’autenticità del nuovo cristianesimo” definendo così il concetto di Unità e anticipando le grandi sfide etiche che si pone oggi il fedele: *Unità non significa uniformità, ma pluralità di forme nell’Unità di fede”.

Alessandra Scotto, Ufficio Storico Pontificio Collegio Armeno

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