Acs accanto ai cristiani armeni in fuga (RomaSette 22.02.22)

La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) accende i riflettori sulla comunità cristiana dell’Armenia. Nell’ottobre scorso una delegazione si è recata sul posto con l’obiettivo di acquisire le informazioni necessarie a soccorrere i rifugiati provenienti dal Nagorno-Karabakh, piccola regione montana del Caucaso abitata prevalentemente da armeni, divenuta enclave contesa e teatro dell’ultimo scontro armato iniziato nel settembre 2020 fra Armenia (cristiana per il 94,4%) e Azerbaigian (musulmano per il 96,2%). Una situazione scaturita direttamente dall’implosione dell’Urss, sulla quale si sono sovrapposti gli interessi delle tre potenze regionali: Russia, Turchia e Iran. Nel corso del conflitto i siti del patrimonio culturale e religioso sono diventati obiettivi privilegiati. A cominciare dalla cattedrale di Shusha, importante monumento storico e religioso, colpita per due volte dal fuoco dell’artiglieria.

Nel novembre 2020 è arrivato il cessate il fuoco, che però non è bastato a evitare «innumerevoli crimini di guerra», ricordano da Acs, con più di 4mila soldati armeni caduti e circa 90mila rifugiati, di cui solo 25mila sono stati in grado di tornare alle loro case. «Molti armeni si sentono delusi dai termini dell’armistizio in base al quale l’Azerbaigian dovrebbe mantenere il controllo dei territori conquistati in guerra e le truppe russe dovrebbero restare nel Nagorno-Karabakh per un periodo di cinque anni per garantire la pace». Intanto gli aiuti di Stato non sono più disponibili e molte organizzazioni caritative sono state costrette ad abbandonare il territorio.

«L’intervento di Aiuto alla Chiesa che soffre è diventato sempre più urgente», rimarcano dalla fondazione, che si rivolge ai benefattori e a tutta la comunità cattolica italiana per raccogliere i fondi necessari ad aiutare i cristiani rifugiati a Goris, vicino ai confini del Nagorno-Karabakh. L’obiettivo è aiutare 150 famiglie cristiane per 15 mesi, in primo luogo fornendo cibo e assicurando un alloggio, e in secondo luogo facilitando l’incontro tra offerta e domanda di lavoro, allo scopo di rendere i nuclei familiari autosufficienti nel più breve lasso di tempo possibile. È un modo, spiegano, per contribuire alle attività della Chiesa armena, che «sopperisce alla carenza di aiuti da parte delle autorità civili assicurando alle migliaia di rifugiati cristiani non solo assistenza spirituale e psicologica ma anche il sostegno materiale», informano ancora dalla fondazione pontificia.

L’altro obiettivo, nella fedeltà al dna della fondazione, è sostenere la formazione dei seminaristi. In concreto, viene proposto ai benefattori italiani un progetto che sarà realizzato d’intesa con l’Ordinariato della Chiesa cattolica armena. «Nel suo viaggio apostolico in Armenia – ricorda il direttore di Acs Italia Alessandro Monteduro – Papa Francesco ha affermato che oggi i cristiani in alcuni luoghi sono discriminati e perseguitati per il solo fatto di professare la loro fede. Il pontefice in quella occasione ha aggiunto che il popolo armeno è fra quelli che hanno sperimentato sofferenza, dolore e persecuzione. È questo popolo che i futuri sacerdoti, con il sostegno dei benefattori di Acs, dovranno servire», conclude Monteduro.

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