Antonia Arslan porta a Brescia il coraggio delle donne armene (Bresciaoggi.it 01.03.23)

Domani alle 18.30 nella sede della Fondazione San Benedetto a Brescia in Borgo Wührer 119 è in programma un incontro con la scrittrice di origini armene Antonia Arslan che presenterà il suo ultimo libro «Il destino dì Aghavnì» (edizioni Ares). Nota al grande pubblico per il romanzo «La masseria delle allodole» vincitore del Premio Strega nel 2004 e dal quale è stato tratto anche un film per la regia dei fratelli Taviani, da molti anni è impegnata a far conoscere il genocidio del popolo armeno togliendo il velo di oblio e di censura che circonda una delle pagine più tragiche della storia recente. E il suo nuovo racconto adesso si ricolloca ancora in quello scenario. Nella primavera del 1915, alla vigilia del genocidio degli armeni, in una Piccola Città del centro dell’Anatolia, una ragazza di 23 anni che si chiama Aghavnì esce di casa con i suoi cari, il giovane marito e i due figli, un bambino di sei anni e una bambina di due. Nessuno li vedrà mai più. Scompaiono, semplicemente, senza lasciar traccia. Sono stati uccisi? O rapiti? Ma da chi? Nonostante le intense ricerche delle due famiglie, nessuno sembra saperne qualcosa. Poi, anche il loro ricordo sbiadisce fino a scomparire, nell’imperversare dei terribili eventi che iniziano proprio in quei giorni. Da una fotografia di questa sorellina di suo nonno, ritrovata a casa di un cugino in America, Antonia Arslan trae un racconto avventuroso di dolore e di coraggio, di morte e di rinascita, che culmina in uno strano Natale, in un misterioso presepio che diventa un riscatto dei cuori. «Questa storia non è “vera”, ma è molto verosimile – spiega la scrittrice -.

Circa 4 anni fa ho conosciuto un mio cugino che vive a Manchester, New Hampshire. Mi ha mostrato carte e foto di famiglia, fra cui una foto – del 1912 – di 3 sorelle di mio nonno, sorridenti e con vestiti uguali. Due le conoscevo, della terza mi disse: “Questa è Aghavnì, la sorella scomparsa”. Non sapevo che fosse esistita! Quella foto ha lavorato dentro di me per tutto questo tempo, finché lo scorso agosto il personaggio e la sua storia – simile a tante altre storie femminili di quei terribili anni – ha preso forza e consistenza». Il coraggio e lo spirito indomito delle donne armene sono uno dei cardini su cui ruota il romanzo breve. «Però Aghavnì – sottolinea Arslan – non è in opposizione al mondo maschile, piuttosto attraverso di lei volevo illustrare, ancora una volta, la frattura nel mondo femminile armeno causata dall’improvvisa amputazione della sua controparte, quello maschile, tagliato via dal suo posto nel mondo e nella vita dall’irrevocabile amputazione di una morte violenta. Non a caso le donne armene furono chiamate “i resti della spada”. E quante di loro, ormai sole, finirono in famiglie turche (o curde, o arabe…) e non si seppe più nulla». Il libro è un’occasione anche per gettare uno sguardo sulla condizione oggi del popolo armeno. «La situazione attuale è per l’Armenia più che difficile, è terribile – conclude Arslan -. La spregiudicata politica della Turchia (non bisogna mai dimenticare la grande abilità della diplomazia turca, da 150 anni ad oggi) è vissuta dall’Unione Europea con un misto di sudditanza e timore. Non siamo mai propositivi, rispondiamo soltanto, sempre intimiditi, quando non ignoranti dell’estrema complessità dello scacchiere caucasico». L’incontro è aperto a tutti, si chiede di confermare la presenza via mail a info@fondazionesanbenedetto.it o whatsapp 351 6050806. •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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