Armeni, il tempo della “simpatia” (Avvenire 11.07.15)

Nella collana “Lampi” di Edb è appena uscito il nuovo libro della scrittrice Antonia Arslan, scritto in dialogo col sociologo delle religioni Enzo Pace sul tema della repressione degli armeni in Turchia a inizio Novecento. Si intitola Rimozione di un genocidio. La memoria lunga del popolo armeno (pagine 56, euro 6). Vi si discute della lunga e tormentata storia di questo popolo, ma anche di come nonostante tutto l’intellighenzia turca si stia aprendo alla verità sul genocidio. Qui di seguito ne proponiamo un estratto.

Enzo Pace. Abbiamo più volte parlato del processo di rimozione dalla memoria dei turchi della storia del genocidio armeno e di come, in realtà, da alcuni anni a questa parte si avvertano segnali di ripensamento fra intellettuali (conosco colleghi e colleghe di alcune università turche che ne parlano apertamente, sostenendo la necessita di fare i conti col passato, come i tedeschi lo hanno fatto in relazione alla Shoah), giornalisti e, più timidamente, fra alcuni esponenti politici dell’attuale partito al potere (ma erano i tempi della trattativa per l’ingresso della Turchia in Europa, ora, a quanto pare, tramontata). A noi sembra che per i turchi riaprire gli archivi della memoria sulla vicenda armena significhi affrontare con coraggio le questioni irrisolte di una democrazia ancora acerba, ancora troppo etnocentrica, con pulsioni intolleranti nei confronti delle tante minoranze culturali, religiose e linguistiche che abitano quel Paese (inclusi i gruppi della famiglia alevita, musulmani considerati ai margini, se non addirittura eretici, da parte delle correnti ortodosse sunnite più intransigenti). Ti chiedo, per quanto tu hai potuto vedere e constatare, se l’esperienza di una minoranza altra, come quella armena in Turchia (dell’antica Cilicia), rispetto alla rappresentazione sociale che i turchi hanno del loro essere come nazione, non potrebbe costituire un ottimo motivo per l’affermazione di una democrazia aperta, in cui tutte le minoranze possano godere di piena cittadinanza. A tale fine, uno Stato laico (che non riproduca il modello kemalista, per cui lo Stato è sì secolare, ma tende a ridurre la religione ad affare di Stato) garantirebbe maggiormente tale processo di democratizzazione, di più, per intenderci, del progetto di uno Stato eticamente fondato sui valori musulmani a cui guarda Erdogan? Continua