Armenia: 30 anni dopo il devastante terremoto (Euronews 07.12.18)

All’inizio del servizio vedete degli uomini che suonano il duduk, uno strumento tipico armeno, nel giorno del 30esimo anniversario del terremoto che ha devastato l’Armenia del nord.

Il 7 dicembre 1988, una violenta scossa di 6,8 gradi della scala Richter ha provocato più di 25.000 morti, decine di migliaia di feriti, devastando il 40 percento del Paese.

Mentre l’Urss si stava sgretolando, la solidarietà è arrivata anche dagli altri Paesi dell’Unione.

“Eravamo talmente impegnati che non c’era tempo per piangere – dice un russo di mezza età che all’epoca era un giovane volontario – Specialmente nei primi 10 giorni, era importante salvare: anche una sola persona era importante”.

Il terremoto di Spitak, come viene chiamato dal nome della città dell’epicentro, è stato uno dei terremoti più devastanti del XX secolo, da cui l’Armenia non si è mai completamente ripresa. Anche perché dopo pochi anni dall’indipendenza è iniziata la guerra con l’Azerbaijan. Che dura da 20 anni.

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Spitak ’88, il terremoto che distrusse l’Armenia (Sputnik 07.12.18)

Trent’anni fa in Armenia quattrocento centri abitati vennero rasi al suolo dal terremoto più devastante del dopoguerra. Il mondo intero non restò a guardare e l’Italia, ferita pochi anni prima dai terremoti in Friuli ed Irpinia, prestò il suo aiuto alla popolazione armena, che ne beneficia ancora oggi.

Il 7 dicembre 1988 alle 11:41 del mattino la terra tremò come mai successo prima nel nord dell’Armenia. L’epicentro del terremoto, di magnitudine 6,8, fu localizzato nella città di Spitak, che venne completamente rasa al suolo in meno di 30 secondi.

In totale furono 21 le città del nord dell’Armenia colpite dai danni provocati dal sisma, il cui bilancio in termini di vite umane è tuttora impressionante: 25 mila vittime accertate, 140 mila invalidi, più di mezzo milione di sfollati.

Nikolay Tarakanov, generale dell’esercito sovietico a capo delle operazioni di soccorso, commentò così la scena che si trovò di fronte ai suoi occhi:

“Spitak fu persino più terribile di Chernobyl. A Chernobyl ti prendevi la tua dose di radiazioni e fatti tuoi. Del resto la radiazione è un nemico invisibile. Qui invece c’erano corpi dilaniati, urla da sotto le rovine. Il nostro compito principale non fu solo quello di aiutare a estrarre dalle macerie i superstiti, ma anche dare una degna sepoltura ai morti”

Il giorno della catastrofe l’allora segretario generale del PCUS, Mikhail Gorbachev, era in visita negli Stati Uniti: appresa la notiza, con un gesto mai visto prima, rivolse un appello alla comunità internazionale, chiedendo supporto nelle operazioni di soccorso e ricostruzione.

Nelle settimane successive al sisma arrivarono aiuti da più di 111 paesi del mondo, tra cui l’Italia, che inviò in Armenia una missione sotto l’egida del Dipartimento di Protezione Civile, nato dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980.

Grazie all’intervento italiano, nel 1989 venne costruito un centro abitativo chiamato “Villaggio Italia”, con 204 case dotate di tutti i comfort di base per accogliere altrettante famiglie sfollate.

Nel 1991 ad Ashotsk, villaggio di montagna situato all’altitudine di 2000 metri, 50 km a nord dall’epicentro del terremoto, la Caritas costruì l’ ospedale “Redemptoris Mater”, funzionante tuttora e gestito dalla Fondazione San Camillo.