Armenia 301, il nuovo progetto fotografico di Jacopo Santini.(firenzeurbanlifestyle.com 27.01.19)

Jacopo Santini è insegnante di fotografia e Co-Direttore del programma di Master in Fotografia presso la scuola internazionale SACI di Firenze.

301 (dopo Cristo) è l’anno in cui, stando alla tradizione e dopo una serie di cruente indecisioni, l’Armenia accolse il Cristianesimo, per volontà del re Tidrate III, e ne fece la religione nazionale, primo – si dice – fra i popoli. 301 è anche l’articolo del codice penale turco che sanziona – con pene detentive – ogni offesa all’“identità turca”, disposizione usata spesso e volentieri per punire varie forme di dissenso e, ovviamente, ogni menzione di ciò che da 100 anni è in Turchia negato, Metz Yegern: il grande dolore, il primo genocidio del ’900 che, tra il 1915 e il 1918 (con sanguinosi strascichi successivi), per piano e mano dei Giovani Turchi, costò la vita a circa 1.500.000 armeni all’epoca residenti nei territori del fu Impero Ottomano, soprattutto nell’attuale Anatolia orientale (o Armenia occidentale).

Il termine genocidio è un conio dello storico Polacco Rafael Lemkin, che lo creò perché nulla, nel lessico anteriore bastava a definire lo sterminio organizzato e pianificato da Ittihad ve Terakki (Unità e Progresso, partito nato in seno ai Giovani Turchi) di un’intera popolazione per la propria diversità etnica, razziale e religiosa, l’annullamento e la distruzione di ogni sua traccia culturale, artistica e architettonica da un territorio che le autorità turche volevano – e dichiarano oggi – da sempre turco.
È bene chiarire che il genocidio, con un successo reso possibile dal disinteresse delle nazioni belligeranti, dall’attiva collaborazione di quelle alleate (la Germania) e da inconfessabili ma noti calcoli strategici, è continuato ben oltre i termini della Prima guerra mondiale e, in mancanza di residue vittime umane, ha eletto a proprio bersaglio la memoria. Ha potuto contare sull’ipocrita complicità di un buon numero di nazioni che, ad oggi non lo hanno riconosciuto come tale, nonostante il concorde avviso della comunità scientifica internazionale circa la copiosità, l’univocità e l’inconfutabilità delle prove.

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