Armenia e Italia, profonda amicizia e prospettive di sviluppo nei rapporti commerciali (Thedailycases.com 20.04.19)

Il prossimo 24 aprile si commemora quello che viene ricordato come il “Grande crimine” ovvero il genocidio di oltre un milione e mezzo di armeni da parte dell’Impero ottomano ovvero dall’esercito turco e dal suo alleato tedesco avvenuto nel biennio 1915-1916.

di Vincenzo Elifani

Il prossimo 24 aprile si commemora quello che viene ricordato come il “Grande crimine” ovvero il genocidio di oltre un milione e mezzo di armeni da parte dell’Impero ottomano ovvero dall’esercito turco e dal suo alleato tedesco avvenuto nel biennio 1915-1916. La Turchia non ha mai voluto riconoscere questo crimine, ed è questo uno dei principali motivi la tengono lontana dall’adesione all’Unione Europea, ma anche con la Santa Sede i rapporti tra i due Stati sono un pò tesi da quando Papa Francesco nel 2015, riferendosi alle persecuzione nei confronti dei cristiani, ha parlato apertamente del genocidio armeno come il primo genocidio del XX secolo, tanto da provocare l’immediata protesta del governo turco.

Recentemente la Camera dei Deputati italiana ha approvato una mozione che impegna il governo a “riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale”. Anche in questo caso immediata è stata la risposta del governo turco che ha convocato l’ambasciatore italiano ad Ankara per esprimergli il proprio disappunto e ribadire la posizione turca che sostiene che i massacri siano avvenuti nell’ambito di un conflitto e non pianificati su base etnica o religiosa.

Di certo il dramma vissuto dalla popolazione armena è stato enorme e talmente devastante che ancora oggi, a distanza di oltre cento anni, la ferita è ancora aperta e viva nella memoria collettiva del Paese e delle vaste comunità che vivono all’estero e che continuano a restare molto legate alla loro madrepatria.

Tuttavia, nonostante l’importanza e la sacralità dell’argomento, limitare i discorsi sull’Armenia al genocidio è ormai forse riduttivo nel giudizio su un Paese che, tra mille difficoltà, sta uscendo dalla marginalizzazione del recente passato per proporsi come una realtà potenzialmente molto dinamica, in particolare modo per gli interessi italiani.

L’Armenia, che fino al 1990 faceva parte dell’Unione sovietica, è una piccola nazione del Caucaso, che fa quasi da cerniera tra l’Europa e l’Asia. Le ultime rilevazioni demografiche parlano di una popolazione di poco inferiore ai tre milioni di abitanti.

Quindi, in termini assoluti, una realtà abbastanza “piccola”, ma le dimensioni del Paese non devono ingannare perché l’Armenia, da qualche tempo ha compreso di doversi adeguare agli altri Paese dell’area che, in alcuni casi per effetto delle proprie potenzialità energetiche, marciano a tassi di crescita sostenuti.

L’Armenia, cercando di superare le difficoltà ereditate dai vecchi modelli economici figli del centralismo di Mosca, ha avviato una profonda riscrittura dei propri canoni economici.

Come evidenziano gli incoraggianti dati relativi all’interscambio con l’Italia, che segnala un progresso forse non impetuoso, ma certamente costante, cosa che rassicura gli investitori che intravedono nell’Armenia un partner affidabilissimo nella regione.

Uscendo fuori dai concetti per andare alla solidità dei numeri, la situazione economica armena segnala un rafforzamento di tutti gli indicatori a cominciare dal Prodotto Interno Lordo che, a prezzi costanti, ha fatto registrare un tasso di crescita positivo e con buone prospettive, passando dal +0,2 del 2016 al +5,3 del 2018, con una previsione per l’anno in corso di un +5,5, mentre per il 2020 le stime sono prudenti, prevedendo un aumento del 4,3, che è comunque un traguardo eccellente.

Parallelamente alla crescita del Pil, in Armenia il tasso di disoccupazione, a conferma della bontà delle politiche economiche del lavoro che sono state cambiate, è in costante decrescita.

Nel 2015 era del 18,5 per cento; lo scorso anno del 17,4; la previsione per il 2019 è del 17 per cento. E per il 2020 si prevede un’ulteriore diminuzione del dato, che dovrebbe attestarsi sul 16,8 per cento.

Il quadro generale, come si vede bene, è quindi in costante e progressivo miglioramento, con buone prospettive legate soprattutto all’intensificarsi dei rapporti commerciali con i più important partners europei, come l’Italia.

L’interscambio tra Italia ed Armenia è cresciuto sensibilmente nel corso degli anni, di fatto raddoppiando dal 2000, quando ammontava a quasi 99 milioni di euro.

L’ultima rilevazione è quella del 2018, dove l’interscambio tra i due paesi ha raggiunto i 182,4 milioni di euro, riprendendo a correre dopo la lieve flessione del 2016 (124,6 milioni), comunque “corretta” l’anno successivo (150,5 milioni di euro).

Nel 2018 l’Armenia ha importato prodotti italiani per un totale di 139,8 milioni di euro, esportandone per 42,6, con un saldo negativo di 97,2 milioni di euro.

Quindi, ad oggi, quali sono le prospettive dei rapporti commerciali tra i due Paesi? Direi incoraggianti, a volere essere prudenti.

E non solo per quello che l’Armenia offre come partner, quanto perché essa può garantire quella solidità politica che è necessaria per proporsi come terminale delle merci italiane nella regione. Un impegno di prospettiva che gli imprenditori italiani devono sapere cogliere, con coraggio.

Vincenzo Elifani, imprenditore, analista geopolitico e componente della Giunta nazionale di Confapi.

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