Armenia e magia, il Natale di Arslan (Cds 22.12.17)

C’è il monastero armeno di Khor Virab da cui si può guardare verso «il confine del mondo», la cima del Monte Ararat perennemente innevato. Ma c’è anche il miracolo del 25 dicembre, due orfani, uno spazzacamino di dieci anni e una bimba «coi capelli ricci e neri» che trovano una casa e una famiglia. E quel «leone di Giudea» che a New York riesce a fare felice un senzatetto. Sette storie di Natale di Antonia Arslan (Medusa editore), è il libro dalla copertina rossa in cui la scrittrice padovana di origine armena ha narrato racconti autobiografici, ricordi intensi dall’atmosfera magica, vissuti in varie parti del mondo.

Il monastero Khor Virab in Armenia
Il monastero Khor Virab in Armenia

«La mitica Armenia»

Dal Veneto e Padova dove Antonia Arslan vive, a New York, Amburgo, Grecia e in Armenia, la terra dei suoi antenati, «la mitica Armenia sognata fin dall’infanzia».

Racconti brevi

Racconti brevi, che «fioriscono e scaldano i cuori, da raccontare e ascoltare», scrive Arslan nella prefazione, per un Natale che «è il tempo del camino acceso e del cibo caldo, dei pomeriggi sonnolenti e dei bambini in vacanza».

Sette storie

Nello stile inconfondibile che alterna l’instancabile testimonianza della memoria del suo popolo alla contemporaneità, Antonia Arslan regala sette storie che evocano il momento più atteso dell’anno, in cui si celebra la Natività, quindi un inizio, ma è il momento che rappresenta anche il precipitare dei giorni verso la fine dell’anno.

«Le colombe di Khor Virab»

Nella storia «Le colombe di Khor Virab», c’è tutta la bellezza di quell’Armenia di cui la scrittrice si è fatta testimone e narratrice, unita al dolore e alla nostalgia per la morte dell’amato fratello Carlo. Ed è proprio il racconto a cui Antonia Arslan è più legata, che nasce dal primo viaggio di Carlo in Armenia, quando lui, nato in Italia, «scoprì una seconda patria, l’antica stirpe riemergeva: era sempre sembrato il più orientale dei cinque fratelli Arslan. Fu allora che una nostalgia lo invase e un senso di appartenenza perduta, e l’eccitazione di una scoperta».

Il Natale del 1944

La magia non è mancata nemmeno in quell’ultimo Natale di guerra, nel ‘44, che la scrittrice rievoca dai suoi ricordi di bambina, trascorsi nella villa di Dolo, nel Veneziano, quando la bella mamma Vittoria preparava misteriosi pacchetti chiusi da nastri colorati. I più piccoli attendevano impazienti e curiosi l’arrivo di Babbo Natale, fino a che dalla barba bianca finita di traverso spuntò la faccia (e il vocione) di papà Khayel…

Il campanile di Belluno

E ancora, il campanile di Belluno che diventò luogo di scoperta e scorribande in una gelida Vigilia, in cui dalla cima, ammirando tutta la vallata del Piave, i bambini non sentivano né freddo né stanchezza, ma, incantati, con il suono delle campane che risuonava da un paese all’altro, intravedevano perfino gli angeli.

L’atmosfera dickensiana

Sono racconti delicati e commoventi, dall’atmosfera dickensiana, che Antonia Arslan ha cesellato con ritmo e spruzzato di poesia. Ad accompagnare le storie, ci sono anche le illustrazioni dell’artista Massimo Pullini, dipinte nei toni del rosso e del grigio a olio su vetro e create proprio per illustrare i racconti di questo libro.

Speranza e lieto fine

Ognuna delle sette storie ricostruisce un frammento della vita della scrittrice, ma è anche un racconto compiuto in se stesso che ha un inizio e una fine e che suscita riflessioni ed emozioni. Parole da custodire, da cui farsi avvolgere, su cui meditare, trame sospese tra fantasia, magia e realtà. Sono racconti di speranza e lieto fine. Come del resto ogni storia di Natale che si rispetti dovrebbe essere.