Armenia, esperienze e conoscenze (Latitudeslife.it 19.03.18)

Viaggi d’autore è l’appuntamento editoriale, a cura di Anna Maspero e degli autori di guide specializzati nelle diverse destinazioni, che nasce dalla collaborazione di Latitudes con l’editore Polaris, la “stella guida del viaggiatore” dal 1989. Da oltre 20 anni pubblica guide che si leggono come dei veri e propri libri, capaci di raccontare, incuriosire ed emozionare. Polaris è anche narrativa di viaggio e saggistica, con una serie di collane prestigiose per venire incontro a esigenze diverse e specifiche: “Le Stelle”, “Per le Vie del Mondo”, “Percorsi e Culture”, “Libri Fotografici” e “Polaris Romanzi”. Grandi viaggiatori, reporter, giornalisti e scrittori, tutti viaggiatori per vocazione, sono gli autori d’eccezione che vi condurranno su Latitudes alla scoperta di paesi e luoghi straordinari.

 

Visitare l’Armenia oggi significa scoprire un piccolo Paese del Caucaso meridionale che nel corso dei secoli ha assorbito le influenze culturali di Europa, Russia, Persia e Oriente. La prima nazione cristiana al mondo, che ha espresso la sua fede con mille e una chiesa dalle forme geometriche e dall’atmosfera di spoglio misticismo, sorprende per la bellezza dei suoi panorami: altopiani dominati da montagne che superano i 4.000 m solcati da vallate che sembrano rincorrersi all’infinito verso le steppe asiatiche.

Visitare l’Armenia significa soprattutto scoprire l’enorme patrimonio culturale degli armeni: una civiltà nata ai piedi del biblico Monte Ararat quasi tremila anni fa che parla la stessa lingua di allora e utilizza un alfabeto singolare, creato da un santo e celebrato come un’opera d’arte. Una civiltà che ha reso possibile una produzione letteraria e scientifica impressionante: un patrimonio unico conservato tra le mura di centinaia di splendidi monasteri sparsi nei luoghi più spettacolari del Paese e all’interno dell’Istituto dei manoscritti “Matenadaran”, il Sancta Sanctorum della cultura armena che vi aspetta a Yerevan con migliaia di codici miniati dal valore inestimabile.

L’Armenia è il Paese delle pietre urlanti: un luogo dove ogni pietra racconta la storia tribolata di questo popolo che ha risposto a invasioni, persecuzioni e dominazioni con la forza che viene dall’incrollabile fede cristiana e da un’antica civiltà su cui ha fondato la sua identità nazionale. Un popolo che nel 1915 è scampato a quello che Papa Francesco ha definito “il primo genocidio del XX secolo” e che è disperso in ogni angolo del mondo, rinascendo ogni volta dalle sue ceneri con inalterabile speranza. Ecco perché una volta che scoprirete l’Armenia e la sua civiltà comincerete a vederne le trame in ogni dove, anche in luoghi conosciuti, come Venezia, Milano, Roma, che all’improvviso riveleranno tracce inequivocabilmente riconducibili alla presenza armena.

L’Armenia è la destinazione giusta per chi è curioso di altre culture, per chi ama la storia, l’architettura, la musica, ma anche per chi apprezza la natura, gli spazi aperti e la possibilità di vivere esperienze autentiche e l’incontro con persone che mantengono le antiche tradizioni e accolgono i visitatori come ospiti e non come turisti. Un viaggio che non può deludere, ma che non è certo adatto a chi cerca mondanità, vita notturna, divertimento leggero.

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Tempo fa ho avuto occasione di partecipare a Padova a un convegno nel quale Antonia Arslan, scrittrice italiana di origine armena, parlava della ‘storia’ millenaria del suo paese, del periodo noto come ‘genocidio’ del suo popolo. Non era la prima volta, avendo avuto in passato amici d’origine armena, che sentivo dibattere di tali argomenti. È comunque un dato di fatto: in ogni epoca e in ogni zona del mondo si sono verificati episodi di isolamento, intolleranza, persecuzione, delitti – un ‘crescendo’ che si impadronisce della mente umana annullandone il raziocinio – sino a giungere al vero e proprio genocidio. La storia ci conferma che questi estremi vengono raggiunti quando una comunità, costretta dagli eventi umani a vivere e condividere un territorio con altre persone differenti per razza, religione, abitudini di vita, può arrivare a compiere atti che il comune sentire – seppure in contesti di generale disagio e pericolo – mai dovrebbero permettere che si venga sopraffatti da forme di ideologia contorta, dall’assuefazione al potere di pochi, dall’ottundimento dell’anima in presenza di azioni ritenute a posteriori ‘inconcepibili, vergognose, criminali’, ma di fatto accettate passivamente e in qualche caso purtroppo persino esercitate. È successo col nazismo, nell’Unione Sovietica dei ‘pogrom’, in Cina e Corea durante la conquista giapponese, in Africa centrale fra etnie differenti e prima ancora nella tratta degli schiavi verso le Americhe, oltre che nelle infinite, disgraziate vicende umane perpetrate nel tempo e nello spazio dalle varie forme di colonialismo.

Non è l’unica testimone della ‘storia’ degli Armeni, Antonia Arslan; ma l’ex docente di Letteratura Italiana Moderna presso l’università di Padova, con la passione per l’archeologia (con tanto di laurea) è una ‘testimone’ permanente (e itinerante) delle traversie del suo popolo. La Arslan ricorda anzitutto che il nome originario del paese era Hayq, divenuto più tardi Hayqstan, a significare ‘la terra di Hayq’, dato che ‘stan’ è il ricorrente suffisso persiano per indicare un territorio. La leggenda racconta che Hayq discendeva da Noè e quindi, in accordo con la tradizione cristiana – antenato di tutti gli armeni. Hayq viveva ai piedi del monte Ararat; si assentò dalla sua residenza per assistere all’edificazione della Torre di Babele e, ritornato, sconfisse il re assiro Nimrod presso il lago di Van, nell’attuale Turchia. Ancora: il termine Armenia si rifà a quello di una tribù riconosciuta come la più potente dai popoli che vivevano nell’area caucasica e deriva da Armenak (o Aram), discendente di Hayq, a sua volta grande condottiero. La piccola-grande ‘storia’ dell’Armenia può essere sintetizzata in due fasi: quella della Grande Armenia, la cui massima estensione raggiunta comprendeva la quasi totalità dell’odierna Turchia orientale; oggi in quest’area l’etnia prevalente è quella dei Curdi, seguiti da Armeni, Turchi, Georgiani. Le città più notevoli sono la capitale della Repubblica di Armenia Erevan, ed Erzurum, in Turchia. Con l’occupazione araba, consolidatasi attorno agli anni 660-680, l’Armenia maggiore diviene una provincia di confine dell’Impero musulmano, per finire poi sottomessa all’Impero di Bisanzio nell’anno 1045. Nel 1064 Ani, capitale reale armena, viene conquistata dai Selgiuchidi e l’intera Grande Armenia cade in potere dei Turchi. Uno Stato armeno indipendente si riforma poco dopo in Cilicia, cioè nella Piccola Armenia (zona a sud dell’attuale Turchia e nord della Siria) e dura tre secoli, dal 1199 al 1375.

Antonia Arslan non ha mai nascosto di ritenersi una testimone attiva della sorte dei suoi compatrioti e continua ad esserlo per mezzo delle sue periodiche conferenze. Il genocidio perpetrato dai Turchi è stato in gran parte motivato dal desiderio di espandere il proprio territorio e insieme di contrastare – come paese musulmano – la religione cristiana che in Armenia è religione di stato sin dall’anno 301. Genocidio ‘moderno’, quello degli Armeni, che è stato seguito da quello nazista a danno degli ebrei. La scrittrice ricorda che si è trattato di un ‘progetto’ pianificato fra il dicembre del 1914 e il febbraio del 1915, con la complicità di consiglieri tedeschi, alleati della Turchia al­l’interno del primo conflitto mondiale. Il totale delle vittime può essere quantificato fra il milione e mezzo e i due milioni di persone: l’annientamento di un intero popolo, perché chi lo ha perpetrato si è fatto carico di cancellare, insieme alle vite umane, anche le tracce culturali della loro antica presenza in questa terra; si è calcolato che oltre 3.500 opere d’arte siano state distrutte e le poche rimaste, qualche centinaio, rappresentano oggi un aggancio emotivo al passato per gli abitanti dell’attuale, piccola Armenia. Solo nel 1985 il Genocidio Armeno è stato formalmente riconosciuto dall’ONU e in seguito (1987) anche dal Parlamento Europeo. Tra le ‘voci’ poetiche scomparse in tali atroci circostanze, la Arslan non manca di ricordare l’opera e la grande personalità del poeta Daniel Varujan, assassinato nel 1915, agli inizi dell’olocausto armeno. ‘Il Canto del Pane’, la sua opera più importante, potrebbe essere definita ‘il Canto dell’Uomo’, in cui la semplicità terrestre e le potenzialità celesti fanno un tutto armonioso; anzi, un tutto di armoniosa reciprocità.

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