Armenia – Giustizia per Gurgen Margaryan (Assadakah 27.05.20)

Roberto Roggero – La famiglia dell’ufficiale armeno, ucciso con un’ascia da un soldato azero, mentre si trovavano in servizio alle dipendenze della NATO, a Budapest, si è rivolta alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo per ottenere giustizia e perché vengano riconosciute le responsabilità dell’Ungheria e dell’Azerbaijan. La vicenda risale al febbraio 2004, quando il giovane ufficiale armeno Gurgen Margaryan fu ucciso da un altro soldato, Ramil Safarov, appartenente all’esercito azero. I due uomini, frequentavano un corso trimestrale di lingua inglese della NATO, nella capitale ungherese. Inoltre, il militare azero ha anche tentato di uccidere un altro ufficiale armeno, Hayk Makuchyan, senza riuscirci, sempre con la stessa arma che aveva acquistato in un negozio e con la quale aveva ucciso l’ufficiale armeno nel dormitorio.

Ramil Safarov

Ramil Safarov è stato sottoposto a processo, durante il quale aveva ribadito il proprio odio per gli armeni. Durantele udienze, è apparso chiaramente che l’accusato aveva preso di mira Margaryan a causa della sua appartenenza armena e che non mostrava alcun rimorso. Riconosciuto colpevole, è stato condannato all’ergastolo e incarcerato ma, nel 2012, il governo ungherese ha deciso di rimpatriarlo in Azerbaijan, dove avrebbe dovuto scontare il resto della pena. Tornato in patria, Safarov è stato invece graziato dal presidente Ilham Aliyev, rimesso in libertà, salutato come un eroe nazionale e addirittura promosso di grado con la concessione di un appartamento a titolo gratuito e una pensione in riconoscimento degli otto anni trascorsi in una prigione di Budapest. Le proteste ufficiali dell’allora presidente armeno Serzh Sargsyan non sono state prese in considerazione.

Nonostante il caso risalga a 16 anni fa, rimane una ferita profonda e aperta, e per questo, la famiglia Margaryan e lo stesso Hayk Makuchyan, si sono rivolti alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, non per un inutile risarcimento, ma per ottenere giustizia di fronte a una violazione e all’impunità, patrocinati dall’avvocato Nazeli Vardanyan.

Manifestazione popolare a sostegno di Gurgen Margaryan

Sullo sfondo, la situazione continuamente tesa fra Armenia e Azerbaijan in merito al territorio conteso del Nagorno-Karabakh, oggi Artsak, con una guerra che è costata la vita a decine di migliaia di persone. Ancora oggi, si svolgono periodici scontri a fuoco lungo i confini, mentre i contendenti mantengono la sospensione di qualsiasi relazione diplomatica.

Secondo il Diritto Internazionale, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo potrebbe disporre un rinnovato mandato di arresto e carcerazione per Safarov, annullando la sentenza di liberazione, con un provvedimento che, a tutti gli effetti, ha validità internazionale, ma il problema è che non sempre tali disposizioni vengono rispettate dai singoli governi. L’avvocato Nazeli Vardanyan ha dichiarato che punta al un nuovo trasferimento di Safarov in Ungheria o in un Paese terzo, dove scontare la condanna, perché “non è ammissibile che un assassino sia trattato come un eroe”.

Philip Leach, direttore del Centro Europeo di difesa dei diritti umani, che rappresenta anche i ricorrenti, ha affermato che il caso riguarda un nuovo territorio legale e che la sentenza del tribunale potrebbe avere profonde conseguenze, in quanto si è creato un pericoloso precedente.

I funerali di Gurgen Margaryan

Un rapporto del difensore civico ungherese nel 2012 ha rilevato che l’Ungheria non aveva violato alcuna norma internazionale, ma ha tuttavia concluso che il governo ungherese “non era sufficientemente prudente quando non richiedeva alcuna garanzia dall’Azerbaigian”.

La Corte Europea (CEDU), con sede a Strasburgo, afferma che l’Azerbaigian ha sbagliato a rilasciare un uomo condannato per aver ucciso un cittadino armeno, e ha votato la illegalità della liberazione di Safarov con un risultato di 6 preferenze contro 1 lo scorso 26 maggio. Nella sentenza, la CEDU ha dichiarato di “constatare che non vi era stata alcuna giustificazione per l’incapacità delle autorità azere di applicare la punizione di Ramil Safarov, e di concedergli l’impunità per un grave crimine di odio”.