Tensione in Armenia (Rassegna stampa 25.02.21)

Armenia: presidente invita alla calma, ‘misure urgenti per soluzione pacifica’ (Adnkronos)

Erevan, 25 feb. (Adnkronos) – Il presidente armeno, Armen Sarkissian, ha fatto sapere di essere al lavoro per “avviare con urgenza misure volte a trovare modi per ridurre le tensioni e risolvere la situazione in modo pacifico”. In una dichiarazione riportata dall’agenzia Armenpress sottolinea come “choc per il Paese sarebbero una mancanza di rispetto per la memoria delle migliaia di nostri figli morti durante la guerra”. L’appello è a essere “vigili”, al “controllo”, alla “moderazione” e al “buon senso”.


Le spoglie contese dell’Armenia, ferita dalla guerra in Nagorno-Karabakh ( Huffingtonpost)

Scontro fra Governo ed Esercito, gli occhi puntati di Russia e Turchia nell’indifferenza dell’Ue. Il premier erede della rivoluzione di velluto: “Non ci sarà un golpe”. L’analista Nona Mikhelidze ad HuffPost

Sono ore di estrema tensione in Armenia. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha denunciato un tentativo di colpo di stato militare dopo che 40 alti ufficiali dell’esercito, incluso il capo di stato maggiore Onik Gasparyan, hanno chiesto le sue dimissioni. Il premier ha dunque ordinato la rimozione di Gasparyan dai vertici dell’esercito, ma il presidente Armen Sarkissian non avrebbe ancora firmato il decreto.

Pashinyan ha escluso l’ipotesi di un passo indietro: “Un colpo di stato militare non accadrà. Tutto finirà in modo pacifico. Decideremo cosa fare insieme al popolo”. Il premier ha incontrato i suoi sostenitori in piazza della Repubblica, nella capitale Erevan, mentre gli oppositori protestavano per chiederne le dimissioni. Ora bisognerà vedere come si comporterà l’esercito e cosa avverrà ai vertici dello stato maggiore.

La situazione è seguita con fredda attenzione da Mosca. Il Cremlino ha espresso “preoccupazione” per l’aggravarsi dello scontro tra governo ed esercito in Armenia e ha invitato le parti alla “calma”. Il ministero degli Esteri russo ha poi sottolineato che la crisi in corso nell’ex repubblica sovietica è un “affare interno”. ”È con preoccupazione che seguiamo la situazione in Armenia ma la riteniamo una questione esclusivamente dell’Armenia, che è un nostro alleato molto importante e prossimo nel Sud del Caucaso”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. “Come naturale, chiediamo a tutte le parti di mantenere la calma. Riteniamo che la situazione debba essere tenuta nei limiti del quadro costituzionale”.

Speculare arriva il commento di Ankara, principale partner strategico dell’Azerbaijan. “Condanniamo con fermezza il tentativo di colpo di Stato in Armenia”, ha dichiarato il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, citato dall’agenzia di stampa Anadolu. “Ovunque nel mondo – ha aggiunto Cavusoglu – siamo contrari ai golpe e ai tentativi di colpo di stato”.

L’ex repubblica sovietica si trova al bivio, conseguenza inevitabile delle ferite mai sanate della recente guerra nella regione del Nagorno-Karabakh. “Tutto nasce dal risultato dell’ultimo conflitto tra Azerbaigian e Armenia: la guerra è stata vinta dall’Azerbaigian, che ha ripreso i territori persi quasi trent’anni fa, tra cui sette regioni adiacenti e una parte del Nagorno-Karabakh”, dice ad HuffPost Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca per il Caucaso presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI). “Nel cessate il fuoco il ‘mediatore’ principale è stata la Russia, che ha messo i propri peacekeeper lungo la linea del conflitto. Il punto è che la guerra è stata vinta dall’Azerbaigian ma il conflitto non è stato risolto, anzi: l’odio tra i due popoli è più vivo che mai. Ad oggi non c’è la guerra ma non c’è neanche la pace”.

Negli ultimi giorni roventi polemiche si sono accese attorno ai sistemi missilistici russi Iskander: secondo l’ex presidente Serzh Sargsyan, è stato un errore strategico non usarli sin dai primi giorni del conflitto; critiche a cui il premier Pashinyan ha risposto puntando il dito contro gli stessi sistemi d’arma, accusati di non aver funzionato o di averlo fatto solo al 10% della loro efficacia. Nella polemica è intervenuto anche il ministero della Difesa russo, che si è detto “sconcertato” dalle affermazioni di Pashinyan: l’esercito di Erevan – ha sostenuto – non ha mai utilizzato questo tipo di missile nello scontro, aggiungendo che il premier era stato probabilmente ingannato.

Quel che è certo è che la sconfitta armena in Nagorno-Karabakh nasce sì dal mancato aiuto russo – che nella partita aveva i propri interessi – ma anche dalla sproporzione tra i due eserciti. “L’esito della guerra era quasi scontato, data la disparità delle forze in campo: le forze militari azere erano molto più forti di quelle armene, perché da anni l’ Azerbaigian investe nella difesa tutti i ricavi delle proprie risorse energetiche, come dimostra anche l’acquisto di droni dalla Turchia”, osserva Mikhelidze.

Nel conflitto la Russia, tradizionale alleato militare dell’Armenia, ha preso una posizione poco chiara per gli armeni anche a causa dei rapporti freddi tra Putin e Pashinyan. Spiega ancora Mikhelidze: “Pashinyan è un leader arrivato al governo nel 2018 attraverso la cosiddetta rivoluzione di velluto, un movimento alimentato dalla voglia di più democrazia e meno corruzione nel Paese. Agli occhi dell’Occidente, Pashinyan è visto come un leader democratico. In questi anni ha cercato di avvicinarsi all’Europa e implementare una serie di riforme anticorruzione; ha arrestato una serie di oligarchi ben connessi agli oligarchi russi. Non è mai stato un leader gradito al Cremlino: il fatto di essere arrivato al potere attraverso una rivoluzione rappresenta un peccato originario agli occhi di Putin”.

“Gli armeni si aspettavano un aiuto militare nella guerra contro l’Azerbaigian ma questo aiuto nei fatti non è arrivato. Mosca aveva i suoi calcoli in questa guerra: il suo obiettivo era mettere peacekeeper nella regione, ed è riuscita a farlo. Il risultato che voleva ottenere era esattamente questo: un conflitto non risolto in cui la sua funzione di garante del cessate-il-fuoco fosse ancora necessaria”.

Allo stesso modo, ora Putin vorrebbe il mantenimento dello status quo: l’idea che i nazionalisti possano prendere il potere e portare a un’altra escalation militare non piace affatto al Cremlino, che ha già i suoi problemi interni.

“La sconfitta nel Nagorno-Karabakh ha aumentato la frustrazione del popolo armeno: quei territori erano come la Terra promessa per gli armeni; non si aspettavano di perderli a distanza di trent’anni”, spiega l’analista. “A cavalcare questa frustrazione sono soprattutto i gruppi più nazionalisti, inclini a ragionamenti poco razionali. In questi gruppi, inoltre, rientrano le élite corrotte e gli oligarchi che si sono sentiti perseguitati dalla rivoluzione di velluto, e ora intravedono una possibilità per tornare al potere”.

Secondo Mikhelidze, per mantenere la pace nella regione è indispensabile che Pashinyan riesca a mantenere il potere. Nella crisi pesa, ancora una volta, il disinteresse e il disimpegno dell’Occidente, un brutto film che sta andando in scena anche in Georgia. “Questa situazione – aggiunge l’analista – è anche figlia del disinteresse dell’Occidente per la regione. Basta guardare in parallelo a quello che sta accadendo in Georgia, dove è stato arrestato il leader dell’opposizione e il governo sta scivolando in modo sempre più evidente verso l’autoritarismo. In Armenia sta accadendo qualcosa di simile: le forze autoritarie stanno cercando di rovesciare il governo democratico”.

“Di fronte a questo trend – un autoritarismo che avanza nella regione – gli attori occidentali stanno dimostrando un completo disimpegno: l’Unione europea è stata completamente assente nella crisi del Nagorno-Karabakh, sia durante il conflitto sia durante la mediazione, lasciando tutto nelle mani di Russia e Turchia”, conclude Mikhelidze. “Anche dopo, da parte dell’Ue, non c’è stata nessuna iniziativa di peace building program, pur essendo chiaro a tutti che il conflitto tra i due popoli non è finito. Questa passività dell’Ue si osserva anche in Georgia, dove si permette al Paese che era considerato front-runner della Eastern Partnership di precipitare così indietro nei suoi processi democratici, scivolando verso l’autoritarismo. Si è pensato che l’importante fosse mantenere la stabilità, evitare in qualche modo la guerra tra la Georgia e la Russia, sacrificando però la democrazia. Senza uno sforzo per una vera democrazia sostenibile, nel Caucaso ci sarà sempre un caos politico che renderà impossibile la pace. Per il futuro spero in un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti di Biden, che potrebbero trascinare l’Europa”. Per ora, resta la preoccupazione per il vento dell’autoritarismo che soffia sulla polveriera Caucaso.


Ex Presidente Armenia esorta popolo a sostenere la richiesta dello Stato maggiore contro il Governo (Sputniknews)

L’ex Capo di Stato armeno, Robert Kocharian, ha detto che le autorità che hanno perso la guerra e hanno ceduto la terra dovrebbero andarsene e ha fatto appello al popolo, esortandolo a sostenere la richiesta dello Stato Maggiore delle Forze armate che vuole le dimissioni del Primo ministro Nikol Pashinyan.

“In questo fatidico momento, siate i padroni del nostro Stato, state accanto alle forze armate e all’esercito armeno. Le autorità che hanno perso la guerra e hanno consegnato la terra devono andarsene. Questa è la garanzia della nostra rinascita nazionale”, ha scritto l’ex Presidente sul suo canale Telegram.

Lo Stato Maggiore in mattinata ha chiesto le dimissioni del Primo Ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan, affermando che la leadership politica sta portando lo Stato su un pericoloso baratro. Ciò è accaduto dopo che il capo del governo aveva licenziato il primo vicecapo di Stato Maggiore delle forze armate, il tenente generale Tiran Khachatryan, che in precedenza aveva criticato le dichiarazioni di Pashinyan sul decorso della guerra in Nagorno-Karabakh.

In risposta, il Primo ministro Pashinyan ha annunciato che sarebbero in corso i preparativi per un tentativo di colpo di Stato e ha invitato i cittadini a riunirsi in Piazza della Repubblica per “difendere la rivoluzione”. Ha anche affermato di aver firmato la decisione di licenziare il capo di stato maggiore Onik Gasparyan dal suo incarico. Tuttavia, il Presidente non ha ancora firmato il documento.

Tensioni dopo il Nagorno-Karabakh

Yerevan ha assistito regolarmente a proteste a partire dal 10 novembre, quando il Primo ministro armeno e il presidente azero Ilham Aliyev hanno firmato l’accordo sul cessate il fuoco in Nagorno-Karabakh, mediato dal presidente russo Vladimir Putin.

Quell’accordo ha posto fine al conflitto armato che si era riacceso alla fine di settembre ma in base alle condizioni sottoscritte, Baku riprendeva il controllo dei territori occupati dagli armeni prima dello scoppio delle ostilità, provocando una protesta pubblica in Armenia e venendo interpretato dalle forze più nazionaliste come una severa e inaccettabile sconfitta.


“Tutto nasce dal conflitto” per il Nagorno Karabakh. E quello che sta accadendo in Armenia, così come in Georgia è una conseguenza “del ritiro strategico del mondo occidentale dal Caucaso”, dalle politiche dell’Unione Europea a quelle degli Stati Uniti, con “le crisi che si stanno manifestando nel Caucaso che mostrano uno scivolamento di questi Paesi verso l’autoritarismo”. Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca dell’Istituto affari internazionali (Iai), ragiona con l’Adnkronos sulle notizie che arrivano dall’Armenia e lo fa partendo dal recente passato. Lo scorso novembre il premier armeno Nikol Pashinyan annunciava la firma di un accordo “doloroso” con Russia e Azerbaigian per porre fine alla guerra per il Nagorno Karabakh, poche ore dopo che l’Azerbaigian aveva rivendicato la conquista della città di Shusha.

“In Armenia iniziano le manifestazioni, la protesta della popolazione, con la richiesta di dimissioni del premier Pashinyan, monta la frustrazione per una guerra persa – ricostruisce – Gli armeni hanno dovuto subire il flusso dei rifugiati da questi territori subito dopo la guerra di autunno. Questo ha aumentato il livello di frustrazione della gente, che sicuramente subisce anche una grave situazione economica dovuta alla pandemia, che ha avuto un forte impatto sull’economia anche in Armenia”. Da una parte i problemi politici, dall’altra quelli economici. Messi insieme hanno portato una parte della popolazione a chiedere le dimissioni del premier in una fase delicata del cessate il fuoco, “con la guerra che è finita da poco, mentre in realtà il conflitto non è finito perché armeni e azeri, in quanto popoli, non hanno fatto pace e la guerra è terminata perché c’è un cessate il fuoco e la Russia che ha inviato i cosiddetti peacekeeper nella regione”.

Intanto Pashinyan è rimasto al potere, fino ad arrivare alle ultime ore quando ha denunciato un “tentativo di golpe militare” da parte dello “Stato Maggiore dell’Esercito” dopo un duro comunicato firmato dal capo di Stato Maggiore, Onik Gasparyan, e da decine di generali in cui si chiedono le dimissioni del primo ministro. “E’ stato interpretato come un tentativo di rovesciare il governo che Pashinyan ha voluto prevenire”, prosegue l’esperta, che traccia un parallelo tra quello che sta accadendo in Armenia e in Georgia, dove nei giorni scorsi è stato arrestato il leader del più grande partito di opposizione, Nika Melia, in un’escalation della crisi politica. E’ tutto, secondo Mikhelidze, una conseguenza del “ritiro strategico del mondo occidentale dal Caucaso, che ha portato questa regione alla totale instabilità dal punto di vista politico e della sicurezza”.

“Nel caso di Armenia e Azerbaigian – prosegue – l’Unione Europea è stata completamente assente e ha lasciato tutto nelle mani della Turchia e della Russia”. E nel caso della Georgia, continua, “l’Ue non è stata molto presente” per quanto riguarda lo sviluppo della democrazia. Così, nella lettura di Mikhelidze, “le crisi che si stanno manifestando nel Caucaso mostrano uno scivolamento di questi Paesi verso l’autoritarismo”.

“Pashinyan è sicuramente un leader democratico”, osserva, augurandosi quindi che riesca a mantenere il potere e che al governo non arrivino “forze nazionaliste perché le forze nazionaliste non democratiche sono di solito attori non razionali e poco prevedibili”. E se “già da parte azera – dice – abbiamo un governo non democratico, se avessimo un governo non democratico anche in Armenia ci troveremmo in una situazione completamente imprevedibile in cui qualsiasi provocazione, non si può escludere, potrebbe poi degenerare in un’escalation militare”.

Non solo l’Ue. C’è anche il ‘disengagement’ degli Usa. Secondo l’esperta, il caso dell’Armenia come quello della Georgia dimostrano infatti a livello generale come “la poca presenza, il disimpegno degli Stati Uniti iniziato negli ultimi anni della presidenza Obama e poi confermato ampiamente durante l’Amministrazione Trump, il completo ‘disengagement’ degli Stati Uniti, abbia portato a queste crisi continue degli ultimi anni”.


Alta tensione in Armenia, il premier denuncia un tentato golpe militare (AGI)

AGI – Sale la tensione in Armenia, dove il primo ministro, Nikol Pashinyan, ha denunciato un tentativo di colpo di stato militare dopo che 40 alti ufficiali dell’esercito, tra cui il capo di stato maggiore, Onik Gasparyan, avevano chiesto le sue dimissioni. “Ritengo che la dichiarazione dello stato maggiore sia un tentativo di colpo di Stato militare“, ha dichiarato il premier in una diretta Facebook.

Pashinyan ha disposto il licenziamento di Gasparyan ma il presidente, Armen Sarkissian, non ha ancora firmato il decreto. Dopo il proclama, Pashinyan ha marciato con i suoi sostenitori fino a Piazza della Repubblica, nella capitale Erevan, dove, davanti a 20 mila sostenitori, ha invitato il popolo a non consentire il colpo di Stato.

Il premier: “Non me ne vado, il golpe non ci sarà”

Con un megafono in mano, affiancato dal figlio e dai ministri del suo governo, Pashinyan ha smentito le voci che lo vogliono pronto ad abbandonare il Paese. “Alcuni stanno diffondendo voci secondo cui starei cercando di fuggire e avrei prenotato un aereo”, ha detto Pashinyan, “ma io sono qui, la mia famiglia è qui. Li inviteremo qui perché vedano da soli”. Il premier ha assicurato che non ci sarà nessun golpe.

Nel centro della città si sono verificati i primi scontri tra i fautori del premier, che stanno marciando con lui per le strade, e i sostenitori dell’opposizione, che appoggia l’appello dell’esercito perché Pashinyan si dimetta. Un video dell’agenzia russa Sputnik documenta calci, pugni e spintoni tra i membri delle due fazioni. Nella rissa sono rimasti coinvolti anche alcuni cronisti che stavano documentando i tafferugli. I sostenitori dell’opposizione si stanno raccogliendo a Piazza della Libertà per una contromanifestazione e hanno applaudito gli aerei militari che stanno sorvolando la città.

Il presidente invita alla calma

Sarkissian ha annunciato di essere al lavoro su “iniziative urgenti per allentare le tensioni” nel Paese e “cercare maniere per risolvere la situazione in modo pacifico”.

“Chiedo a tutti di mostrare sobrietà e moderazione”, ha dichiarato Sarkissian in una nota diffusa dal suo ufficio, “l’Armenia è in una situazione esplosiva, carica di implicazioni imprevedibili per il nostro Stato che potrebbero portare a conseguenze irreversibili”.

Le ragioni dello scontro

La nota firmata da Gasparyan esprimeva una “forte protesta” contro il licenziamento del vice capo di stato maggiore, Tiran Khachatryan, per ragioni definite “superficiali e infondate”. Mercoledì Sarkissian aveva firmato il decreto che rimuoveva Khachatryan in seguito a uno scontro con il governo, che aveva lamentato l’inefficienza dimostrata dai missili Iskander di fabbricazione russa nel recente conflitto con l’Azerbaigian per il controllo del Nagorno-Karabakh.

L’esito della guerra, conclusasi con un consolidamento delle rivendicazioni territoriali azere, ha scatenato un’ondata di rabbia popolare contro l’esecutivo guidato da Pashinyan. Stanchi di sentirsi addosso tutta la responsabilità del risultato del conflitto, Pashinyan e i membri del suo governo sono quindi passati all’attacco, lamentando l’inefficienza degli armamenti russi in dotazione all’esercito.

Di recente Khachatryan aveva commentato con una risata sprezzante un commento di Pashinyan a proposito degli Iskander che “non esplodevano” o “esplodevano del 10%”, affermando che simili affermazioni “non potevano essere serie”. Poco dopo il numero due delle forze armate era stato licenziato, una decisione che, secondo la nota dei militari, “è stata presa senza tenere conto degli interessi nazionali e statali dell’Armenia ma solo sulla base di sentimenti e ambizioni personali”.

“La decisione, presa in circostanze difficili per l’Armenia, è antistatale e irresponsabile”, prosegue il comunicato, secondo il quale il premier armeno e il suo governo “non sono piu’ in grado di prendere decisioni adeguate in questa situazione critica, cruciale per il popolo armeno”. “Le forze armate armene hanno tollerato a lungo gli attacchi delle autorità mirati a screditare le forze armate ma ogni cosa ha il suo limite”, conclude la nota, “date le circostanze, le forze armate armene chiedono le dimissioni immediate del primo ministro e del governo e li avvertono di non utilizzare la forza contro la gente i cui figli sono morti difendendo la madrepatria”.

Mosca preoccupata, Ankara condanna

Il Cremlino ha espresso “preoccupazione” per l’aggravarsi dello scontro tra governo ed esercito in Armenia e ha invitato le parti alla “calma”. Il ministero degli Esteri russo ha poi sottolineato che la crisi in corso nell’ex repubblica sovietica è un “affare interno”.

“È con preoccupazione che seguiamo la situazione in Armenia ma la riteniamo una questione esclusivamente dell’Armenia, che è un nostro alleato molto importante e prossimo nel Sud del Caucaso”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, “come naturale, chiediamo a tutte le parti di mantenere la calma. Riteniamo che la situazione debba essere tenuta nei limiti del quadro costituzionale”.

Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha condannato il tentativo di colpo di Stato in Armenia. “Quando un colpo di Stato ha luogo, lo condanniamo”, ha dichiarato Cavusoglu durante la sua visita a Budapest, secondo quanto riporta l’agenzia Sputnik, “condanniamo questo tentativo in modo risoluto”.

“Criticare il governo e chiederne le dimissioni è normale, laddove rovesciare il governo con il sostegno dell’esercito è inaccettabile, così come i semplici appelli in materia”, ha aggiunto Cavusoglu, che ha definito la stabilità in Armenia cruciale per il processo di pace nel Nagorno-Karabakh.


Armenia: premier,’ho licenziato capo dello Stato Maggiore’ (Ansa)

(ANSA) – MOSCA, 25 FEB – Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha destituito Onik Gasparyan – che ha chiesto le sue dimissioni e quelle del governo – dal posto di capo dello Stato Maggiore delle forze armate armene. “Oggi ho firmato la decisione di sollevare Onik Gasparyan dalle sue funzioni.     Considero la sua dichiarazione come un tentativo di colpo di stato militare”, ha detto Pashinyan durante un livestream sulla sua pagina Facebook. Lo riporta Interfax. (ANSA).

(ANSA) – MOSCA, 25 FEB – Il Cremlino segue gli sviluppi in Armenia con un senso di preoccupazione ma crede che sia esclusivamente un affare interno. Lo ha detto il portavoce di Putin Dmitry Peskov citato dalla Tass. Mosca è un alleato stretto di Erevan, che fa parte dell’Unione Economica Euroasiatica, e primo sostenitore dell’esercito armeno. (ANSA).

(ANSA) – BRUXELLES, 25 FEB – “L’Unione europea segue molto da vicino gli sviluppi in Armenia e chiede a tutti gli attori di mantenere la calma e di evitare qualsiasi retorica o azioni che possano portare a un’ulteriore escalation”. Lo afferma in una nota l’ufficio dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell.  “Le divergenze politiche siano risolte pacificamente e in stretta aderenza ai principi e ai processi della democrazia parlamentare – prosegue la nota -. In linea con la Costituzione armena, le forze armate dovranno mantenere la neutralità nelle questioni politiche e stare sotto il controllo pubblico”.

Armenia, il premier scende in piazza ‘Non ci sarà il colpo di Stato’. (ANSA)

Sale la tensione in Armenia: il primo ministro  Nikol Pashinyan ha marciato per le strade della capitale Erevan con i suoi sostenitori dopo aver accusato i militari di aver montato un tentativo di colpo di stato. “La situazione è tesa ma dobbiamo evitare gli scontri”, ha detto Pashinyan ai suoi sostenitori attraverso un megafono, aggiungendo che la nuova instabilità politica che segue mesi di proteste contro il suo governo è “gestibile”.

Nikol Pashinyan ha destituito Onik Gasparyan – che ha chiesto le sue dimissioni e quelle del governo – dal posto di capo dello Stato Maggiore delle forze armate armene. “Oggi ho firmato la decisione di sollevare Onik Gasparyan dalle sue funzioni. Considero la sua dichiarazione come un tentativo di colpo di stato militare”, ha detto Pashinyan durante un livestream sulla sua pagina Facebook. Lo riporta Interfax.

“Un colpo di stato militare non accadrà. Tutto finirà in modo pacifico. Decideremo cosa fare insieme al popolo”, ha detto Pashinyan durante una marcia a Erevan. Il diritto del popolo di formare le autorità non dovrebbe essere messo in dubbio, ha sottolineato.

Vazgen Manukyan, candidato dell’opposizione armena a primo ministro, ha messo in guardia la gente dal cedere alle azioni provocatorie del governo ma ha esortato i suoi sostenitori a riunirsi in Piazza della Repubblica nel centro di Yerevan. “Il primo ministro Nikol Pashinyan sta cercando di portare il nostro popolo a una guerra civile, scontri e spargimenti di sangue. Chiediamo a tutti i cittadini armeni di non cadere nelle provocazioni di questo regime, di manifestare moderazione: l’unico garante della nostra sicurezza sono le forze armate e il loro comando”, ha detto Manukyan.

Gli attivisti dell’opposizione armena stanno bloccando con le barricate viale Baghramyan, la strada centrale di Erevan, dove si trovano il Parlamento e l’ufficio presidenziale. “Stiamo issando le barricate per costringere il Parlamento a riunirsi per una sessione e votare la destituzione del primo ministro Nikol Pashinyan”, ha detto Vazgen Manukyan. “Siate pronti, staremo qui anche di notte”, ha aggiunto rivolgendosi ai sostenitori. Lo riporta Interfax.

Il Cremlino segue gli sviluppi in Armenia con un senso di preoccupazione ma crede che sia esclusivamente un affare interno. Lo ha detto il portavoce di Putin Dmitry Peskov citato dalla Tass. Mosca è un alleato stretto di Erevan, che fa parte dell’Unione Economica Euroasiatica, e primo sostenitore dell’esercito armeno.

“L’Unione europea segue molto da vicino gli sviluppi in Armenia e chiede a tutti gli attori di mantenere la calma e di evitare qualsiasi retorica o azioni che possano portare a un’ulteriore escalation”. Lo afferma in una nota l’ufficio dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell. “Le divergenze politiche siano risolte pacificamente e in stretta aderenza ai principi e ai processi della democrazia parlamentare – prosegue la nota -. In linea con la Costituzione armena, le forze armate dovranno mantenere la neutralità nelle questioni politiche e stare sotto il controllo pubblico”.