Armenia: proteste dell’opposizione. Putin: stiamo osservando (Askanews 18.04.18)

Mosca, 18 apr. (askanews) – “Stiamo guardando a ciò che sta accadendo in Armenia e, in effetti, cosa ancora più importante, ci auguriamo che tutto si svolga nel quadro dello stato di diritto”. Così il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov. Il tutto dopo che le azioni contro l’elezione del primo ministro Serzh Sargsyan, iniziate il 13 aprile e l’annuncio da parte del leader dell’opposizione armena, Nikol Pashinyan di una “rivoluzione”.

L’opposizione accusa Sargsyan di un governo inefficace del paese e del deterioramento della situazione economica. Lunedì i manifestanti hanno cercato di entrare nel palazzo del parlamento, la polizia li ha spinti, a seguito della collisione sono rimaste ferite decine di persone. Il giorno dopo i manifestanti hanno annunciato l’inizio di una “rivoluzione di velluto” in Armenia.

Subito dopo l’elezione, il presidente russo Vladimir Putin ha inviato un telegramma di congratulazioni a Serzh Sargsyan. “La sera, piuttosto tardi, lo ha chiamato al telefono e si è congratulato con lui per la sua elezione a capo del gabinetto. Indubbiamente, uno scambio di opinioni ha avuto luogo”, ha aggiunto Peskov. In base a una precedente nota del Cremlino: Putin si è congratulato “calorosamente con Serzh Sargsyan per la sua nomina a capo del governo armeno e gli ha augurato successo”.

Nonostante le proteste, il parlamento armeno martedì ha eletto Sargsyan al posto di primo ministro. In questo prima, un emendamento alla Costituzione, secondo il quale l’Armenia trasferiti a una forma di governo parlamentare, e dei più ampi poteri avrà il capo del governo.


Gli armeni scendono in strada contro il presidente filo Putin (Il Foglio 18.04.18)

Nelle strade di Erevan, la capitale dell’Armenia, continuano le proteste contro l’elezione dell’ex presidente della Repubblica, il filorusso Serz Azati Sargsyan, che è stato nominato primo ministro martedì. Una mossa che l’opposizione considera come un tentativo di estendere il suo dominio sull’ex nazione sovietica. In seguito a una riforma costituzionale controversa, l’ex presidente ha scavalcato il divieto di ricandidarsi per un terzo mandato. Nelle proteste di ieri, la polizia ha arrestato decine di persone, mentre almeno 40 manifestanti e 6 poliziotti sono finiti in ospedale. Oggi i contestatori hanno brevemente circondato la residenza di Sargsyan, prima di marciare per la capitale al grido “Armenia senza Serz”. Le autorità hanno dichiarato che i manifestanti “violano la legge sul raduno pubblico”, e che saranno prese “legittime misure per assicurare il normale funzionamento delle strutture statali”.

Le manifestazioni di questi giorni

L’11 aprile, in un Parlamento pressoché deserto, due deputati dell’alleanza di opposizione (Elk) hanno acceso dei fumogeni per protestare contro i piani dell’ex presidente. Quell’azione poteva sembrare una trovata pittoresca ma dalle conseguenze limitate. Però due giorni dopo, anche in risposta all’appello lanciato dai due parlamentari, i manifestanti hanno iniziato a bloccare le strade centrali di Erevan dove sorgono gli edifici governativi. Il popolare leader dell’opposizione, Nikol Pashinian, spera sarà una “rivoluzione di velluto”, uno sciopero generale che dovrebbe “paralizzare l’intero sistema statale”.

Ma le proteste non hanno dissuaso i legislatori: martedì scorso, con 77 voti contro 17 e sulla spinta del partito repubblicano al potere, l’Aula ha confermato l’ex presidente come nuovo premier, mentre circa 40.000 persone radunate a Erevan lo fischiavano e si scontravano in piazza con le forze dell’ordine, davanti ai palazzi del governo cinti di filo spinato. E se gli Stati Uniti stanno “monitorando da vicino le proteste”, come ha dichiarato il Dipartimento di stato americano, da parte sua, il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato con Sargsyan per la sua nomina: “Stiamo guardando gli eventi in corso in Armenia e speriamo che tutto rimanga nella legge”, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Serzh Sargsyan ha fatto aderire il paese all’Unione Eurasiatica, un’unione economica e doganale guidata da Mosca.

La riforma costituzionale

Superato il limite di due mandati, l’ex presidente, rimane così al comando del paese. La sua presidenza iniziò dieci anni fa, nel 2008. Su quell’elezione, macchiata dalla morte di otto persone nelle proteste, pesano dubbi di brogli. Nel 2014 il capo di stato aveva promesso che non avrebbe “aspirato” a diventare primo ministro se l’Armenia fosse passata da un sistema presidenziale a uno parlamentare in seguito al referendum del 6 dicembre 2015. Una promessa, evidentemente, non mantenuta: l’ex ambasciatore armeno in Gran Bretagna, Armen Sargsyan – che nonostante il cognome in comune non è parente ma solo alleato di Serz – ha giurato da presidente la settimana scorsa. Sostituirà Serz, ma secondo Reuters avrà un ruolo “in gran parte cerimoniale”. Nel 2015 gli elettori armeni hanno infatti approvato la riforma costituzionale che ha apportato un cambiamento significativo alla struttura dello stato. Ad oggi, l’ufficio del presidente è stato privato di molti dei suoi poteri, mentre quelli del primo ministro hanno ricevuto un notevole impulso.

Inoltre la BBC ha notato, insieme ad alcuni osservatori europei indipendenti, presunte irregolarità elettorali e persino brogli durante il referendum, un’accusa che già era stata mossa durante le presidenziali nel 2008 e nel 2013.

Chi guida le proteste?

Come ha spiegato il Guardian nel 2016, le dimostrazioni su larga scala contro il governo di Sargsyan erano diventate una sorta di esercizio annuale, sin dalla sua rielezione nel 2013. A guidarle, sin dagli esordi, c’è il parlamentare armeno Nikol Pashinian, condannato a sette anni di prigione per aver organizzato proteste di massa dopo le elezioni presidenziali del 2008. “Pashinian è stato molto attivo nelle iniziative civiche ed è riuscito a incoraggiare le persone a sollevarsi”, ha spiegato a Rfe-Rl Stepan Grigorian, analista politico e capo del Globalization and Regional Studies Analytical Center. Ex redattore capo e proprietario di Haikakan Zhamanak, uno dei più popolari giornali del paese, Pashinian è stato eletto al parlamento nel 2012 come rappresentante del partito di opposizione “Congresso nazionale armeno“. Nel 2017, ha istituito il proprio partito ed è stato eletto a capo del blocco liberale Elk, costituito dalla fusione dei partiti d’opposizione “Contratto civile”, “Armenia luminosa” e “Repubblica”.


L’Armenia in piazza contro il nuovo premier (ed ex presidente): ‘vuole regnare a vita’ (Buisness insider 18.04.18)

Sono giorni di aspre proteste in Armenia. A centinaia di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza Yerevan e nelle principali città del paese per protestare contro la nomina a Primo Ministro dell’ex Presidente della repubblica Serzh Sargsyan.
La ragione delle proteste sta nel fatto che l’opposizione accusa Sargsyan e i suoi di aver orchestrato una macchinazione per prendere il potere in modo stabile.
La storia è questa: Sargsyan ha ricoperto per due mandati consecutivi e un totale di dieci anni la carica di Presidente della Repubblica. Arrivato alla fine del suo incarico, due settimane fa, ha cambiato casacca e preso il ruolo di Primo Ministro, eletto dal Parlamento (con 77 voti a favore e 17 contrari).
Sarebbe tutto legittimo, non fosse che, prima di lasciare il suo incarico da Presidente della Repubblica e prepararsi a diventare Primo Ministro, Sargsyan ha ha fatto sì che, contemporaneamente al suo cambio di ruolo, venissero trasferiti i poteri dall’una all’altra carica.
Nel 2015, infatti, Sargsyan ha avviato una serie di riforme costituzionali tali da trasformare l’Armenia da repubblica presidenziale in una parlamentare (simile alla nostra). In questo modo, Sargsyan ha svuotato di senso il ruolo che ricopriva fino a poche settimane fa e ha travasato i poteri esecutivi in quello che ricopre ora. Così, secondo i suoi oppositori, è di fatto al terzo mandato, dal momento che per tre volte (due da Presidente della repubblica, una da Primo Ministro) ha ricoperto la massima carica dell’esecutivo.
Una mossa che a molti ha ricordato da vicino quello che, nel 2008 fece Vladimir Putin, quando si avvicendò dal Cremlino alla Presidenza del consiglio con  Dmitry Medvedev.
In un discorso in vista del voto di martedì, Sargsyan ha respinto le accuse di presa di potere. “Se sarò eletto, non sarà il terzo mandato del governo di Serzh Sargsyan, ma  il primo mandato di un governo repubblicano del governo dell’Armenia in un’Armenia parlamentare”, ha affermato.
La mossa, all’opposizione, piace poco o niente, come prevedibile: gli attivisti hanno tenuto proteste su piccola scala per settimane, sperando di scongiurare l’incarico di Presidente del Consiglio all’ex presidente, poi, fallite le loro richieste, sono passati a proteste più vibranti: i manifestatnti sono entrati nella stazione radio statale e nei campus universitari e hanno interrotto il servizio di trasporti della capitale. Hanno anche  tentato brevemente di assaltare il parlamento, ma sono stati bloccati dalla Polizia; in 29 sono stati arrestati e molti altri sono rimasti feriti. Il leader dell’opposizione, il parlamentare  Nikol Pashinyan, che lunedì dopo i disordini è stato ricoverato in ospedale per un trauma oculare, ha dichiarato l’inizio di una “rivoluzione di velluto”,  promettendo una opposizione il più dura possibile, ma non violenta.


Armenia in rivolta: proteste contro il neo-premier Serzh Sargsyan (Tpi.it 18.04.18)

In Armenia la nomina dell’ex presidente Serzh Sargsyan a primo ministro sta generando forti proteste. L’opposizione denuncia l’autoritaria presa di potere e ha detto di voler paralizzare l’intero sistema statale, dando avvio a una “rivoluzione di velluto”, cioè non violenta.

Almeno 46 persone sono rimaste ferite lunedì 16 aprile 2018 negli scontri con la polizia e numerose persone sono state arrestate nella capitale Yerevan, dove si sono radunati circa 40mila manifestanti.

Piazza di Francia, la piazza principale della capitale, è chiusa da venerdì 13 aprile perché occupata dalle dimostrazioni di protesta.

Sargsyan, leader del Partito repubblica d’Armenia, è stato nominato primo ministro all’esaurimento del suo mandato da presidente, iniziato nel 2008.

Il parlamento ha approvato la sua nomina martedì 17 aprile con 77 voti favorevoli e 17 contrari.

Il leader partito di opposizione Elk, Nikol Pashinyan ha guidato le proteste che hanno tentato di impedire il voto.

Le manifestazioni sono iniziate venerdì 13 aprile. Nella notte tra lunedì e martedì i manifestanti hanno iniziato a bloccare le strade centrali della città nel tentativo di bloccare il voto del parlamento.

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