Armenia: violenza di genere in consiglio comunale (Osservatorio Balcani e Caucaso 21.03.18)

Il 13 febbraio scorso due consigliere comunali del partito a guida femminile Yerkir Tsirani sono state aggredite fisicamente e sessualmente durante una seduta del consiglio comunale di Yerevan, per poi essere accusate di “comportamento inappropriato”.

Nonviolenza e violenza

Marina Khachatryan e Sona Aghekyan stavano cercando di attirare l’attenzione su un problema a lungo trascurato nel distretto di Nubarashen, dove le fognature stanno filtrando da una prigione locale a zone residenziali, diffondendo un cattivo odore che colpisce sia i residenti del distretto che i carcerati.

Khachatryan e Aghekyan hanno distribuito maschere a consiglieri e giornalisti presenti, indossato guanti e maschere chirurgiche e mostrato flaconi di vetro pieni di campioni delle acque di scarico inquinate.

“Il distretto amministrativo di Nubarashen vi manda un regalo”, ha dichiarato Khachatryan, avvicinandosi al sindaco di Yerevan Taron Margaryan con un flacone. “La gente respira quest’aria, quindi dovresti farlo anche tu!”, ha aggiunto Aghekyan, nonostante gli insulti provenienti dalla folla maschile.

Mentre le donne parlavano, il sindaco ha ordinato di fermarle, e i consiglieri e uomini dello staff le hanno circondate immediatamente, aggredendole e minacciandole. Edmon Kirakosyan, membro del Partito repubblicano, al governo in Armenia, ha aggredito Khachatryan, afferrandole il seno; in risposta lei lo ha schiaffeggiato. Pieni di rabbia, una decina di uomini ha malmenato le due, afferrando Khachatryan per i capelli, colpendola più volte in viso, il tutto di fronte al pubblico e alle telecamere del live-streaming.

Questa violenza è stata manipolativamente descritta dai media come una “zuffa”, come se la violenza fosse stata a doppio senso e le parti si fossero trovate su un piano di parità.

Inoltre, Khachatryan è stata accusata dai rappresentanti del Partito Repubblicano di aver iniziato la “rissa”, un’interpretazione presente anche sui social media. Nonostante i video mostrino chiaramente Edmon Kirakosyan che le afferra il seno, l’aggressione sessuale non è arrivata ai media fino a quando la stessa Khachatryan non ha dichiarato: “Chi gli ha dato il diritto di togliermi i vestiti, toccarmi il seno, il mio corpo?! Quando ho capito cosa stava succedendo, l’ho schiaffeggiato”.

Aggressione sessuale istituzionalizzata

L’attivista femminista e ambientalista Anna Shahnazaryan ha dichiarato a OC Media che l’aggressione sessuale è una strategia consapevole, messa in campo dallo stato, specialmente quando la polizia reprime le proteste. Porta l’esempio di quando un poliziotto l’ha colpita al seno nel novembre 2014, durante una manifestazione contro le morti non investigate di soldati nelle forze armate. Dice che lo si fa per provocare una risposta dai manifestanti e creare una giustificazione per intraprendere ulteriori azioni violente. Questo ha chiaramente funzionato con Khachatryan: quando ha schiaffeggiato Kirakosyan, è stata accusata di iniziare la “rissa”.

La violenza brutale contro le consigliere ha provocato critiche pubbliche. Lo stesso giorno, diverse decine di attivisti si sono radunati davanti al consiglio comunale. “Il posto di chi compie abusi è in prigione”, “I molestatori sono criminali, così come quelli che li coprono”, “Il naso non sopporta l’odore, ma i tuoi occhi sono abituati alla violenza”, “Le donne contro il regime”: questi e diversi altri slogan sono stati declamati dai manifestanti scesi in piazza per chiedere la punizione per gli aggressori.

Dopo che diversi manifestanti erano entrati nel consiglio comunale e continuavano la loro protesta pacifica all’interno, la polizia ha applicato una forza sproporzionata, cacciandoli violentemente dall’edificio e ferendo alcuni di loro.

“L’oppressione e la violenza contro le donne sono onnipresenti e hanno una natura strutturale. La nostra lotta non è nuova e non finirà oggi”, hanno dichiarato alcune manifestanti in seguito agli attacchi della polizia. Successivamente, 55 tra singoli individui e organizzazioni hanno inviato una lettera aperta ai sindaci delle città gemellate di Yerevan, chiedendo loro di sospendere la cooperazione con la capitale.

“Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone”

I residenti di Nubarashen lamentano la presenza di liquami nel loro quartiere da diversi anni, senza successo. “Ci siamo lamentati decine di volte in consiglio comunale, ma finora non è stato fatto nulla”, ha dichiarato un residente locale al portale 1in.am.

Zaruhi Postanjyan, leader di Yerkir Tsirani, afferma di aver portato i campioni di acque reflue in consiglio comunale su richiesta dei residenti di Nubarashen.

“Che vadano loro [i rappresentanti repubblicani] a vivere nel distretto di Nubarashen. Non sono nemmeno riusciti a rimanere un paio di minuti in quella stanza mentre l’acqua delle fogne veniva semplicemente portata in barattoli”, ha dichiarato la consigliera Khachatryan al servizio armeno di RFE/RL, Azatutyun.

Le consigliere di Yerkir Tsirani hanno fatto fede all’impegno di sostenere i cittadini di Yerevan, sollevando un problema a loro delegato con una tecnica attivista che può essere descritta come una pratica di resistenza politica non violenta. Quando il linguaggio della politica si rivela esaurito, è prassi comune cercare modi alternativi per sollevare questioni importanti.

Questo tipo di resistenza è stato ritenuto inaccettabile non solo dai partiti di governo, ma anche dagli ambienti dell’opposizione. Quello che è successo in consiglio comunale ha rivelato infatti una profonda divisione ideologica tra i due partiti d’opposizione, Yerkir Tsirani e Yelk.

Dopo l’incidente Davit Khazhakyan, leader di Yelk, ha definito le azioni di Khachatryan e Aghekyan uno “spettacolo che andava oltre i limiti”.

“Dobbiamo fare in modo che il corso naturale delle sessioni non sia disturbato”, ha dichiarato Khazhakyan, scusandosi con i cittadini per l’interruzione causata da Yerkir Tsirani. In seguito, ha concluso con i media, “i metodi scelti da Yerkir Tsirani ci sono estranei”.

Il partito Yerkir Tsirani è stato inoltre accusato di violare il codice di condotta del consiglio comunale. Lo stesso giorno in cui si sono verificate le violenze, il consiglio comunale ha rilasciato una comunicazione pubblica secondo cui “i membri di Yerkir Tsirani hanno commesso un atto indegno per un armeno, per un cittadino di Yerevan, per un essere umano che abbia una coscienza”.

Con questa formulazione manipolativa, le autorità hanno rafforzato il messaggio che la resistenza civica o politica sono tecniche dell'”altro”, del “non-armeno”. Noi, “il popolo dell’Armenia”, dovremmo lodare l’obbedienza alle regole e agli ordini, era il messaggio.

Ma per molti attivisti, al contrario, le azioni di Khachatryan e Aghekyan hanno rappresentato un passo politico chiave.

“Per me, quello che hanno fatto le donne di Yerkir Tsirani è stato il più importante e multiforme evento politico degli ultimi tempi”, afferma l’attivista queer, anarchica e femminista Zara Harutyunyan. “Se l’opposizione parlamentare non è in grado di influenzare alcun processo decisionale, quale funzione svolge?”.

Durante lo stesso consiglio, il leader di Yerkir Tsirani Zaruhi Postanjyan ha dichiarato: “Siamo qui per avvelenare la vostra vita”. Secondo Harutyunyan, questa è una dichiarazione chiave nella formazione della vera retorica oppositiva.

Il suo pensiero ricorda la famosa affermazione della scrittrice americana Audre Lorde, secondo cui “lo strumento del padrone non smantellerà mai la casa del padrone”. Quando un’opposizione va a sostenere il sistema, ne perpetua le tecniche e rompe la linea di confine tra oppressori e combattenti, si trasforma in una specie più pericolosa di forza politica.

La violenza contro le consigliere armene è una questione femminista

Le donne in Armenia sono soggette a ogni sorta di discriminazione e violenza di genere. Secondo il Global Gender Gap Report 2017 del World Economic Forum, l’Armenia è al 111° posto su 144 paesi in termini di empowerment politico delle donne. In questa società patriarcale ci si aspetta che le donne rimangano confinate all’interno delle norme di “modestia”, “sottomissione” e “assenza di voce”. Qualsiasi azione – all’interno della famiglia, nelle istituzioni, in pubblico, o in arene politiche più ampie – che sovverta queste norme scuote le fondamenta del sistema patriarcale e mette a rischio chi le trasgredisce.

“L’incidente rende evidente la violenza diffusa e spesso ‘domestica’ contro le donne, riversandola nell’arena pubblica. Questa volta, la violenza è perpetuata da figure pubbliche maschili (funzionari statali o loro affiliati): in altre parole, dai veri patriarchi”, spiega l’attivista Anna Shahnazaryan.

Questa stessa violenza pubblica contro le donne, “compresa l’aggressione sessuale e l’umiliazione verbale”, è in netto contrasto con la violenza pubblica tra o contro uomini politici (i combattimenti a pugni che siamo abituati ad osservare)”, aggiunge Shahnazaryan.

Per svergognare pubblicamente le donne di Yerkir Tsirani in quanto donne, i membri del Partito Repubblicano usano una serie di tecniche manipolative e degradanti. Zaruhi Postanjyan e le sue colleghe sono spesso ridicolizzate, pubblicamente accusate di “non essere vere donne”, descritte come “isteriche”. Hanno sopportato una lunga serie di umiliazioni e violenze di genere, perpetrate o ordinate in particolare dai membri del Partito Repubblicano.

Nell’ottobre 2017, durante un’altra riunione del consiglio, il membro del Partito Repubblicano Levon Igityan ha preso di mira Marina Khachatryan, parlandone in questi termini: “Quale donna? Cagna!”.

Il 14 maggio 2017, durante le elezioni del consiglio comunale, gli agenti di polizia hanno aggredito Zaruhi Postanjyan e sua figlia, che ha riportato una commozione cerebrale. “Viviamo in una società in cui è normale aggredire le donne senza conseguenze”, afferma Anahit Simonyan, attivista per i diritti delle donne.

Non sono, ovviamente, solo i politici uomini ad essere sessisti. Nel giugno 2017, mentre le donne di Yerkir Tsirani sollevavano diverse questioni politiche in un’altra sessione del consiglio, la repubblicana Hasmik Sargsyan le ha interrotte: “È imbarazzante; siete donne, madri!”.

Commentando le azioni del partito di opposizione durante l’ultima sessione del consiglio, Sargsyan ha cercato di svergognare pubblicamente le sue colleghe consigliere. “Che tipo di utero vi ha portato in questo mondo?”, ha domandato.

Tali atteggiamenti sono incoraggiati anche a livello presidenziale. La consigliera repubblicana Naira Nahapetyan, che ha affermato senza motivo o prove che l’acqua portata dalle donne di Yerkir Tsirani contenesse acido, è stata premiata dal primo ministro Serzh Sargsyan il 3 marzo per il suo “contributo alla vita politica dell’Armenia”.

La repressione contro Yerkir Tsirani è volta sia a limitare le azioni dell’opposizione che la partecipazione critica delle donne alla politica. Il sistema di oppressione patriarcale non ha bisogno di donne che non desiderano riprodurre lo status quo. Queste diventano una sfida per il sistema stesso, ma poiché sono donne è facile screditare le loro azioni, in quanto il posto di una donna è già visto come ausiliario di quello degli uomini.

Tuttavia, quando le aspettative del regime non sono pienamente soddisfatte e il sistema si trova nei guai, tende a ricorrere al metodo classico della violenza. Questo è lo stesso tipo di violenza degradante a cui sono sottoposte le donne nelle loro case, dove sono costrette a tollerarlo in silenzio. Ma qui la violenza è esplosa di fronte alle telecamere e il comportamento brutale degli uomini è stato esposto agli occhi del pubblico.

Questo è un chiaro messaggio delle autorità patriarcali: le donne devono stare al proprio posto, altrimenti saranno punite in questo modo. Eppure, Zara Harutyunyan conclude: “Vedo donne che sono già uscite dai confini e che non possono essere ricondotte all’obbedienza imponendo una finta moralità”.

Il caso di Yerkir Tsirani mostra che alcune donne hanno superato questi confini, ma riusciranno ad avvelenare il sistema?

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