ATTUALITÀ Beni ecclesiastici, c’è maretta tra gli armeni di Gerusalemme (Terra Santa 15.05.23)

S’alzano voci nella comunità armena di Gerusalemme che chiedono le dimissioni del patriarca, coinvolto nella firma di un contratto, considerato illegittimo, che autorizza l’affitto di proprietà immobiliari per 99 anni a un imprenditore ebreo australiano.


Un anziano ormai ex-prete viene esfiltrato dalla polizia, sommerso da una salva di fischi di 200 giovani armeni inferociti che gli urlano «Traditore!». È la scena insolita che si è svolta la sera del 10 maggio nel quartiere armeno di Gerusalemme. «Uno dei traditori responsabili della vendita di terre armene è stato punito», spiega Hagop Djernazian, un giovane molto attivo nella difesa della sua comunità. «Avrebbe dovuto lasciare il convento su ordine del patriarcato, ma la comunità non voleva consentirglielo senza che prima desse delle spiegazioni. Le porte del convento sono state sbarrate e il patriarcato ha chiesto l’intervento della polizia». Il sacerdote in questione è Baret Yeretzian, amministratore dei beni immobili del Patriarcato armeno di Gerusalemme. Il 6 maggio scorso è stato ridotto allo stato laicale dal Sinodo patriarcale per il suo coinvolgimento nella firma di un contratto di affitto «illegale» del terreno denominato Goveroun Bardez (Giardino delle vacche).

Firmato in segreto nel luglio 2021, il contratto prevede l’affitto del terreno per 99 anni a Daniel Rubenstein, un imprenditore ebreo australiano che intende costruirvi un hotel di lusso. Un contratto di locazione tanto lungo lascia intendere che il Patriarcato non riavrà mai indietro la sua proprietà. La vicenda, rivelata nel 2021 dal giornalista armeno-americano Harut Sassounian, coinvolge anche l’attuale patriarca Nourhan Manougian e l’arcivescovo Sevan Gharibian, gran sacrestano.

Adiacente al quartiere armeno, lungo le mura della città vecchia, il Giardino delle Vacche è gestito dal maggio 2021 dalla municipalità di Gerusalemme come parcheggio utilizzato principalmente dagli ebrei che si recano al Muro Occidentale, non molto distante. Sebbene il contratto con la municipalità sia stato firmato nel 2020 per un periodo di dieci anni, il tema dell’utilizzo di questo terreno da parte degli ebrei ha provocato reazioni tra gli armeni sin dal 2012. Degli scavi archeologici preventivi, realizzati nel marzo 2021, hanno portato alla luce i mosaici di una magnifica chiesa bizantina.

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All’epoca, Ramzi Khoury, presidente dell’Alto comitato presidenziale palestinese per le questioni religiose, denunciò in un pubblico comunicato la natura deleteria di quella transazione per lo «status legale e storico di Gerusalemme», mentre «si moltiplicano i tentativi israeliani di ebraicizzare l’area intorno alla Porta di Giaffa».

Giordania e Autorità Palestinese “congelano” il patriarca armeno

Secondo le informazioni diffuse da Harut Sassounian, l’accordo con l’imprenditore australiano non è mai stato sottoposto al voto del Santo Sinodo (8 membri del clero armeno), né a quello dell’intera Fraternità di San Giacomo del Patriarcato armeno, il che lo renderebbe illegittimo. Anche altre proprietà sarebbero incluse in questi contratti d’affitto: quattro case armene, l’emblematico ristorante Boulghourji, i negozi di fronte all’ingresso principale del convento e gli edifici Tourianashen in via Jaffa, fuori dalla città vecchia.

Giovedì 11 maggio, il Regno hashemita di Giordania e l’Autorità Palestinese hanno lanciato una piccola bomba annunciando di aver sospeso il riconoscimento di Nourhan Manougian come patriarca della Chiesa armena ortodossa di Gerusalemme e di Terra Santa. «Al patriarca Manougian è stato chiesto di interrompere qualsiasi misura che possa ripercuotersi sullo status storico e legale di queste proprietà, e volta a mutare la loro natura demografica e geografica, ma egli non ha risposto a nessuna di queste richieste», si legge nella dichiarazione congiunta.

In questa mappa in inglese della città vecchia di Gerusalemme sono evidenziati in rosso il quartiere armeno e in verde il Giardino delle vacche, oggetto dei recenti grattacapi.

La gestione delle proprietà delle loro Chiese è una questione dolorosa per i cristiani locali. Finora erano i greco-ortodossi sulla graticola per vicende simili, dopo la controversa vendita di due alberghi, nel 2004, all’organizzazione di coloni ebrei Ateret Cohanim. Il Patriarcato armeno, a sua volta, ha ceduto in affitto a lungo termine alcune proprietà a Jaffa. Se vari ecclesiastici giustificano quei contratti adducendo la necessità di procurarsi rendite finanziarie per far fronte ai bisogni delle comunità locali, queste ultime non vedono in queste decisioni che corruzione e mancanza di appoggio. Il che alimenta ulteriormente la sfiducia dei fedeli nelle istituzioni ecclesiastiche.

Minacciata la presenza armena

I venti di protesta che soffiano nella comunità armena investono lo stesso patriarca Manougian. «Siamo arrabbiati perché il patriarcato sembra ritenere che la riduzione allo stato laicale di Baret Yeretzian, e il permesso di lasciare il Paese senza conseguenze, sia da considerare la massima punizione possibile e che non ci sia altro da fare», dice Hagop Djernazian. «Ci viene detto di aspettare, di essere pazienti e di lasciare che facciano il loro lavoro. Abbiamo aspettato abbastanza. Chiediamo informazioni precise sulle proprietà cedute, il ritiro della firma del patriarca e le sue dimissioni».

L’Armenia è stato il primo Paese a fare del cristianesimo la propria religione di Stato, nel IV secolo. Data l’importanza di Gerusalemme, una numerosa popolazione armena vi si stabilì sin da allora, diventando così la più antica diaspora armena. Tra il 1915 e il 1920, circa diecimila armeni si rifugiarono a Gerusalemme per sfuggire al genocidio perpetrato dagli ottomani. Il Patriarcato armeno li accolse e trasformò il suo convento in un vero e proprio quartiere. Oggi conta solo poche migliaia di residenti, riparati dietro alte mura.

«Siamo sul punto di scomparire – commentava Manuel Hassassian, ex ambasciatore palestinese di origine armena, in un’intervista del dicembre 2021 –. Se queste proprietà andranno perse, il patrimonio armeno e la presenza della nostra comunità saranno minacciati, mentre noi proteggiamo i Luoghi Santi da sedici secoli. Le cessioni smembrano il quartiere cristiano, privandolo della continuità geografica e demografica. Se perdiamo questo, cosa ci resta?».

Anche tra i più giovani si avverte preoccupazione per il futuro. «La comunità armena qui sta affrontando il periodo più difficile della sua lunga storia. Assenza di leadership, mancanza di opportunità, carenza di istruzione e di opportunità di carriera sono temi che ritornano in tutte le nostre conversazioni», dice Hagop Djernazian, membro del gruppo scout armeno, e in prima linea nella ribellione contro il patriarcato: «Ora o mai più. Dobbiamo agire e porre fine a un decennio di indifferenza, abbandono, furto e tradimento. Altrimenti perderemo tutto e saremo responsabili di non aver fatto nulla per impedirlo».

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